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Continente rebelde

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Jaime Cesar Coelho
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Professore del Dipartimento di Economia e Amministrazione dell’Università Federale del MS. Insegnante in Sociologia Politica (UFSC) Dottorando dell’area di Stato e Politiche Pubbliche (IFCH-Unicamp)

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La sinistra, il nuovo governo e i movimenti sociali: la speranza brasiliana

Jaime Cesar Coelho

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In questa erano contenuti gli aspetti voluti dal mercato: garanzia della copertura dei contratti, austerità fiscale, permanente lotta all’inflazione e continuità del processo riformatore.

L’avallo del mercato, in particolare dell’alta finanza, fu visto dai dirigenti della campagna petista come un mezzo fondamentale per la neutralizzazione della reazione ad una vittoria del candidato Lula. Forse il tenore della Carta aveva aiutato nella conquista di parte degli strati sociali di medio reddito, anche se poco fece per consolidare il voto degli strati popolari, ma raccolse dai settori conservatori, neutralizzando il discorso di candidatura di José Serra. Per non fare arrivare Lula al potere, durante le elezioni del 1989 [1], le elite conservatrici avevano ripetuto il discorso della paura, ammonendo che se il candidato petista fosse arrivato al potere il paese sarebbe andato verso l’anarchia, gli investitori se ne sarebbero andati, ecc. Dopo undici anni e alla sua quarta candidatura, Lula risolse puntando su un atteggiamento ben più moderato e una campagna televisiva molto vivace, coordinata dai due migliori curatori d’immagine politica del paese; tanto che cominciò ad essere scherzosamente chiamato “Lulinha paz e amor” [i]. Il candidato cercava con ciò di togliere ai suoi oppositori l’argomento della stabilità, che non era rientrato nei fondamenti del programma delle elite nelle elezioni precedenti, mentre nel frattempo tesseva alleanze future per garantire la governabilità in caso di vittoria.

La strategia ebbe il suo effetto. Al di là di una convincente vittoria, il partito del presidente riuscì ad occupare con i suoi eletti il settore più grande della camera e ottenne una buona rappresentanza al senato [2]. La vittoria generò un forte clima speculativo sul mercato finanziario, con una grave svalutazione della moneta nazionale nei confronti del dollaro. Nonostante ciò il nuovo governo riuscì a calmare gli animi del mercato, ma da qui in poi le cose divennero più complesse.

 

4. Le possibilità di cambiamento e il dilemma della governabilità

La progressiva diminuzione del radicalismo petista non è solo nel programma. Il presidente ha scelto la strategia della cautela e ha nominato nelle aree economiche persone che avevano già ottenuto la fiducia del mercato. Come ministro delle finanze è stato nominato Antonio Palocci, medico ed antico militante del partito che, nonostante il suo passaggio in gioventù nel trotskismo, si era reso famoso per la sua prudenza. Il programma dell’attuale ministro delle finanze si distacca poco da quello del precedente ministro del governo Cardoso, Pedro Malan.

Come ministro per le pianificazioni è stato nominato il genovese, naturalizzato brasiliano, Guido Mantega. Anche lui antico militante del PT e professore d’economia della Facoltà di Getúlio Vargas di San Paolo, che non si era mai allontanato da un programma radicale.

Per la Banca Centrale è stato scelto Henrique Meireles, uomo di mercato, eletto deputato federale dal partito di Cardoso. Questa scelta ha irritato profondamente la maggior parte della sinistra del PT.

Al ministero dello sviluppo è stato chiamato Luiz Fernando Furlan, in un chiaro tentativo di creare un ponte con il settore industriale brasiliano. Completando il quadro, il presidente ha scelto per il ministero dell’Agricoltura, Allevamento ed Approvvigionamento Roberto Rodrigues, impresario indipendente dell’agribusiness.

In un certo qual modo queste scelte riflettono un chiaro tentativo del presidente e del nucleo duro di potere [3], di neutralizzare ogni possibile forza d’opposizione delle fazioni capitaliste, cercando di rafforzare la governabilità. Secondo il ministro delle finanze, in una metafora che viene spesso ripetuta dal presidente Lula, il Brasile non è una “fusca”, ma un grande bastimento: non si dà “cavalo de pau” ad un bastimento [4]. In altre parole, i cambiamenti devono essere lenti e sicuri, affinché il governo non venga risucchiato dalle circostanze.

