Sanità - impresa e salute - non merce

Augusto Ricci

1. Premessa

La globalizzazione è un’ inarrestabile passaggio evolutivo del genere umano in questo momento storico? Ammettiamolo pure, ma come e quale globalizzazione? La definizione di Salute secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) è “La salute è uno stato di benessere psico, fisico e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia od infermità “. Anche qui si esprime il concetto di globalità perchè si prende in considerazione lo stato di benessere, espresso come salute, quale risultante di vari fattori interni all’essere umano (e.u.) sia somatici sia immateriali o psicologici sia ambientali espressi e come ambiente-natura e come ambiente-società. Poichè, come dice Diderot, “per una specie di fatalità, le cose delle quali più si parla tra gli uomini sono, assai spesso, quelle che meno si conoscono”, sarà bene che si prenda in considerazione ogni termine per non avere involontarie diversità di comprensione. Quello che riteniamo ovvio e banale, quello che si può chiamare il banale scontato, è il concetto più difficile da chiarire poichè lo diamo per assiomatico ed è spesso foriero di incomprensioni. In una Società che sta sempre più destrutturandosi con un processo che è iniziato nell’industria e che si sta rapidamente e totalmente trasferendosi in ogni aspetto del vivere fino ai più semplici atti del quotidiano, trasformando tale processo quasi in una filosofia di vita, la weltang shaung dei tedeschi, stiamo perdendo i punti di riferimento abituali: Questo in verità è accaduto in ogni stadio storico con la grande differenza che in ogni epoca ad un valore o riferimento abituale che si cambiava se ne sostituiva un altro oltretutto con tempi d’applicazione molto più lenti. Il passaggio, per esempio, che si operò nel mondo antico dal paganesimo al cristianesimo è stato epocale, ma ad un riferimento religioso e di modello di vita se ne è sostituito gradualmente un altro per altro intimamente auspicato e richiesto dai più. In altro periodo in Italia siamo passati da regni e statarelli ad una forma unitaria di Nazione, ma anche qui le modalità sono come quelle dell’esempio precedente. L’ e.u. in questi casi di cambiamenti totali e spesso anche traumatici in qualche modo li poteva vivere in tempi e modi a lui più congeniali ed abituali. La destrutturazione della Società di oggi porta infatti alla contraddizione di una globalizzazione operata mediante una frammentazione non solo dei riferimenti, ma anche dei modi del cambiamento e della gestione del tempo; tanto è vero che oggi uno dei parametri di benessere è paradossalmente da un lato avere meno tempo libero e ciò vale per i non occupati, e dall’altra avere tempo, per gli occupati, che auspicano di poter usufruire di “ tempo liberato “ dal lavoro! Sempre a proposito del tempo (11) poichè il processo di trasformazione crea degli squilibri, se le innovazioni sono troppo rapide esse inducono tensioni insopportabili ( ed il “ consumismo delle mode” che ci si propongono si potrebbe anche leggere in questa chiave ). Oggi l’eccesso di rapidità delle innovazioni si risolve eliminando le norme rigide, liberalizzando, per così dire, il “mercato personale degli interessi” ove ciascuno “sceglie” le innovazioni che decide di accettare, riportandole ad un livello numerico accettabile, rimanendo però automaticamente escluso da tutte le altre.

2. Società Euclidea e società - non Euclidea

In queste situazioni siamo ad un tipo di società che chiamerei di tipo Euclideo come la Geometria del grande matematico greco: una geometria che si fonda sugli assiomi e postulati che essendo gli uni il modo tipico di pensare della mente umana e gli altri formulazioni di principi legati ai primi non hanno bisogno di dimostrazioni tanto sono ovvi e banali. Dai postulati così espressi derivano i teoremi che invece sono da dimostrare; la geometria euclidea è quella del piano: es. dati due punti giacenti su di un piano per essi passa una ed una sola retta. Tanto è ovvio questo modo di pensare che fino a Kant non si pone in discussione: facendo parte delle categorie mentali dell’uomo questi non può che ragionare così. Dal 1830 i matematici cominciarono a mettere in discussione uno dei postulati di Euclide e per farla breve si arriva da ciò alla dimostrazione che lo spazio non è piano, ma è curvo e che il concetto di spazio in questa curvatura si lega a quello di tempo e con ciò si ha il passaggio alla cosiddetta geometria non - euclidea. La curvatura dello spazio e del tempo conduce alla teoria della Relatività di Einstein. Qui però dobbiamo tener conto di una cosa fondamentale: per poter esistere la relatività ove nulla esiste di per sè, ma è in quanto legata dinamicamente a qualche cosa, diviene basilare ed insostituibile un punto di riferimento, anche se uno solo, che nel caso della relatività di Einstein è la velocità della luce. Senza questo punto di riferimento assoluto, imprenscindibile non può esistere il concetto di relativo. Oggi siamo passati da una Società di tipo Euclideo con delle regole mutate nei tempi, ma non nella sostanza assiomatica del comportamento umano, ad una Società di tipo non - Euclideo nella quale si ha l’improvvisa, ubiquitaria frammentazione, con inusuale dinamia e diffusione che ci sia a memoria d’uomo tanto da arrivare a parlare di Società virtuale, senza che a questa caduta di valori - riferimento si sia sostituito un valore guida tipo la velocità della luce della Relatività einsteiniana. L’ unico modello di riferimento univoco diventa o la globalizzazione, ma è un processo in sè, od il profitto, con una monetizzazione che però diventa sempre più virtuale nelle sue transazioni e speculazioni e sempre più distaccata dagli effetti che produce, questi sì, e purtroppo, terreni, molto terreni, di qualcosa che partendo dalla società reale non si ridistribuisce in essa se non in ciechi effetti. In agricoltura potremo assimilare questo processo alle colture forzate che portano prima o poi alla sterilizzazione del terreno per la tattica della terra bruciata. Quanto può durare ? E’ vero che, come dice A. Nicoli (11) in una società stazionaria l’economia è quella che si muove per prima acquisendo autonomia nel processo dinamico staccandosi dall’etica o morale intesa letteralmente come mores: costumi, usanze, salvo che questa debba poi riallineare gli squilibri riassorbendoli in termini più coerenti con la dignità dell’ e.u.

3. I modelli di riferimento sanitari

Nel mondo sanitario gli operatori devono lavorare secondo “scienza e coscienza”. Il secondo termine è legato alla soggettività etica della scelta secondo il libero arbitrio, ma che i vari ordini professionali hanno cercato di oggettivizzare definendo le regole comportamentali nel codice deontologico, che diviene il riferimento dell’agire dei singoli operatori della categoria. Il modello di riferimento dell’operare per “scienza”, che definisce gli ambiti e quindi i mandati, le procedure e i processi necessari per espletare le attività sanitarie è stata una necessità avvertita da sempre. In antico, v.Ippocrate, era il “verbo” dell’insegnante, ma comincia nell’era moderna il primo vero tentativo di studiare e fornire riferimenti al mondo sanitario.

