La riforma del trasporto pubblico locale
Giuseppe Baldassarri
La spinta riformista nel comparto del trasporto pubblico
locale ha radici molto profonde nella tradizione normativa del nostro Paese ed
è sintomatica di una evoluzione quasi biologica dei fondamenti
costituzionali [1] e delle intuizioni programmatiche delle politiche governative.
Questa nuova e moderna impostazione si realizza snellendo la
procedura normativa: la delega [2] che il Parlamento consegna al Governo, implica il
trasferimento di poteri amministrativi, patrimoniali e di programmazione [3] alle Regioni ampliandone le
attribuzioni costituzionali [4] e coinvolgendole
direttamente nei processi decisionali. |
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A termini di regolamento il contratto di servizio pubblico
deve contenere i seguenti elementi:
• le caratteristiche dei servizi offerti, segnatamente
le norme di continuità, regolarità, capacità e qualità;
• il prezzo delle prestazioni che formano oggetto del
contratto, che si aggiunge alle entrate tariffarie o comprende dette entrate,
nonchè le modalità delle relazioni finanziarie tre le due parti;
• periodo di validità del contratto;
• norme relative a clausole addizionali o ad eventuali
modifiche;
• le sanzioni in caso di mancata osservanza del
contratto.
Prima ancora della riforma (legge Bassanini e decreto
Burlando del 1997) alcuni Enti Locali hanno stipulato contratti di servizio o
accordi di programma con le aziende di trasporto: ricordiamo le aziende
consortili dei capoluoghi dell’Emilia Romagna che hanno stipulato accordi di
programma con i rispettivi Comuni, con la Provincia e con la Regione; invece
ATAC e COTRAL hanno stipulato contratti di servizio rispettivamente con il
comune di Roma e la regione Lazio. Da ricordare inoltre una legge regionale
approvata dalla Lombardia nel dicembre 1994 che prevede il passaggio dal regime
delle concessioni a quello della gara pubblica e dei contratti di servizio dove
viene individuato preventivamente il limite massimo della contribuzione
pubblica.
• Mancato coordinamento ed integrazione dei servizi di
trasporto locale su gomma con i servizi ferroviari
L’art. 1 della legge 151/81, legge della quale abbiamo
passato in rassegna i diversi limiti su cui si è aperto un dibattito che ha
permesso di giungere alla riforma Bassanini-Burlando, nell’escludere dalle
attività di trasporto da regolamentare quelle di competenza dello Stato
(ferrovie delle Stato e ferrovie in concessione) già presentava in sè una
limitazione che si rivelerà determinante nella redazione dei piani regionali
dei trasporti per la mancanza di un tassello fondamentale fra le competenze
delle Regioni nel campo dei servizi di trasporto locale.
d) La legge 59/97 e il decreto legislativo 422/97.
Abbiamo visto, nel riproporre l’evoluzione storica nella
normativa del trasporto pubblico locale, quanto questo settore sia stato oggetto
di particolari attenzioni sia nelle sedi istituzionali nazionali e locali, sia
nelle università e negli uffici studi delle imprese che operano od hanno
interessi in questo comparto di estrema importanza per l’intero sistema
economico del nostro Paese.
Se è vero che rispetto alla liberalizzazione del TPL
introdotta negli altri Paesi Europei, il trasporto pubblico in Italia rimane
ancora estraneo alla graduale apertura verso la concorrenza ed il mercato, è
pur vero che il conferimento alle Regioni, ed agli altri Enti Locali
territoriali, di funzioni omnicomprensive in materia di servizi pubblici di
trasporto, apre uno scenario completamente innovativo nella produzione e
gestione di tali servizi. Tale scenario permette di introdurre parametri di
mercato che possono favorire “performance” di confronto con gli
standard qualitativi minimi del mercato, il superamento degli assetti
monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano ed extraurbano e l’applicazione
di regole di concorrenzialità nell’affidamento dei servizi.
La legge di riforma dispone che il Governo provveda a:
• delegare alle regioni i compiti di programmazione ed
amministrazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse
regionale e locale;
• attribuire alle regioni le relative risorse.
L’attuazione delle deleghe e l’attribuzione delle
relative risorse deve essere preceduta da appositi accordi di programma
tra il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e le Regioni, accordi che
devono perfezionarsi entro il 30 giugno 1999.
Inoltre, la Regione e gli altri Enti Locali, nell’ambito
delle rispettive competenze, hanno facoltà di regolare l’esercizio dei
servizi con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati,
sia in concessione che nei modi di cui agli artt. 22 e 25 della legge 142/90,
mediante contratti di servizio pubblico, nel rispetto degli artt. 2 e 3
dei Regg. CEE 1191/69 e 1893/91. Tali servizi devono rispondere ai caratteri di certezza
finanziaria e copertura di bilancio, al fine di assicurare entro il 1°
gennaio 2000 il conseguimento di un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da
traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura, previa
applicazione della Direttiva 440/91 per trasporti ferroviari di interesse locale
e regionale.
