Il mercato dell’energia e i ricatti dei produttori

ALESSANDRO GATTO

Per una politica delle fonti rinnovabili

Con la liberalizzazione, a livello nazionale, della produzione di energia elettrica, stiamo assistendo in particolar modo in Campania, ad una vera e propria corsa agli insediamenti di nuove centrali termoelettriche alimentate a gas naturale fossile. Qualsiasi azienda privata o ente pubblico che hanno interesse a realizzare queste centrali esordiscono sempre dicendo che la Regione Campania si trova in grave deficit energetico a causa, anche, della crescente domanda di energia elettrica in previsione per il futuro. Questo dà per scontato l’assenza di qualsiasi politica di risparmio energetico. La riduzione degli sprechi è, invece, un serbatoio enorme. Per aumentare la produzione di energia, anziché costruire nuove centrali, si dovrebbero innanzitutto riconvertire, potenziare e migliorare le centrali già esistenti attualmente alimentate con combustibili altamente inquinanti (si potrebbero trasformare le attuali centrali a gasolio o carbone in centrali a gas naturale fossile). Viene ignorato, o quasi, nella Regione Campania il contributo delle fonti energetiche rinnovabili e pulite anche se solo complementare. Tutto ciò e molto altro ancora, come ad esempio la pianificazione regionale della produzione strategica dell’energia elettrica, dovrebbe essere previsto nel Piano Energetico Regionale, che al momento pare che ancora non sia stato adottato dalla Regione Campania. Il Libro Bianco della Commissione Europea sulle fonti rinnovabili (26/11/1997), prescrive il raddoppio entro il 2010 della quota di energia prodotta in questo modo nell’Unione Europea (dal 6% al 12%). Si sta rinunciando alla pianificazione regionale limitandosi a valutare solo il singolo progetto, senza una pianificazione e senza valutazioni di impatto ambientale strategiche per aree e non per singolo impianto. Si resta, quindi, in balia di iniziative imprenditoriali legate a logiche di massimo profitto che, se non ben coordinate, possono compromettere vaste aree (vedasi la concentrazione estrema di centrali e termovalorizzatori previsti nell’agro aversano ed acerrano). Se le autorità abdicano e si mettono al rimorchio di interessi privati è facile che fra i cittadini si scateni la sindrome NIMBY (Not In My Back Yard, non nel mio giardino o cortile) per cui ci si oppone a qualsiasi impianto realizzato vicino le proprie case (così come già sta avvenendo per il problema dei rifiuti). Si deve smontare il ricatto: “l’energia serve e le centrali bisogna costruirle per forza”. Se oggi ci si trova con le spalle al muro lo si deve ad una classe politica che nulla ha fatto, in questi anni, per le fonti rinnovabili ed il risparmio energetico. La realizzazione di molte centrali a combustibili fossili ostacolerà la produzione di energia con fonti rinnovabili pulite, assorbendo risorse private e pubbliche e saturando il mercato energetico. Non è vero che la costruzione di centrali a gas naturale fossile sia conforme agli impegni del Protocollo di Kyoto (riduzione dei gas ad effetto serra, primo fra tutti la CO2). È vero solo per riconversione a gas fossile di centrali già esistenti alimentate a gasolio o carbone. Una nuova centrale, invece, anche di tipo cogenerativo a basse emissioni, aumenterebbe la quantità di inquinamento globale, perché è aggiuntiva rispetto all’esistente. La tecnologia prevista per le centrali in ipotesi di realizzazione nell’agro aversano, Orta di Atella (CE) (800 Mwe) e Teverola (CE) (400 Mwe), ad Acerra (NA) e Sparanise (CE) (800 Mwe) prevede la combustione del gas naturale, proveniente presumibilmente dall’Algeria, composto per l’83,00 % da metano, 7,50 % da etano, 2,00 % da propano, 0,80 % da butani, 0,30 % da pentani, 0,20 % da esani, 0,20 % da anidride carbonica (CO2) e 6,00 % da azoto molecolare (N2). Sicuramente la combustione del gas naturale è un po’ meno inquinante degli altri combustibili fossili utilizzati per la produzione di energia elettrica (in particolare carbone e gasolio) ma non è affatto esente da impatto ambientale sia su scala globale, sia su scala locale. Permangono, tuttavia, i seguenti principali problemi di impatto ambientale, collegabili al funzionamento di tali centrali, che potrebbero essere così compendiati:
  Conoscenze inadeguate per quanto riguarda le vie critiche dei possibili inquinamenti nocivi per l’uomo;
  Conseguenze della combustione del gas naturale pericolose per quanto attiene al fenomeno dell’eccessivo e repentino aumento dell’effetto serra sul pianeta causato soprattutto dalla CO2 ma anche da altri “gas serra”;
  Origine ed effetti delle piogge acide;
  Origine ed effetti dello smog fotochimica;
  Inquinamento idrico per lo scarico di reflui;
  Produzione di rifiuti solidi speciali da smaltire adeguatamente;
  Inquinamento termico;
  Inquinamento acustico;
  Inquinamento elettromagnetico;
