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Lo sviluppo socialmente sostenibile

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Per una compatibilità ecologica e sociale dell’attività produttiva
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

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Per una compatibilità ecologica e sociale dell’attività produttiva

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Cestes ripropone con forza la necessità di una legge per il bilancio socio-ambientale d’impresa [1]

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Gli indicatori monetari invece permettono all’azienda di misurare in termini economici tutte le variazioni causate al patrimonio naturale, per consentire di aggiungere la variabile ambiente nei vari processi decisori, basati di solito solo su considerazioni di natura strettamente economico-aziendali. Il metodo principale per valutare monetariamente l’impatto sull’ambiente dell’attività produttiva di un’impresa è costituito dalla determinazione di una stima del Valore Aggiunto Sostenibile(VAS). Questo valore è costituito dalla differenza tra il tradizionale Valore Aggiunto (VA) e il Valore Ambientale Distrutto(VAMD), ossia quel valore economico derivante dall’attività d’impresa a causa degli impatti sull’ambiente naturale, ottenuto da: Valore Economico Impatti Ambientali (VEIA) - Spese Ambientali Nette (SPAN). Il valore economico dei danni all’ambiente causati dall’impresa è misurato considerando i costi di tutela sostenuti dall’azienda per mitigare il danno (CTUT) e del costo dei danni residui (CDRES) ossia il costo del danno derivante dalle emissioni non abbattute.

In simboli pertanto si ha:

  VAS = VA - VAMD

Dove VAMD = VEIA - SPAN

e con VEIA = CTUT + CDRES

  VAS = VA - CTUT - CDRES + SPAN

Va comunque considerato che l’attività d’impresa produce diversi livelli di impatto ambientale: si avrà un impatto diretto derivato dai processi produttivi e del consumo di energia; un impatto indiretto attraverso la pressione esercitata da coloro che agiscono a monte del processo produttivo (fornitori) ; infine un impatto sempre indiretto ma in questo caso operante a valle del processo produttivo (consumatori).

Gli indicatori di performance ambientale invece forniscono le informazioni qualitative e quantitative che consentono di effettuare una valutazione dell’efficienza, dell’efficacia e del consumo delle risorse al fine di permettere al top management di adottare le strategie migliori atte a rafforzare il più possibile il perseguimento degli obiettivi ambientali, attraverso anche una migliore comunicazione esterna dei risultati (ad esempio agli stakeholders d’impresa). L’uso di questi indicatori in relazione al consumo di materie prime, di energia, ecc. permette all’impresa di valutare la propria efficienza nell’uso delle risorse ambientali (indicatori di processo).

L’azienda deve però poter valutare la propria efficienza anche in termini più strettamente economico-finanziari :si serve a questo scopo di indicatori ecofinanziari per correlare gli interventi a favore dell’ambiente con i costi di investimento e di gestione che questi comportano. L’impresa inoltre controlla la propria capacità di raggiungere gli obiettivi di performance ambientale attraverso i cosiddetti indicatori di gestione ambientale che le consentono di misurare continuamente il grado di conformità alla legislazione e alle politiche ambientali ed il grado di integrazione con altre funzioni ambientali.

Va sottolineato comunque che, nonostante tutti gli indicatori ambientali d’impresa (e soprattutto quelli di impatto ambientale) presentino un alto livello di complessità ed incertezza nella loro costruzione in termini di validità scientifica, un loro utilizzo integrato consente all’impresa di adottare comportamenti e di orientare le decisioni aziendali verso obiettivi di sensibilità economica e ambientale. In sintesi gli indicatori consentono di rafforzare la politica ambientale attraverso una formulazione di obiettivi più chiara, specifica e settoriale; permettono altresì uno sviluppo del sistema di gestione ambientale, un miglioramento della comunicazione esterna e una riduzione delle emissioni e dei relativi costi di abbattimento e di prevenzione. Le aziende, quindi, sono portate ad adottare degli indicatori di performance ambientale oltre che per motivi di informazione e comunicazione anche per sostenere i processi decisori interni.

