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Lo sviluppo socialmente sostenibile

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Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Un percorso verso uno sviluppo socialmente sostenibile

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BILANCIO ECO-SOCIALE contabilizzare l’impatto socio-ambientale dell’attività produttiva

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4. Il Bilancio Sociale

Il bilancio sociale è ritenuto da alcuni studiosi come una parte del tradizionale bilancio d’esercizio, mentre da altri è considerato uno strumento autonomo. [1] Si tratta di una tecnica contabile a prospetto che consente di valutare e misurare il clima sociale, economico e culturale nel quale l’azienda opera; permette cioè di valutare i rapporti che l’impresa instaura con i propri dipendenti, con i consumatori, con i fornitori, i finanziatori, con la Pubblica Amministrazione, insomma con tutti colori che a vario titolo hanno rapporti con l’azienda, cioè i cosiddetti stakeholders.

Va rilevato che è molto complicato redigere un completo bilancio sociale poiché deve tener conto di molte variabili socio-economico-ambientali difficili da quantificare e contabilizzare, in particolare se si utilizzano le misurazioni quantitative classiche.

Vi sono diversi motivi che inducono le imprese a redigere un bilancio sociale; in primo luogo c’è la necessità di migliorare la propria immagine nei confronti dell’esterno. Va rilevato, però, che se quest’ultimo è l’unico fine si può arrivare alla costruzione di un bilancio inattendibile perché spesso incompleto e ambiguo che, pur di mostrare i migliori risultati della politica sociale d’impresa, trascura importanti variabili socio-economiche.

A volte lo scopo di un bilancio sociale è puramente “difensivo”; in questo caso l’impresa tenta solo di proteggersi da attacchi dei consumatori o di associazioni ecologiste, o di condizionare il conflitto sindacale e sociale, oppure si tenta tramite la redazione di tale strumento informativo-contabile di evitare maggiori controlli da parte delle Autorità Pubbliche che potrebbero fissare rigide norme da seguire obbligatoriamente.

La American Accounting Association ha proposto nel 1976 diverse modalità utili per definire i contenuti e le procedure necessarie per costruire un bilancio sociale. La Commissione in sostanza consiglia di effettuare in primo luogo delle valutazioni della reazioni della collettività ai programmi di responsabilità socio-ambientale delle imprese; è necessario, poi, calcolare il valore del capitale umano impiegato e misurare i costi sociali che l’impresa causa con la propria attività (inquinamento, danni ambientali, ricadute sociali complessive, ecc.). Infine dopo un calcolo dell’impatto sociale determinato attraverso un dettagliato calcolo del valore aggiunto, della sua distribuzione e del surplus dell’impresa, deve essere stilato un rendiconto sociale che tenga conto di tutti gli elementi esposti. [2] Va considerato, però, che lo studio effettuato dall’American Accounting si basa essenzialmente su parametri che si riferiscono unicamente alla realtà americana e quindi è difficilmente applicabile nella realtà europea.

A tutt’oggi non esistono né obbligo di redazione né delle regole precise per la costruzione del bilancio sociale; le imprese che volontariamente desiderano farne uso, soprattutto a fine di miglioramento della propria immagine sul mercato, hanno quindi adottato diversi procedimenti per la sua compilazione.

In primo luogo occorre specificare che si hanno due approcci diversi per la costruzione di un qualsiasi bilancio sociale : quello interno e quello esterno. Nel primo tipo viene analizzato il rapporto impresa-dipendenti, la formazione e distribuzione del Valore Aggiunto e il processo produttivo; diventano fondamentali in questo tipo di bilancio gli indicatori che consentono di evidenziare la qualità della vita dei lavoratori che operano nell’impresa. Va però considerato che il bilancio sociale interno non evidenzia il consumo di risorse non rinnovabili ed inoltre trascura il reale collegamento tra impresa e realtà esterna non riconducibile immediatamente al mercato.

Il bilancio sociale esterno, invece, rappresenta ogni tipo di rapporto e relazione non mercantile che l’impresa instaura con la collettività: si tratta quindi non solo di lavoratori, di banche, di azionisti ma anche di consumatori, di fornitori, di istituzioni ecc.; vengono poi contabilizzate le ricadute dell’attività d’impresa sulla complessiva qualità della vita della collettività che gravita intorno al sito produttivo.

Tra i metodi utilizzati attualmente dalle poche imprese che effettuano la costruzione del bilancio sociale il più semplice è il bilancio a spese sociali; si tratta in sostanza di un semplice elenco delle spese sostenute a scopi sociali. L’aspetto negativo di questo approccio va ravvisato nel fatto che si opera una sorta di svalutazione delle attività e del valore delle imprese che lo mettono in pratica. Le spese sociali, infatti, rientrando tra i costi del Conto Economico e non tra le “spese volontarie”, fanno diminuire il Valore Aggiunto dell’azienda; ciò porta a ritenere da parte delle imprese questo tipo di bilancio poco praticabile, poco attendibile e poco sicuro, se non addirittura negativo per la valutazione del complesso aziendale nel suo insieme.

L’inventario sociale, invece costituisce un allegato del bilancio e fornisce informazioni statistico-economiche “sull’attività sociale d’azienda” in generale; attraverso questo strumento sono evidenziate le ricadute in termini contabili dell’impatto socio-ambientale dovuto alla gestione, elencato per singole voci e raggruppamenti contabili.