U.S.A. Inizia negli U.S.A. con Ernest Codman che sviluppa nel 1910 “il sistema del risultato finale” dell’organizzazione ospedaliera (Roberts 1987), da questa iniziativa nasce nel 1913 l’ American College of Surgeons, il cui scopo fu la standarddizzazione degli Ospedali che si tradusse nel 1917 nell’ Hospital Standardization Program, che doveva garantire al paziente il migliore trattamento mediante la verifica della qualità degli Ospedali documentata dei casi trattati. Gli standards erano dettati dai medici ed erano indirizzati a migliorare quasi esclusivamente l’aspetto tecnico. Nel 1949 gli standards sono di molto aumentati, formano un volume di oltre cento pagine e viene introdotto il “Point raiting system” o sistema di valutazione aperti, il cui massimo era di 640 punti essenziali e 260 complementari. Questo sistema si è tanto ampliato che per gestirlo si fonda la ICAHO (Joint commission on Accreditation of Healthcare Organizations), che fino al 1993 è composto da soli medici, in tale anno si aggiungono 3 membri pubblicci ed 1 infermiere, anche se nel consiglio non c’è rappresentanza governativa. Il modello d’accreditamento, sempre a punti, dell’ ICAHO, che è bene ricordare è un’organizzazione non pubblica, è quello dell’autoregolamentazione dell’industria della salute (13). Negli anni 60 lo Stato introduce i programmi Medicare e Medicaid, che inserendo il pagamento dei pazienti con i proventi dell’imposte e quindi non solo il pagamento del privato, introduce in qualche modo la volontà dello Stato nel definire gli standards di qualità, che però continuamo ad essere dettati da una struttura non pubblica. Si trovò il compromesso: la ICAHO riconosceva l’idoneità degli ospedali e ciò costituiva la condizione essenziale perchè potessero accedere alla partecipazione del Medicare esentandoli da altri controlli: nel 1997 il 77% su 7.000 ospedali sono stati accreditati dall’ ICAHO per Medicare. Dal 1970 l’obiettivo che era basato sulla difesa del paziente da cure inefficaci si sposta su quello del miglioramento della qualità della prestazione. L’accreditamento ICAHO è volontario, non obbligatorio, ma l’incentivo a farlo è notevole, e l’associazione lavora praticamente in regime di monopolio con un programma pianificato di visite triennali. Interessante è notare (13 pag.133) come anche per ICAHO sia stato difficile trovare i propri standards, anche se quelli stabiliti si impongono in una situazione senza alternativa, ed hanno richiesto investimenti economici ingentissimi. Ciò, insieme alla citata situazione di monopolio ed alla quasi impossibilità di avere coerenza tra i vari valutatori, costituiscono i punti critici di un sistema, che nasce e si attua nella piena logica d’impresa perchè si occupa dell’e.u. in quanto unicamente fruitore di un servizio e la cui unica forma sociale di controllo diviene o la scelta di un altro ospedale od un contenzioso legale risarcitivo di una “mal practice”. In ambedue i casi la tutela del paziente è vista nella logica di mercato con la quantizzazione economica risarcitiva del danno: si tutela cioè, anche con notevole efficacia, la Sanità impresa come se la salute fosse una merce. La Salute, però, non è una merce !

CANADA Altri esempi di modalità di accreditamento li abbiamo in Canada con la Canadian Council on Health Facilities Accreditation (CCHFA), che fu fondata nel 1953, staccandosi dall’ ICAHO. Anch’essa è un’organizzazione autonoma ed indipendente ma già nel 1958 ha avuto il riconoscimento statale.

GRAN BRETAGNA Il National Health Service (NHS), non ha sviluppato un modello nazionale unico per l’accreditamento e ciò crea numerose difficoltà, v.per esempio il King’s Fund che adotta un modello di accreditamento dell’intero ospedale nel suo insieme, mentre altri altri lo fanno invece per servizi; altri modelli invece sono gestiti da servizi di produttori, organismi professionali etc. con la tendenza che i professionisti, gestendosi gli standards di qualità, propendono a sviluppare un modello proprio indipendentemente dagli altri.

ITALIA La tradizione culturale italiana è sempre stata lontana dal desiderio di promuovere tests autovalutativi da parte delle società professionali, come invece accade nel mondo anglosassone. E’ solo nel 1992 che un gruppo di medici sperimentò questa filosofia e fu la sezione regionale del Friuli Venezia Giulia della Società italiana di verifica e revisione della qualità, che scelse per questa esperienza il servizio di pronto soccorso. Si deve tener presente che il problema della qualità delle prestazioni viene individuato proprio negli anni “90 come uno dei punti nodali per la tutela della salute, tanto che l’ OMS stabilisce che “entro il 1990 tutti gli stati membri dovranno aver istituito efficaci meccanismi di controllo della qualità di cura...” Ciò per raggiungere l’obiettivo OMS n.31 del Progetto “Salute per tutti nell’anno 2000” “Assicurare la qualità delle prestazioni”. Universalità d’accesso, uguaglianza di prestazioni, garanzia di qualità sono anche gli obiettivi della Terza Riforma della Sanità o Riforma Bindi, e se gli enunciati e le impostazioni non possono che essere condivisi, perchè assiomatici, laddove se ne va a spiegare il come attuarli, che a sua volta sottende il perchè attuarli, lì troviamo dei punti a dir poco critici. Prima di analizzare questi, dobbiamo riprendere il discorso più filosofico interrotto perchè solo esplicitando questo, potremmo motivare, le critiche a quanto propostoci con il Piano Sanitario Nazionale (PSN).

4. L‘ alfa e l’omega: l’essere umano

Schopenauer dice dell’uomo comune: “...questa merce all’ingrosso della Natura, che ne produce migliaia al giorno..”, ebbene, poichè l’ e.u. non è merce, occorre proprio che per parlare di globalizzazione si parta proprio da lui. L’ e.u. nasce per un evento unico ed irripetibile, ciascuno di noi statisticamente ha avuto una probabilità di nascere contro oltre 400 miliardi di probabilità di non nascere (1), per avere un termine di paragone la probabilità di azzeccare un 6 al superenalotto è di una probabilità contro 628 milioni. La nascita avviene per il ricostituirsi dell’insieme dei geni unendo la metà materna con la metà paterna. Tali geni costituiscono l’insieme chiamato genoma che contiene l’informazione ereditaria dei caratteri del soggetto; tali caratteri ci pervengono da tutta la schiera dei nostri predecessori cosicchè in una ideale staffetta temporale noi abbiamo nelle nostre mani non solo la nostra vita, ma quella che ci è stata tramandata e che consegneremo al futuro con la nostra progenie.

