Dal PCB al PT: continuità e rotture della sinistra brasiliana

Alvaro Bianchi

1. Per un’introduzione critica

Nella città di Porto Alegre esisteva una casa molto vecchia che sembrava abbandonata. Sul cancello di ferro c’era una scritta “il morto governa sul vivo”. Se la memoria ancora mi assiste, si trovava nella Avenida Joao Pessoa, subito dopo il Parco della Redenzione. Ma il luogo non è importante. Ciò che vorrei evidenziare è la sensazione di inquietudine che produceva sui passanti. La frase che richiamava in sé una sorta di maledizione, era in realtà un antico motto positivista e si trova lì inciso in quanto la casa molti anni prima era stata un ritrovo dei sostenitori di Augusto Comte.

Se la sinistra brasiliana meritasse un motto sul cancello di una casa, probabilmente sarebbe lo stesso. Perseguitata da una antica maledizione, è impostata in funzione della figura di Stalin, dalla sopravvivenza della strategia del Fronte Popolare approvata al Settimo Congresso dell’Internazionale Comunista. Questa sopravvivenza ha limitato la costruzione di una alternativa di classe, impedito l’attecchimento di una propria concezione del mondo e, nei fatti, facilitato l’ideologia neoliberale, come dimostreremo qui. Parlare della maledizione di Stalin può sorprendere. Dopotutto, mai fin dal rapporto Churushczov, nessuna figura venne tanto esecrata dalla sinistra internazionale, e ad oggi sono solo pochi i gruppi, alcuni presenti in questo paese, che associano il loro nome al suo. Ma se le malefatte di Stalin e il suo culto della personalità sono stati criticati, non è stato così per le linee politiche formulate in un periodo in cui la malefatte divennero ancora più dure e il culto ancora più insano. Separato dalla politica, la rottura con lo Stalinismo prende la forma di un criticismo etico. Effettivamente furono molti coloro che presero le distanze dallo Stalinismo sulle questioni etiche e morali ma senza coinvolgere la controparte politica.

Ritorniamo quindi al 1935, a Mosca. Il Congresso dell’Internazionale Comunista di quell’anno sta per votare un importante scritto politico. Le tesi di sinistra degli anni precedenti stanno per essere abbandonate insieme all’idea che la socialdemocrazia si potesse caratterizzare come un fascismo sociale, il che poteva diventare di aiuto all’arroganza di Hitler. In alternativa, viene approvata una tesi che non soltanto accetta la creazione di un fronte unitario dei lavoratori, ma propone altresì la costituzione di un ampio fronte unitario con i movimenti e i partiti non sempre così lontani dai fascisti [1].

La stessa risoluzione approvava i rapporti dei partiti Comunisti con possibili governi del fronte antifascista.

“quanto più un governo del fronte unito prenda misure decisive contro i magnati finanziari controrivoluzionari e i loro agenti fascisti, e non limiti in alcun modo l’attività del Partito Comunista o la lotta di classe dei lavoratori, tanto più il Partito Comunista sosterrà pienamente quel governo. La partecipazione dei Comunisti nel governo del fronte unito verrà decisa caso per caso secondo i cambiamenti nella situazione concreta” [2].

Nascosta dietro questo linguaggio classista c’era la proposta di costituire fronti e governi che estrapolassero i limiti di classe. L’applicazione di queste risoluzioni, laddove i fronti popolari divennero governi, dimostrò chiaramente che - quando messe in pratica - esse significavano subordinare il movimento dei lavoratori ai propri nuovi alleati. In Francia, il Partito Comunista (PCF) non risparmiò alcuno sforzo per costituire il Fronte Popolare con la Sezione Francese dell’Internazionale dei Lavoratori, il partito socialdemocratico guidato da Leon Blum e il decadente Partito Radicale dell’ex presidente Daladier.

La vittoria elettorale del Fronte Popolare fu seguita da un’enorme ondata di scioperi e da una crescita eccezionale del PCF. La situazione divenne ancora più radicale e la sinistra rivoluzionaria annunciò, attraverso il suo leader, Marceau Pivert, che “tutto era possibile”. Ma il giornale dei Comunisti “L’ Humanité” prese la posizione opposta. “Esiste semplicemente un programma del Fronte Popolare nel quale il presidente Deladier afferma che questo non contiene niente di rivoluzionario e che non è naturale spaventare coloro che lo sostengono. In tale programma, tutte le parti e le organizzazioni raggruppate nel Fronte Popolare ne accettano l’esecuzione tranquillamente, pacificamente e senza inutile fretta (...) No! Non tutto è possibile!” [3]

Al fine di non spaventare i propri alleati, il PCF si schierò contro gli scioperi. Maurice Thorez, leader del PCF, si fece conoscere attraverso lo slogan “Anche se è importante sapere guidare bene un movimento di rivendicazioni, è anche necessario saperlo fermare. Non si tratta di impadronirsi del potere proprio ora.” [4]

La crescente subordinazione del PCF ai propri alleati e, principalmente, al Partito Radicale, alfine corrose la sua stessa base di supporto. Lungi dall’espandere la propria base, l’alleanza aveva schiacciato i lavoratori. A meno di un anno dalla vittoria alle elezioni, il presidente Leon Blum venne espulso dalla sua carica senza alcuna resistenza extra-parlamentare [5].

