Se è corretto, non correggetelo

Andrew Kliman

1. Da Seattle a Genova... [1]

Da Seattle a Genova, un movimento nuovo ha investito con forza la globalizzazione. L’internazionalismo del movimento, il rifiuto di forme elitarie di organizzazione, e i tentativi di unire lavoratori e ambientalisti (e altre forze) sono del tutto esemplari, come lo è l’opposizione esplicita di una sezione crescente del movimento contro lo stesso "capitalismo globale".

Se questo movimento nuovo potrà imparare dagli errori passati della Sinistra, potrà evitare di ripeterli. Uno errore chiave, credo, è la tendenza di prendere particolari forme e istituzioni del capitalismo--proprietà privata, il mercato, società per azioni, e dominazione imperialista, il Fondo Monetario Internazionale ecc.--per il capitalismo stesso. Lottare solamente contro specifiche forme istituzionali equivale a permettere al capitalismo di riemergere sotto forme nuove, come la proprietà statale e/o un’economia pianificata. Un altro errore è quello di supporre che la radice dei nostri problemi sia l’avidità o il mal volere dei capi delle istituzioni capitaliste piuttosto che le leggi economiche oggettive a cui anche loro sono sottoposti. Qualche cosa di più fondamentale deve essere sostituito che non riguarda solo le persone in carica.

Quello che penso che debba essere sostituito è la produzione del valore. Il capitalismo ha ristrutturato la produzione e in verità tutta la vita attorno all’incessante necessità di produrre e accumulare sempre più valore come fine a se stesso. La storia ha mostrato, credo, che questo processo non può essere soggiogato e pianificato maneggiando le sue forme istituzionali. Ogni impresa capitalista e ogni nazione devono fare tutto ciò che possono per espandere il valore al massimo se non vogliono soccombere nella lotta competitiva. Le istituzioni capitaliste e i loro leader devono fare del loro meglio per espandere al massimo il valore se non vogliono essere sostituiti da istituzioni e leader che sapranno meglio comportarsi in tal modo.

Così il movimento contro il capitalismo globale farebbe bene a lottare non solo le battaglie concrete e immediate, che sono certamente necessarie e importanti, ma anche la battaglia contro la produzione del valore stessa. E farebbe bene a considerare lavori come il Capitale di Marx che analizza il processo di produzione del valore e indica l’alternativa--una società nella quale la meta è "lo sviluppo dei potenziali umani come un fine in se stesso" (Marx 1981:959)----e lavori come Dunayevskaya (1967), Marxismo e Libertà, che aiuta a concretizzare e a sviluppare questa prospettiva umanista alla luce di eventi più recenti.

Ma il resto di questo articolo non riguarda tutto ciò, almeno non direttamente. Riguarda un paio di ostacoli che stanno impedendo ai militanti e ai pensatori di potere ritornare seriamente al concetto di valore come è stato sviluppato in lavori come il Capitale e Marxismo e Libertà.

Un ostacolo è l’idea che la teoria del valore di Marx è contraddittoria e addirittura sbagliata. Un altro è l’ipotizzare che gli economisti moderni (sia marxisti che sraffiani) hanno realizzato le versioni corrette della teoria del valore di Marx--fondamentalmente la stessa teoria ma senza tutti i suoi errori e contraddizioni--così che, sebbene un ritorno diretto a Marx non sia possibile, si può ritornare a Marx attraverso questi eredi del suo progetto. Spero di dimostrare che entrambe tali idee sono false.

 

2. Le "Contraddizioni Interne" di Marx

Economisti marxisti e anti-marxisti non saranno d’accordo su molto, ma pressoché tutti sono d’accordo sul fatto che le teorie di Marx del valore, profitto, e crisi economiche sono state dimostrate essere impregnate da contraddizioni. In altre parole, molte delle sue conclusioni teoriche più importanti sarebbero state dimostrate essere non valide. Sarebbe perciò impossibile accettare le teorie di Marx nella loro forma originale.

Pressoché tutti gli economisti marxisti sono anche d’accordo con gli anti-marxisti che la analisi di Marx della produzione capitalista non merita neanche di essere discussa o insegnata come una teoria viva. Se la sua analisi sarebbe internamente contraddittoria, non avrebbe senso, e così non potrebbe essere giusta--anche se i fatti possono sembrare sostenere Marx e i suoi argomenti potrebbero sembrare convincenti. Le presunte prove delle contraddizioni interne servono così come una giustificazione potente per l’esclusione quasi totale della critica marxiana della economia politica, nella sua forma originale, sia dagli istituti di insegnamento che dalle pubblicazioni.

