Stato, regioni ed enti locali nel quadro della riforma della Pubblica Amministrazione
Arturo Salerni
Dislocazione dei poteri, trasferimento di compiti, decentramento e federalismo: tra riforme costituzionali e mutamenti già avvenuti
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Sul punto della ripartizione della funzione legislativa vi è
di fatto una implicita modifica della disposizione contenuta nell’art.72 della
Costituzione, per cui “la funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere”. Il Parlamento - qualora venisse
approvato definitivamente il disegno di legge costituzionale - potrebbe
legiferare solo nelle materie e nelle ipotesi che vengono previste dal nuovo
articolo 117. Le Regioni invece - art.117, quarto comma, nel testo di modifica
contenuto nell’art.3 del disegno di legge costituzionale - avranno la potestà
legislativa, come abbiamo visto, “in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
La potestà legislativa delle regioni sarà concorrente in
alcune materie espressamente elencate (art.117 terzo comma, nel testo previsto
dall’art.3 del d.d.l. costituzionale) ed esclusiva, in tutte le altre materie,
“e per queste materie non elencate e residuali l’unico limite è dato
dalla Costituzione, dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi
internazionali (vincoli che riguardano tutte le leggi, anche quelle statali)”
(G.U. Rescigno, articolo citato, nel quale si prevede che “vi saranno
continue ed accanite dispute se un certo oggetto rientra nella materia statale,
o in quella regionale concorrente o in quella esclusiva, se la legge statale di
principio è veramente di principio oppure invade il campo regionale, e così
via. Qualche esempio: spetta allo Stato dettare “norme generali sull’istruzione”,
ma spetta alla competenza concorrente delle Regioni legiferare sull’istruzione,
“salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, e con esclusione della
istruzione e della formazione professionale”).
Afferma Rescigno (pagine 14 e 15 dell’articolo citato): “il
senso effettivo di questa riforma non è, e non può essere e non riesce ad
essere, un nuovo ordine costituzionale, ma la legittimazione nel testo
costituzionale delle rivendicazioni crescenti di autogoverno di alcune Regioni
(non per caso le più ricche), fino al massimo possibile all’interno del
quadro costituito dall’Unione europea. Per quanto riguarda le funzioni
amministrative, la confusione è se possibile, ancora più grave. La sola cosa
certa, e non per caso, è costituita dalla legittimazione costituzionale del
principio di sussidiarietà nei confronti dei privati, cosicché, se la riforma
venisse approvata, Stat, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni
sarebbero sempre legittimati dalla costituzione ad attribuire a cittadini,
singoli e associati, funzioni amministrative (attività di interesse generale
viene detto nel testo: si tratta di scuola, assistenza, sanità, ecc., e cioè
di tutti i servizi sociali”).
3. La legge “Bassanini” del 1997
Con la legge n.59 del 15 marzo 1997 il Governo veniva
delegato ad emanare decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli
enti locali (province, comuni e comunità montane) funzioni e compiti
amministrativi.
In particolare si prevedeva di conferire alle regioni ed agli
enti locali, nell’osservanza del principio di sussidiarietà, “tutte le
funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla
promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni
e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto
esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o
periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici” (art.1, secondo
comma, legge 59/1997).
Si escludono dal conferimento funzioni e compiti
riconducibili tra l’altro ad affari esteri, “cooperazione internazionale
e attività promozionale all’estero di rilievo nazionale”, difesa, armi,
rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, tutela dei beni culturali e
del patrimonio storico artistico, vigilanza su stato civile ed anagrafe,
cittadinanza, immigrazione, rifugiati ed asilo politico, estradizione,
consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, referendum (esclusi
quelli regionali), moneta, perequazione delle risorse finanziarie, sistema
valutario e banche, dogane, protezione dei confini nazionali, ordine pubblico e
sicurezza pubblica, amministrazione della giustizia, poste e telecomunicazioni,
previdenza sociale, “eccedenze di personale temporanee e strutturali”,
ricerca scientifica, “istruzione universitaria, ordinamenti scolastici,
programmi scolastici, organizzazione generale dell’istruzione scolastica e
stato giuridico del personale”, “vigilanza in materia di lavoro e
cooperazione”, “trasporti aerei, marittimi e ferroviari di interesse
nazionale” (quest’ultimo punto è stato aggiunto al testo originario
dalla legge 191/98).