La Tesi del Settimo Congresso dell’Internazionale Comunista ha una lunga storia in Brasile. La Conferenza di Mantiqueira, organizzata dal Partito Comunista Braziliano (PCB) nel 1949 sosteneva la politica di unificazione nazionale a favore del governo di Getulio Vargas e contro il nazifascismo. La politica degli accordi del PCB non fu un movimento episodico determinato dallo sviluppo della II Guerra Mondiale. Dopo che la guerra era terminata, durante il governo del General Eurico Gaspar Dutra, il PCB cercò di mantenersi all’altezza del suo profilo di partito dell’ordine e della pacificazione, opponendosi perfino ai movimenti di sciopero al fine di “evitare le provocazioni”. Nei suo discorsi, Prestes dichiarava “lottiamo, innanzitutto, per l’ordine e la pacificazione. Non ci stanchiamo di spiegare alla gente che nel periodo storico di cui siamo testimoni, un periodo di sviluppo pacifico, soltanto i fascisti e i reazionari possono essere interessati al disordine. Ecco perché noi difendiamo ostinatamente la posizione del candidato eletto e riconosciuto dal Tribunale, in particolare per il modo in cui la competizione è stata condotta in una atmosfera di libertà. Riguardo al governo del generale Dutra la nostra politica sarà la stessa adottata per le amministrazioni dei Signori Vargas e Linhares: pieno sostegno alle misure democratiche, contro gli agitatori, i demagoghi e i salvatori che vogliono disturbare la pace e fermare il processo democratico con nuovi colpi di stato armati.” [6]

Dichiarato illegale nel 1946, il PCB deviò a sinistra. Nel Manifesto del Gennaio 1948 si esprimeva una autocritica riguardo alla posizione difesa fino a quel momento e al rispetto delle “illusioni riformiste”. Ma la politica del Fronte Popolare rimane immutata nelle sue caratteristiche fondamentali. E’ chiaro che le alleanze non raggiungono il governo, ma il partito continua a sognare degli “elementi antimperialisti che sempre esistono in una borghesia nazionale, specialmente nei suoi settori medi e progressisti”, né la costruzione di un Fronte Democratico di Liberazione Nazionale [7]. Lo spostamento a sinistra venne consolidato nel Manifesto dell’agosto 1950 che propugnava la necessità per il proletariato di guidare il Fronte Democratico di Liberazione Nazionale. [8]

Ma questo spostamento a sinistra ebbe vita breve. [9] Dopo il suo Quarto Congresso, tenutosi nel 1954, il PCB iniziò a prendere le distanze dal Manifesto dell’Agosto e ritornò in gran parte alle posizioni precedenti. Il carattere delle rivoluzioni brasiliane si affermava ancora una volta come antimperialista e antifeudale e la borghesia nazionale veniva presentata come un alleato. [10]

L’affermazione conosciuta come la dichiarazione del Marzo 1958 riafferma ancora una volta questa politica e punta sull’esistenza di una fondamentale contraddizione tra la borghesia “nazionale e progressista” e l’imperialismo americano e i suoi alleati. La dichiarazione sostiene che:

“Il proletariato e la borghesia si muovono intorno a un obiettivo comune che consiste nel combattere per uno sviluppo indipendente e progressivo contro l’imperialismo americano. Anche se sfruttato dalla borghesia, il proletariato ha interesse a entrare in alleanza con questa perché il paese emerga dall’arretratezza e dallo sfruttamento imperialista piuttosto che dallo sviluppo capitalista. Nel frattempo, marciando insieme verso un obiettivo comune, la borghesia e il proletariato hanno anche interessi contraddittori”. [11]

Una volta annunciata la contraddizione, la politica fu quella della costruzione di un Fronte Nazionale costituito dai “patrioti della borghesia nazionale”, la piccola borghesia e il proletariato urbano e rurale. Questo fronte è in grado di sviluppare le sue forze pacificamente fino a costruire, attraverso questi mezzi, un governo nazionale e condurre “attraverso forme e mezzi pacifici” la rivoluzione antifeudale e antimperialista.

Il V Congresso, tenutosi nel 1960, ratificò le principali linee guida annunciate dalla Dichiarazione di Marzo. Il sostegno fornito alla candidatura del maresciallo Lott nel 1961 e l’appoggio garantito dal partito al governo di Joao Goulart erano gli esempi pratici di queste tesi. La politica del partito era in gran parte legata a quella del governo e le sue iniziative erano subordinate a quelle dell’amministrazione. Questa subordinazione divenne evidente nell’intervento di Prestes, il 17 marzo 1964, quando consegnò la gente e il partito alla guida di Joao Goulart [12].

“La gente uscì in strada (...) per chiedere al Presidente della Repubblica se volesse condurre il processo rivoluzionario in corso. E quel giorno le masse affaticate dal lavoro conobbero alcuni azioni del Presidente, alcune parole nel suo intervento che furono, senza alcun dubbio, memorabili. Poiché quel giorno, il Presidente Joao Goulart, con le azioni che compì e le parole che utilizzò, disse al popolo brasiliano di voler divenire il leader del processo democratico in corso nel paese.” [13]

Il golpe militare del 1964 svelò le contraddizioni della politica del PCB. Il partito non soltanto non era preparato a resistere alla reazione ma assistette a tutto passivamente. Secondo la descrizione fatta da Jacob Gorender della riunione della dirigenza nazionale del PCB la mattina del 31 marzo, quando già si avevano alcune vaghe informazioni dell’ammutinamento militare nel Minas Gerais, l’unica decisione presa fu quella di mettersi in contatto con il presidente Golart. Successivamente, quella sera, quando il Comando Generale dei Lavoratori indisse uno Sciopero Generale, Prestes telefonò alla Confederazione Nazionale dei Lavoratori Industriali, influenzata dal partito, per proporre un ritiro della indizione. [14]

Il 1 aprile i giornali scrivevano che il partito rimproverava pubblicamente gli scioperanti. “Ieri, il Partito Comunista del Brasile ha biasimato i gruppi radicali per aver fatto precipitare la crisi e ha definito imprudente la tattica usata dai leader estremisti. Il PCB ritiene che tale attitudine porterà l’unione centrista contro la destra, neutralizzando l’azione dei settori più moderati della sinistra e ciò, nella sua opinione, porterà alla caduta del Presidente della Repubblica facendo pressione sull’opinione pubblica.” [15]

La paralisi della leadership del PCB aprì un processo di lotte interne e spaccature politiche che, in un certo senso, erano state annunciate dall’espulsione di Joao Amazonas, Pedro Pomar e altri. La prima tornata di riorganizzazione della sinistra brasiliana era cominciata.