5. L’ istinto di sopravvivenza

Da questa situazione nasce l’istinto più profondo e forte dell’ e.u.: l’istinto di sopravvivenza. L’ e. u. è però il risultato dell’ interazione tra il genoma e l’ ambiente in quanto è quest’ultimo che attiva o reprime o modifica le potenzialità dei geni dell’individuo. La vita è un continuo adattarsi dell’individuo all’ambiente cercando di sopravvivere al meglio o modificando se stesso o modificando l’ambiente. E’ la ricerca dell’ omeostasi, cioè lo stare in benessere, cioè in salute, inteso come una serie continua di momenti di stasi, al raggiungimento dello stato di benessere, modificati in momenti dinamici dall’ambiente che alternando lo stato di benessere creando malessere induce lo stimolo che attiva la ricerca di nuovo benessere e così via in una continua dinamia. Altro elemento fondamentale appare quindi l’ambiente e questi è da intendersi come vocabolo che racchiude in sè sia il terreno di studio delle scienze naturalistiche sia di quelle umane e sociali. Solo in questa visione olistica, questa sì globalizzata, noi possiamo cogliere la sintesi dell’osservazione che rappresenta il fine che ci permette di arrivare a quel famoso riferimento occorrente perchè il mondo possa articolarsi in maniera relativa; l’analisi dei vari settori non può che essere lo strumento per arrivare alla comprensione sopra detta. Peris Persi, Presidente Nazionale Associazione insegnanti di Geografia dice ( 9 ): “.. ogni uomo è infatti un nodo di rete invisibile, di forze naturali ed economiche, di flussi materiali ed immateriali di cui è destinatario, diffusore, utente e propulsore “. E della terra dice che noi ne siamo i gestori momentanei e non i padroni assoluti, e questo vale, aggiungo, anche per la “ staffetta della vita” sopra citata. La visione olistica è in realtà un ossimoro, contrapposizione d’opposti, in quanto è una realtà che necessita di una interpretazione operata sia mediante analisi sia mediante sintesi considerando la prima come strumento e l’altra come fine. La dialettica dei contrapposti è ancora molto viva, è assiomatica nel senso quasi kantiano, è cioè il comodo modo di ragionare della mente umana ed affonda le radici nella storia dell’uomo anche se ha avuto la sua fioritura nel pensiero romantico dell’ 800 mitteleuropeo, tanto che Dilthey nel 1883 opera la prima distinzione tra Scienze della Natura e Scienze dello Spirito intese come scienze storico - sociali, è in questo periodo che nasce la Sociologia come Scienza grazie ad August Compte ed a Max Weber. Nel pensiero dialettico contrapposto trova fertile terreno la sociologia per i grandi cambiamenti vuoi politici con l’espandersi e l’attuarsi dei principi della rivoluzione francese, con l’affermarsi del concetto di nazionalità e vuoi con le trasformazioni economiche legate all’affermarsi del capitalismo industriale e delle lotte per le rivendicazioni sociali: non è un caso che qui compaiano Marx, Engels ed un Le Bon che studia il nascente fenomeno della folla nel celebre libro omonimo. La dialettica dei contrapposti fiorisce in un’ epoca di tensioni e dà luogo a lotte come tutte le volte che “la ragion fallisce”, anche se più che il fallimento della ragione in realtà è la mancanza del dialogo, madre feconda di ogni comprensione, della “cultura del dialogo “ che può e deve sostituire in una società civile la “ cultura del conflitto”. Per tornare ad ancorarci al problema del rapporto Salute- Sanità, dovremo prendere in considerazione, quindi, l’aspetto dell’ e.u. relazionato ai suoi simili: lo dobbiamo considerare cioè inserito in quell’unione di esseri che chiamiamo Società. L’ istinto di sopravvivenza farà sì che ciascuno cerchi di ritagliare per sè uno spazio tutto suo, ma lo obbligherà anche a cercare la compagnia dei suoi simili. La scimmia nuda, per dirla con Marx, che è l’ uomo, non ha artigli nè becco nè zanne, ha però la mano che è capace di impugnare di volta in volta uno strumento diverso, e la sa usare, ma neanche questo lo avrebbe fatto sopravvivere se non fosse stato un animale sociale. La sopravvivenza che da un lato lo avrebbe fatto vivere meglio da solo lo ha reso un animale sociale obbligato, senza i nostri simili, gli “altri “, nessuno di noi sopravviverebbe, se lo riuscisse a fare lo farebbe per poco e per giunta male. Il più grande egoismo è avere accanto gli altri, per curare la propria sopravvivenza occorre curare la sopravvivenza degli altri ( e se è così che senso ha la “terra bruciata “? )

6. Omeostasi interna ed esterna

E’ una tensione dinamica, è il concetto dell’ omeostasi interna che per attuarsi ha bisogno dell’ omeostasi esterna, quella cioè tra l’individuo e gli altri ovvero la Società. Questo, oltre lo star bene fisicamente, è Salute per l’ OMS, come abbiamo visto dalla definizione. In Società però, come dice Rousseau nel “Contratto Sociale”, la mia libertà nasce e finisce dove nasce e finisce la libertà dell’altro: la mia omeostasi è diversa da quella altrui anche a parità di stimoli perchè il risultato finale, o mio, dipende dall’ interazione tra questi stimoli presupposti uguali ed il mio genoma, unico ed irripetibile: come conciliare ciò ? L’ uomo s’ è inventato varie forme di gestione della Società e quella che a tutti gli effetti appare la più logica, oltre che etica, è la democrazia. Tutte le diversità che vengono espresse dai vari e.u. si realizzano nel voto che permette l’elezione dei rappresentanti che ne divengono i portavoce. La realtà ci dice che se è bella la teoria la pratica viene viziata da quell’istinto di sopravvivenza che prevarica la parte sociale dei rappresentanti enfatizzandone l’ individuale, per ricondurre il processo all’ equilibrio, uno dei modelli più validi potrebbe essere attivare un efficace controllo sociale.

7. L’errore fondamentale

In un momento di riflessione autocritica, pensando di tendere al qualunquismo ho riletto la “Folla” di Guglielmo Giannini, che nel dopoguerra è stato il fondatore prima del Movimento poi del Partito dell’ Uomo Qualunque. A parte la profonda amarezza di un padre che ha perso un figlio in una guerra che giudica inutile e ne attribuisce la colpa a chi prevaricò il potere conferitogli, ho colto di nuovo il profondo messaggio di quello che chiama “ l’errore fondamentale “ del politico o capo. Questi è eletto dal popolo quale portavoce delle istanze dei cittadini, quindi è “minister” cioè servo, nella letterale traduzione dal latino, di questi, poi invece accade l’esatto contrario: il popolo è al servizio del politico e delle sue idee. Caro amico lettore ( ormai se hai avuto la pazienza di leggere sin qui, sei tale!). Ci stiamo avvicinando alla Sanità - Salute. Se è quindi necessario all’ e. u. vivere come essere sociale, occorre trovare l’ organizzazione, lo strumento, per rendere reale questa esigenza, che è il fine. Questo strumento è lo Stato inteso come insieme di Istituzioni a loro volta intese come strutture, insieme di luoghi fisici e persone, che permettono la realizzazione e la funzione della vita sociale e civile. Lo Stato è quindi lo strumento che i cittadini strutturano per vivere insieme, ciascun cittadino è un Re Sole che diceva “ L’etat c’est moi “, lo Stato sono io, poichè, come dice Spinoza, noi, ed aggiungerei “noi cittadini”, siamo le onde dello stesso mare. Nessuno è servitore dello Stato, questi non è altri da noi, ciascuno è lo Stato,per il fatto di essere cittadino, qualsiasi ruolo abbia nella società, l’unico requisito essenziale è che sia nella Società, non altro gli è chiesto per essere una tessera importante per costituire quel mosaico che è lo Stato, tessera che singola ha poco significato, ma che inserita nel suo posto nell’insieme permette che si realizzi ed appaia l’ immagine del mosaico. Anche qui la destrutturazione della Società agisce orizzontalizzando i conflitti, stratificando i settori, resi quasi impermeabili nei rapporti di tipo verticale. Sono invece aumentati i conflitti orizzontali che sminuzzandosi divengono attriti, minori solo per il giudizio oggettivo e non soggettivo delle cause scatenanti sino ad arrivare alla banalizzazione del motivo aumentando nel contempo le occasioni per sostenere le tensioni. Non a caso tutto ciò rende sempre più in evidenza e diffuso il malessere dei rapporti sociali che va sotto il nome del fenomeno del mobbing che Leymann enuncia in una conferenza nel 1990 e che da allora si comincia a studiare. Fenomeno, il Mobbing, sempre esistito ma che ora assume una risonanza ed una evidenza sempre maggiore perchè la Società destrutturata lo va sempre più diffondendo nel quotidiano. Il malessere della Società diviene malessere del singolo sino a procurargli danni biologici, vedi ulcere, depressioni, mutamenti del carattere fino al suicidio il cui numero sta aumentando notevolmente anche nei giovani e che se è un atto di apparente libertà, “della mia vita decido io “, in realtà è la massima negazione della vita superando anche il primordiale istinto di sopravvivenza. Il Mobbing sta diventando una patologia che ha modo di essere prevenuta e curata, è suscettibile, v. Germania e Svezia, di risarcimento del danno e di reintegro al posto di lavoro. In Italia si sta cominciando ora e si stanno preparando proposte di legge per tutelare il problema. Questo è un esempio di Salute intaccato dal Sociale e di Sanità sociale che interviene per ripristinare lo stato di benessere. In un momento storico come quello che stiamo vivendo ( ed aprendo un inciso: anche qui come ciascuno è lo Stato, così ciascuno “fa” la Storia ) l’informazione ha reso il mondo un villaggio globale, come dice Marshall Mac Luhan e la Società contemporanea è composta sempre più da individui resi monadi, secondo Leibniz, il cui insieme è l’unico modo di essere della Società di massa, come dice Ellul. Individui tutti separati tra loro che si riaggregano in forme pseudo tribali, come dice Popper, in momenti aggregati o massa su obiettivi fugaci, transitori con momenti motivazionali assolutamente indifferenti nel loro valore morale oggettivo, come ben descritto da Le Bon, solo che qui siamo nella folla globale del villaggio globale! Questi motivi scatenanti sono indifferentemente ideologici o “mode”: nascono, si manifestano in maniera eclatante, si cerca la massima visibilità e spettacolarizzazione con una forte spinta al protagonismo, non importa se effimero o negativo, poi svaniscono sostituiti da altri miti quand ‘ anche diversi.