Tra i requisiti essenziali che questi indicatori devono possedere per misurare le diverse ricadute socio-ambientali vanno ricordati, oltre all’obiettività (per non pregiudicare l’efficacia delle valutazioni),alla dimostrabilità (per identificare l’origine dei fenomeni che si vogliono analizzare), anche la confrontabilità ( utile per l’uso sia interno sia esterno all’azienda); si tratta di una confrontabilità sia di tipo temporale sia spaziale ed anche economica). Va inoltre ricordato il requisito di significatività, cioè la necessità di chiarezza, di sintesi, di leggibilità. Tra i principali problemi che spesso contrastano la costruzione di questi indicatori vi è oltre alla difficile reperibilità dei dati anche la questione legata alla confidenzialità delle informazioni; (si pensi ad esempio che le imprese, anche per problemi di competizione tra loro, sono restie a fornire all’esterno informazioni riguardanti la gestione aziendale) e del costo dello sviluppo degli indicatori.

Il documento principale che contiene questo tipo di informazioni è il report ambientale. Questo documento descrive le relazioni a rilevanza economica che si instaurano tra il macrosistema ambiente e impresa; le informazioni presenti nel report sono indirizzate soprattutto all’esterno e forniscono indicazioni sia generali sulla politica ambientale adottata sia quantitative di ordine fisico e monetario.

Gli indicatori di performance consentono all’impresa di ottenere dei vantaggi competitivi e di conseguenza aumentano il suo valore complessivo realizzando così un obiettivo valoriale di lungo termine.

E’ possibile costruire i suddetti indicatori in diversi modi: si possono esporre i valori quantitativi presenti di solito nel report ambientale in maniera assoluta, come ad esempio nel caso in cui si analizza il totale delle emissioni di una sostanza chimica in un anno di riferimento; è possibile poi rapportare il risultato ottenuto nel modo precedente con un parametro scelto opportunamente ed ottenere indicatori relativi (es. rapportando l’output ottenuto attraverso il suo impiego); vi è poi la possibilità di effettuare una combinazione di ambedue i modi o ancora in gruppi attraverso una raccolta di informazioni che riguardano fenomeni tra loro collegati. Infine costruire degli indici attraverso i quali ottenere entità che possono essere confrontate tra loro; è chiaro comunque che tanto più complessi sono questi indicatori tanto più difficile sarà la loro interpretazione e quindi la loro utilità informativa sarà molto ridotta.

Per ottenere degli indicatori realmente efficaci è necessario, in sostanza, che siano applicabili a tutti i diversi settori industriali in maniera abbastanza uniforme con un ristretto numero di varianti; si devono utilizzare dati di facile reperibilità, fornire delle indicazioni chiare e soprattutto devono essere strutturati in modo da essere facilmente confrontabili con gli indicatori proposti a livello internazionale.

Alcuni studiosi [2] distinguono gli indicatori della “performance delle attività” da quelli “delle performance della gestione ambientale”; altri, [3] invece, pur adottando questa impostazione propongono di distinguere tra “Indicatori di Processo”, che misurano l’efficienza da parte dell’azienda nell’uso delle risorse naturali, e “Indicatori di Gestione” che valutano invece l’efficacia della gestione; a questi indicatori vanno aggiunti quelli “Eco-finanziari” che analizzano l’efficacia e l’efficienza economico-finanziaria degli strumenti di protezione adottati dalle imprese.

Gli indicatori di processo sono facilmente calcolabili in quanto i dati che devono essere aggregati sono omogenei ed espressi in unità di peso; i campi in cui questi indicatori dovrebbero essere applicati riguardano i consumi di energia e l’uso delle materie prime per i quali viene misurata l’efficienza d’impiego, i prodotti, gli incidenti, i rifiuti.

Il problema che sorge è comunque quello del confronto tra questi indicatori di efficienza ambientale relativamente a periodi differenti, a imprese o siti diversi. Per poter effettuare un paragone significativo è necessario procedere a una “normalizzazione” dei dati; di solito questoprocessoavviene ponendosi in rapportoal volume delle vendite, al valore aggiunto, alla quantità prodotta.

La “normalizzazione” attraverso il valore aggiunto consente di effettuare dei confronti tra risultati di due o più periodi diversi; si tratta anche di un buon parametro dal punto di vista sociale, poiché è utile per rappresentare il benessere economico prodotto e distribuito nell’eco-sistema.