2. Parte I: La vendetta

Il bilancio del golpe e la mancata resistenza da parte della gente era anche una critica al PCB. Durante gli anni ’60 un gran numero di militanti si staccò dal partito e cominciò una revisione delle tesi che avevano condotto alla paralisi. Ispirati dalla rivoluzione cubana, molti di loro optarono per la strada della guerriglia. L’arma della critica venne sostituita dalla critica delle armi alla strategia del PCB.

Tra le scissioni, le più importanti portarono alla costituzione della Alleanza di Liberazione Nazionale (ALN) e al Partito Comunista Brasiliano Rivoluzionario (PCBR). L’ALN nasce dalla fuoriuscita di Carlos Margie e Joaquin Camara Ferreira dalla dirigenza del partito nel 1967, dopo che Margie - all’epoca leader del PCB dello stato di San Paolo - partecipò, non autorizzato, alla Conferenza dell’Organizzazione Latino Americana di Solidarietà (OLAS), tenutasi nel 1967 a La Havana. A quell’epoca Margie non era particolarmente duro nella sua critica del PCB, ma il suo disaccordo divenne evidente nel 1965, nel suo lavoro “Perché ho resistito alla prigione” [16].

In questo, egli era allora un leader del PCB, esprime il suo accordo con la definizione del partito dei compiti della rivoluzione brasiliana ma critica esplicitamente il ruolo di guida attribuito alla borghesia nazionale e anche i mezzi pacifici utilizzati per realizzare questi compiti. La sua critica, tuttavia, non escludeva la possibilità di una alleanza con la borghesia nazionale.

“Le premesse per stabilire il futuro del paese sono il suo destino democratico condizionato soltanto dalla natura del fronte unitario di lotta contro la dittatura. E’, dal punto di vista dei contenuti, un fronte unito anti-dittatura.

E’ un fronte unitario di larghe masse. A causa della sua composizione di classe, richiede la presenza della borghesia nazionale e della piccola borghesia a fianco dei lavoratori e dei contadini e di qualsiasi altro settore di classe possidente che si opponga alla dittatura” [17]

Più avanti, concludendo: “E’ ancora vero che una alleanza con la borghesia nazionale è una necessità del momento storico in Brasile. Comunque sia, è diventato un requisito il combattere per l’egemonia senza condizionare il futuro delle masse affaticate dal lavoro.” [18]

Dopo la scissione dal PCB, la critica si fece più acuta anche se questo non implicava né una ridefinizione del carattere della rivoluzione né delle relazione con la borghesia nazionale. La critica era centrata sull’immobilismo del PCB e il proprio burocratismo e attivismo radicale, organizzato in gruppi armati semi-autonomi, veniva presentato come un’alternativa. Nel suo famoso “Piccolo manuale della guerriglia urbana”, pubblicato nel 1969, tale prospettiva veniva riassunta come segue: l’organizzazione è una rete indistruttibile di gruppi di fuoco in coordinamento tra loro che funziona in maniera semplice e pratica, con un comando generale che partecipa anche agli assalti. L’organizzazione ha un solo obiettivo puro e semplice: l’azione rivoluzionaria. [19]-----

La strategia di questa azione, comunque, si ferma alle porte del governo rivoluzionario popolare, vagamente definito per quel che riguarda la composizione, e molto lontano dalla rivoluzione socialista. [20] L’instaurazione di un “governo rivoluzionario popolare” era anche parte della strategia del PCBR come si può leggere nel documento “Linee guida politiche” dell’aprile del 1968. “L’obiettivo fondamentale della rivoluzione brasiliana è la distruzione dell’apparato burocratico dello stato borghese, rimpiazzandolo con il governo rivoluzionario popolare” [21]

Il Partito Comunista del Brasile (PCDoB) e la sue frazioni, Ala Vermelha e il Partito Comunista Rivoluzionario, mantenevano l’analisi del PCB caratterizzando la rivoluzione brasiliana come antifeudale e antimperialista. Possiamo dire esattamente la stessa cosa per quanto riguarda le organizzazioni nazionaliste di guerriglia, come il Movimento Nazionalista Rivoluzionario e la Resistenza Armata Nazionalista, e altri piccoli gruppi di natura simile. [22]

Altre organizzazioni, come la Vanguarda Rivoluzionaria Popolare e i Commando di Liberazione Nazionale avevano posizioni ambigue su questo punto. La prima, pur parlando di un carattere socialista della rivoluzione, aveva un nome che richiamava l’evoluzione democratica del popolo. Le due posizioni coesistevano nel secondo come riportato da Herbert Daniel nelle sue memorie. [23]

Alcune ambiguità erano anche alla base della organizzazione Avanguardia Armata Rivoluzionaria-Palmares, che derivava dalla fusione di entrambe, nel Partito Rivoluzionario dei Lavoratori, nel Movimento Rivoluzionario 8 di Ottobre, eredi della formula della Organizzazione Rivoluzionaria Marxista - Politica Operaia (Polop) che, nonostante ribadissero la natura socialista della rivoluzione, quello cui veramente miravano erano le grande proprietà terriere e l’imperialismo come il principale blocco allo sviluppo nazionale, molto simile al PCB. Il mantenimento del programma del PCB influenzò persino il Troschismo [24]. Il Partito Operaio Rivoluzionario (POR), influenzato da Argentine J. Posada, elaborò un processo di approssimazione e adattamento al nazionalismo come evidenziato nella ricerca compiuta da Murilo Leal Pereira Neto. [25]

Non è questo il momento di trarre un bilancio di questi movimenti di guerriglia. Sarà sufficiente per ora dire che tutto ciò che esprimevano in termini di coraggio e dedizione non uguagliava la loro capacità di innovazione programmatica. I fantasmi iniziali di Stalin e del Fronte Popolare continuavano ad aleggiare sulla sinistra brasiliana.