8. Il sogno ed il mito

D’altronde la mitizzazione è storicamente sempre avvenuta, vedi i miti dell’età classica antica, ma la novità odierna è la banalizzazione del mito ed il suo “consumismo”, l’effimero suo nascere ed essere dimenticato. Il mito trova origine dagli stati emotivi dell’ e.u. e non rappresenta altro che la collettivizzazione del sogno, che invece è individuale. Il mito (12), sia del tipo giustificativo per spiegare le cose là dove la Scienza non è ancora arrivata a farlo, o compensativo - proiettivo, là ove cerca compensazione a situazioni di alterata omeostasi, in tutti i casi, al contrario del sogno, individuale e contemplativo, induce all’impulso d’azione, tentando di realizzare collettivamente il desiderio, o sogno, del singolo. D’altronde se sogno è desiderio e questi, per Marx, implica il bisogno, se per Freud, desiderio è ricerca del piacere e, per Kirkegaard, il desiderio e l’oggetto dello stesso non possono essere scissi, tanto che il “sogno è una realizzazione del desiderio”, il sogno individuale, o desiderio - bisogno del raggiungimento dell’omeostasi alterata, si realizza solo con il mito, cioè con la collettivizzazione che oggettivando il desiderio lo trasforma in mito che per essere esaudito spinge all’azione. La nostra Società è però, purtroppo, facilmente autodiretta, basta “suggerire “ la “moda” da seguire, spettacolarizzandola e poi proporne subito una nuova. Non a caso la nuova frontiera del marketing è indurre il bisogno di un prodotto prima di produrlo, come dice Gerken (10). Però come nella Relatività abbiamo cercato il riferimento così nell’ e.u. lo troviamo nella sopravvivenza che come dice G.Piazzi, docente di Sociologia all’Università di Urbino, permette la distinzione tra vita e non- vita. Oggi si sta esagerando la sopravvivenza individuale a scapito di quella sociale, ma a ben vedere quella conflittualità scesa nel quotidiano comune, quel trovarci tutti uguali a causa degli stessi problemi, sta spezzando quella rigidità di strutture nelle quali era ed è ancora organizzata la società. La cultura d’impresa territorializzata ci sta conducendo alla frantumazione delle categorie o classi che avevano diviso la Società stessa e che avevano costituito il suo mezzo di crescita, spesso cruento, con gli incontri e gli scontri. La frantumazione e quindi la globalizzazione in questo può vedersi anche come momento di crescita positiva (all’inizio ho accennato al come e quale globalizzazione ! ) un mescolarsi e riconoscersi sui problemi primari, di sopravvivenza; come cittadini uniti non nella cultura del conflitto, ma in quella del dialogo non può che stimolarci e darci un pò di ottimismo. Globalizzazione è anche quel piccolo Grande e.u. in camicia bianca e pantaloni scuri di fronte ai carri armati a Piazza Tienammen. Che sia cinese lo sappiamo tutti dai mass media, ma è una situazione per principi espressi, mezzi presenti, abbigliamento, universalizzati, globalizzati. Quell’uomo non è in Salute!

9. Il benessere

Riandiamo al denominatore comune: la sopravvivenza oggi non è più espressa dal mero non-morire, ma (4) il concetto di benessere è definito da quattro componenti: 1) Sicurezza: componente oggettivo-naturale o sopravvivenza biologica 2) Integrazione sociale: componente oggettivo - relativa. sopravvivenza nel sociale. 3) Standard di vita media: componente consumistica (secondo il concetto di Engels per il quale il reddito destinato ai consumi non alimentari cresce più che proporzionalmente al reddito disponibile). 4) Qualità di vita: componente soggettiva introdotta dal ‘70 al realizzarsi del welfare state. La globalizzazione tramite l’informazione ha proposto a livello mondiale alcuni modelli cosiddetti consumistici per ovvi motivi commerciali, ma è pur vero che sono stati recepiti più rapidamente di quel che si pensasse perchè esplicitavano il desiderio dell’e.u. al raggiungimento del benessere inteso come il 4° punto sopra esposto. L’accumulare riserve soddisfa invece il primo punto e l’e.u. non può che soddisfarlo per primo.

10. Un esempio di collettivizzazione: la Cina

Il modello più eclatante lo si trova in Cina: questa nazione nasce nella sua forma politica attuale nel 1949, è tradizionalmente molto legata alla terra e la sua economia all’epoca è solo agricola. Si attua tra il 1950 ed il 1952 la riforma agraria che porta all’espropriazione delle terre dei latifondisti lasciando solo le microproprietà e si collettivizza il lavoro nelle squadre di aiuto reciproco formate da 10 famiglie impegnate in attività comuni per le quali ciascuno ha un compenso. Le controversie e le tensioni generate riguardo la valutazione del lavoro svolto da ciascuno fanno sì che si costituiscono le Cooperative di Produzione, di trenta o quaranta famiglie impegnate ad eseguire le disposizioni impartite secondo la logica dell’economia pianificata e in questa fase si elimina del tutto la proprietà privata. Il passo successivo di razionalizzazione del processo porta alla Comune, insieme di più cooperative, che acquisisce snellezza operativa, non si limita più all’agricoltura potendo decidere ed attuare anche l’industrializzazione occorrente al suo territorio, ha un proprio direttore, un comitato decisionale, raccoglie tributi, diviene il centro politico ed economico territoriale. La Comune nasce nel 1958, l’anno del Grande Balzo di Mao, finisce nel 1983. Il motivo del fallimento risiede nella competizione che s’instaura tra le varie Comuni ove le più dotate e meglio organizzate entrano in competizione con le altre più fragili anzichè integrarsi con loro. Nel 1983 si sciolgono le Comuni e si dà la terra in usufrutto ai contadini: tra l’80 ed il 90 raddoppia la produzione ed il consumo di carne, il reddito si triplica, ma si impoverisce il suolo per l’intenso sfruttamento mirato solo al guadagno immediato, comincia l’alterazione ecologica dell’ambiente. (La “terra bruciata”! ) Nel 1993 la Cina con l’ VIII Congresso Nazionale del Popolo si apre all’economia di mercato trasformando l’assegnazione della terra da usufrutto ad affitto legando in questo modo l’interesse del contadino al mantenimento e non allo sfruttamento del bene- terra. Un esempio questo che sempre tenendo fisso il principio di sopravvivenza sia individuale sia di vivere obbligato in società ci deve far pensare al passaggio alla libera attività come strumento e non come fine. In fondo l’imprenditore, per es. un commerciante od un professionista prende i suoi soldi, apre la sua attività facendo una scommessa con Dio perchè gli dia la salute e la vita, con se stesso di essere capace a ben fare il suo lavoro, e con il mercato nella speranza di avere clienti: come fa a non esercitare se non in regime di libera concorrenza? Per sua tranquillità vorrebbe forme di garanzia, ma chi è disposto a garantire l’attività altrui ? Una industria non può che essere un’industria, se è uno strumento per produrre di per sè non è nè morale nè non morale, nè più nè meno che uno strumento qualsiasi per es. un martello. Il giudizio etico che si lega allo strumento è il fine per il quale lo si progetta, costruisce ed usa. La destrutturazione della Società che segue quella dell’industria con il concetto di impresa generalizzata nel territoprio trova la stortura nella trasformazione dello Stato in Profit State.