Ulteriormente il quarto comma dell’art.1 della legge n.59
del 1997 prevede l’esclusione dal conferimento a Regioni ed enti locali per:
“a) i compiti di regolazione e controllo già attribuiti
con legge statale ad apposite autorità indipendenti;
b) i compiti strettamente preordinati alla programmazione,
progettazione, esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali
dichiarate di interesse nazionale [...];
c) i compiti di rilievo nazionale del sistema di
protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela dell’ambiente e
della salute, per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello
spettacolo, per la ricerca, la produzione, il trasporto di energia[...];
d) i compiti esercitati localmente in regime di autonomia
funzionale dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
dalle università degli studi;
e) il coordinamento dei rapporti con l’Unione Europea e i
compiti preordinati ad assicurare l’esecuzione a livello nazionale degli
obblighi derivanti dal Trattato sull’Unione Europea e dagli accordi
internazionali”.
Al sesto comma dell’art.1 della legge 59/1997, comma
integrato dalla legge 191/1998, si prevede: “La promozione dello sviluppo
economico, la valorizzazione dei sistemi produttivi e la promozione della
ricerca applicata sono interessi pubblici che lo Stato, le regioni, le province
e gli altri enti locali assicurano nell’ambito delle rispettive competenze,
nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e delle formazioni sociali ove
si svolge la sua personalità, delle esigenze della salute, della sanità e
sicurezza pubblica e della tutela dell’ambiente”.
Anche in questo caso sfuma fino a scomparire anche sul piano
programmatico e generale quel compito fondamentale della Repubblica, fissato
dall’art.3 della Costituzione, di rimozione degli ostacoli di ordine economico
e sociale che limitano libertà ed eguaglianza dei cittadini ed “impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”,
ovvero quell’obiettivo fissato dal costituente e che costituisce il vero
elemento distintivo ed aggiuntivo rispetto alle costituzioni di stampo
tipicamente liberale.
Vediamo come la disciplina del 1997 precede - quantomeno sul
piano delle competenze amministrative - l’impianto contenuto nel disegno di
legge costituzionale attualmente all’esame del Parlamento.
Ed infatti il secondo comma dell’art.2 specifica
ulteriormente che “in ogni caso, la disciplina dell’organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni e dei compiti amministrativi conferiti ai sensi
dell’art.1 è disposta, secondo le rispettive competenze e nell’ambito della
rispettiva potestà normativa, dalle regioni e dagli enti locali”.
Si afferma che i decreti legislativi adottati sulla base
della legge delega individueranno tassativamente funzioni e compiti da mantenere
in capo alle amministrazioni statali, si atterranno nella distribuzione di
compiti e funzioni tra Regioni ed enti locali osservando il principio di
sussidiarietà, “nonché i criteri di conseguente e contestuale
attribuzione e ripartizione tra le regioni, e tra queste e gli enti locali, dei
beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative”;
individueranno “le procedure e gli strumenti di raccordo, anche permanente,
con eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione
strutturali e funzionali, che consentano la collaborazione e l’azione
coordinata tra enti locali, tra regioni e tra i diversi livelli di governo e di
amministrazione anche con eventuali interventi sostitutivi nel caso di
inadempienze delle regioni e degli enti locali nell’esercizio delle funzioni
amministrative ad essi conferite, nonché la presenza e l’intervento, anche
unitario, di rappresentanti statali, regionale e locali nelle diverse strutture,
necessarie per l’esercizio delle funzioni di raccordo, indirizzo,
coordinamento e controllo” (art.3, lettere a, b e).
Si prevede conseguentemente la soppressione, la
trasformazione o l’accorpamento delle strutture centrali e periferiche
interessate dal conferimento delle funzioni e dei compiti, con individuazione -
sempre attraverso lo strumento del decreto legislativo - delle modalità e delle
procedure per il trasferimento del personale statale “senza oneri
aggiuntivi per la finanza pubblica”, la possibilità per lo Stato di
avvalersi di uffici regionali e locali “per la cura di interessi nazionali”.