C’è, comunque, una differenza significativa fra i critici di Marx. Gli anti-marxisti usano le prove presunte delle contraddizioni interne per sostenere che le teorie di Marx dovrebbero essere rifiutate. I marxisti e gli sraffiani (seguaci di Piero Sraffa, 1960), d’altra parte, si considerano gli eredi del progetto di Marx piuttosto che i suoi critici. In uno modo o nell’ altro, tutti si vantano di aver "corretto" i suoi errori-cioè, di arrivare in pratica alle stesse conclusioni a cui arrivò Marx, ma in un modo logicamente accettabile. Per esempio, Riccardo Bellofiore (1997:2) scrive " il mio punto di partenza è che il progetto di Marx non si può difendere come è, e che le contraddizioni sulle quale i critici hanno insistito sono veramente lì, nel Capitale. [Tuttavia] il "nocciolo" della sua critica della economia politica... può essere stabilito su una base teoretica più solida”.

Similmente, Mongiovi (2001:3), uno dei principali sraffiani americani,, scrive che "gli errori di Marx sono, alla fin fine, minori; infatti essi possono essere eliminati attraverso una revisione della forma nella quale la sua teoria del valore e distribuzione è presentata, senza minare nessuna delle sue asserzioni fondamentali su come il capitalismo funziona e su come si sviluppa storicamente”.

 

3. Le "Correzioni" di Marx

Intendo dimostrare che queste asserzioni sono false. Le versioni cosiddette corrette della teoria di Marx non riportano i suoi risultati teorici su una base più solida. Al contrario, esse minano le sue tesi fondamentali circa il funzionamento e lo sviluppo del capitalismo. Esiste una grande varietà di proposte di correzione, ma tutte negano molti dei risultati teorici di Marx, includendo alcuni dei più importanti.

Il più importante di tutti i risultati marxiani negati è " la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto". Questa legge è al centro della sua tesi che le crisi economiche sono inevitabili nel capitalismo. Marx argomentò che la natura stessa del capitalismo costringe le imprese a cercare profitti sempre maggiori, e così ad adottare innovazioni più produttive e ’labour saving’. Ma sebbene le imprese considerate individualmente possano elevare così i loro saggi di profitto, Marx sostenne, che tali innovazioni tenderanno necessariamente ad abbassare il saggio di profitto medio, cioè il saggio di profitto per la economia nella sua totalità.

Tratterò più tardi gli argomenti che supportano questa conclusione. Qui, il punto è che tutte le "correzioni" di Marx (includendo quelle preferite da Bellofiore e Mongiovi) portano alla conclusione che la sua legge è falsa; secondo tali ‘correzioni’ le innovazioni tecnologiche che aumentano la produttività aumentano, e non abbassano, necessariamente il saggio di profitto medio. Così la versione di Bellofiore del" nucleo fondamentale della sua critica dell’economia politica," e la versione di Mongiovi delle "sue tesi di base riguardanti il funzionamento del capitalismo e il suo sviluppo nel corso della storia" rifiutano proprio quella legge che Marx (1973:748) considerò essere "in ogni rispetto la legge più importante dell’economia politica e moderna."

Un altro risultato importante di Marx, che è negato da tutte le cosiddette correzioni, è la sua teoria che il profitto viene dal "lavoro non retribuito" (anche chiamato "pluslavoro") dei lavoratori. Marx riconobbe che l’ammontare di profitto che un’impresa realizza differisce dal "plusvalore," l’equivalente monetario del lavoro non retribuito estratto dai lavoratori. Tuttavia ribadì chiaramente che le differenze si annullano a vicenda. Se l’economia è presa nel suo insieme, il profitto totale equivale al plusvalore totale e corrispondentemente il prezzo totale (il totale ricevuto dai capitalisti tramite la vendita dei loro beni) equivale al valore totale prodotto dal lavoro.

La maggior parte delle "correzioni" di Marx sostengono che egli aveva torto anche su questo punto. Una volta che i suoi "errori" sono corretti, le due uguaglianze non possono essere valide allo stesso tempo. Questo è il famoso "problema della trasformazione," il cosiddetto problema inerente alla "trasformazione" di valori in prezzi e del plusvalore in profitti. Tale ’problema’ è di nuovo al centro dell’attenzione nella rinnovata discussione sulla teoria del valore nella Sinistra italiana (si veda l’articolo di Guglielmo Carchedi in questo numero).