  Tecnologie da usare per minimizzare lo scarico di sostanze nocive dagli impianti di combustione e di eventuale depurazione (depurazione e trattamento delle acque di raffreddamento provenienti dai Regi Lagni). Consideriamo ora i principali inquinanti e i loro effetti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Per quanto attiene agli ossidi di azoto (Nox) risultano documentate e descritte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alterazioni morfologiche dei bronchioli e degli alveoli polmonari in base alla durata dell’esposizione e della concentrazione dell’inquinante. Nel campo epidemiologico, ad esempio, (sempre secondo l’OMS) si attribuisce agli ossidi di azoto una percentuale di bronchiti del 16% del totale registrabile in aree fortemente inquinate ed industrializzate. Da questi dati non si può, dunque, escludere che gli ossidi di azoto siano responsabili dell’insorgenza di malattie dell’apparato respiratorio e per questo l’OMS sta proponendo di rivedere fortemente le soglie da non superare sia in base alla durata dell’emissione (in questo caso si parla di emissioni continue per 365 giorni all’anno), sia in base all’effetto addizionale e di miscela con le altri fonti di emissioni presenti in una determinata area. In presenza degli ossidi di azoto, inoltre, sotto le radiazioni solari avvengono delle reazioni fotochimiche che portano alla formazione, in tempi dell’ordine delle ore, di ossidanti, in primis dell’ozono (O3) che è la stessa molecola che negli strati alti dell’atmosfera (stratosfera) ci protegge dalla radiazione solare ma che a livello di “terra” (troposfera) può arrecare danni alla salute dell’uomo e delle altre forme di vita. Infine, non per ordine d’importanza, va sottolineato come gli ossidi di azoto abbiano un ruolo non del tutto secondario nella formazione delle piogge acide a causa della formazione di composti acidi (acido nitroso nel caso degli ossidi di azoto) che vengono trascinati a terra dalle piogge, il che comporta un abbassamento del pH dei suoli, delle falde, dei fiumi, laghi ecc. con conseguente formazione di altri composti azotati ancora più pericolosi e nocivi. Quindi osserviamo che gli ossidi di azoto debbono considerarsi non solo inquinanti ad azione diretta ma anche inquinanti ad azione indiretta (inquinanti primari ed inquinanti secondari rispettivamente). Dobbiamo ricordare che le centrali termoelettriche alimentate a gas naturale producono una quantità molto maggiore di particelle minute (da non confondere con il “particolato” che è caratterizzato da particelle di dimensioni superiori a 3 micron di diametro) rispetto a quanto emesso da una centrale a carbone. Vediamo la tabella 1: Le centrali termoelettriche a gas naturale necessitano, inoltre, di grandi quantità di acqua per il loro funzionamento, ecco perché tutte e tre le centrali previste nell’agro aversano sono state collocate nelle adiacenze del corso d’acqua denominato Regi Lagni. Per una centrale di 800 Mwe si prevede (secondo il progetto di una società che vorrebbe realizzare una di queste centrali) l’utilizzo di 90 metri cubi di acqua all’ora che corrispondono a 2160 metri cubi di acqua al giorno e ben 788.400 metri cubi di acqua all’anno. Non si esclude, comunque, il prelievo di acqua dalla falda acquifera. Una grande attenzione dovrebbe essere rivolta al calore (inquinamento termico) che viene immesso o disperso inevitabilmente nell’ambiente. Inoltre si legge, sempre dal progetto di una delle società private che concorrono alla realizzazione di una delle suddette centrali, che “altre materie necessarie al funzionamento della Centrale saranno unicamente gli additivi aggiunti all’acqua utilizzata nella caldaia e nelle torri di raffreddamento degli ausiliari (di vari tipi a seconda della funzione da svolgere) e piccole quantità di acido cloridrico e soda caustica necessarie per la rigenerazione del sistema di acqua demineralizzata e per la neutralizzazione dei reflui”. Tra i composti del carbonio prodotti da queste centrali, ritroviamo il monossido di carbonio (CO) e l’anidride carbonica (CO2), che hanno effetti molto diversi sulla salute umana e dell’ambiente. L’anidride carbonica, sostanza gassosa risultante da qualsiasi reazione di combustione sul nostro pianeta, presenta una pericolosità indiretta in quanto irrespirabile e con effetto anossico o asfissiante solo se in concentrazioni molto elevate, qualsiasi concentrazione in più immessa nell’atmosfera, invece, provoca il cosiddetto aumento del naturale “effetto serra” che di per sé è un evento positivo, ma se esso aumenta a causa della immissione di gas cosiddetti “ad effetto serra” (di cui la CO2 è il rappresentante più pericoloso) questo provocherà grossi ed imprevedibili sconvolgimenti climatici sia su scala globale, sia a livello locale. Il monossido di carbonio (CO), detto anche ossido di carbonio, costituisce per la salute umana un pericolo maggiore e più diretto. Esso è un gas praticamente inodore e quindi inavvertibile, che si genera per combustione incompleta del carbonio in condizioni di insufficiente quantità del comburente ossigeno. A causa della sua affinità (200 volte maggiore rispetto all’ossigeno) con l’emoglobina del sangue, con cui reagisce formando irreversibilmente carbossiemoglobina non più in grado di trasportare ossigeno nella respirazione, è da considerare altamente tossico. L’esposizione di una sola ora (le centrali in oggetto lo produrrebbero per 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno) ad una concentrazione dello 0,05 % fa insorgere i primi sintomi di una seria intossicazione. Considerando che è praticamente impossibile il funzionamento pulito delle centrali termoelettriche in esame e che gli elementi di alterazione ambientale non si limitano alla zona dove sorgono le centrali, è indispensabile che la politica energetica nazionale e soprattutto regionale compia uno sforzo maggiore per iniziare ad abbandonare la strada della produzione di energia dai combustibili fossili attraverso delle politiche di massiccio risparmio energetico, mediante l’utilizzo di “energia solare fotovoltaico e termico”, “eolico”, “idroelettrico”, “geotermico”, “biomasse” e tutte le altre possibili fonti di energia cosiddette rinnovabili sul serio.

Note

* Responsabile settore rifiuti WWF Campania.