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Il punto, la pratica, il progetto

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

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La nuova configurazione dei soggetti del lavoro e del lavoro negato dalla fabbrica sociale generalizzata al blocco sociale antagonista

Luciano Vasapollo

INCONTRO NAZIONALE DELLA RETE DEI COMUNISTI: BLOCCO SOCIALE ANTAGONISTA, LOTTE SOCIALI E RAPPRESENTANZA POLITICA - ROMA 2, 3 LUGLIO 1999

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Si intensifica la mancanza, specie per i giovani e le donne, di un lavoro stabile o indicativo di un ruolo sociale, sballottati tra occupazioni precarie, le più diverse tra loro, che non consentono l’accumulo di professionalità omogenee e quindi non consentono il raggiungimento di una posizione sociale ed economica definita da un ruolo lavorativo. Il dramma dei giovani, delle donne, di molti ex occupati garantiti e a tempo pieno, la disoccupazione di breve ma anche di intensa durata, il prolungarsi di un esistenza, in condizioni di precarietà, dedita a lavori tra loro non omogenei. Il decentramento produttivo, la delocalizzazione, i processi di esternalizzazione messi in essere dalle piccole, ma anche dalle grandi aziende, riduce sempre più la quota di raggruppamenti di imprese all’interno dei quali le condizioni di lavoro sfuggono ad una regolamentazione, il rapporto con il lavoratore è sempre più a carattere individuale, privo di garanzie. A ciò si aggiunge l’estendersi del fenomeno di miniaturizzazione dell’impresa sino alla forma dell’impresa individuale, con il conseguente allargamento del settore del lavoro autonomo di ultima generazione di strati crescenti di lavoratori espulsi dall’impresa madre, costretti ad un precario lavoro deregolamentato, nei fatti ancora più subordinato di quello che avevano in precedenza.

E’ evidente che si è venuta a creare una nuova tipologia di lavoratori: i precari, i lavoratori intermittenti, i lavoratori autonomi di ultima generazione, i parasubordinati. Si tratta in effetti delle nuove forme e modalità di un lavoro che rimane subordinato, della nuova faccia del lavoro salariato. Nuove figure nelle quali rientrano per lo più i giovani e le donne. Oramai sono molti di più dei lavoratori dipendenti classici e tradizionali; sono tutti coloro che svolgono lavori mal retribuiti, saltuari, part-time, senza avere diritto ad alcuna tutela. E’ il nuovo mercato del lavoro ad altissima precarizzazione e flessibilità imposta dal nuovo ciclo dell’accumulazione flessibile.

Un profondo processo di trasformazione di questo tipo deve necessariamente portare a riconsiderare le vecchie categorie economiche e sociali, le politiche economiche ormai di stampo antico perché superate dall’evoluzione dei tempi, e le stesse ipotesi di intervento per un progetto di antagonismo, di alternativa, di fuoriuscita dal capitalismo.

Attraverso una procedura oggettiva e scientifica, si può analizzare entro lo stesso ambito di studio l’analisi economica territoriale per verificare le modalità di insediamento del sistema economico spazialmente concentrato, specializzato in un certo settore o in certe modalità produttive, relazionandolo ad una popolazione socialmente caratterizzata in modo coerente, capace cioè di innescare contraddizioni economico-sociali e processi di socializzazione. Valori e comportamenti orientati e derivati dalla presenza di un modello di sviluppo che a causa della ristrutturazione dell’impresa e del capitale incide profondamente sul territorio. Territorio che rappresenta il centro verso il quale converge una parte rilevante degli interessi della collettività, della classe, delle nuove soggettualità che operano in una fabbrica sociale generalizzata nel sistema territoriale, nuovi soggetti che si ricompongono ad unità su un corpo organizzato, come una totalità di parti interagenti, che si danno una certa caratterizzazione sociale perché derivano da una certa caratterizzazione produttiva della riconversione neoliberista, del modo di produrre e di proporre socialmente la centralità dell’impresa, del profitto, del mercato.

Riverticalizzare il conflitto sociale significa porsi immediatamente il problema della socializzazione dell’accumulazione, quindi il problema della ridefinizione dei meccanismi del potere economico-sociale. Riverticalizzare lo scontro significa ripartire dalla reale democrazia partecipativa politica ed economica, ma non vista come semplice intervento dei lavoratori nella partecipazione di natura passiva ai flussi finanziari, ai profitti o al capitale, ma una partecipazione che a partire dai nuovi bisogni, dalle necessità e dalle domande provenienti dal basso realizzi concreti processi decisionali, rimettendo in discussione lo stesso concetto di proprietà in uso nell’economia moderna e il suo meccanismo di allocazione. Si tratta in un’ultima analisi di realizzare una nuova e più avanzata ricomposizione di classe, un’unità di classe a partire dalle nuove povertà, dai nuovi soggetti marginali, emarginati e non compatibili per proporre da subito la nuova questione sociale con al centro una rielaborazione scientifica per rilanciare battaglie offensive sulla socializzazione dell’accumulazione.

Non si tratta , quindi, di riproporre semplici forme di intervento esclusivamente sul fronte della distribuzione del reddito ma rientrare con nuovi strumenti nel conflitto capitale-lavoro a partire dalle nuove soggettualità del conflitto sociale riorganizzando l’unità di interessi del mondo del lavoro , la solidarietà e la forza che negli anni ’60 e ’70 la classe operaia si era data a partire dall’organizzazione in fabbrica. Per far ciò bisogna saper coniugare un forte, rinnovato e antagonista sindacalismo del lavoro ad un nuovo, e altrettanto antagonista, sindacalismo del territorio che rivendica la redistribuzione sociale della ricchezza incidendo profondamente sui processi di accumulazione capitalistica. Al centro dell’iniziativa politica e sociale devono ritornare le associazioni di base, i comitati di quartiere, le forme organizzate del dissenso nel territorio, il sindacalismo di classe, cioè l’insieme di quelle organizzazioni del lavoro e del lavoro negato che non scelgono il consociativismo, ma che anzi sappiano porre come immediato il problema del potere attraverso la distribuzione sociale del valore e della ricchezza complessivamente prodotta, riassumendo nel contempo i nuovi soggetti della trasformazione sociale, le nuove povertà, le fasce deboli della popolazione, come definizione di una ricca risorsa del blocco sociale antagonista per una nuova stagione del conflitto di classe.