È una sfortuna che il dibattito si sia focalizzato così strettamente solo su questo punto, perché "risolvere il problema della trasformazione"--ottenendo le uguaglianze di Marx--non ha il significato che si pensa che abbia. Alcune recenti "corrette" versioni della teoria di Marx ottengono entrambe uguaglianze. Tuttavia, come dimostrerò più sotto, anche queste "correzioni" non riescono a confermare l’asserzione di Marx che il pluslavoro di lavoratori è la sola fonte di profitto. Tutte delle "correzioni" implicano che il profitto potrebbe essere positivo anche se i lavoratori non erogassero pluslavoro, e che il profitto potrebbe essere negativo anche se lavoratori erogassero pluslavoro.

 

4. Confutazioni delle critiche

 

Ci sono anche molti altri esempi, alcuni dei quali saranno discussi più avanti, in cui le cosiddette correzioni non riescono a ristabilire i risultati di Marx su una base teoretica più solida. Tuttavia, e se la base teoretica di Marx fosse dopotutto solida? E se, in altre parole, le prove delle cosiddette contraddizioni in Marx fossero esse stesse erronee?

Questa non è fantasia, ma un fatto. Durante le due decadi passate, un piccolo ma crescente numero di ricercatori, associato con quello che ora è chiamata l’interpretazione temporale del sistema unico (d’ora in avanti, TSSI), ha confutato tutte le cosiddette prove delle contraddizioni nella dimensione quantitativa della teoria del valore di Marx. Quelle che sembrarono essere conclusioni indifendibili--la legge della caduta del saggio di profitto, la nozione che tutto il profitto viene da lavoro non retribuito, ecc.--riemergono come logicamente aderenti a questa interpretazione (si veda Freeman e Carchedi, 1996).

Il TSSI rimane relativamente poco noto, e impopolare. Tuttavia, anche i suoi critici hanno cominciato recentemente ad ammettere, anche se a malavoglia, che il TSSI è stato in grado di confutare le prove dichiarate delle contraddizioni interne in Marx. [2] Queste confutazioni hanno delle conseguenze importanti:

• "il progetto di Marx" può veramente "essere difeso come è". Le sue teorie, che siano giuste o sbagliate, possono essere interpretate come logicamente coerenti.

• Nella misura in cui le revisioni fatte dai marxisti e dagli sraffiani alle teorie di Marx contraddicono i suoi risultati, queste non sono correzioni--non c’è bisogno di nessuna correzione----ma sono semplicemente teorie contrarie alla sua.

• L’esclusione delle teorie di Marx nella loro forma originaria non è un giustificabile tentativo di estirpare errori, ma semplice censura.

Il TSSI è stato criticato in vari modi. Tuttavia coloro che desiderano ripristinare le prove confutate delle contraddizioni in Marx devono fare qualcosa di più che criticare. Devono dimostrare che le confutazioni del TSSI di queste prove sono sbagliate, sia identificando errori matematici o logici nelle confutazioni o dimostrando che il TSSI non può essere una lettura corretta della teoria del valore di Marx. Il TSSI ora ha 21 anni, e niente di tutto ciò è stato ancora dimostrato.

Nell’assenza di tale dimostrazione, non si può più sostenere onestamente che "le contraddizioni sulle quale i critici hanno insistito sono veramente lì nel Capitale". Quando Marx è interpretato in un certo modo, sembra contraddire se stesso, ma quando è interpretato in un modo diverso, quelle che sembrano essere contraddizioni scompaiono. Quindi dobbiamo concludere che, nell’assenza di una prova che le confutazioni del TSSI siano erronee, le contraddizioni non sono contraddizioni insite in Marx ma contraddizioni tra le teorie originarie e certe interpretazioni che non riescono a dare senso a tali teorie.-----

È precisamente questo fatto che costituisce l’evidenza più forte che queste ‘interpretazioni corrette’ sono sbagliate. Lo scopo di un’interpretazione, dopo tutto, è di dare senso alle opere originarie. Dato che il TSSI fa questo ma le cosiddette “interpretazioni corrette” non vi riescono, queste interpretazioni debbono essere rigettate come inadeguate.

 

5. La valutazione simultanea contro la teoria del valore di Marx

Ma perché sono sbagliate le prove delle contraddizioni interne di Marx? Perché le cosiddette versioni corrette delle sue teorie negano i suoi risultati teorici? E come può il TSSI ottenere questi risultati senza ‘correggere’ Marx?

