Proposta di legge per l’assunzione nelle amministrazioni pubbliche dei lavoratori socialmente utili
Elaborata e promossa dal Centro Studi Trasformazioni Economico-sociali (CESTES-PROTEO) in collaborazione con l’Associazione Progetto Diritti e la Federazione delle Rappresentanze Sindacali di Base (RdB). Giugno 1998 |
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Per una più articolata e ragionata lettura della Tab.1 e
del Graf.1, si consideri che nel totale dell’Amministrazione Centrale
vengono censiti dall’ISTAT come unità di lavoro dipendenti anche i militari
in servizio di leva; inoltre dal 1994 l’Università viene considerata come parte
del sottosettore istituzionale dell’Amministrazione Locale, ed è per questo
che si spiega l’unica variazione percentuale positiva (del 6,1%) che si è verificata
tra il 1994 e il 1993 proprio nel sottosettore dell’Amministrazione Locale.
Si può, così, meglio evidenziare e analizzare la perdita netta in valore assoluto
di occupati nelle Amministrazioni Pubbliche e le correlate negative variazioni
percentuali sempre per il periodo 1992-1996. Si noti, in particolare la forte
e continua emorragia di unità di lavoro dipendenti negli Enti di Previdenza
e la forte variazione percentuale fra il 1994 e il 1993 avutasi fra il totale
degli occupati dell’Amministrazione Centrale.


Se, inoltre, si prende in considerazione il Conto Economico
Consolidato delle Amministrazioni Pubbliche si nota come gli investimenti lordi
siano passati da 45.454 miliardi di lire del 1992 ai 41.807 miliardi di lire
del 1996 (con picchi bassissimi relativamente al 1994-1995, intorno ai 37.000
miliardi di lire); se tale dato assoluto viene disaggregato in variazioni percentuali
si ha un -9,6% fra il 1993 e il 1992 e un -7,8% fra il 1994 e il 1993.
Se, infine, si effettua un’analisi relativamente ai dati del
periodo 1997 rispetto al 1996, la sostanziale tendenza alla diminuzione del
personale è ancora più evidente. Infatti, anche considerando il personale di
ruolo in servizio di una sola parte dell’Amministrazione Centrale (Ministeri,
Scuola, Aziende Autonome, Enti di Ricerca, Magistratura e carriera Prefettizia
che nel loro totale rappresentano circa il 65% dei dipendenti dello Stato, delle
Aziende Autonome ed Enti assimilati), si ha fra il dicembre 1997 e il dicembre
1996 una variazione percentuale del -2,59% che rappresenta un ulteriore perdita
netta di occupati, solo per i predetti comparti, di oltre 35.000 posti di lavoro.
Se il precedente dato viene disaggregato per settori di competenza si ha, ad
esempio (sempre tra il 1997 e il 1996), una variazione percentuale nel comparto
della scuola del -3,28% (a dicembre 1997 le unità di personale in servizio erano
967.004); nel Ministero della Pubblica Istruzione una variazione percentuale
del -5,25%; nel Ministero della Sanità una variazione percentuale del -4,52%,
e così via in tutti i comparti con una sostanziale tendenza ad una significativa
diminuzione del personale di ruolo in servizio.
Concludendo tale breve disamina su alcuni dati più significativi
dell’andamento occupazionale delle Amministrazioni Pubbliche, si può certamente
affermare che tra fine 1992 e fine 1997, in totale si è registrata una
forte diminuzione netta dell’unità di lavoro dipendente nelle Amministrazioni
Pubbliche di oltre 180.000 unità.
A fronte di tale ultimo dato si consideri che al 31-12-1997
risultavano 120.213 lavoratori impegnati in Lavori Socialmente Utili che fruiscono
di sussidio di disoccupazione ( si tratta cioè di disoccupati di lunga durata)
mentre le altre categorie di lavoratori (ad esempio lista LSU da CIGS, lista
LSU da mobilità, ecc.) sono circa 20.000, per un totale complessivo di lavoratori
LSU di circa 140.000. Ne deriva, pertanto, che ristabilendo semplicemente il
livello occupazionale nelle Amministrazioni Pubbliche del 1992 si potrebbero
assumere in pianta stabile, con pieno salario e pieni diritti, tutti gli attuali
lavoratori LSU e qualche altra decina di migliaia di disoccupati. Tale numero
di nuovi occupati aumenterebbe ulteriormente se il Governo rilanciasse politiche
macroeconomiche per investimenti pubblici finalizzati alla nuova occupazione.
