La condizione attuale del sindacato in Grecia

Gorge Liodakis

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Anche se in Grecia i sindacati non si sono sviluppati tanto quanto in Italia, o in altri paesi dell’Europa Occidentale, essi hanno tuttavia una lunga storia e la lotta della classe operaia è stata a volte anche molto forte. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, tra l’altro, le ineguaglianze economiche e sociali in Grecia sono particolarmente intense.

L’iscrizione ai sindacati è aumentata considerevolmente negli ultimi due decenni, specialmente nel settore pubblico e bancario, e ciò proprio nel periodo in cui il ‘Partito Socialista’ (PASOK) è stato al potere. Allo stesso tempo il carattere ed il ruolo dei sindacati è cambiato significativamente, anche se la partecipazione e l’attivismo sindacale sono rimasti limitati in molti settori, in particolare nel settore industriale e privato, e ciò a causa dell’alta disoccupazione e incertezza occupazionale e a causa delle restrizioni dei diritti sindacali e civili che pongono alti rischi di rappresentanza ai lavoratori. Continua, inoltre, una quasi completa assenza di sindacati, nel senso di unioni di classe di lavoratori, nel settore rurale: le lotte necessarie per proteggere gli interessi dei contadini sono generalmente fatte o dirette da associazioni di cooperative e/o da associazioni interclassiste di contadini.

L’affiliazione politica (di partito) di coloro che dirigono i sindacati è stata tradizionalmente uno dei maggiori problemi nelle lotte sindacali indirizzate a proteggere gli interessi dei lavoratori e per migliorare le loro condizioni di lavoro. Un partito al potere in genere si può assicurare un comportamento obbediente da parte del sindacato se è controllato da una maggioranza dei membri affiliati ad esso mentre i partiti dell’opposizione parlamentare possono esercitare una forte influenza politica nella misura in cui possono controllare e mobilitare anche indirettamente la militanza sindacale. Questa dipendenza parlamentare dei sindacati è causata non solo dalla scarsa coscienza di classe dei membri sindacali ma anche dei partiti politici borghesi (attualmente la Nuova Democrazia e il Pasok) e della sinistra tradizionale. Quest’ultima, e in particolare il Partito Comunista Greco (KKE), hanno diffuso tra i lavoratori l’idea che i sindacati devono lottare solo per fini economici, cioè per miglioramenti salariali o per migliorare le condizioni di lavoro, mentre la lotta politica e per porre fine allo sfruttamento sociale dovrebbero essere la prerogativa esclusiva del Partito. Allo stesso tempo, il KKE tenta di aumentare la sua influenza elettorale attraverso il coinvolgimento diretto nelle attività sindacali.

Alcuni dei principali problemi dei sindacati in Grecia hanno anche a che fare con la struttura organizzativa, con la penetrazione sempre maggiore dell’ideologia borghese nei sindacati stessi, e con la loro voluta incapacità a dar vita o appoggiare lotte che promuovano gli interessi reali dei lavoratori.

Vi è anche una lunga storia di interventi da parte dello Stato che hanno ristretto la libera, autonoma e indipendente attività, così come anche la stessa credibilità, dei sindacati.

La degenerazione organizzativa e ideologica, così come il crescente discredito dei sindacati ufficiali, sono dovuti principalmente alla loro crescente burocratizzazione e ai privilegi economici e socio-politici accumulati dai quadri sindacali, particolarmente negli ultimi decenni. I privilegi economici dei quadri sindacali sono spesso scandalosi, mentre le mansioni dei dirigenti sindacali sono spesso intercambiabili con alte mansioni amministrative nel mondo aziendale o nella Pubblica Amministrazione o con incarichi ministeriali. Nella misura in cui tale interscambio avviene entro una dominazione politica e ideologica borghese, non è l’ideologia e la politica della classe lavoratrice che permea la politica parlamentare o della Pubblica Amministrazione ma al contrario è l’ideologia e la politica borghese che penetrano e dominano la politica e la pratica sindacale.

Così spesso i sindacati tendono a funzionare come un “Cavallo di Troia” all’interno della classe lavoratrice rendendo possibile in ultima istanza sia la supremazia ideologica borghese sia l’avanzamento degli interessi dei capitalisti contro i lavoratori. Questa degenerazione organizzativa e assunzione dell’ideologia del capitale nei sindacati è anche dovuta sia al consociativismo socialdemocratico (un consenso concertativo a tre tra industriali, lo Stato e i sindacati) che ha prevalso negli ultimi due decenni, sia alla ideologia diffusa nazional-patriottica (sfortunatamente fatta sua anche dal KKE). Dato che il KKE gode di una influenza considerevole in alcuni sindacati, il carattere che tende ad assumere piccolo-borghesi di questo partito (politiche anti-monopolistiche invece di politiche anti-capitaliste) è quindi importante e determinante.