La risposta è semplice. Le prove dei critici, così come tutte le loro ‘correzioni’, sono simultaneiste, cioè adoperano una procedura nota come valutazione simultanea. Come vedremo tra poco, tale valutazione è incompatibile col principio su cui si basa la teoria del valore di Marx, il principio che il valore è determinato dal tempo di lavoro. Cosi tutte le ‘correzioni’ negano i suoi risultati perché rigettano implicitamente il nocciolo della sua teoria del valore. Le prove delle contraddizioni falliscono perché le cosiddette contraddizioni scompaiono se non si valutano le cose simultaneamente. [3] E il TSSI ottiene i risultati di Marx soprattutto perché rifiuta la valutazione simultanea sostituendola con la valutazione temporale e con il principio che il valore è determinato dal tempo di lavoro. [4]

Ma che cos’è la valutazione simultanea e come contraddice il sopramenzionato principio?

La valutazione simultanea è il metodo che sopprime i cambiamenti nei prezzi, o valore delle merci, nel tempo. Si immagini che il grano è prodotto usando solo grano dello stesso genere, piantato come seme, più il lavoro dei contadini. Un teorico del simultaneismo sosterrà che un quintale del seme di grano piantato al principio dell’anno vale tanto quanto un quintale di grano raccolto alla fine dell’anno.

È facile vedere come questa procedura contraddice il principio di Marx secondo cui il valore è determinato dal tempo di lavoro. Secondo la valutazione simultanea, se un quintale di seme di grano vale &5, un quintale di produzione del grano deve valere anche &5, senza tenere conto di quanto i contadini hanno dovuto lavorare per produrlo. Avrebbero potuto affaticarsi per 1000 ore, o solamente per 10 ore--o per nulla del tutto! Non fa differenza; il valore del grano prodotto non può essere al di sopra né al di sotto del prezzo del seme di grano. Così la dimensione del valore del grano non dipende dall’ammontare di lavoro richiesto per la sua produzione.

In altre parole, la valutazione simultanea in effetti impedisce ai cambi nella produttività di influenzare il prezzo, o valore, del grano. Si contrapponga questo al mondo reale: quando la produttività aumenta--quando lo stesso ammontare di lavoro genera più prodotto----i prezzi delle merci tendono a cadere. Questo è in essenza ciò che Marx voleva dire quando sostenne che il valore è determinato dal tempo di lavoro. Ma in effetti non c’è bisogno che Marx ci dica questo; ogni coltivatore sa che può ottenere un prezzo più alto per un quintale del suo grano dopo un cattivo raccolto che dopo uno buono. Simultaneismo, d’altro canto, implica che un quintale del grano prodotto non può valere più di un quintale del seme di grano dopo un cattivo raccolto, né meno di un quintale del seme di grano dopo un buon raccolto.

Naturalmente, nessuno crede veramente che i prezzi rimangano costanti nel tempo nel mondo reale. Tuttavia, ciò è esattamente quanto i teorici del simultaneismo sostengono quando tentano di dimostrare che Marx ha peccato di contraddizioni interne e tentano di correggerlo. Se i suoi risultati teorici contraddicono i risultati teorici ottenuti da loro quando valutano tutto simultaneamente, essi dichiarano che Marx pecca di errori e contraddizioni interne.

 

6. Profitto senza pluslavoro nella valutazione simultanea

Sopprimendo i cambiamenti nei prezzi che risultano da cambiamenti nella produttività, il simultaneismo implica che in effetti il profitto non ha nulla a che fare col lavoro non retribuito dei lavoratori. Per capire perché questo è così, sarà utile considerare l’uso che V. K. Dmitriev fa della valutazione simultanea per tentare di confutare la teoria di Marx del profitto.

Dmitriev è il più famoso predecessore della teoria economica di Sraffa. Scrivendo un secolo fa, perseguì inflessibilmente la logica del simultaneismo fino alla sua conclusione logica: il profitto non richiede per nulla il lavoro umano. Possiamo, argomentò, "immaginare un caso nel quale tutti i prodotti sono prodotti esclusivamente dalle macchine, così che nessuna unità di lavoro vivo,..partecipa alla produzione... Vi può essere [un] profitto industriale... [,] un profitto che non differirà essenzialmente in qualsiasi modo dal profitto ottenuto da capitalisti attuali. [Dmitriev 1974:63]

“[Sebbene] il lavoro salariato non è usato nella produzione,... vi sarà ciononostante plusvalore, e... ci sarà di conseguenza, profitto sul capitale.” [Dmitriev 1974:214]

Dmitriev non menzionò mai Marx per nome, ma dal suo uso di termini come "lavoro vivo" e "plusvalore" è chiaro chi il suo obiettivo era Marx. Che il redattore del libro di Dmitriev potesse affermare che "il suo sistema di pensiero è compatibile con le teorie economie marxiane" (Nuti 1974:7) indica solamente come fosse lontana la teoria economica marxiana convenzionale da quella di Marx fin dal 1974.