Le aree sociali, come la previdenza, la salute, il lavoro, l’educazione, sono rimaste ai quadri del partito del presidente. Tra queste la più sensibile è quella della previdenza poiché una delle questioni che ancora rimane aperta è la riforma del sistema previdenziale. In questo senso il governo, sotto la bacchetta del nuovo ministro Ricardo Benzoini, dovrà affrontare una delle sue più aspre battaglie. La resistenza principale alla riforma non è nei partiti dell’opposizione ma all’interno della base di supporto del governo e nel partito del presidente. Bisogna mettere in risalto che uno dei principali obiettivi della riforma, è la lotta al cosiddetto deficit previdenziale del funzionalismo pubblico e che questo è un settore importante d’appoggio del governo. Sebbene poco espressivo dal punto di vista numerico, i lavoratori del settore pubblico sono organizzati. Uno sciopero di grandi proporzioni in questo settore difficilmente porterebbe il governo al fallimento ma certamente andrebbe ad influire nelle relazioni tra governo e Partido dos Trabalhadores.

Il presidente ha dichiarato che la riforma tributaria e quella previdenziale sarebbero state le prime riforme che avrebbe portato a termine quest’anno. Il problema sta nel fatto che è chiaro che la direzione di queste riforme è quella di una continuità con quelle introdotte dal governo Cardoso. Questo potrebbe essere il senso dell’approvazione alla camera dei deputati del regolamento dell’articolo 192 della costituzione, che tratta del sistema finanziario. La sua approvazione apre la porta alla discussione sull’approvazione dell’autonomia della Banca Centrale, tesi portata avanti dall’area economica del nuovo governo.

Questo tema ha portato al primo scontro tra il governo e i settori più a sinistra del Congresso Nazionale. Questa volta il governo ha ottenuto il successo, ma nulla garantisce che da ora in poi sarà sempre così. In questo momento il governo conta ancora sul grande appoggio popolare, il che facilita le cose per il presidente. Ma è naturale che gli indici di popolarità tendono a cadere e che gli oppositori, e in particolare quelli della propria base di supporto, potrebbero elevare il tono delle critiche.

A questo punto dell’analisi è obbligatorio domandarsi: ma alla fine dei conti, quali cambiamenti propone il governo?

È una domanda legittima e necessaria. Di fatto il governo, in questo inizio di mandato, si è distinto per aver dato continuità al programma del suo predecessore. Dal mio punto di vista la strategia del governo è relativamente chiara. Il presidente punta ad una uscita conservatrice per lottare contro l’incertezza della situazione economica e si gioca il fardello del cambiamento in altre sfere d’attuazione. Credo che è su questo che puntava il presidente quando ha nominato Olívio Dutra, ex governatore del Rio Grande do Sul, al Ministero delle Città [i], recentemente creato. In questo stesso senso va intesa la nomina di Miguel Rosseto, anch’egli del Rio Grande do Sul, nell’area fondiaria [i].

Alcune cariche sono state destinate ai partiti che hanno fornito appoggio durante le elezioni: Ciro Gomes (PPS) all’Integrazione Regionale, Miro Teiera (PDT) alle Comunicazioni, Agnelo Queiroz (PCdoB) allo Sport, Gilberto Gil (PV) alla Cultura, Walfrido Guia (PTB) al Turismo, Anderson Adauto (PL) ai Trasporti e Roberto Amaral (PSB) alla Scienza e Tecnologia [5].

Tra questi ministeri quelli che hanno maggiori rapporti con l’area economica sono le Comunicazioni, il Turismo, i Trasporti e l’Integrazione Regionale nonostante sia in quello delle Comunicazioni che sorgono importanti conflitti d’interesse a causa del contratto di concessione dei servizi sotto la regolamentazione dell’ANATEL (Agência de Regulação do Setor de Telecomunicações).

Allo stesso modo bisogna distinguere il ruolo che sarà assunto dal ministro delle Miniere e dell’Energia Dilma Rouseff, dal quale ministero dipendono l’importante azienda petrolifera statale (PETROBRÁS) e l’agenzia che regola il settore energetico (ANEEL).

L’ipotesi che cerco di sostenere è che sebbene il governo Cardoso aveva promosso un ampio processo di deregolamentazione e liberalizzazione, rimangono nelle mani dello Stato alcuni strumenti, che se ben utilizzati possono distinguere, almeno parzialmente, la politica economica dall’attuale governo da quella che ha caratterizzato il precedente governo.