L’assetto delineato dalla legge 59/97 si ispira ai principi
generali di decentramento contenuti nella legge stessa, in base ai quali alle
Regioni spetta la legislazione, la programmazione e quei compiti minimi di
gestione che non possono essere esercitati dagli Enti Locali.
Con le nuove attribuzioni assegnate dalla legge 59/97 alle
Regioni queste avranno la possibilità di effettuare una programmazione
integrata di tutti i modi di trasporto a supporto della quale dovrà essere
previsto un unico fondo di intervento e non più dunque risorse differenziate
per i vari modi di trasporto.
Una significativa novità è costituita dal decentramento del
trasporto ferroviario che aveva fino ad ora resistito alle istanze già presenti
nel DPR 616/77 e che verosimilmente allo stato attuale è reso più realizzabile
proprio grazie alla gestione privatistica delle Ferrovie dello Stato ed alla
separazione tra proprietà dell’infrastruttura e gestione dei servizi.
Nella sostanza cambierà il soggetto “acquirente” del
servizio di trasporto su rotaia: non più lo Stato ma le Regioni; ciò dovrebbe
eliminare la rovinosa concorrenza tra trasporto ferroviario e trasporto su gomma
per lasciare il posto alla concorrenza tra gestori di servizi integrati.
Precedentemente alla legge Bassanini anche il collegato alla
legge finanziaria 1996 (28 dicembre 1995 n° 549) conteneva la delega al Governo
per il trasferimento alle Regioni delle funzioni in materia di trasporti di
interesse regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati, compresi i
servizi ferroviari in concessione e gestione commissariale governativa nonché i
servizi svolti da F.S. S.p.A.. Articolato ripreso “in toto” dalla Bassanini.
Invece con la legge collegata alla finanziaria 1997 (23
dicembre 1996 n° 662) è stata affidata alle Ferrovie dello Stato S.p.A. la
ristrutturazione delle aziende ferroviarie in gestione commissariale governativa
con l’obiettivo del risanamento delle stesse da attuarsi entro il prossimo
triennio, prima di consegnarle alla responsabilità delle Regioni anche nella
proprietà delle linee e degli impianti.
A decorrere dal 1° gennaio 2000 le Regioni potranno affidare
in concessione le gestioni ferroviarie ristrutturate a società già esistenti o
che verranno costituite per la gestione dei servizi ferroviari di interesse
regionale e locale.
Queste società avranno accesso per i loro servizi alla rete
in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.A. con modalità che verranno
stabilite in applicazione alla direttiva CEE 91/440.
Verranno definite entro il 30 giugno 1999, mediante accordi
di programma tra il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e le Regioni
interessate, le modalità attraverso le quali le Regioni assumeranno il ruolo di
ente concedente nei confronti delle società per i servizi ferroviari di
interesse regionale e locale.
Le leggi sopra esaminate definiscono il percorso verso la
liberalizzazione del mercato del trasporto nel suo complesso e con qualsiasi
modalità (ferroviaria, automobilistica) superando così la normativa
comunitaria (direttiva 91/440/CEE) che escludeva i servizi a carattere locale
dal suo campo di applicazione.
Gli accordi di programma ed i contratti di servizio da
realizzarsi tra ente pubblico e vettore favoriranno l’introduzione ed, in
alcuni casi, il rafforzamento delle regole della concorrenza nel settore dei
trasporti, che si misurerà con situazioni di mercato molto diverse
relativamente ai regimi di esercizio dell’attività, alle caratteristiche
strutturali degli operatori (dimensioni di impresa, struttura dei costi...),
alle modalità tecniche e tecnologiche ed alle caratteristiche della domanda.
Tutto ciò influenzerà le modalità con cui verranno
regolate sia la gestione del servizio sia l’erogazione dello stesso ed, in
modo particolare, diventeranno determinanti le condizioni generali che lo Stato
e successivamente gli Enti Locali eserciteranno sulle società di gestione in
merito al rispetto dei criteri e degli obblighi stabiliti (concessione/
autorizzazione) e delle condizioni di prezzo.
[1] L’articolo 16 della Costituzione sancendo che «Ogni
cittadino può circolare ...liberamente in qualsiasi parte del territorio
nazionale...», salvo deroga imputabile a motivi di sanità e sicurezza,
configura il diritto di mobilità, che se pur generico, pone a carico dello
Stato l’onere di costituire le condizioni di diritto e di fatto ad esso
conseguenti.
[2] Vd. art. 4 co. 4 della legge 59/97, (nota come
legge Bassanini).
[3] Vd.
art. 6 dlgs 422/97, (noto come decreto Burlando).
[4] L’articolo 5 della Costituzione sancisce che: «La
Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; ampia
nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle
esigenze dell’autonomia e del decentramento».