11. Lo Stato “notarile”

E qui torniamo all’errore fondamentale di Giannini: lo Stato divenuto sempre più distante dalle reali esigenze della popolazione si aliena da esso, l’Istituzione non si espande sul territorio, ma questo si comprime e quando raggiunge il massimo della tensione irrompe in essa, ed assistiamo così allo Stato per così dire “notarile” che incapace di avvertire le esigenze degli elettori è costretto a produrre leggi o peggio Decreti legge, così che rende legale qualcosa che non si è saputo nè prevenire, nè gestire. Un esempio lo abbiamo negli anni ‘70, ministro della Sanità Carlo Donat Cattin: si rilevò in Piemonte nelle falde acquifere la concentrazione di 1,5 ppm di Atrazina, un residuo tossico di pesticidi, mentre il limite di legge era di 1 ppm. L’allora Ministro innalzò “de iure” il limite di tolleranza a 2 ppm cosicchè le acque inquinate, per legge, divennero ben potabili. Altro esempio è la Storia del benzene: è questi un componente delle benzine cosiddette verdi utilizzate come antidetonante. (5) E’ tanto tossico che l’OMS nel 1987 afferma che non può essere raccomandato un livello sicuro nell’aria in quanto il benzene è cancerogeno (provoca leucemie) per l’uomo e non si conosce una soglia minima priva di effetti. E non se ne produce poco: nel 1995 l’Italia ne ha prodotto 374.000 tonnellate ed importate altre 150.000, la Germania ne ha prodotto 2.500.000, gli USA 7.193.000. Dalla ricerca dell’Enea portata in bibliografia, e quindi da un Ente di Stato, scopriamo che la Comunità Europea limita la concentrazione del benzene nelle benzine al 5%, ma negli USA il contenuto ammesso è tra lo 0,41 ed il 1,74 %; scopriamo ancora che il benzene, molto volatile, raggiunge nell’abitacolo delle nostre auto, concentrazioni molto superiori, tanto che l’ EPA, l’ente di protezione ambientale USA, richiederà l’installazione negli autoveicoli USA di sistemi di rimozione. Scopriamo ancora che le concentrazioni di benzene nell’aria, a motivo della volatilità, nei pressi delle cisterne e delle stazioni di servizio possono arrivare a parecchie centinaia di microgr. / mc fino ad un valore di 1000 microgr./mc; per avere un termine di paragone si calcoli che l’assunzione giornaliera media di benzene attraverso gli alimenti arriva a 250 microgr. al dì. Pertanto un addetto alla stazione di servizio ed alla cisterna, considerato uomo medio normale che respirando normalmente ventila circa 500 litri di aria l’ora, inalerà ogni due ore di lavoro un quantitativo di benzene equivalente alla ingestione che si fa in 4 giorni, se il suo turno è di 6 ore giornaliere ogni giorno questo e.u. avrà assunto per via inalatoria l’equivalente di 12 giorni di assunzione di benzene con il cibo, più amaramente la sua dose con gli alimenti perchè dovrà pur mangiare. Questa non è Salute! Perchè le nostre auto che esportiamo anche negli USA non utilizzano benzine a basso tenore di benzene come quello USA mentre invece veniamo penalizzati e colpevolizzati come inquinatori inscenando le domeniche a piedi od il “fermo-verde”, che,se strumento per un’educazione civile all’ambiente può anche essere preso in considerazione, ma che diviene presa in giro se utilizzato come fine per ridurre l’inquinamento? E questa non è nè Sanità, nè tutela della salute. Un aspetto, che documenta la stratificazione orizzontale della Società che sta sempre più dividendosi in aree costantemente più omogenee orizzontalmente e sempre meno comunicanti nel rapporto verticale, è dato dal fatto che per quel che riguarda le Istituzioni, numerose sono le iniziative anche del mondo dell’informazione e dei mass media nel rilevare le disfunzioni. Ne citerò solo alcune: “Mi manda Lubrano”, ora divenuto “Mi manda Rai Tre” di Marrazzo; “Italia” istruzioni per l’uso di Emanuela Falcetti, “Radio a colori” di Oliviero Beha, nelle quali, tutte su reti nazionali di Stato, si rilevano problemi, inefficienze etc. e si vede che per i piccoli contenziosi tra privati in qualche modo si ottiene se non una soluzione almeno una spiegazione. Quando un cittadino fa un rilievo ad una Struttura pubblica non si riesce a combinare nulla, e si dà costantemente l’impressione che la Struttura viva in una sorta di Empireo distaccato dalla realtà e sia cosa diversa dal cittadino il quale si sente un pò come diceva il celebre compositore russo Serghei Rachmaninoff “ I’ m stranger in an alien world “. Io sono uno straniero in un mondo alieno. Ciò genera sfiducia e distacco, se non risentimento, nelle Istituzioni che dovrebbero essere lo strumento perchè si realizzi la volontà della popolazione votante. Questa sfiducia e distacco dalle Istituzioni generano disagio sociale e quindi patologia sociale. Questi termini: sfiducia, disagio, dolore sono anche qui assiomatici, resi ovvii per la quotidianità d’impatto e non quantizzabili. Per lo meno apparentemente non quantizzabili perchè secondo me è proprio questo il terreno di confronto da scegliere e dimostrare che una corretta gestione non solo è etica, ma anche conveniente da un punto di vista squisitamente economico. Il tecnico non può gestire la politica, ma può fornire al politico i dati ed egli ha il dovere di prenderne atto. Altrimenti torniamo all’ “errore fondamentale” di Giannini. In un mondo che va sempre più verso la materializzazione e quindi “pesa” le cose, nel mondo dell’ “avere”, secondo Fromm, parlar dell’ “essere” sembra utopico, mentre non lo è pensare all’ “essere” passando per l’ “avere”. Tornare ad “essere” significa tornare in Salute. Se il fine è l’ “essere”, lo strumento sarà l’ “avere”: il dolore, la depressione si possono quantizzare anche economicamente tramite i loro effetti.

12. Il fenomeno del Mobbing

Questo sta documentandosi, per es. come espresso (6) dal Prof. H. Ege, che per primo ha portato il problema del mobbing in Italia, anche da parte industriale: la Volkswagen ha rilevato negli ultimi anni un danno valutato a 500 milioni di marchi per gli effetti del Mobbing ( = tensioni nel mondo del lavoro ) poichè si è scoperto che colui che attiva il mobbing perde tra il 20 % ed il 30 % del proprio tempo lavorativo per attuare questo “terrorismo sul posto di lavoro”, colui che subisce tale attacco perde tra il 40 % ed il 60 % dell’efficienza lavorativa. La VW ha quindi aperto uno sportello d’ascolto per risolvere i problemi del mobbing ed il danno economico si è ridotto quasi del 50 % nel solo primo anno della sua attività.

13. Si puo’ quantizzare economicamente il dolore ?

Il sottoscritto attuando una campagna di Educazione Sanitaria e Prevenzione Odontoiatrica per l’allora USL RM4, poi ASLRMC, nel periodo 91 - 96 è riuscito a dimostrare tramite uno studio della Dott.ssa M.Capparucci del Dipartimento di Economia Pubblica della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università La Sapienza di Roma che un intervento di educazione sanitaria e prevenzione ha un bilancio di costi - benefici in un tempo di cinque anni di 1 a 60, cioè un milione impegnato in tale operazione ha reso 60 volte in cinque anni la spesa investita. Quanto costa farlo e quanto costa non farlo? Tanto per gradire passiamo ora a considerare che a tale aspetto economico si aggiunge una minore quantità di dolore, sofferenze, ansia, disagio che se non sono “pesabili “ in sè, penso, siano in realtà il primo parametro da tenere in considerazione. Torniamo al benzene: ammesso e non concesso che le case automobilistiche ed i petrolieri soffrano un costo per adeguare auto e benzina ai livelli del benzene come negli USA, avremo sempre un enorme vantaggio economico dovuto a questo intervento che, se non effettuato, porterà purtroppo sicure e gravi patologie, mentre è una manovra conveniente anche economicamente. Quest’azione delle Istituzioni a tutela del sociale che diviene Sanità ( lo strumento ) a tutela della Salute ( il fine ).