Per tentate di provare questa tesi, Dmitriev costruì un esempio complesso nel quale vari tipi di macchine producono macchine nuove così come beni di consumo. Tuttavia, il punto essenziale emerge più chiaramente se noi consideriamo un caso nel quale un tipo di macchina produce repliche di se stessa senza qualsiasi lavoro umano. Supponiamo che l’anno comincia con 10 macchine. Queste macchine non esistono più alla fine dell’anno,--si sono consumate--ma nel frattempo hanno prodotto 12 repliche di se stesse.

Il profitto è qualsiasi valore le 12 macchine nuove hanno meno qualsiasi valore le 10 macchine originali avevano. In principio, quindi, il profitto potrebbe avere qualsiasi valore. Il profitto sarà alto se una macchina nuova vale più di un uno originale, e basso o anche negativo se vale meno.

Mi sembra tuttavia che la teoria del valore di Marx implica che il profitto sarà zero. Nella sua teoria, il lavoro vivo è la sola fonte del "valore nuovo," cioè di tutto il valore aggiunto nel processo di produzione. Qui non c’è lavoro vivo, così non c’è nessuno valore aggiunto. La somma di valore col quale i capitalisti incominciarono l’anno, il valore delle 10 macchine originarie, è la somma di valore con la quale essi finiscono l’anno. Così le 12 macchine nuove valgono precisamente quello che le 10 macchine originarie valevano, e il profitto è zero.

Si noti che il prezzo di una macchina è caduto. Ciascuna macchina nuova vale solamente dieci dodicesimi di quello di una macchina originaria.

È precisamente per evitare questa caduta nel prezzo--cioè, precisamente ricorrendo alla valutazione simultanea--che Dmitriev dotò le sue macchine della capacità di creare valore nuovo, e così il profitto. Se il prezzo di una macchina rimane costante, le 12 macchine nuove devono valere più delle 10 macchine originarie, così che il profitto deve essere positivo.

E tuttavia, perché mai il prezzo unitario dovrebbe rimanere costante? Dmitriev non utilizzò una sola parola per giustificare questa asserzione. Senza di essa, tuttavia, il suo tentativo di confutare la teoria di Marx crolla.

Ciò che Dmitriev in effetti dimostrò fu la incompatibilità della valutazione simultanea con la teoria marxista del profitto. Non importa che un’economia completamente automatizzata non sarebbe capitalista; il punto è che il profitto in tale economia "non differirebbe essenzialmente in alcun modo dal profitto ottenuto da capitalisti attuali". Ne segue che anche se il lavoro umano è impiegato, esso non è la fonte del profitto. La fonte del profitto, secondo il simultaneismo è il fatto che l’output fisico è più grande dell’input fisico.

In marcato contrasto con Dmitriev, teorici posteriori del simultaneismo hanno dato meno rilievo a questa contraddizione tra i loro modelli e la teoria di Marx. Ma la contraddizione ancora è là, perché non ha nulla a che fare con come il teorico si pone nei confronti Marx. È una conseguenza necessaria della valutazione simultanea.

 

7. Pluslavoro senza profitto nella valutazione simultanea

 

Abbiamo visto che “le correzioni” simultaneiste implicano che vi può essere profitto anche se non vi è pluslavoro. Ma queste correzioni implicano anche che il profitto potrebbe essere negativo anche se vi è stato pluslavoro. Così secondo queste correzioni qualche cosa di più che pluslavoro sarebbe necessario per il profitto. Ma anche questa conclusione contraddice la teoria di Marx.

Il problema è di nuovo il simultaneismo. Fluttuazioni nei livelli di produzione e dei prezzi di beni diversi possono produrre profitti negativi nonostante un pluslavoro positivo quando le cose sono valutate simultaneamente. I lettori che desiderano verificare questo fatto dovrebbero considerare l’esempio presentato nella Tabella 1 [5].

Questa tabella è presentata a guisa di dimostrazione, non per una chiarificazione supplementare. I lettori che non desiderano verificare la prova possono saltarla senza perdita di continuità.

In questo esempio il profitto è negativo, sebbene il pluslavoro sia positivo, a causa del modo nel quale il livello della produzione e il prezzo di bene B hanno fluttuato. In realtà, tali fluttuazioni non sono probabilmente abbastanza grandi da produrre casi nei quali il profitto è negativo, sebbene il pluslavoro sia positivo. Tuttavia ciò non vuole dire che il simultaneismo è compatibile con la teoria del profitto di Marx. Al contrario, vuole dire che il simultaneismo implica che qualche cosa più del pluslavoro--livelli di produzione e prezzi che non fluttuano troppo--è necessario affinché il profitto sia positivo.

