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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

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Il FSE finanzia programmi al fine di :

• offrire assistenza alle regioni europee che presentano difficoltà socio-economiche;

• lottare contro la disoccupazione di lunga durata, facilitare l’inserimento professionale dei giovani e di persone minacciate d’esclusione dal mercato del lavoro, promuovere le pari opportunità sul mercato del lavoro tra i due sessi;

• favorire l’adattamento dei lavoratori ai cambiamenti industriali e all’evoluzione dei sistemi di produzione.

 

La copertura monetaria del FSE arriva fino al 75% del costo totale dei progetti nei settori che necessitano di maggiore assistenza mentre negli altri finanzia fino al 50%.

 

Nel novembre 1997 in Lussemburgo si è svolto un vertice dei paesi dell’Unione Europea in materia di occupazione ed il Consiglio ha concordato la creazione di una struttura comune per i Piani di Azione Nazionali (PAN).

Il Pilastro Occupabilità invita gli Stati membri ad intraprendere azioni concrete per raggiungere gli obiettivi:

 

• orientamenti 1 e 2: applicare un approccio preventivo in modo da ridurre significativamente il passaggio di disoccupati giovani e adulti nella categoria della disoccupazione di lunga durata;

• orientamento 3: incentivare il passaggio del disoccupato da una condizione di dipendenza dai sussidi sociali verso il lavoro e la formazione, attraverso una politica del mercato del lavoro più attiva;

• orientamenti 4 e 5 : sviluppare la compartecipazione come quadro per la fornitura di formazione e formazione permanente;

• orientamenti 6 e 7 : agevolare la transizione dalla scuola al mondo del lavoro.

 

Il Pilastro Adattabilità invita gli stati a raggiungere gli obiettivi di:

 

• orientamento 13: le parti sociali sono invitate a negoziare accordi per modernizzare l’organizzazione del lavoro. Tali accordi possono riguardare diverse configurazioni dell’orario di lavoro e diverse forme di lavoro. In esse si dovrebbe raggiungere un equilibrio fra flessibilità e sicurezza;

• orientamento 14: per tenere in debito conto la varietà crescente delle forme di occupazione, gli Stati membri cercheranno di introdurre tipi di contratti più adattabili, garantendo al contempo adeguati livelli di sicurezza;

• orientamento 15: gli Stati membri incoraggeranno lo sviluppo della formazione interna alle imprese e gli investimenti nelle risorse umane.

 

Il pilastro relativo alle Pari Opportunità invece persegue i seguenti obiettivi:

 

• orientamento 16: colmare il divario tra i sessi nell’occupazione e nella disoccupazione;

• orientamento 17: conciliare la famiglia e il lavoro;

• orientamento 18: facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro;

• orientamento 19: promuovere l’inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro

 

Varilevatocomunque che nonostantegli obiettivi proposti nelle elaborazioni dei PAN dei vari Paesi il fenomeno della disoccupazione è affrontato in modo diverso dai vari Stati: è quindi fondamentale oltre che interessante analizzare più da vicino le varie situazioni.

Tra le politiche apparentemente ritenute valide per risolvere il problema della disoccupazione va ricordata anche la nascita in questi ultimi anni del cosiddetto Terzo settore e delle aziende non-profit.

Salamon e Anheier hanno effettuato uno studio a livello internazionale su questo argomento rilevando che circa 11 milioni di occupati (in sette paesi sviluppati) appartengono a questo settore (negli USA circa il 6,8% degli occupati, in Germania il 3,7%, in Italia l’1,8%, il 4% nel Regno Unito e il 4,2% in Francia).

Negli anni ‘80 in Germania le imprese non profit hanno creato l’11% di nuovi posti di lavoro, in Francia il 16%, negli USA il 12,7% e in Italia il terzo settore ha creato il 39% di nuova attività lavorative; va rilevato però che questi dati si accompagnano ad un peggioramento delle condizioni di lavoro e ad una diminuzione dei salari, ad una precarizzazione in sostanza delle condizioni salariali e di lavoro, assumendo nel contempo la forma di “concorrenza” e svuotamento del Welfare e delle politiche pubbliche a carattere di intervento pubblico.