3. Parte II: Il Ritorno

La seconda ondata di riorganizzazione della sinistra brasiliana cominciò nel 1978, con gli scioperi della ABC di San Paolo e la rinascita del movimento sindacale nel paese. All’interno di quel movimento si sviluppò una profonda critica della politica di alleanze e del sindacalismo giallo. Era una critica pratica, ma capace di creare quel carattere spontaneo che era il marchio politico di questa organizzazione.

Il PT e il CUT si allontanarono da questo spontaneo carattere di classe. Ricapitoliamo. L’idea di costruire un Partito dei Lavoratori venne espressa per la prima volta a metà del 1978, dal documento Versus, influenzato dalla organizzazione Convergenza Socialista. Questa proposta si concretizzò nella bozza presentata dal sindacato metallurgico di Santo Andre al 9° Congresso Metallurgico, Meccanico e Elettrico dei Lavoratori dello Stato di San Paolo, tenutosi nella città di Lins nel gennaio 1979. [26]

La proposta era un richiamo a tutti i lavoratori brasiliani per costruire il “vostro partito, il Partito dei Lavoratori”. Questo partito escludeva la collaborazione con la borghesia, apparteneva a “tutti il lavoratori della città e della campagna” ma senza “padroni e dirigenti”  [27].

La “Carta dei Principi” distribuita dal Comitato Provvisorio Nazionale del PT il 1 maggio 1979 ribadiva il carattere di classe [28]. La Carta esprimeva la necessità per i lavoratori di organizzare la propria partecipazione indipendente nella vita politica nazionale. Nei documenti fondanti la questione del potere appare ancora in maniera molto schematica come si può leggere nel programma della fondazione del partito: “Nella lotta contro il regime oppressivo, il PT dovrebbe costruire un potere politico e economico alternativo, distruggendo l’apparato repressivo e garantendo le più ampie libertà democratiche per i lavoratori e gli oppressi, sostenuto dalla mobilitazione e dall’organizzazione del movimento popolare, in quanto esso è l’espressione dei loro diritti e della loro volontà di decidere del destino del paese. Un potere che avanzerà verso una società senza sfruttatori e sfruttati. Nella costruzione di questa società, i lavoratori brasiliani avranno chiaro in mente che questa lotta sarà contro gli interessi del grande capitale, sia nazionale che internazionale” [29]

Questo carattere di classe veniva ribadito durante la campagna elettorale del 1982 e dalla sua Piattaforma Elettorale. Laddove afferma: “un impegno a costruire un nuovo potere con alla base la classe lavoratrice”. L’obiettivo di questo potere era la costruzione di una “società senza sfruttatori e senza sfruttati”. [30] Questo potere, basato sulla classe lavoratrice, non era definito in maniera precisa nel programma del nuovo partito, né lo erano i compiti da realizzare. Inoltre “l’alternativa al potere economico e politico” era semplicemente troppo astratta. I contenuti astratti e imprecisi del programma erano giustificati nei testi del partito in riferimento al carattere permanente e anche al processo di lotte che avevano dato vita al partito [31].

Nei primi anni del PT, discorsi generici e dichiarazioni di principio presero il posto delle formulazioni di programma. La critica delle tradizioni politiche e delle precedenti organizzazioni avveniva allo stesso modo, principalmente sul terreno pratico. Non può che sorprenderci il fatto che il dialogo con queste tradizioni manca dai documenti del periodo dei primi cinque anni. Evidentemente, il PT prende le distanze - nella sua attività - dalla guerriglia passata, nonostante molti dei suoi leaders avevano legami proprio con quella esperienza. La partecipazione, dalla legalizzazione, nel processo elettorale e i suoi profondi legami con il movimento di massa, in particolare con il “nuovo sindacalismo” resero piuttosto chiara questa separazione. Anche la tradizione conciliatrice sembra svanire insieme alle tradizioni di alleanze che caratterizzavano il PCB e erano riprodotte dal PCdoB.

Ma questa separazione avviene principalmente nella sfera pratica. Ciò che intraprende il PT con l’apparizione sulla scena politica nazionale è una nuova pratica, il carattere di classe, e non un nuovo programma. Il carattere di classe, comunque, non andò mai aldilà dell’esperienza iniziale, rappresentante l’incorporazione degli interessi immediati della classe lavoratrice. L’assenza di un programma, l’assenza di una strategia, impedivano alla pratica del PT di fare riferimento a una nuova concezione del mondo, capace di superare il livello economico - corporativo e di imporre la classe lavoratrice come la classe dominante o come la classe che ambiva a occupare questo posto.

Di che cosa abbiamo bisogno per superare questo carattere pratico di classe? Al fine di superare il livello economico-corporativo, a parte l’indipendenza politica della classe lavoratrice, abbiamo bisogno di affermare una specifica concezione del mondo, una concezione che si materializzi in un programma socialista, vale a dire, un programma anticapitalista capace di mettere insieme economia e politica.

Nei primi anni, l’imprecisione del programma del PT tornò utile per mettere insieme forze politiche e sociali che erano rimaste disperse fino a quel momento. Ma la marcata crescita elettorale della sinistra, che prese piede dal 1985, rese necessaria una formulazione strategica. Contraddittoriamente, l’apogeo del carattere pratico di classe, la decisione presa dal PT di boicottare il Collegio Elettorale e di opporsi al patto sociale proposto da Tancredo Neves, coincide con il suo abbandono. Lo stesso Incontro Straordinario Nazionale che confermò il boicottaggio e l’opposizione al patto, elaborò per la prima volta la formula “alternativa democratica e popolare” [32]. In questo modo una definizione del tipo di potere - molto più precisa di quelle contenute nei documenti del PT fino ad allora - viene incorporata. Questa definizione si richiama, indubbiamente, al vecchio programma del PCB.