Va rilevato che è importante valutare attentamente i parametri di ponderazione adottati in quanto da questi dipendono le informazioni che l’impresa utilizza per le proprie scelte di gestione; infatti le decisioni prese in relazione a questi parametri potrebbero rivelarsi dannose per l’impresa e per la collettività.

In sostanza, comunque, gli indicatori di processo costituiscono uno strumento importante per le decisioni gestionali dell’impresa, anche se va rilevato che per essere realmente efficaci devono essere sufficientemente chiari e accompagnati da note esplicative e commenti che permettano di interpretare nel giusto modo i risultati ottenuti.

Gli indicatori di gestione invece sono necessari per valutare l’efficacia e gli sforzi compiuti dall’organizzazione dell’impresa nelle proprie relazioni ambientali ed aumentare la fiducia degli investitori sulle politiche ambientali esposte nel report. In sostanza questi indicatori consentono di verificare la qualità della gestione ambientale e di decidere i cambiamenti necessari per migliorarla.

Una suddivisione di tali indicatori in categorie consente di effettuare una distinzione tra: “indicatori di conformità”, che misurano appunto quale è il grado di rispetto delle norme legislative e i problemi legati alla non ottemperanza di queste; “indicatori di implementazione dei sistemi di management ambientale” e “indicatori che misurano l’integrazione tra le decisioni ambientali e le altre unità di business”.

Anche in presenza di notevoli problemi di costruzione ed interpretazione è ormai irrinunciabile individuare un insieme di indicatori in grado di misurare le reali prestazioni ambientali di un’impresa, anche se soprattutto per queste difficoltà ancora non si è arrivati a definire una serie di tipologie di questi nuovi strumenti di gestione da applicare in ogni caso e che possano essere tra loro confrontabili. E’ possibile, comunque, effettuare una ulteriore suddivisione tra:

1. indicatori che si basano sugli sforzi compiuti dalle imprese;

2. indicatori di tipo fisico diretti;

3. indicatori di tipo fisico indiretti;

4. indicatori economici.

1) Gli indicatori che si basano sugli sforzi compiuti dalle imprese, espressi in termini quantitativi o qualitativi, analizzano gli impegni delle imprese per sviluppare e perfezionare le proprie prestazioni in tema di salvaguardia socio-ambientale. Da un punto di vista qualitativo questi indicatori sono caratterizzati da una estrema semplicità di rilevazione, soprattutto in ordine alla introduzione di specifici contenuti utili ad esaminare i problemi del macrosistema ambientale, anche attraverso lo sviluppo di specifici accorgimenti e procedimenti da utilizzare nelle varie fasi del processo produttivo. Il limite principale di questi indicatori sta nel fatto che, mancando una rilevazione rivolta all’esterno, gli impegni presi dalle imprese risultano essere più che altro di “facciata”, principalmente con lo scopo di miglioramento dell’immagine e non di effettivo programma di intervento ambientale.

2) Gli indicatori fisici diretti invece riguardano soprattutto l’impatto inquinante sull’aria, sulle acque, il rumore, le emissioni di inquinanti e l’utilizzo delle materie prime. Data la facile reperibilità dei dati riguardanti questo tipo di indicatori ciò consente una agevole rilevazione, facilmente comprensibile all’esterno.

3) Gli indicatori fisici indiretti riguardano soprattutto la rilevazione degli incidenti, dei reclami o dei problemi, come le assenze per infortuni e malattie del lavoro, che un’impresa ha subito nell’arco di un periodo di tempo.

4) Gli indicatori economici analizzano tutti i costi che direttamente o indirettamente si ricollegano alle problematiche socio-ambientali; si tratta sia di costi attuali, ossia sostenuti nell’esercizio corrente, sia da costi futuri ossia legati a spese che l’impresa dovrà sostenere per adempiere agli obblighi legati alle normative presenti e future (passività nascoste). Il limite principale di questo tipo di indicatori consiste proprio nella difficoltà di rilevare correttamente le cosiddette passività occulte; è per questo motivo che sono poco utilizzati dalle imprese.

