Rubrica
L’analisi-inchiesta

Copyright - Gli articoli si possono diffondere liberamente citandone la fonte e inserendo un link all'articolo

Autore/i

Luciano Vasapollo
Articoli pubblicati
per Proteo (48)

Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
Articoli pubblicati
per Proteo (36)

Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

Argomenti correlati

Economia

Ristrutturazione capitalistica

Nella stessa rubrica

Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

Tutti gli articoli della rubrica: analisi-inchiesta(in tutti i numeri di Proteo)


Home
Autori
Rubriche
Parole chiave

 

 

 

Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Quarta parte: Le dinamiche evolutive dei processi di internazionalizzazione

Formato per la stampa
Stampa

Le imprese italiane partecipate dall’estero sono invece 1.630, con l’intervento di 966 investitori esteri; il fatturato al 1995 delle imprese partecipate è stato di 212.000 miliardi di lire mentre il numero degli addetti è stato di 527.000 unità.

Se si esamina la distribuzione geografica delle partecipazioni italiane all’estero si nota che mentre dalla seconda metà degli anni ottanta fino al 1992 l’espansione delle imprese italiane si è indirizzata verso l’Europa Occidentale seguita dal Nord America, a partire dal 1993 si è avuto un forte incremento degli investimenti in Europa Orientale, in America Latina e nell’area del Pacifico.

 

 

3. Ancora sulla concentrazione

 

Come si è già scritto in più punti delle precedenti parti dell’analisi-inchiesta i due grandi sistemi di capitalismo internazionale sono rappresentati dal cosiddetto modello renano (i cui principali esponenti sono il Giappone e la Germania) e dal modello anglosassone (Stati Uniti e Gran Bretagna). Tra le molte differenze esistenti tra questi due modelli è fondamentale nuovamente sottolineare quella inerente il diverso grado di concentrazione proprietaria. Infatti mentre il modello renano si caratterizza per la presenza di imprese che hanno a capo un soggetto (spesso bancario) che ha in mano uno stock di azioni molto elevato (nocciolo duro), nel modello anglosassone vi sono soggetti che molto di rado hanno più del 5 % del capitale e quindi la proprietà delle imprese risulta essere molto diffusa (Public Company) [1]. Va ancora ricordato che mentre nel modello renano le banche assumono un ruolo principale poiché sono in sostanza i soggetti che detengono il potere aziendale sia attraverso una proprietà diretta sia attraverso una concentrazione dei diritti di voto, invece, nel modello anglosassone i livelli di concentrazione sono molto bassi e quindi rivestono un ruolo predominante i fondi pensione, i fondi di investimento, con solo apparenti forme di democrazia economica attraverso l’azionariato diffuso.


Di seguito si mostra come, ad esempio, in Germania il livello medio di concentrazione C1 [2] arriva al 61,5% mentre è molto inferiore per gli Stati Uniti e la Germania (cfr. Tab.30).

E’ importante sottolineare fino a che punto e in che modo le aziende sono “concentrate” nelle mani di pochi e quanto incide la proprietà di un’impresa; per far ciò va rilevato in primo luogo che vi sono cinque tipi di proprietari:

1) una famiglia o un soggetto individuale;

2) lo Stato;

3) un’istituzione finanziaria;

4) un’impresa;

5) una insieme misto (o miscellanea) ossia cooperative o patti di voto, ecc.

E’ stato evidenziato molto spesso che vi è una netta separazione tra proprietà e controllo di un’impresa, in quanto sempre più nel modello post-fordista i proprietari di un’azienda non sono nella condizione di esercitare i propri diritti; questo avviene sia quando la proprietà si dimostra disinteressata sia quando il frazionamento delle azioni è così diffuso da rendere difficile la costituzione di un gruppo di controllo.

La Tab.31 evidenzia molto chiaramente le varie tipologie di concentrazione proprietaria.

Ed ancora se si guarda al Graf.5 seguente ci si accorge che nel modello di Public Company si hanno valori di concentrazione proprietaria dello 0,4% per il Canada, dello 0,18% per l’Australia e di appena lo 0,2% per la Gran Bretagna e lo 0,19% per gli Stati Uniti. Questi paesi sono caratterizzati da un mercato azionario molto veloce, da un’alta liquidità e da una legislazione che pur dichiarando di tutelare i piccoli azionisti di fatto favorisce i processi di finanziarizzazione dell’economia con la diffusione azionaria a favore dei diversi tipi di fondi di investimento.

La Tab.32, invece, analizza un altro gruppo di paesi che si caratterizzano per la struttura proprietaria basata sul modello di gruppo; è facile notare le differenze rispetto alla prima fascia di paesi più portati a preferire la struttura delle Public Company (per gruppo si intende “un’aggregazione di imprese costituite in forma societaria legate fra loro da relazioni di controllo).  [3]

Ma è altresì chiaro che “sul piano formale il gruppo è una forma giuridico-organizzativa alla quale i soggetti imprenditoriali possono far ricorso per dar vita alle proprie iniziative produttive; sul piano sostanziale si tratta di uno strumento per mobilitare e impiegare capitale” [4]

I gruppi si distinguono in gruppi patrimoniali, nei quali la capogruppo gestisce solo il portafoglio e non esercita un’influenza sulle singole società e gruppi finanziari nei quali la capogruppo gestisce le strategie delle altre imprese e ne coordina le attività; vi sono infine i gruppi industriali ed imprenditoriali nei quali la capogruppo cerca il modo migliore per coordinare le attività delle altre imprese e le influenza nelle loro strategie.


[1] Va ricordato che le Public Company sono imprese caratterizzate dalla presenza alla guida delle imprese da manager assunti dagli azionisti per gestire l’azienda; il principale strumento di controllo dei manager è rappresentato dal consiglio di amministrazione che ha il potere di rimpiazzare, se necessario i manager. Lo strumento più efficiente per osservare i manager è il mercato del controllo azionario; infatti se il management non è efficace il prezzo delle azioni scende.

[2] Ossia la media, per le aziende tedesche quotate, dello stock più alto presente in queste aziende è del 61,5%.

[3] Cfr. F. Barca, P. Casavola, M. Perassi, “Controllo e gruppo natura economica e tutela giuridica”, Banca d’Italia, temi di discussione, numero 201, Roma, Luglio 1993.

[4] M. Donato, G.Pala, “La catena e gli anelli”, ed.La città del Sole”, Napoli, 1999, pag.43.