Questa definizione del carattere del potere verrà riassunta più accuratamente nelle risoluzioni del 4° Incontro Nazionale, tenutosi nel 1986. Il testo accettato, “Programma di Azione Politica e di Organizzazione del Partito dei Lavoratori per il 1986/87/88” è più ambizioso, dal punto di vista del programma, dei precedenti. Tratta dello sviluppo del capitalismo brasiliano, analizza la struttura della classe nel nostro paese e delimita, nel suo Piano di Azione, “un progetto alternativo di trasformazioni a breve e medio termine” [33].

Uno dei punti nel piano di azione richiama la nostra attenzione, quello dedicato alla “conquista dei governi statali” [34]. Si afferma la necessità di presentare una “seria e praticabile piattaforma di governo che corrisponda alle rivendicazioni e al livello di coscienza”. Questa piattaforma si doveva “basare sulle rivendicazioni popolari e doveva essere uno strumento che contribuisse alla mobilitazione e alla organizzazione dei lavoratori e del popolo in lotta”  [35].

Emblematicamente, lo sviluppo di questo punto spinge ad una analisi della questione delle alleanze. In questo testo, si ribadisce la necessità di alleanze con diverse forze politiche e sociali che agiscono all’interno della classe lavoratrice e vengono escluse “alleanze strategiche con la borghesia e le forze politiche che sostengono il dominio e l’egemonia della borghesia e il perpetuarsi del sistema capitalista” [36].

L’aggettivo ci permette di pensare a un varietà di alleanze non-strategiche e di immaginare che, fino a quando il socialismo non bussi concretamente alla porta, nessuna alleanza sia strategica. La risoluzione in sé stessa contiene una intuizione nella prospettiva: “Contemporaneamente all’allargamento dello spazio democratico e alla creazione delle condizioni politiche necessarie all’avanzamento nel cammino verso il socialismo, anche a difesa dei risultati immediati della classe lavoratrice, sono necessari e possibili accordi specifici e chiaramente delimitati con le forze sociali e i partiti politici indipendentemente se queste forze si propongono il socialismo come obiettivo finale.” [37]

Nelle risoluzioni del 4° incontro, il programma e le strategie erano a malapena accennate. Era compito del 5° Incontro espandere e sviluppare l’argomento proposto per sommi capi precedentemente e formulare in modo più preciso “l’alternativa democratica e popolare”. Tenutosi nel 1987, questo incontro stabilì le basi per la soppressione del carattere originale di pratica di classe e per la ripresa della strategia del PCB.

Seguiamo la formulazione e verifichiamo il ritorno al PCB. L’Incontro afferma che “la crisi della transizione conservatrice è una crisi specifica di una certa forma di dominio borghese, e non la crisi generale dello stato o del regime, un tipo rivoluzionario di crisi. Ciò di cui si tratta è la possibilità di ottenere un governo democratico e popolare, con compiti eminentemente antimonopolisti e antimperialisti che vadano contro le grandi proprietà terriere, per una democratizzazione radicale dello spazio e della società - questi compiti si articolano nella negazione del capitalismo e nella costruzione del socialismo” [38].

In questa prima formulazione, il carattere del governo e dei compiti da realizzare, vengono semplicemente enunciati. Ciò che doveva ancora essere definito era il blocco di forze sociali e politiche che dovevano far parte di questo governo. Questo argomento viene introdotto per la prima volta attraverso l’analisi della struttura di classe della società brasiliana. Il punto di partenza è la dichiarazione di un certo accordo all’interno del partito riguardo al principale nemico: la borghesia. Ma questo argomento svanì quando si analizzò la composizione di questa borghesia. Come afferma la risoluzione, “Molti compagni individuano settori significativi di imprenditori piccoli, micro urbani e rurali e anche le masse salariate che non lavorano nella fabbrica o nella produzione agricola. Essi non tengono in conto che questi gruppi hanno profonde contraddizioni con il capitale e di conseguenza possono essere incorporati nella lotta per la trasformazione sociale in senso socialista.” [39]

Ancora una volta, biasimando i militanti che non hanno “conoscenza sufficiente”, il testo elabora ulteriormente sulle possibili alleanze. “D’altro lato, considerando la classe borghese come il principale nemico strategico, molti militanti sono spinti a contrastare qualsiasi tentativo di approfittare della contraddizione momentanea tra settori della borghesia. Essi sono contro qualsiasi alleanza politica, persino tattica o di fase, con uno qualsiasi di questi settori. Ma ciò che più importa è che queste posizioni sono anche il riflesso di una conoscenza insufficiente delle contraddizioni interne che muovono le classi nella lotta, e che possono vedere spesso diversi settori della borghesia in contrasto tra loro.” [40]

Il testo della risoluzione, caratterizzato da correzioni che eliminano o alterano diversi punti, non va oltre la delimitazione accurata delle forze politiche che sarebbero parte delle alleanze politiche e elettorali non-strategiche. Ma l’articolo del leader del PT, Jose Dirceu, pubblicato nel primo numero della rivista Teoria e Dibattito, all’epoca organo ufficiale del Comitato Amministrativo dello Stato di San Paolo, non lasciava alcun dubbio sulla interpretazione ufficiale della risoluzione.-----