L‘ETICA Questo mio continuo riferirmi ad una visione etica legata ad una “tensione morale”, derivante dalla dialettica interna dell’individuo per una scelta obbligata tra i due impulsi primari apparentemente contrastanti, il sè ed il sociale non è solo un valore espresso da chi può essere definito un idealista sociale od un credente, o tutti e due, ma la parola “etica”, guarda un pò, ha un enorme significato anche economico: abbiamo parlato in un altro passo dell’ICAHO e dei suoi standards di riferimento. Ebbene, vediamo cosa scrive a proposito Ellie Scrivens in Accreditamento dei Servizi Sanitari, Esperienze Internazionali a confronto ( 13 pag. 133). “La costruzione degli standards negli Stati Uniti deve essere pertanto cauta... Uno dei cambiamenti più significativi è stata l’eliminazione della parola “etica” dagli standards che avevano a che fare con la pratica professionale. I precedenti utilizzavano espressioni come “criteri etici”, “garanzia etica” e “standards etici”, che sembravano creare vincoli legali sia per la ICAHO sia per gli ospedali che partecipavano al programma. La ICAHO, in teoria, avrebbe potuto essere considerata responsabile della promozione e dell’adozione di un codice particolare e gli ospedali partecipanti avrebbero potuto essere considerati responsabili della loro adozione (Kucera 1984 ) “. In altre parole: controllare gli standards non ha gli stessi coinvolgimenti, quantizzati questi da un punto di vista economico se negli standards c’è coinvolto il concetto di eticità ! In pratica, se si va ad osservare solo il lato Sanità - Impresa possiamo utilizzare parametri compatibili con il sistema economico erogatore al quale interessa più l’ efficienza, cioè il modo migliore di essere erogatore di un servizio, che non l’efficacia, cioè il risultato finale dello stesso. Come se i consumatori del servizio Sanità non coincidessero poi con gli stessi contribuenti !

IL PIANO SANITARIO NAZIONALE (PSN 1998 -2000 ) L’appena approvato PSN offre spunti di riflessione contraddittori fra di loro. Da un lato già il titolo “Un patto di solidarietà per la salute” riporta a concetti tipici del welfare state, si aggiunga a ciò il richiamo alla legge 833 / 78, che per prima attivò il Servizio Sanitario Nazionale; il definire questi un sistema sanitario universalistico i cui principi considerati come fondamentali sono: 1) Universalità d’accesso 2) Eguaglianza nell’accessibilità ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti 3) condivisione del rischio finanziario.

La divisione in due grandi parti: PARTE 1: Gli obiettivi di salute Obiettivo 1° promuovere comportamenti e stili di vita per la salute Obiettivo 2° contrastare le principali patologie Obiettivo 3° migliorare il contesto ambientale Obiettivo 4° rafforzare la tutela dei soggetti deboli Obiettivo 5° portare la Sanità italiana in Europa PARTE 2: - La strategia per il cambiamento - Le garanzie del SSN - Strumenti per la garanzia dei livelli di assistenza - Un programma nazionale per la qualità - La sicurezza nelle strutture sanitarie - L’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale - La gestione delle risorse umane - Ricerca, sperimentazione e sviluppo.

Tutto ciò, unito allo slogan con il quale è stato presentato il PSN “Sempre più vicino a te “, ha fatto pensare ad un rafforzamento del welfare state tanto che emblematicamente si è parlato addirittura di una “Sanità da socialismo reale” e la più significativa copertina è, secondo me, quella apparsa sul settimanale Liberal del 1° Luglio 99 nella quale appare il ministro Bindi nella veste di un comandante soviet in una tipica posa propagandistica dell’epoca con il titolo cubitale: “Soviet Rosy Hospital “. Ad una lettura più attenta il PSN appare avere invece due anime: quella di tutela di un welfare sempre più misero che ha un target di popolazione sempre più povero: in poche parole del “welfare dei miserabili” secondo il concetto di R.Martufi e L.Vasapollo, mentre l’altra anima è neo-liberista e non nel senso di impiegare lo strumento efficientista del concetto d’impresa gestito da terzi per ottenere la salute come fine, ma tutto sembra portare al concetto d’impresa gestito dallo Stato stesso, trasformato come bene sostengono gli autori ultimi citati, in “Profit State”. Questo piano sanitario sembra essere stato concepito concettualmente in un modo e poi nasce in maniera totalmente diversa. I concetti di universalità, solidarietà, stato garante della qualità delle prestazioni e dei servizi, contrastano poi, quando andiamo al concetto di delega dei servizi ed a quello di complementarietà e di sussidiarietà. Finisce, questo PSN, per attirarsi le critiche di tutti, a seconda da che parte lo si guardi: dal punto di vista imprenditoriale la intervista di Luca Fraioli al responsabile del Progetto Salute Sanità della Confindustria, Carlo Castellano, pag.16 di Liberal prima citato, è intitolata “Cara ministra, lei vive in un altro mondo” in quanto critica l’aspetto accentrativo della riforma che per lui è troppo statalista. Scontenta organi di controllo sociale molto rilevanti come il Tribunale dei malati, la cui Presidente Teresa Petrangolini, come dice a pagina 15 dello stesso settimanale in un suo intervento: “ hanno vinto i politici”, accentrando le sue critiche su: centralismo burocratico, “molti poteri, molti conflitti”, e parlando della partecipazione civica dice “per dirla in parole povere: i cittadini proprio non ce li volevano”. Neanche idilliaci sono i rapporti Stato-Regioni (anche se qui appare ridicolo che due parti di ciò che dovrebbe essere un Uno possano essere in tensione tra loro. Con l’unica amara considerazione che, invece di esistere per erogare servizi, esistono per essere centri di potere e ciò ben giustifica la citazione di Sylos Labini -1974- rivolta alla pubblica Amministrazione: “ prima charitas est mea charitas” ) perchè sono tornati ad essere più incisivi i poteri di intervento centrali, Stato e Ministero Sanità, nelle politiche di pianificazione ed organizzazione che la Riforma sanitaria precedente con la 502 / 92 e la 517/93 aveva decentrato alle Regioni. Il personale della Sanità, rispetto a questa riforma, è diviso: da un lato i giovani potrebbero trovare un lavoro stabile con l’obbligo di dipendenza negli ospedali, ma non si aprono nuovi posti di lavoro; per le figure non sanitarie viene offerto un lavoro in forma sempre più interinale o affidato a servizi esterni ottemperando alla legge di mercato. La centralizzazione della Sanità medica, in controtendenza, con la scelta del “dentro o fuori la struttura” sembrerebbe dar ragione al concetto di “ Soviet Hospital”, ma in questa scelta si attua il più pericoloso neoliberismo immaginabile offrendo l’attività intramoeniale agli stessi sanitari ove la struttura del SSN percepisce una parte, v.Profit State, e fa fare concorrenza a se stessa all’interno, offrendo il fianco a pericolosissime strumentalizzazioni, difficilmente rilevabili, di liste chilometriche in regime di ticket, che forse per eccesso di burocratizzazioni facilitano di fatto l’esecuzione della stessa prestazione nello stesso luogo pubblico, con le stesse attrezzature, dallo stesso personale ma a tariffa libero professionale. Autogoal! Altro settore coinvolto nel PSN è la struttura privata accreditata: questa è in pratica il vecchio “convenzionato” che, ricevuta l’idoneità mediante la visita di accreditamento su modelli ripresi da quelli americani, entra nel circuito delle strutture eroganti prestazioni sanitarie per conto del SSN. Poichè il PSN prevede il principio di economicità, cioè se lo stesso servizio viene offerto a meno, fatta salva la qualità accertata con l’accreditamento, lo Stato può, anzi dovrebbe delegare al terzo offerente. Anche qui si hanno strane situazioni di Sanità - Impresa: vedi l’erogazione delle cosiddette protesi sociali fornite da terze strutture con tariffe concordate di poco al di sotto del prezzo di mercato, però erogati a pazienti forniti dalle ASL nelle strutture di queste, col personale delle stesse, con pagamento effettuato da pazienti anche esenti dal ticket. Infatti il paziente esente dal ticket lo è per il SSN, ma non per il fornitore della protesi, al quale deve comunque pagare e lo fa anticipatamente direttamente a lui, usualmente su un c/c intestato al fornitore e non alla ASL. Cosicchè la struttura pubblica offre un servizio al cittadino ed al mercato, con buona pace di un Profit State che non è neanche capace di fare l’imprenditore, effettuando un’operazione concettualmente errata e per di più incapace nel gestirla, meglio di così! A questo punto mancano solo i cittadini e possiamo pensare che almeno questi siano soddisfatti, neanche ciò: con i DRG, o pagamento a prestazioni, con i tickets, liste d’attesa e l’ intramoenia, i fondi integrativi per i quali si finirà per intaccare il TFL, neanche loro, anzi soprattutto loro, sono particolarmente contenti.