Questa conclusione, come la conclusione che il pluslavoro non è necessario affinché il profitto esista, si applica a tutte le interpretazioni simultaneiste di Marx, anche quelle che "risolvono il problema della trasformazione". Tali soluzioni valgono solamente per un caso speciale (e non interessante) nel quale i tassi di interesse di tutti i settori sono uguali. Tutte le interpretazioni simultaneiste implicano in generale che il pluslavoro non è né necessario né sufficiente affinché il profitto esista.

Il TSSI, al contrario, implica che il pluslavoro è necessario e sufficiente affinché il profitto (corretto per l’inflazione) esista. La prova è complessa. Il lettore interessato dovrebbero consultare Kliman (2001). -----

8. La "ridondanza" e la "mancanza di significato" del valore in un sistema simultaneo

Durante le ultime tre decadi, si è discusso molto della cosiddetta "ridondanza" del concetto di valore. Gli sraffiani, così come alcuni economisti marxisti, hanno sostenuto che anche se i saggi di profitto possono essere espressi in termini di valore, essi sono determinati in effetti da "quantità fisiche"--inputs, outputs e il paniere dei beni di consumo dei lavoratori. Questa nozione di solito è stata discussa in connessione col "problema della trasformazione," ma in effetti la ridondanza del valore non ha nulla a che fare con le deviazioni dei prezzi dai valori. La ridondanza è puramente una conseguenza della valutazione simultanea. Se si rigetta la valutazione simultanea si elimina la ridondanza del valore.

Questo può essere visto chiaramente considerando di nuovo il caso di un’economia nella quale il grano, l’unico prodotto, è prodotto solamente per mezzo di semi di grano e lavoro vivo. (Tale "modello del grano" è un concetto utilizzato da molti teorici del simultaneismo, specialmente gli sraffiani.) In tal caso non ci può essere per definizione un "problema della trasformazione"--un trasferimento di valore tra settori- e quindi non ci può essere una deviazione dei prezzi dai valori. Così il prezzo di grano è uguale al suo valore.

Supponiamo che i capitalisti agrari investano 10 quintali di grano all’inizio dell’anno, da usare come seme e per pagare i salari, mentre 12 quintali di grano sono raccolti alla fine dell’anno. Se valutiamo simultaneamente l’investimento e la produzione--cioè se si stabilisce che hanno lo stesso prezzo per quintale-- i 12 quintali di produzione devono valere precisamente 20% più dei 10 quintali che furono investiti inizialmente. Così il profitto deve essere uguale a 20% della somma di valore investita. Ma il profitto come una percentuale degli investimenti è precisamente quello che è chiamato il saggio di profitto. Così il saggio di profitto deve essere del 20%.

Ora si osservino due cose. Prima, non interessa quello che è il valore (= il prezzo) del grano. Che sia alto o basso, il saggio di profitto è sempre del 20%. Conseguentemente il valore è ridondante. (Che mondo meraviglioso! I coltivatori non devono preoccuparsi se il prezzo del loro grano cade, né devono sciupare soldi per fare pubblicità e ricerche di mercato per ottenere un prezzo più alto.) Secondo, il saggio di profitto è identico al tasso di incremento del grano, il 20% è la differenza tra il grano prodotto e il grano investito. Se il raccolto fosse stato solo di 11 quintali, il saggio di profitto sarebbe stato del 10%. Se il raccolto fosse stato di 13 quintali, il saggio di profitto sarebbe stato del 30%. Così il saggio di profitto è determinato esclusivamente da quantità fisiche--inputs, outputs e il paniere dei beni di consumo.

È chiaro che queste conclusioni dipendono essenzialmente dalla valutazione simultanea. Se il valore del grano non è costante, ma è determinato dal tempo di lavoro--se, in altre parole, il suo valore cade quando la produttività cresce--le conclusioni sono completamente opposte. Supponiamo che il valore iniziale sia di £156 al quintale, mentre il valore della produzione del grano è anche di £156 se sono stati raccolti 11 quintali, ma cade a £143 se sono stati raccolti 12 quintali e £132 se sono stati raccolti 13 quintali. In tutti i tre casi, il saggio di profitto è del 10%. Il saggio di profitto non dipende più solamente su quantità fisiche. Dipende anche da cambiamenti nel valore del grano. Il valore non è più ridondante.