5. Le risorse finanziarie per l’assunzione degli LSU
Le risorse finanziarie aggiuntive per l’immediata assunzione
di tutti i Lavoratori Socialmente Utili ammonterebbe a circa 4.000 miliardi
di lire. Tale cifra ci sembra di per sé “molto ragionevole” se si considera
che la previsione di spesa per l’anno 1998 per le politiche attive del lavoro
è di 3.280 miliardi, quella per le politiche passive è di 18.000 miliardi e
gli incentivi all’occupazione sono di circa 15.000 miliardi. Inoltre, come dato
a consuntivo ( e quindi non previsionale) si tenga conto che nel 1996 le Amministrazioni
Pubbliche hanno erogato alle imprese oltre 29.000 miliardi di contributo alla
produzione, altri 8.000 miliardi di contributi alle istituzioni sociali private
e oltre 25.000 miliardi sono stati i contributi alle imprese per investimenti.
A fronte della drammaticità che si può evincere dal precedente
quadro macroeconomico, il quale renderebbe necessario ed immediato un rafforzamento
delle politiche occupazionali pubbliche, degli investimenti pubblici e delle
prestazioni sociali, si susseguono proposte, provenienti da destra e da sinistra,
dalla Confindustria, dalla Banca d’Italia, dai sindacati confederali, fino a
una folta schiera di economisti e Centri Studi, che spingono sempre più alla
realizzazione di un modello sociale ed economico che individua lo Stato non
più come garante e regolatore dei conflitti ma come parte in causa a difesa
della centralità non solo economica ma anche sociale dell’impresa ed interprete
sociale della logica, degli obiettivi e della cultura di un mercato sempre più
deregolamentato.
6. Il contesto attuativo della legge per l’assunzione degli
LSU
Fatta questa dovuta premessa di natura statistico-economica
si capisce meglio perché questa proposta di legge per L’ASSUNZIONE NELLE
AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE DEI LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI - anche al fine
di sanare una ingiusta e precaria collocazione occupazionale di migliaia di
giovani e disoccupati - preveda un censimento delle carenze di organico da parte
delle Amministrazioni Pubbliche e la formazione di “bacini” su base regionale
formati da lavoratori utilizzati in progetti di L.S.U., cui attingono - per
la copertura delle carenze di organico rilevate - i diversi enti pubblici (di
rilevanza locale, regionale o interregionale) operanti nel territorio della
regione.
La legge prevede disposizioni in ordine alle procedure di selezione
del nuovo personale, al riconoscimento ai fini pensionistici dell’attività svolta
nell’ambito di Lavori Socialmente Utili, al “prepensionamento” di chi ha avuto
accesso nei Lavori Socialmente Utili dalla collocazione in cassa integrazione
guadagni straordinaria, alla proroga - in via transitoria - dei Lavori Socialmente
Utili con previsione di adeguamento al trattamento economico e normativo dei
lavoratori alle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego, nonché norme
sulla copertura finanziaria basate sulla tassazione delle transazioni
internazionali di capitale finanziario a carattere speculativo (Tobin Tax)
e sull’aumento della imposizione indiretta sui beni fiscali di investimento
e sulla tassazione dell’innovazione tecnologica che determina disoccupazione.
In tal modo si può invertire la tendenza del regime fiscale
del nostro Paese, ponendo come perno centrale delle politiche economiche e fiscali
la tassazione dei redditi da capitale, la tassazione delle transazioni internazionali
di capitale finanziario a carattere speculativo, accompagnate da una seria lotta
all’evasione ed elusione fiscale. Si possono così ampliare le possibilità di
intervento dello Stato sociale, abbandonando le politiche monetariste restrittive,
le politiche neo-liberiste dei tagli alla spesa sociale, della mobilità e flessibilità;
di un sistema dei diritti che si trasforma in benevola carità cristiana puntando
su finti lavori a sfondo assistenzialistico e su un Terzo Settore, un volontariato,
che deve sostituire il Welfare State, ma piuttosto bisogna realizzare una incisiva
politica delle entrate che finalmente punti direttamente alla riduzione dell’evasione
fiscale e alla tassazione dei capitali.
Ed allora bisogna trovare politiche, sistemi di controllo in
grado effettivamente di snidare i grandi evasori fiscali, con un profitto e
una rendita che non siano di fatto esentati dalla contribuzione; invertendo
così la tendenza che vede ormai dal 1970 la quota dei trasferimenti di reddito
allo Stato sempre più aumentare a scapito dei lavoratori, delle famiglie, e
a vantaggio delle imprese.
Un nuovo modello di crescita economica, un forte progetto di
rinnovamento che riaccenda le speranze sopite con una seria e corretta politica
sociale e occupazionale non più basata sull’assistenzialismo e le spese improduttive,
ma un percorso verso un progetto di una reale democrazia economica per lo sviluppo
della solidarietà sociale e del lavoro.