14. I DRG o ROD

L’accreditamento prevede un pagamento da parte dello Stato o di terzi, v. Assicurazioni o, con i fondi integrativi, delle altre forme di associazione di cittadini. Per uniformare anche qui le modalità di pagamento si è ricorsi a sistemi oggettivi comparabili, i Diagnosis related groups (DRG), che in italiano sono i Raggruppamenti Omogenei per Diagnosi (ROD). Questi definiscono i parametri attraverso i quali si pagano le prestazioni, il decreto ministeriale 107/94 determina i criteri per la formazione delle tariffe delle prestazioni sanitarie, eliminando di fatto il finanziamento fino allora eseguito a “piè di lista” ed introducendo il concetto di finanziamento legato a fattori produttivi. Certo questo fatto della “produzione” porta a considerazioni che fanno anche sorridere: il paziente diviene cliente e gli ospedali divengono centri di produzione, conferendo appieno all’ e.u. il titolo di merce. Mi sembra sempre interessante ricordare che il termine paziente non significa persona che ha pazienza o che deve portare pazienza ma, poichè deriva etimologicamente dal latino patior di cui è il participio presente, tale termine ha il solo significato di: persona sofferente. I DRG si basano sulle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) che nascono per classificare i ricoveri ospedalieri dei pazienti con patologia acuta; in Italia ci sono 489 categorie di “eventi - ricoveri” così che il personale sanitario è divenuto un pignolo compilatore di cartelle cliniche, non solo ai fini diagnostici ma anche economici di più rilevante importanza per l’ospedale. Per alleggerire il tono di questo scritto, pensiamo un pò per esempio ad un primario chirurgo ed alla sua equipe, al quale forse converrebbe fare più ernie che non per esempio più interventi per calcoli renali per far andare in attivo il reparto! Meno sorrisi ci fa fare la rigidità di applicazione dei DRG: per ogni patologia il paziente non può sostare in ospedale per più del tempo previsto, pena lo sforamento del “monte giornate di ricovero per quella patologia”, cosicchè si è verificato che la rigida attuazione di questa parte di Sanità- Impresa ha portato all’aumento del numero delle recidive per dismissioni troppo precoci ed all’aumento di nuovi ricoveri per complicazioni. Ma questi nuovi ricoveri rientrano in un altro budget, e perciò tutto è a posto, salvo due piccoli particolari: un costo finale maggiore, 2 è sempre maggiore di 1, ed il dolore e la sofferenza del paziente per la recidiva che ha dovuto subire. E questo non può che essere il fallimento di un modo miope di agire, visto non solo come Salute non merce ma anche dal punto di vista di Sanità-Impresa. Spero che sia solo la burocrazia e la sua farraginosità unita all’inesistente colloquio ed interconnessione tra le strutture dello Stato che permetta ciò, penso che solo un più attento controllo sociale, attuato mediante forme partecipative, previste e mai attuate, permettono un superamento di tutte queste cose inspiegabili anche ad una semplice osservazione logica. Sempre nell’ottica di essere quanto più pragmatici e propositivi possibili, poichè solo così si può attuare un pensiero positivo che sia prologo della cultura del “dialogo” che ha come fine la possibile soluzione dei problemi, torniamo ora a parlare di uguaglianza come “effetto positivo” della globalizzazione.

GLOBALIZZAZIONE EGUALIZZANTE Pertanto se la globalizzazione rende nello stesso tempo tutti, ed in tutti i luoghi, uguali, da un certo punto di vista ben venga, se la liberalizzazione dei mercati ci rende tutti imprenditori di noi stessi, ma a questa libertà occorrerà veramente arrivarci con un serio ed attento controllo sociale, allora potremo attuare il “laissez - nous faire “, il lasciate fare a noi, come disse il mercante LEGENDRE a COLBERT, ministro di Luigi XIV quando questi gli chiese cosa potesse fare per promuovere il commercio, stavolta il lasciar fare sarà per auto trasformare l’ e.u. in cittadino. Rimanendo nel mondo dell’economia, il liberismo utopico alla Adam Smith dove le attività individuali apparentemente scollegate sono guidate da una mano invisibile, se condivise personalmente dal concetto di Provvidenza, alla G.B.Vico, per l’obiettività del confronto impostato su fatti concreti ciò deve realizzarsi attraverso strumenti reali e realistici. In una società ove l’imprenditore, alla Schumpeter, possa realizzarsi, ove l’industria faccia l’industria mirando a ben fare ciò che fa e quindi anche al suo profitto, il cittadino deve bene gestire il suo vivere da cittadino. Non a caso il concetto di solidarietà nasce o su motivi ideologici, vedi la fratellanza delle religioni, o su motivi di necessità, la sopravvivenza, nella società industriale ove, alla Vilfredo Pareto, l’ideale è “ raggiunto allorchè è impensabile ampliare le condizioni di qualsiasi soggetto del sistema senza che a questi si accompagni il peggioramento di qualsiasi altro soggetto dello stesso sistema” (11). La mediazione ed il controllo all’eccesso d’azione individuale deve essere da quell’ “individualità sociale “ di riferimento, in quanto portavoce della volontà popolare, che è lo Stato, che deve buon funzionare.

15. La dichiarazione d’ indipendenza

Concetto che, in fondo, viene da lontano ed è ben espresso sin dal 1776 con la Dichiarazione d’ Indipendenza americana che vale la pena riportare: “Riteniamo assiomatiche queste verità: che tutti gli uomini furono creati uguali; che, dal loro Creatore, hanno ricevuto in dote certi diritti inalienabili, fra i quali sono la vita, la libertà ed il conseguimento della felicità (ricordiamoci il sogno, secondo Freud ! ) Che per tutelare questi diritti vengono istituiti fra gli uomini dei governi, che traggano il loro legittimo potere dal consenso dei governati, e che ogni volta che una forma di governo si dimostrerà di ostacolo al raggiungimento di questi scopi, il popolo avrà il diritto di modificarla ed abolirla.... “. Se potessimo leggere il giornale del giorno dopo, come nel celebre film, avremo la fortuna di conoscere e non indovinare il futuro. Poichè il modello di vita occidentale, senza qui darne un giudizio, si sta imponendo globalmente nel mondo, ed indietro non si torna, perchè non utilizzare la possibilità di osservare il futuro osservando la cultura americana che è avanti a quella europea di diversi anni, nel bene e nel male, e dal nostro “futuro”, a nostra volta, guardare e farci guardare dai Paesi in via di sviluppo ? Potremmo prevenire, adattare con anticipo alle realtà locali l’evoluzione sociale. Preverremmo anche la malattia sociale ( non ci dimentichiamo che è un affare economico: 1 a 60 !) con una operazione di Sanità. Il mondo divenuto la “ Grande Impresa “ ha il Consiglio d’ amministrazione negli USA, i quadri in Europa ed Estremo Oriente, gli operai negli altri Paesi. In questa impresa generalizzata, come momento positivo, poichè sono uguali i problemi è più facile sentirci solidali tra tutti con il non indifferente processo dell’autoeliminazione progressiva del concetto di categorie chiuse o classi. Tutti cittadini del mondo, non sudditi. Il passaggio fondamentale è che per evitare il solito errore fondamentale di Giannini è la partecipazione attiva alla Società per realizzare quanto espresso così bene nella Dichiarazione di Indipendenza americana. Il lavoro, e la nostra Costituzione è “ lavorista “, occupa un posto fondamentale nella vita dell’individuo oggettivando l’attivazione della sopravvivenza per sè e per il gruppo sociale del quale, abbiamo detto, ha bisogno. Un conto è che il lavoro abbia un posto di rilievo nella vita dell’ e.u., un altro conto è che invada totalmente il suo essere: occorre liberare il tempo del lavoro, che è un “fatto in sè” perchè come dice l’economista E.S. Phelp: “Già l’andare al lavoro costituisce di per sè una sorta di rituale”.