Il nostro modello del grano ci permette anche di illustrare in un modo semplice un’altra conseguenza della valutazione simultanea, i valori negativi. Supponiamo che 10 quintali di grano siano stati piantati all’inizio dell’anno, e i contadini lavorano 4.000 ore in quell’anno.. Ma a causa del cattivo tempo solamente 8 quintali di grano sono raccolti. Mi sembra che la teoria di Marx implichi che gli 8 quintali prodotti valgono più dei 10 quintali di seme di grano, perché il lavoro vivo ha aggiunto valore nuovo durante la produzione. Ma il simultaneismo ci dice che gli 8 quintali valgono solamente otto decimi dei 10 quintali originari. Questo conduce al risultato senza significato che il valore per quintale misurato in termini di tempo lavoro è - 2.ooo ore di lavoro.

Questi esempi dimostrano che la valutazione simultanea implica che il valore è ridondante, e che i valori possono essere negativi, anche quando i prezzi sono uguali ai valori. Questi problemi non hanno perciò nulla a che fare col cosiddetto "problema della trasformazione". E quindi anche le interpretazioni del simultaneisti di Marx che "risolvono il problema della trasformazione" implicano che il valore è una nozione ridondante e senza significato.

 

9. La legge del saggio crescente di profitto nell’interpretazione simultanea

 

Ritorniamo, infine, al perno della teoria di Marx della crisi capitalista, la legge che Marx considerò essere "la legge più importante dell’economia politica moderna": la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. Come abbiamo visto, la valutazione simultanea contraddice elementi chiave delle teorie di Marx per una ragione molto semplice: è incompatibile con la determinazione del valore dal tempo di lavoro. In altre parole, la valutazione simultanea impedisce artificialmente che aumenti di produttività riducano i prezzi (valori) delle merci. Questa è la ragione per cui il simultaneismo implica che la legge di Marx è falsa.

Marx argomentò che il saggio di profitto tende a cadere quando la produttività aumenta e a causa di tale aumento di produttività [6]. I teorici simultaneisti hanno tentato di provare che questo non può essere il caso. Essi sono d’accordo che il saggio di profitto può cadere, ma non perché aumenta la produttività. In effetti, se tutto è valutato simultaneamente, una produttività crescente tenderà necessariamente a aumentare il saggio di profitto, non ad abbassarlo. Come si è visto sopra, se aumenti di produttività causano un aumento della produzione del grano da 11 quintali a 12 quintali, a 13 quintali per ogni 10 quintali di grano investiti, questo " saggio di profitto materiale" aumenta necessariamente dal 10% al 20% al 30%.

Tuttavia, non appena riconosciamo che un aumento della produttività tende a deprimere i prezzi, la legge di Marx sembra del tutto sensata. Spinte a cercare profitti sempre più alti, le imprese introducono innovazioni sempre più produttive e labour saving. Da una parte gli aumenti di produttività aumentano la produzione fisica in relazione agli inputs fisici. È questo l’effetto su qui si focalizza il simultaneismo.

D’altra parte però c’è anche un effetto contrario che il simultaneismo ignora: questi stessi aumenti di produttività tendono a causare una caduta nel tempo dei valori e dei prezzi. Conseguentemente, il saggio di profitto reale (in valore o prezzo) tenderà a cadere in relazione al " saggio di profitto materiale" dei teorici del simultaneismo. È così possibile che il saggio di profitto reale diminuisca continuamente nel tempo sebbene il " saggio di profitto materiale" salga continuamente (si veda, e.g., Freeman e Kliman 2000).

Senza informazioni ulteriori, non è possibile dire di più sull’andamento del tasso di profitto nel tempo. Il suo percorso dipende da come, e con che velocità, cambiano la tecnologia, i prezzi, i salari, e altri fattori. Ma quanto detto dovrebbe essere sufficiente per spiegare come aumenti di produttività possano causare una caduta del saggio di profitto e quindi per spiegare cosa ci sia di erroneo con i tentativi del simultaneismo nel dimostrare che tale caduta è impossibile.

Questo punto è molto importante, perché i critici di Marx hanno tentato di respingere le sue teorie della caduta del saggio di profitto e della crisi economica senza neanche esaminare l’evidenza empirica. Come John Roemer (1981:113), un ’Marxista Analitico’ critico di Marx, ha notato, perché esaminare l’evidenza empirica se la teoria Marxista della caduta del saggio di profitto non può essere giusta?

La dimostrazione del TSSI che la teoria di Marx potrebbe essere valida dimostra allo stesso tempo che questa teoria merita di essere esaminata di nuovo, senza pregiudizi e sulla base dell’evidenza. I marxisti e non-marxisti che escludono la teoria di Marx dal loro insegnamento e dalle loro riviste non eliminano errori dalla scienza ma fanno opera di censura.