Questi elementi hanno dato luogo e hanno riprodotto una larga aristocrazia operaia, ridotto la militanza sindacale, hanno sviato la lotta di classe verso basse rivendicazioni occupazionali o corporative, hanno finanche contribuito ad alcuni fenomeni razzisti, e hanno ridotto la solidarietà internazionale della classe operaia. Alcune pratiche o iniziative dei sindacati, o meglio delle forze politiche operanti al loro interno, hanno occasionalmente funzionato coscientemente per far saltare scioperi o lotte operaie.

Alcune forze politiche della sinistra, come ad esempio la Corrente della Nuova Sinistra (NAR), il cui scopo è quello di ristabilire la prospettiva di classe, hanno analizzato attentamente le condizioni contraddittorie in cui attualmente si trovano i lavoratori (la tendenza sia verso l’emancipazione che verso l’incorporazione) e le prospettive per una riorganizzazione radicale ed un ri-orientamento delle lotte operaie. Anche se ha ancora una influenza politica limitata, la NAR ha identificato il problema ed ha prodotto, già dall’inizio degli anni ‘90, una elaborazione soddisfacente della situazione attuale e delle precondizioni per lo sviluppo di un ‘Nuovo Movimento Operaio’. Questa nuova concezione è abbinata ad una proposta per una radicale riorganizzazione del lavoro, con criteri di emancipazione, al fine di soddisfare simultaneamente una doppia necessità, sia dal punto di vista logico che pratico, superando gli attuali sindacati concertativi, creando le condizioni per un confronto sociale e di classe.

All’interno di questa concezione, le lotte operaie dovrebbero essere indirizzate verso prospettive contrarie alle scelte politiche del capitale, dell’Unione Europea, e dell’attuale governo. Tale terreno di lotta dovrebbe abbinare la resistenza contro l’offensiva sociale sferrata contro la classe lavoratrice, ponendo le basi per superare le attuali relazioni sociali di sfruttamento con una prospettiva di solidarietà internazionale. Si pensa che l’impulso principale di tale processo di ripresa dell’iniziativa sindacale dovrebbe essere il compito di una auto-organizzazione indipendente e di un coinvolgimento sulla base di una democrazia diretta degli stessi lavoratori, principalmente partire dal proprio luogo di lavoro. Qualsiasi coordinamento della classe lavoratrice, da questo livello in su, dovrebbe essere fermamente ancorato a questo ambito e controllato dai lavoratori. Le unioni sindacali o i collettivi dei lavoratori organizzati su tale terreno di lotta dovrebbero includere solamente i lavoratori dello stesso posto di lavoro, azienda, o organizzazione, e non avere carattere interclassista. Per queste ragioni uno slogan originale e comune a forze sindacali affini è quello che la lotta deve svilupparsi “all’interno, all’esterno e contro” i sindacati ufficiali.

Le nuove condizioni socio-economiche, particolarmente durante più o meno l’ultimo decennio, hanno spinto verso una convergenza ideologica e politica tra le principale frazioni sindacali, compreso persino forze affiliate ad una delle sezioni della sinistra tradizionale (SYN). La modernizzazione, un corporativismo che riconcilia le classi, e una prospettiva a favore dell’Unione Europea hanno costituito un terreno ideologico e politico comune a tutte queste forze. Anche se talvolta il confronto verbale si intensifica, vi è essenzialmente un accordo di contenuto sulle linee politiche principali tra quelle forze che costituiscono la maggioranza all’interno dei sindacati.

La politica neo-liberale voluta dal PASOK, specialmente dalla metà degli anni ’80, che include l’austerità economica, la deregolamentazione dello Stato sociale, la liberalizzazione del commercio, le privatizzazioni e lo smantellamento e la privatizzazione della previdenza sociale hanno ristretto ancor di più il terreno per un intervento di un sindacato indipendente, hanno aumentato la corruzione dei funzionari sindacali e delegittimato il ruolo tradizionale dei sindacati. È emblematico, per esempio, che la leadership della Confederazione dei Lavoratori stia attualmente partecipando ad un finto dialogo e appoggi un progetto governativo per la ristrutturazione della previdenza sociale che conduce ad un aumento del tempo di lavoro e dei contributi dei lavoratori, a tagli delle pensioni, ad una riduzione delle indennità per lavori faticosi, usuranti e dannosi, ad una appropriazione ed uso illegale del patrimonio del Fondo della previdenza sociale per usi finanziari speculativi, e a premi per favorire le società private di previdenza sociale e i giochi di Borsa. E tutto ciò nonostante una grandissima manifestazione e tante iniziative lotta contro una proposta simile presentata un anno fa, e poi ritirata, alla cui mobilitazione la Confederazione stessa partecipò con scarso entusiasmo. La pratica dipendente, conciliatoria, concertativa e sottomessa della burocrazia sindacale sottolinea sempre di più la necessità di un attivismo operaio autonomo e di base; vi sono diversi casi di una tale attività indipendente e di successo nelle lotte maggiori che si sono sviluppate negli ultimi anni.