Nell’opinione di Dirceu, la base per una politica di alleanze doveva essere semplicemente l’opposizione al Presidente Jose Sarney (PMBD), al Governatore Orestes Quercia (PMBD) e al Sindaco Janio Quadros (PTB) e “esclude chiaramente alleanze con i partiti dell’ala destra e quelli che sostengono la “Nuova Repubblica” (PDS, PL, PTB, PDC, PFL e PMDB) e lascia spazio al dibattito sulle alleanze con il PCB, PSB e PDT a seconda della loro posizione rispetto alle amministrazioni Sarney e Quercia” [41]. Alleanze potrebbero persino comprendere alcuni settori del PMBD, chiamate progressiste, “a patto che rompano dalle loro politiche ufficiali a livello nazionale”.  [42]

La definizione di un “alternativa democratica e popolare”, della natura anti-monopolista e antimperialista di questa alternativa e il suo orientamento contro le grandi proprietà terriere e la possibilità di alleanze non-strategiche - vale a dire: tattiche - con la borghesia stabilisce una associazione talmente evidente con il PCB, che il testo della Risoluzione è costretto a cercare di liberarsi di questa imbarazzante relazione. L’imbarazzo deve essere stato notevole: quella fu l’unica occasione in cui - in tutte le risoluzioni ufficiali del partito - la strategia del partito viene criticata. La critica affermava per sommi capi che non si tratta di una alternativa al PCB “democratica e popolare” ma “nazionale e democratica”. [43]

Date a Cesare quel che è di Cesare. Per quanto già citato nel manifesto di agosto, il PCB fece un ampio uso dell’espressione “governo democratico e popolare” ponendo questa formula al primo posto del proprio programma: “Uniamoci tutti, democratici e patrioti, aldilà di qualsiasi fede religiosa, aldilà di qualsiasi punto di vista politico e filosofico, uomini e donne, vecchi e giovani, lavoratori, contadini, poveri intellettuali, piccoli dirigenti, negozianti e industriali, soldati e marinai, ufficiali delle forze armate, tutti in un ampio Fronte Democratico di Liberazione Nazionale per agire e lottare per il seguente Programma: 1. Per un governo democratico e popolare. 2. Per sostituire alla attuale dittatura feudale della borghesia, subordinata all’imperialismo, un governo rivoluzionario derivante direttamente dalle masse sfruttate e rappresentante autenticamente il blocco di tutte le classi e i settori sociali, di tutti i settori del popolo del paese, che parteciperanno effettivamente nella lotta rivoluzionaria per la liberazione nazionale dal laccio imperialista, con a capo il proletariato.” [44]

Questa non era una formulazione transitoria, risultato di una bravata della sinistra del grande partito. La stessa formulazione collegata a un programma identico a quello del PT si può rintracciare nell’appello che il PCB, attraverso il suo Segretario Generale, Luiz Carlos Prestes, indirizzò al Partito del Lavoro Brasiliano di Joao Goulart e Leonel Brizola: “I Comunisti e i laburisti possono e devono essere uniti. E’ semplicemente giusto chiamarci fratelli. (...) Poiché noi, i comunisti, non nasconderemo mai i nostri obiettivi. Lottiamo per la liberazione del Brasile dall’imperialismo americano, per la libera distribuzione della terra appartenente ai padroni dei grandi proprietari terrieri ai contadini, per la sostituzione del regime delle grandi proprietà terriere e dei grandi capitalisti con un regime democratico popolare”. [45]

La paternità di questa proposta di “governo democratico e popolare” è stata sufficientemente documentata. Il suo sviluppo attraverso i successivi incontri del PT e la crescente quantità di alleanze hanno più valore delle citazioni e delle esperienze del PT alla testa delle amministrazioni municipali e statali, ci informano meglio di un migliaio di documenti.

Riprendiamo la nostra tesi: fin dal 1985, quando la sinistra ebbe l’opportunità di formulare le sue strategie, invece di avanzare, riprese la vecchia strategia del PCB. Invece di portare avanti un governo dei lavoratori, affermava “il governo democratico popolare”, successivamente trasformato in “amministrazione municipale democratica e popolare”, “governo di tutti” e, per non lasciare alcun dubbio, “fronte popolare”, denominazione adottata dalle candidature del PT nelle elezioni nazionali.

L’idea di un governo o amministrazione - “democratico popolare” prima, e “per tutti” poi - cancella gli antagonismi per stabilire quali fossero le fondamenta per il carattere pratico di classe. E’ solo possibile governare per tutti se il conflitto capitale-lavoro è considerato come un semplice conflitto distributivo. In questo caso sarebbe sufficiente trovare un optimum che permettesse a entrambe le parti di guadagnare un massimo senza danneggiare l’altra parte.

Non passò molto tempo prima che le conseguenze di questo programma, di questa concezione, divenissero evidenti e che “la crescita economica con la distribuzione dei guadagni” venisse confermata come il punto cruciale del programma democratico-popolare. La questione appare nel Piano Alternativo di Emergenza Economica posto come una alternativa al Piano Estivo del 1988 e viene sviluppata nei documenti successivi. Conseguentemente, nel documento “PAG (Piano di Azione per il Governo)” votato nel 6° Incontro Nazionale come base del programma per la candidatura di Lula c’è una proposta di “distribuire i guadagni in modo tale da sradicare la povertà assoluta, ridurre le disparità regionali e distribuire i benefici generati dallo sviluppo al fine di raggiungere una occupazione piena e permanente dei lavoratori”.  [46]

In altre parole: sviluppo all’interno del capitalismo e graduale distribuzione per impedire ai capitalisti di praticare “sabotaggi contro gli obiettivi del governo” [47]. Dopo questo c’era un solo altro passaggio da difendere, e questo avvenne nel 10° Incontro Nazionale del PT: “una politica di entrate nazionali negoziata tra i lavoratori, il governo e gli imprenditori, che attiverebbe le camere settoriali in maniera articolata, con una attiva politica industriale e agraria e con l’utilizzazione di meccanismi di controllo e punizione delle pratiche abusive di rialzo dei prezzi e altri crimini contro la competizione e l’economia popolare.” [48]