 

Bibliografia

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Freeman, A. and G. Carchedi (eds.). 1996. Marx and Non-equilibrium Economics (Cheltenham, U.K.: Edward Elgar).

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Sraffa, P. 1960. Production of Commodities By Means Of Commodities: Prelude to a critique of economic theory. Cambridge and New York: Cambridge University Press.


[1] Questo saggio è stato tradotto dalla versione originale in inglese ed è dedicato dall’Autore alla memoria di Carlo Giuliani.

[2] Il teorema di Okishio avrebbe provato che la legge marxiana della caduta tendenziale del saggio di profitto sarebbe falsa. Tuttavia recentemente due prominenti marxisti hanno dovuto ammettere che questo non è il caso. Foley (2000; 282) scrive che la ricerca del TSSI dimostra che “il teorema di Okishio, nella sua accezione letterale, è sbagliato... il saggio di profitto in termini di denaro e di lavoro [possono] cadere nelle circostanze specificate nelle sue ipotesi”. In maniera simile, Laibman (2000b; 275) annota che il teorema di Okishio non prova nulla circa la tendenza del saggio di profitto reale ma solo che “il nuovo saggio di profitto materiale deve essere maggiore di quello precedente”.

La ‘prova’ chiave (e unica) della contraddizione interna dell’approccio Marxiano della trasformazione dei valori nei prezzi di produzione è quella di Bortkiewicz. Bortkiewicz (1952:6-9) sostenne che la differenza nei prezzi degli inputs e degli outputs nella procedura di Marx crea un illegittimo crollo nel processo di riproduzione. Tuttavia Laibman riconosce che la ricerca del TSSI ha confutato l’asserzione di Bortkiewicz. I prezzi degli inputs e degli outputs sono differenti nei contro-esempi del TSSI e tuttavia “l’equilibrio nella riproduzione esiste da un periodo all’altro” (Laibman 2000a:323). (Vedi Kliman and McGlone, 1990, per la prima di tali confutazioni). Similmente, Mongiovi (2001:33) ammette “l’assenza di errori aritmetici” nei modelli del TSSI più il fatto che, in questi modelli, “non è assolutamente possibile che i postulati di invarianza di Marx [profitti totali = plusvalore totale e prezzi totali = valore totale] possano essere violati”.

[3] Nel suo tentativo fallito di dimostrare che la spiegazione di Marx della trasformazione dei valori in prezzi di produzione conduce ad un collasso del processo di riproduzione, Bortkiewicz naturalmente adottò la procedura non simultaneista di valutazione di Marx. Tutti gli altri tentativi di dimostrare l’esistenza di errori o di contraddizioni interne si basano su valutazioni simultaneiste.

[4] Al fine di ottenere i risultati teorici di Marx, la valutazione temporale deve essere combinata con la interpretazione di “un unico sistema”. Secondo tale interpretazione, Marx sostenne che l’ammontare di denaro che i capitalisti investono nel processo di produzione dipende dai prezzi degli inputs che essi comprano. Non usò un altro, immaginario, sistema in cui gli investimenti dipendono dai valori di tali inputs. Come vedremo, non è possibile combinare la valutazione simultanea con l’interpretazione di “un unico sistema”.

[5] Alcuni simultaneisti definiscono il ‘lavoro necessario’ (che si ottiene sottraendolo dal lavoro vivo al fine di ottenere il pluslavoro) come il valore dei beni consumati dai lavoratori. Se il tasso del salario è minore di &1 per ora e se i lavoratori consumano solo il Bene A, il pluslavoro nell’esempio di cui sopra sarà positivo secondo tale definizione. I fautori della ‘nuova interpretazione’ e la interpretazione simultanea del sistema unico al contrario definiscono il lavoro necessario come i salari monetari diviso per il MELT (l’espressione monetaria del tempo di lavoro). Il pluslavorodeve essere positivo secondo tale definizione perché il MELT simultaneista è negativoin entrambe le ore nell’esempio.

[6] Qui e più sotto uso la parola “tende” per indicare ciò che accadrebbe se non vi fossero altri cambiamenti che controbilanciano o soppiantano la tendenza. Per esempio, un eccessivo accumulo di debito pubblico e privato può stimolare la spesa e quindi può controbilanciare la caduta tendenziale dei prezzi quando la produttività aumenta.

Se i prezzi rimangono costanti o aumentano, la caduta tendenziale del tasso di profitto può essere dislocata; le crisi economiche possono prendere la forma di crisi finanziarie piuttosto che di crisi provocate da una caduta della profittabilità.