Vi è poi il bilancio sociale basato sull’analisi dei programmi; in questo caso si effettua una precisa valutazione dell’intero macrosistema ambientale esterno, degli obiettivi d’impresa e sociali, delle tecniche e delle varie operazioni necessarie per raggiungerli. In sostanza questo metodo si basa sulla completa libertà dell’impresa riguardo alle azioni e agli obiettivi da perseguire in conformità agli scopi sociali dell’attività produttiva, scopi individuati e prefissati secondo principi esclusivamente interni all’impresa.

Il bilancio sociale costruito su indicatori sociali standardizzati, invece, è incentrato su una serie di indici e dati statistico-economico-sociali. Va rilevato che tale strumento essendo più di natura statistica non è in grado di fornire un’analisi completa dell’attività gestionale d’impresa e fa riferimento a valori soglia predeterminati in base agli standard di imprese simili e appartenenti allo stesso settore produttivo.

Il bilancio socioeconomico a Valore Aggiunto (V.A.) si serve della determinazione del Prodotto Lordo seguendone il calcolo sia in fase di formazione sia in fase di distribuzione, costruendo e allegando a volte il connesso Conto del Surplus [3].

Questo tipo di bilancio presenta però degli svantaggi legati soprattutto al fatto che il V.A. coinvolge membri che a volte hanno solo rapporti saltuari con l’impresa, quali i consulenti esterni, ed esclude invece i “fornitori unici” e “clienti unici” che essendo ritenuti esterni all’impresa hanno un rapporto troppo indiretto con la ricchezza prodotta da quest’ultima e non sono individuati come fruitori diretti della redistribuzione del V.A. Bisogna inoltre considerare che la contabilizzazione del V.A., che per aggregazione fornisce il PIL del paese considerato, non può, per la natura della sua costruzione, essere considerato la misura certa, oggettiva e completa della ricchezza di un’azienda, o a maggior ragione dell’intero paese ( si pensi ad esempio alla determinazione del V.A. nel terziario, al V.A. derivante in genere dall’utilizzo di risorse immateriali, al fatto che produrre beni mercantili spesso significa distruggere ricchezza sociale). Pertanto tra le voci che devono trovare posto nella contabilizzazione del bilancio sociale vanno considerati oltre agli aspetti di distribuzione sociale della ricchezza prodotta, anche i problemi e gli elementi che determinano disvalore aggiunto, o comunque una qualche riduzione della ricchezza collettiva o del patrimonio sociale nel suo complesso (impatto della produzione con l’ambiente, con la salute, con il danneggiamento di opere d’arte, con i problemi connessi ai portatori di handicap e comunque collegati alla tutela delle minoranze, alle discriminazioni sessuali, alle situazioni di particolari fasce di consumatori ecc.).

È interessante rilevare che in alcuni paesi dell’Unione Europea già da alcuni anni si è compresa l’importanza di legiferare in materia di bilancio sociale. In Francia, ad esempio, già dal Luglio 1977 è stata approvata una legge che stabilisce l’obbligo di redigere un bilancio sociale per imprese con più di 300 dipendenti. Tra le principali voci considerate dal bilancio sociale francese vi è la contabilizzazione monetaria delle condizioni di sicurezza e igiene del lavoro presenti in azienda, per consentire ai lavoratori e ai loro rappresentanti sindacali di essere sempre a conoscenza delle ricadute socio-ambientali dell’attività produttiva, di compartecipare ad organizzare le politiche sociali e pianificare gli interventi futuri complessivi dell’impresa. Le principali norme della legge del 1977 riguardano la specifica e dettagliata contabilizzazione relativa alle retribuzioni, all’occupazione, alla formazione, alle condizioni di sicurezza e igiene, alle varie forme di benefit salariali e al contributo aziendale per spese sociali e opere sociali, ecc.

Anche in Germania e in Gran Bretagna, pur non essendovi ancora dei veri e propri bilanci sociali, sono stati elaborati comunque dei documenti simili che tengono conto delle nuove esigenze socio-ambientali dell’attività d’impresa.


[1] Mella P. sostiene che “ È prassi diffusa elaborare un bilancio sociale partendo dal bilancio aziendale ed aggiungendo a tale documento due prospetti supplementari: il rendiconto dei costi e dei ricavi sociali, il rendiconto delle attività e delle passività sociali”, in Mella P. “Elementi di economia aziendale”, UTET, Torino, 1992.

[2] Cfr. Mella, “Elementi di...”, op. cit. pp.649-650.

[3] Va ricordato che il Valore Aggiunto Netto conteggiato in fase di redistribuzione ai fattori produttivi, è dato dai salari e gli stipendi (comprensivi degli oneri sociali), la remunerazione dei consulenti e degli organi societari, gli oneri finanziari netti, i dividendi, le rendite, i profitti e le imposte; mentre per ottenere il Valore Aggiunto Lordo (o Prodotto Lordo) si dovranno contabilizzare oltre alle voci sopra elencate anche gli ammortamenti. In ultima analisi il Valore Aggiunto è il risultato della gestione aziendale che va a remunerare tutti i fattori produttivi ( lavoro, capitale, impresa attraverso le varie forme di autofinanziamento) e la Pubblica Amministrazione attraverso l’imposizione fiscale.