Il sogno di Prestes si realizzò nelle elezioni del 1998. Il partito che aveva occupato il posto del PCB nella sinistra brasiliana entrò a far parte del partito che era l’erede del PTB di Joao Goulart. Legato alla condizione di essere membro della “sfera democratica e popolare”, il Partito Democratico del Lavoro, rappresentato dal suo presidente, Leonel Brizola, occupava il posto di vice-presidente nel programma elettorale di Lula. Nel programma che supportava le candidature di Lula e Brizola, le tre linee guida fondamentali erano “nazionale”, “sociale”, “democratico” le quali costituivano ciò che l’Incontro Nazionale Straordinario del 1988 chiamò “un Progetto Nazionale di Sviluppo”. [49] La risoluzione approvata durante quell’Incontro venne intitolata “La fine di un ciclo”. Praticamente, l’alleanza PT-PDT pose fine al ciclo del carattere di pratica di classe. Dopo tutto, il programma democratico popolare riassumeva il modello di sviluppo Keynesiano, difeso come un orizzonte dal PCB degli anni 1950 e ’60. L’energia utopistica creata dagli scioperi degli anni ’70 e ’80, sostenuta da un carattere pratico di classe svanì.

Ridotto alla sua forma pratica - economico corporativa - il carattere di classe si dimostrò ideologicamente debole. La sua lotta venne polverizzata in infiniti piccoli fronti, scioperi e movimenti economici. Fu sufficiente all’avversario portare avanti un progetto e sparare parecchi colpi ben mirati al fronte chiave, e questo carattere di classe venne disarticolato. Il primato dell’ideologia neoliberale fu uno dei risultati di questo processo.

Il carattere pratico di classe fu sconfitto ideologicamente, poiché non lasciò radici tra le masse sfruttate. Non si cristallizzò in un programma che esprimesse le aspettative di milioni. Se siamo oggi più vicini di quanto non fossimo alcuni anni fa alla ripresa delle lotte delle masse, dobbiamo riflettere sull’esperienza dei decenni passati e definire i compiti della sinistra in questa nuova congiuntura. Se vogliamo evitare gli errori del passato, dobbiamo prendere le distanze rispetto al vecchio corso: la strategia del PCB, la politica delle alleanze, la collaborazione di classe e il fronte popolare. Farla finita con la sottomissione, riaffermare un proprio progetto, un progetto che ripudi l’ordine capitalista, un carattere di classe nella teoria e nel programma.


[1] "Extracts from the resolutions of the Seventh Comintern Congress on Fascism, Working Class Unity and the Tasks of the Comintern.” Da Degras, Jane, (ed) The Communist International 1919-1943 Documenti. Londra: Frank Cass, 1971, vol. 3, pag. 364.

[2] Idem, vol. 3 pag. 365.

[3] Guitton, Marcel, “Tout n’est pas possible L’Humanite, 29 mai1936” Da: Rioux, Jean Pierre (org) Revolutionaires du Front populaires. Selezione di Documenti. 1935-1938. Parigi: Union Generale d’Editions, 1973, pag. 160.

[4] Apud Moreno, Hugo. Tudo é possível. Francia 1936. Desafio. 3 /4 luglio 1993, pag. 40.

[5] Mazzeo, Antonio Carlos. Sinfonia inacabada. A política dos comunistas no Brasil. Marilia/ São Paulo Unesp-Marilia/ Boitempo, 1999, pag. 73.

[6] Pretes faz novo apelo pela União Nacional e para defesa da ordem. Tribuna popular. 12 Dic. 1945 Da Moraes, Denis, de (Org). Prestes com a palavra. Uma seleção das principais entrevistas do líder comunista. Campo Grande: Letra Livre, 1997, pag. 73.

[7] PCB. “Informe política de maio de 1949”. Da Carone, Edgar. O PCB São Paulo: Difel, 1982, vol. 2 pag. 101.

[8] Prestes, Luiz Carlos (Pelo Comitê Nacional de Partido Comunista Brasileiro). “Manifesto de agosto de 1950” Da Vinhas, Moisés. O Partidão. A luta por um partido de massas 1922-1974. São Paulo: Hucitec, 1982, pagg. 152 - 153.

[9] See Mazzeo, Antonio Carlos. Op. cit., pagg. 74-83.

[10] ”Per quanto riguarda le relazioni con la borghesia nazionale,il Programma del Partito non soltanto non ne minaccia gli interessi, ma difende le rivendicazioni progressiste, in particolare lo sviluppo dell’industria nazionale. Questo punto fermo è corretto in quanto deriva da una giusta comprensione del carattere della rivoluzione brasiliana nella sua prima fase, quando gli ormai maturi bisogni dello sviluppo richiedono una soluzione immediata, sono di carattere esclusivamente antimperialista e antifeudale. La borghesia nazionale non è perciò il nemico; per un certo periodo di tempo può sostenere il movimento rivoluzionario contro l’imperialismo e contro la grande proprietà terriera e i resti del feudalesimo.” PCB. “4th Congress of PCB. Problems, 64, Dic. 1954 - Feb. 1955” Da : Carone, Edgar. O PCB (1943-1964). São Pulo: Difel, 1982 vol. 2, pag. 132.

[11] PCB. “Declaracão sobre a politica do PCB. Voz Operaria, 22 mar. 1958” Da Carone Edgar. O PCB (1943-1964.) Sao Paulo: Difel, 1982, vol. 2, pag. 187.

[12] Idem.

[13] Gorender, Jacob. Combate nas trevas. São Pulo: Ática, 1998, pag. 68.

[14] Idem, pag. 71.

[15] Jornal do Brasil, 1º apr. 1964.