Ed ancora (art.3, lett.h) si stabilisce che con i decreti legislativi da
adottare siano “previste le modalità e le condizioni per l’accessibilità
da parte del singolo cittadino temporaneamente dimorante al di fuori della
propria residenza ai servizi di cui voglia o debba usufruire”.
Il rapporto tra regione ed ente locale è più specificamente
regolato dall’art.4 della legge 59 del 1997, con la previsione - per le
materie rispetto a cui attualmente l’art.117 della Costituzione prevede la
competenza legislativa delle Regioni - per cui “le regioni, in conformità
ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli
altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l’unitario esercizio a
livello regionale”. Nelle materie previste dalla legge 59/1997 compiti e
funzioni vengono conferite a regioni ed enti locali attraverso lo strumento del
decreto legislativo.
Per i conferimenti delle funzioni di cui sopra si prevede l’osservanza
di alcuni principi fondamentali:
“a) il principio di sussidiarietà, con l’attribuzione
della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle
province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni
territoriali, associative e organizzative, con l’esclusione delle sole
funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le
responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni
e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e
comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini
interessati;
b) il principio di completezza con l’attribuzione alla
regione dei compiti e delle funzioni amministrative non assegnati ai sensi della
lettera a), e delle funzioni di programmazione;
c) il principio di efficienza e di economicità anche con la
soppressione delle funzioni e dei compiti divenuti superflui;
d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti
locali anche al fine di garantire un’adeguata partecipazione alle iniziative
adottate nell’ambito dell’Unione europea;
e) i principi di responsabilità ed unicità dell’amministrazione,
con la conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei
compiti connessi, strumentali e complementari, e quello di identificabilità in
capo ad un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun
servizio o attività amministrativa;
f) il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare
delle funzioni già esercitate con l’attribuzione di funzioni e compiti
omogenei allo stesso livello di governo;
g) il principio di adeguatezza, in relazione all’idoneità
organizzativa dell’amministrazione ricevente a garantire, anche in forma
associata con altri enti, l’esercizio delle funzioni;
h) il principio di differenziazione nell’allocazione delle
funzioni in considerazione delle diverse caratteristiche, anche associative,
demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi;
i) il principio della copertura finanziaria e patrimoniale
dei costi per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite;
l) il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e
di responsabilità degli enti locali nell’esercizio delle funzioni e dei
compiti amministrativi ad essi conferiti”.
La lettura dei principi fissati dal legislatore delegante del
1997 è indicativa di linee e percorsi ormai quasi unanimemente condivisi dalle
diverse forze dello schieramento politico, e che comunque precedono la
definizione del testo di riforma costituzionale che abbiamo esaminato,
determinando l’evoluzione del quadro normativo nel senso di un trasferimento
massiccio delle funzioni e delle competenze, che prescinde dalle modifiche della
Costituzione.
Vi è l’affermazione del principio di sussidiarietà con la
previsione del conferimento di funzioni pubbliche a soggetti privati - anche se
in termini meno netti di quelli contenuti nel disegno di legge costituzionale -
e l’indicazione della “naturale” attribuzione al Comune delle
funzioni e dei compiti amministrativi - salvo deroga in favore dell’amministrazione
statale o regionale o di altro ente locale o di associazione di enti locali - ed
alla regione dei compiti di programmazione; vi è l’indicazione programmatica
del “taglio” delle funzioni e dei compiti assolti dal settore
pubblico; vi è la rielaborazione di principi già indicati con la riforma delle
autonomie locali contenuta nella legge 142 del giugno 1990.
Ancora l’art.4, quarto comma, della legge 59/1997 prevede
che - attraverso i decreti legislativi da adottare - il Governo provvede anche a
“delegare alle regioni il compito di programmazione in materia di servizi
pubblici di trasporto di interesse regionale e locale”, e ad attribuire
alle regioni, d’intesa con gli enti locali, il compito di definire “il
livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a
soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a
carico dei bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori
rispetto a quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l’esercizio”.