16. Proposta per il tempo liberato

Il passaggio dalle 40 alle 35 o 30 ore non può porsi in termini di costo per l’imprenditore: questi si troverebbe a pagare di persona, intaccando il proprio concetto di sopravvivenza, un’ azione sociale, cioè la sopravvivenza del gruppo, ora vista antitetica alla sua, ma il punto 1 dello schema prima riportato è prioritario rispetto a qualsiasi altro. E’ un carico che deve assumersi la Società, infatti l’investimento economico sociale non può che essere che a carico dell’espressione del sociale, cioè dello Stato come sin qui inteso; può e dovrebbe attuarsi attraverso un’azione di sanità sociale, questa sì gestita con i criteri d’impresa (lo strumento ), per ottenere la salute sociale, comprensiva per definizione anche di quella individuale del cittadino (il fine). La domanda ovvia e banale, spesso ipocritamente trascurata, del “chi paga ?”, la si potrebbe trovare con introiti fiscali non alteranti il mercato, ma che potrebbero essere invece strumento di moderazione degli eccessi dell’economia globalizzata, sempre più virtualizzantesi, come potrebbe essere la proposta della Tobin ‘s tax, ben espressa in “le pensioni a fondo “ di R. Martufi e L. Vasapollo.

17. Assistenza e non assistenzialismo

Il valore economico redistribuito non dovrebbe essere dato a tutti senza nulla ricevere in cambio e ciò per vari motivi: perchè diverrebbe non assistenza al sociale, ma assistenzialismo e questo lascerebbe l’assistito dipendente da colui che l’assiste, perchè l’ e.u. per la legge della sopravvivenza biologica, tende a non utilizzare le proprie energie, cioè muoversi dalla stasi all’ omeostasi, se non per motivi importanti, cioè il raggiungimento di una nuova omeostasi, e perchè più varie e comuni esperienze non solo quotidiane ma importanti e ben pianificate ed attuate come le Comuni cinesi dimostrano il fallimento di tali utopie. Il tempo liberato, impegnato come partecipazione sociale intesa come lavoro: la frammentazione societaria ha sempre più spinto, in verità, a forme partecipative, v. decreti delegati per la scuola, la consulta per la sanità etc. accanto ai più classici e storici partiti e sindacati, ma proprio per il moltiplicarsi di tali impegni impedisce alla fine di partecipare perchè a questi se ne aggiungono altri come le riunioni di condominio, di quartiere etc., così che non si ha più tempo nè voglia di partecipare e queste forme istituzionali di attivazione del cittadino perdono di incisività e, come al solito, di credibilità. Come nel mondo dell’informazione: l’eccesso di informazione superficializza sempre più la stessa, la riduce a spot finendo per creare paradossalmente disinformazione.

18. Il sindacato cittadini

La proposta che si potrebbe discutere è quella di rendere il tempo liberato alla stregua di lavoro sociale, come lavoro deve essere retribuito: per es. un lavoratore potrebbe svolgere il proprio lavoro per 30 ore, le altre 10 le potrebbe svolgere a parità di salario in attività sociali; una sorta di distacco sindacale del sindacato - cittadini. Certo occorrerebbe ben discutere questa proposta anche in vista dei costi / ora profondamente differenziati: un salario unico attiverebbe il giovane disoccupato, ma non il dirigente, per questi per es. a parità di unità /salario si potrebbe dare la delega di “ x “ altri dirigenti, così che il salario minimo unitario moltiplicato per “x” copra il costo orario del dirigente stesso, che avrebbe comunque un dirittto di voto pari al numero dei deleganti. Ci si riapproprierebbe anche da parte del cittadino in questa azione del proprio ruolo nella Società rappresentata dalle Strutture dello Stato nella forma partecipativa e nei settori di maggiore interesse per ciascuno, con la libertà individuale di estrinsecare il proprio concetto di sopravvivenza, contribuendo allo sviluppo sociale per il raggiungimento del concetto di benessere - individuo - sociale.

19. Salute!

Fa sorridere il pensiero che attualizzare il cittadino che è in noi, in fondo fa bene alla salute, ma un’ operazione culturale di civiltà così fatta, porterebbe, secondo me, a sviluppare quella cultura del dialogo che conduce al confronto costruttivo e non al conflitto permettendo la realizzazione dell’ e.u. tramite il proprio libero arbitrio. Anche se penso alla possibilità della realizzazione di ciò con il “pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà “, alla Gramsci, questa è senz’ altro Salute con una operazione di Sanità oltretutto economicamente vantaggiosa e positiva. Perciò fattibile.

A.U.G.E.

Associazione Urbinate Giornalismo Europeo, nata tra gli studenti della Scuola Superiore di Giornalismo di Urbino, corso di formazione culturale giornalistica, fondata mezzo secolo fa da Carlo Bo. Questi, continuando ad esserne il Direttore, mostra quanto gli stia a cuore questa Scuola che a buon diritto si può considerare un monumento storico della cultura e dell’ informazione. Da ciò nasce la motivazione a fondare l’ AUGE, associazione di tipo ONLUS, aperta ai docenti, ex docenti, discenti ed ex discenti della SSG, per un giornalismo europeo, per fornire un punto di incontro dinamico ove si realizzi una “cultura del dialogo” nell’ epoca della globalizzazione.

BIBLIOGRAFIA

1 A. Ricci - Corriere dell’Adriatico - articolo del 3-11-1999 2 PANORAMA - Articolo del Novembre 98 3 J. Ellul - Propagandes - Ed. Colin Paris 1961 4 D. Rei - Servizi sociali e politiche pubbliche - ed. N.I.S. 1997 5 ENEA - Appunti sugli agenti nocivi - R. Uccelli, A. Giovannetti, F. Mauro. 4° - Serie Noxiae - dip. effetti biologici e sanitari. Agenti nocivi. 6 H. Ege - Dalla lezione tenuta al corso di aggiornamento per docenti sulla comunicazione - Istituto d’arte di Ancona - 26.01.2000 7 M. Capparucci - Dipartimento di Economia Pubblica. Facoltà di Economia e Commercio, Univ. “La Sapienza” di Roma. Relazione tenuta nella prima conferenza di Organizzazione e di Produzione USL RMC - Area funzionale Materno-infantile - 23-2-1995 - Sala Conferenze CTO - Roma. 8 The chemical industry Production and Trade Statistics - 1995-1997 pag.99. 9 Persi Persi - Geografia, ambiente, territorio e politica di spazi regionali. Ed. Univ.Urbino 1998 10 G. Ferrero, M. Marchioni - Corso di marketing. App.dalle lezioni 95/96 - Università di Urbino 11 A. Nicoli - Economia, etica, realtà politica - Ed. NIS 1990 12 V. Rovigatti - Scienza dell’opinione pubblica - Ed. Paoline 1985 13 Ellie Scrivens - Accreditamento dei Servizi sanitari - Esperienze internazionali a confronto - Ed. Centro Scientifico

NOTE

1 Medico, Presidente AUGE (Ass. Urb. Giornalismo Europeo)