[16] Marighella, Carlos. Por que resisti a prisão. São Paulo/Salvador. Brasilense /Oludum-Ufba, 1995.

[17] Idem, pag. 137.

[18] Idem, pag. 147.

[19] Marighela Carlos. “Mini-manual del guerrillero urbano” Marxist Internet 2000. Disponibile su: http://www.marxists.org/archive/noneng/
espanol/maringh/obras/mensaj.htm

[20] “Llamado al pueblo brasileño a unirse a la lucha”. Marxist Internet Archive, 2000. Disponibile su: <http://www.marxists.org/archive/noneng/espanol/marigh/obras/mensaj.htm>. Il testo di Maringhela finisce con tre avvertimenti, nessuno dei quali menziona il socialismo: “ Odio morale per gli imperialisti americani. Basta con la dittatura militare. Lunga vita a Che Guevara”.

[21] PCBR. “Linha política, abr 1968” Da Reis Filho, Daniel Aarão e SA, Jair Ferreira de (Org) Imagens da revolucão. Rio de Janeiro Marco Zero, 1985.

[22] Per le organizzazioni che si sono spaccate dopo il 1964 ho seguito le indicazioni fornite da Jacob Gorender nel lavoro sopra citato e il libro di Ridenti Marcelo, O fantasma da revolucao brasiliera. São Paulo Unesp, 1993, pagg 25 - 72. Raccolta di testi che precedentemente avevano una distribuzione ristretta, può essere consultata nel libro edito da Daniel Arao Reis Filho e Jair Ferreira de Sa, sopra citato e anche in Federico Celso (Org) A esquerda e o movimento operario (1964. 1984). São Paulo: Novos Rumos, 1987, vol. 1

[23] Apud Rdenti, Marcelo Op cit, pag. 36

[24] Questo argomento è presentato in maniera convincente da Ridenti Marcelo nel lavoro sopra citato. pagg. 35-36

[25] Pereira Neto, Murilo Leal. Contribuição a historia do trotskismo no Brasil. Dissertação de Mestrado em Historia)- Faculdade de Filosofia e Ciências Humanas de Universidade de São Paulo, 1998.

[26] Partido dos Trabalhadores. “A Tese de ‘Santo André-Lins’ - 1979”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. São Paulo: Fundação Perseu Abramo, 1998, pagg. 47-48.

[27] Idem

[28] Partido dos Trabalhadores. “Carta de Princípios - 1979”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pagg. 49-54. (Grifos nossos.)

[29] Partido dos Trabalhadores. “Programa. Reunião Nacional de Fundação do Partido dos Trabalhadores - 1980”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pagg. 68-69.

[30] Partido dos Trabalhadores. “2º Encontro Nacional - 1982. Plataforma Eleitoral Nacional. Trabalho, terra e liberdade”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 125.

[31] Come, per esempio, una sehuente dichiarazione, “il nostro partito non può nascere, compiersi e terminare. Esso si sviluppa proprio come si sviluppano le lotte dei lavoratori.” Partido dos Trabalhadores. “Programa. Reunião Nacional de Fundação do Partido dos Trabalhadores - 1980”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 68.

[32] “Il PT intende - insieme ai sindacati, ai partiti, alle associazioni e sulla base delle lotte dei lavoratori - rompere il patto sociale che si oppone a una alternativa democratica e popolare che esprima la volontà di milioni di brasiliani che durante la campagna per elezioni libere e democratiche chiedevano democrazia e cambiamenti alla transizione conservatrice”. Partido dos Trabalhadores. “Contra o continuísmo e o pacto social. Encontro Nacional Extraordinário - 1985”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 191.

[33] Partido dos Trabalhadores. “4º Encontro Nacional. Plano de Ação Política e Organizativa do Partido dos Trabalhadores para o período 1986/87/88 - 1986”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 269.

[34] Idem, pagg. 281-286.

[35] Idem, pag. 282.

[36] Idem, pag. 283.

[37] Idem.

[38] Partido dos Trabalhadores. “5º Encontro Nacional - 1987. Resoluções Políticas”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 309.

[39] Idem, pag. 314

[40] Idem.

[41] Dirceu, José. “As alianças e o Partido dos Trabalhadores”. Teoria & Debate, São Paulo, n. 1, dez. 1987. Disponibile su: http://www.fpabramo.org.br/td/nova_td/td01/td1_debate.htm.

[42] Idem.

[43] Partido dos Trabalhadores. “5º Encontro Nacional - 1987. Resoluções Políticas”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 314. Questo argomento è ripetuto da Dirceu (op. cit.)

[44] Prestes, Luiz Carlos (Pelo Comitê Nacional do Partido Comunista Brasileiro). Manifesto de agosto de 1950. da: Vinhas, Moisés. O Partidão. A luta por um partido de massas. 1922-1974. São Paulo: Hucitec, 1982, pagg. 152-153.

[45] Prestes, Luiz Carlos. “Comunistas e trabalhistas ombro a ombro na luta contra o inimigo comum. Voz Operária, 02 out. 1954”. da: Carone, Edgar. O PCB (1943-1964). São Paulo: Difel, 1982, vol.2, pag. 125.

[46] Prestes, Luiz Carlos (Pelo Comitê Nacional do Partido Comunista Brasileiro). Manifesto de agosto de 1950. da: Vinhas, Moisés. O Partidão. A luta por um partido de massas. 1922-1974. São Paulo: Hucitec, 1982, pagg. 152-153.

[47] Idem.

[48] Partido dos Trabalhadores. “10º Encontro Nacional - 1995. Conjuntura nacional”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pag. 620.

[49] Partido dos Trabalhadores. “Encontro Nacional Extraordinário - 1989. O fim de um ciclo”. da: Resoluções de Encontros e Congressos. 1979-1998. Op. cit., pagg. 669-681.