Si vuole comunque precisare che, al di là delle difficoltà presenti nella costruzione delle varie tipologie di indicatori, la loro presenza è ormai necessaria, anzi indispensabile per una corretta attività di gestione e di rendiconto all’intera collettività del proprio operato; inoltre le informazioni ricavabili attraverso la determinazione di tali indicatori sono infatti fondamentali per la costruzione del vero e proprio bilancio socio-ambientale. [4]

Programmare e gestire gli investimenti ambientali significa pianificare il rapporto con l’ambiente, senza improvvisazione, attraverso strumenti tecnici, rigorosi che inseriscano nel capital budget e nel bilancio d’esercizio quegli elementi di contabilità ambientale che, oltre a valutare il rischio ambientale dell’azienda, ne corregga l’approccio contabile valutativo ponendo obiettivi qualificati e quantificati di intervento diretto e indiretto per la salvaguardia dell’ambiente.

Diventa così indispensabile effettuare un vero e proprio monitoraggio periodico dell‘impatto socio-ambientale dell’impresa che consenta una più attenta valutazione dei costi, derivanti dall’attività produttiva, di carattere sociale e ambientale, presenti e futuri. Si tratta, tanto per fare un esempio, dei costi sociali che valutano finanziariamente l’eventuale danno ecologico causato e dei costi interni relativi all’adeguamento degli impianti, allo smaltimento dei rifiuti ecc.

Va considerato inoltre che diventa necessario comunicare all’esterno le attività svolte dall’impresa in campo socio-ambientale, al fine di ottenere dei ritorni economici (diretti e indiretti, palesi e occulti, quantificabili immediatamente oppure valutabili in termini non soltanto monetari) sia per ciò che riguarda l’immagine e il profitto aziendale sia per quanto riguarda la salvaguardia e l’incremento del patrimonio socio-ambientale collettivo.

I nuovi sistemi gestionali devono quindi fornire le informazioni necessarie alla compilazione di quadri contabili completi dal punto di vista dei rapporti tra l’impresa e il macrosistema ambientale. Come la contabilità generale tradizionale dà le informazioni sulla salute economica dell’azienda così la contabilità sociale e ambientale d’impresa dovrebbe produrre informazioni finalizzate alla realizzazione di processi decisori e comunicazionali riguardanti il patrimonio sociale e ambientale di proprietà collettiva e su come questo viene utilizzato, salvaguardato e incrementato.

E’ ormai quindi imprescindibile che il budget, il piano degli investimenti e il bilancio aziendale siano sottoposti a sistemi di audit ambientale e che si giunga e legiferare in materia di bilancio socio-ambientale, quale documento obbligatorio e fondamentale per una corretta tenuta della contabilità. Le informazioni desumibili dal bilancio contabile aziendale, alla luce dei cambiamenti dei fattori culturali, sociali, tecnologici e ambientali in atto, non sono più sufficienti per evidenziare l’evoluzione relazionale fra micro-sistema aziendale e macro-sistema ambientale.

Il bilancio socio-ambientale e il conto del surplus integrano le informazioni del risultato economico, dell’accrescimento della ricchezza d’impresa attraverso l’individuazione delle risorse intangibili ambientali e pongono l’accento sulle problematiche relative alla distribuzione sociale del valore aziendale. Le stesse valutazioni d’investimento non possono più prescindere da corrette analisi costi-benefici, da valutazioni di impatto ambientale e dall’affermazione dell’approccio integrato alle problematiche della gestione aziendale. Va riconsiderato il ruolo dell’impresa all’interno della molteplicità e diversità degli interessi che continuamente si sviluppano nei processi di interazione quali-quantitativi con l’ambiente. Ciò deve avvenire attraverso politiche aziendali capaci di instaurare rapporti organici di salvaguardia ambientale in modo che i vari interlocutori sociali siano in grado di mettere sotto esame continuamente il comportamento dell’azienda, la quale deve instaurare relazioni socio-economiche interattive a carattere veritiero e trasparente.


[1] Su queste tematiche si vedano gli art. di R.Martufi sul n.0 di PROTEO e l’art. di L.Vasapollo “Nuovi strumenti per misurare la compatibilità sociale d’impresa” su “Finanza Italiana”, mensile economico-finanziario, Anno V, N.11-12, Novembre, Dicembre 1997.

[2] European Green Table (EGT), Environmentale Performances Indicators Industry, Oslo 1993.

[3] Bartolomeo M:, “Environmental Performance Indicators in Industry, Milano ,1995, p.13.

[4] Cfr. Longo E., Ambiente e Impresa. Scenari, organizzazione, normative e controlli, EtasLibri, Milano, 1993.