 

5. Le prospettive di un’alterazione del modello economico

I principali strumenti di gestione dell’economia, aldilà delle basi costituzionali, sono: Il Banco do Brasil, la Caixa Econômica Federal e il Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social (BNDES) [6].

Tutti questi organismi possono essere poderosi strumenti a favore di una politica creditizia strategica. Credo che sarà in questo senso che il governo orienterà i suoi sforzi. Mi sembra sufficientemente chiaro che il governo non tenterà di muoversi nella politica monetaria e in quella dei cambi. Inoltre tutto sembrerebbe far pensare che le variazioni in campo fiscale debbano essere affini agli orientamenti del governo precedente. Quindi sarà nel settore del credito, con l’utilizzazione di strumenti già disponibili e con incentivi alle cooperative, che il governo cercherà di produrre variazioni al modello economico. Il credito dovrà essere distribuito con maggiore enfasi per i settori esportatori, per le piccole e medie imprese, per le abitazioni e la bonifica, e per sopperire ai colli di bottiglia della catena produttiva. Questo richiederà molta cura da parte del governo, affinché non si perda nel sentiero del credito facilitato che, tradizionalmente, è terra fertile per il favoreggiamento. Lasciarsi andare in questo senso avrebbe un effetto simbolico profondamente negativo.

Da quello che possiamo percepire, le prospettive non puntano a cambiamenti radicali del modello economico. Il governo aveva già chiarito che il costo politico di un cambiamento di direzione radicale non sarebbe stato sostenibile. Sembra che il nucleo duro del governo, giusto o sbagliato che sia, si sarebbe convinto che, dinanzi all’attuale rapporto di forze, non sarebbe stato possibile cambiare il nocciolo della politica economica. In altre parole, i cambiamenti devono essere attuati ai margini.

Può darsi che questa sia l’unica strategia possibile. Se è corretta o no, non lo si può discutere, ma con questa possiamo tracciare il profilo del nuovo governo. Tutto lascia intendere che siamo dinanzi ad una convergenza verso il centro dei settori egemonici della sinistra brasiliana. Ciò porterà inevitabilmente ad una frattura nell’arco dei partiti. Non si può scartare un allontanamento delle frange più radicali della sinistra e un avvicinamento di quelle conservatrici, principalmente attraverso le varie articolazioni dei partiti all’interno del parlamento.

Tutto lascia intendere che a seguito del mantenimento dell’orientamento atto a ridurre l’inflazione che stabilisce le azioni in area economica, i tassi di crescita continueranno ad essere mediocri. Con l’attuale modello, un ritmo di crescita più forte dipenderà dall’ambiente esterno, dal grado di fiducia degli investitori e dall’offerta di credito. Il primo fattore è una variabile esogena e i restanti, sebbene il governo possa avere un’importante influenza, hanno stretta relazione con il primo. È molto difficile tracciare una prospettiva della congiuntura economica internazionale per i prossimi quattro anni. L’ambiente esterno soffre sia dell’influenza del ritmo di crescita degli Stati Uniti che non va per niente bene, sia dei problemi militari, che sono in una situazione deplorevole da quando il governo americano ha deciso di intraprendere la politica dell’attacco preventivo.

Di fronte a questo scenario ciò che ci resta da fare è dare uno sguardo alla storia. Il modello attuale si basa sui risultati del gioco che giorno per giorno si ottengono nel gran casinò della finanza globale. Da quando i conti capitale sono stati deregolamentati il “mercato” ha nelle sue mani un enorme potere di veto. La preoccupazione fondamentale degli agenti detentori della liquidità è la garanzia d’ingressi a redditività crescente e a condizioni di basso rischio. In altre parole, la buona politica economica è quella che garantisce i flussi dei pagamenti. In questo senso, per un paese come il Brasile, le esigenze in termini di surplus primario nei conti pubblici, sono espresse nel traguardo del 4,25% del Prodotto Interno Lordo (PIL). È tra le altre cose per questa ragione che il Brasile non cresce o è cresciuto molto poco. Nel continuo prevalere dei bisogni del mercato il tasso di crescita rimane basso. Questo scenario tende a indebolire la strategia del governo. Il tempo non è amico della sinistra in un paese tanto diseguale come il Brasile.