Allo stesso tempo, la protratta austerità economica (per la stabilizzazione e i piani di aggiustamento nel processo dell’Unione Monetaria Europea) e la crescente crisi capitalistica hanno recentemente teso a restringere i privilegi dell’aristocrazia operaia e limitano le potenzialità per una cooptazione e subordinazione sociale della grande maggioranza dei lavoratori. Questo è ancor più attuale e vero in seguito alla privatizzazione delle imprese e degli enti pubblici, all’intensificazione della lotta competitiva tra le diverse frazioni del capitale, e al manifestarsi di fenomeni di scandalose interconnessioni e corruzione.

In questa situazione, le pratiche autoritarie sia del capitale privato che degli apparati statali, così come quelle della burocrazia sindacale, diventano sempre più presenti. È caratteristico di questa situazione il fatto che, negli ultimi mesi, molti attivisti sindacali di sinistra siano stati o rimossi dalla loro posizione nei consigli sindacali dalla burocrazia sindacale oppure licenziati (sia nel settore privato che in quello pubblico). Il largo movimento di solidarietà che si è formato attorno a loro non è sufficientemente forte per neutralizzare o capovolgere tale fenomeno. E nonostante la necessità di una riorganizzazione e sviluppo di una lotta di classe indipendente che è più forte che mai, la crescita della coscienza politica e ideologica della maggioranza dei lavoratori procede piuttosto lentamente.

In questo contesto, le forze associate al KKE si conformano in maniera eccessiva al sindacalismo ufficiale e autoritario. Esse rimangono attaccate al principio “un sindacato, una federazione, una confederazione” e privilegiano la necessità dell’unità di fronte al rischio di “frammentazione” del movimento sindacale. Tuttavia, nonostante esse abbiano una grande responsabilità per la loro cooperazione con forze di governo e di destra e per il loro sostegno ai sindacati ufficiali negli anni passati, tali forze politiche e sociali hanno recentemente incominciato a porre in dubbio la “struttura” e il “contenuto” delle attività dei sindacati ufficiali. È caratteristico che, mentre le forze radicali e di sinistra sindacale hanno manifestato per molti anni per il Primo di Maggio indipendentemente dalla confederazione sindacale ufficiale, le forze associate con il KKE hanno fatto lo stesso solamente nell’ultimo paio d’anni e solo in una maniera controllata strettamente dal partito. In altre parole, una “frammentazione” è permessa nella misura in cui assicura una “unità” sotto l’egemonia del partito.

Mentre il Partito Comunista (KKE) sta ancora battendosi per essere ufficialmente legittimato, vacillando tra “unità” e “frammentazione”, la crisi attuale generalizzata del sindacalismo concertativo e la sua sempre più evidente separazione dagli interessi della classe lavoratrice conducono oggettivamente sempre di più verso la nascita di un movimento sindacale nuovo e indipendente, sia in relazione alle sue caratteristiche politico-sociale che nelle forme specifiche di lotta.

Come già detto, la NAR e le altre forze del movimento dei lavoratori indipendente anticapitalista sottolineano da anni la necessità dell’emancipazione della coscienza e delle lotte dei lavoratori contro le restrizioni del sindacalismo ufficiale e autoritario. Vi sono segni che queste organizzazioni di base stiano lentamente guadagnando vitalità nelle lotte in corso e in molti luoghi di lavoro o settori dell’attività produttiva, ma esse sono ancora deboli in termini puramente quantitativi. Sta diventando sempre più chiaro, tuttavia, che un “fronte” autonomo per sostenere delle politiche vere a favore dei lavoratori si può realizzare solo sulla base di processi di democrazia diretta e di auto-organizzazione della lotta della classe operaia, attraverso una coordinazione indipendente e di classe dei sindacati, attraverso collettivi, assemblee, o comitati di lotta, contrari ad una logica di manipolazione e di falsa “rappresentatività” che promuove la logica moderata della delega e della concertazione.

È di questo tipo di politica operaia e della sua “separazione” dalla politica e dal sindacalismo concertativo che il sistema capitalistico e tutti gli attori del consociativismo hanno maggior paura. Ma questo è anche ciò che un nuovo movimento sindacale dovrebbe promuovere nell’immediato futuro.


[1] Ns. traduz. dall’originale inglese