Il governo sta scommettendo su un miglioramento generale delle aspettative, con una caduta del grado di rischio del paese e una ripresa dei ritmi di crescita più forti. Questo scenario virtuoso, se mai si verificherà, non rimarrà immune alle abituali tempeste del gran casinò globale.

Nel caso in cui ciò venisse confermato, ossia che il tasso di crescita rimanga ad un livello molto basso e la disoccupazione ad uno molto alto, il logorio del governo sarà inevitabile. Gli ultimi venti anni sono stati estremamente rovinosi per lo sviluppo brasiliano. Sebbene si siano ottenuti dei significativi progressi in campo politico, con la fine del regime militare nel 1985, l’economia è entrata in un processo di quasi ristagno. Per un paese cresciuto ad un tasso medio annuo del 5,6% tra il 1930 e il 1980, la crescita degli ultimi venti anni è quasi un sintomo di ristagno. Questo tasso si scontra con la crescita della popolazione. Il basso livello di crescita avrà seri riflessi sull’ambiente sociale. Gli indici di violenza urbana esploderanno, le infrastrutture soffriranno fisicamente seri problemi, infatti nel 2001, pur possedendo una delle maggiori riserve idriche del pianeta, abbiamo sofferto di una crisi energetica. Oggi i quartieri della classe media delle città brasiliane sembrano le zone emarginate del vecchio regime dell’Apartheid del Sud Africa. Le case sono circondate da inferriate e da recinti elettrificati. Questo è un sintomo del deterioramento del benessere del paese, nella forma più completa, una chiara manifestazione del fatto che stiamo male e che, continuando con il modello economico attuale, staremo sempre peggio.

Ci si chiede se è possibile uscire da questo modello, o se esiste una alternativa. Le alternative esistono, all’interno dei limiti dello stesso sistema, ma il rapporto tra le forze necessario per implementarle rimane un’incognita. Il punto nevralgico del modello attuale è la libertà di movimento nel conto capitale, che detto in un’altra forma sarebbe: tutto per il mercato e poco per la società civile. Quando il nostro ambiente economico dipende dai profitti degli arbitraggi degli speculatori internazionali, ci resta poco da fare se non agire in accordo con questa prospettiva e tifare per un buon andamento dell’economia internazionale.


[1] Alle elezioni presidenziali del 1989, il candidato petista andò al secondo turno con il candidato delle elite Fernando Collor de Mello, sul quale due anni più tardi si aprì una procedura di impeachment per corruzione.

[i] Ndt. “Piccolo Lula pace e amore”.

[2] Il sistema di governo brasiliano è presidenziale, mentre quello legislativo è bicamerale. Al Senato sono eletti tre senatori per Stato con mandato di otto anni, mentre il mandato per la camera dei deputati è di quattro anni e quello per la presidenza della Repubblica è di quattro anni con diritto alla rielezione.

[3] Il cosiddetto “nucleo duro” è composto dal capo della Casa Civil, José Dirceu e dagli assessori speciali del presidente. La figura più forte, dopo il presidente è José Dirceu. Vecchio guerrigliero durante il governo militare, fondatore del PT e presidente della “legenda” negli ultimi anni, da cui uscì solo per assumere quella della Casa Civil è, aldilà di ciò che si dice uno degli uomini più vicini al presidente. È senza dubbio figura di punta dell’attuale governo. Dopo la sua uscita dalla presidenza del PT al suo posto venne nominato l’ex deputato federale José Genoíno. Anche questo è un uomo di fiducia del presidente e un politico dalla riconosciuta arguzia.

[4] “Fusca” era una vettura popolare fabbricata dalla Wolksvagen. L’espressione “cavalo de pau” si riferisce ad un brusco cambiamento di rotta.

[i] Ndt. Ministero dello Sviluppo Urbano.

[i] Ndt. Ministro della Riforma Fondiaria.

[5] Qui di seguito diamo il significato delle sigle mensionate: Partido Popular Socialista (PPS), Partido Democrático Trabalhista (PDT), Partido Comunista do Brasil (PCdoB), Partido Verde (PV), Partido Liberal (PL), Partido Trabalhista Brasileiro (PTB) Partido Socialista Brasileiro (PSB).

[6] Come presidente del BNDES fu nominato Carlos Lessa, ex rettore della Universidade Federal do Rio de Janeiro, un uomo con un vasto Curriculum di servizi prestati al governo e con una chiara propensione allo sviluppo e allo strutturalismo legati alla Commissão Econômica para America Latina e Caribe (CEPAL).