La liquidazione di Alitalia è in dirittura d’arrivo

Antonio Amoroso

Il Piano di ridimensionamento e di frammentazione di Alitalia approntato da Cimoli e dal suo staff ha ormai fatto il suo corso. Come previsto dalla Cub Trasporti, alle promesse di rilancio del vettore e agli impegni di risanamento del bilancio della Compagnia non è seguito alcun riscontro. La realtà di oggi, al contrario, ci consegna una Compagnia ridimensionata sia nel personale che nel network: un vettore che ha abdicato al suo originario carattere globale (global carrier) in favore di una dimensione poco più che regionale (regional carrier), peraltro ancora ben lontano dalla quadratura dei propri bilanci e, nonostante gli aumenti generalizzati degli indici di traffico passeggeri e merci in Europa e nel mondo, in grossa difficoltà sia sul mercato domestico, ove la concorrenza è asfissiante, che su quello internazionale ed intercontinentale. La “nuova-piccola” Alitalia è scaturita dalla frantumazione in due della ex-Compagnia di Bandiera italiana da cui sono stati separati il core-business propriamente detto (aerei e tratte con al seguito piloti, assistenti di volo e pochissimo personale di terra) dalle attività di terra (manutenzioni, handling, informatica, amministrazione, callcenter, ecc) fatte confluire in Alitalia Servizi insieme ai quasi 10.000 lavoratori del comparto complessivamente impiegati: una società a sua volta destinata ad una rapida polverizzazione in numerose società più o meno partecipate da AZ stessa. Un progetto varato dall’ex-Ministro del Tesoro, Tremonti, il quale, oltre ad un ridimensionamento generalizzato della Compagnia, aveva pensato di suddividerla in due: Best Company e Bad Company, facendo confluire nella prima, da avviare alla privatizzazione, le attività di volo, mentre nella seconda le attività “complementari”, con il personale di terra ed...i debiti! Detto. Fatto! Anzi in realtà gran parte della realizzazione di tale scellerato disegno lo ha realizzato il nuovo Governo che non ha messo in discussione né la strategia complessiva né l’attuazione della realizzazione di tale piano di smantellamento dell’Alitalia. .Ciò che rimane del vettore vero e proprio, con il consenso del sindacato ad eccezione della Cub Trasporti, è ben poca cosa rispetto alle origini e rappresenta una Compagnia “snella e attraente” da piazzare sul mercato La decisione di vendere la quota pubblica della compagnia attraverso un’asta si deve leggere come l’ultimo atto del processo di ridimensionamento della compagnia di bandiera italiana, perseguito sia dai governi di centro destra che di centro sinistra, in ottemperanza a quanto previsto già da oltre un decennio dalla Comunità Europea che aveva ipotizzato la suddivisione del continente in aree di mercato presiedute esclusivamente dalle compagnie aeree delle tre maggiori potenze Francia, Germania, Gran Bretagna. In questo scenario l’Alitalia avrebbe dovuto essere acquistata dalla Air France e diventarne il braccio operativo nell’area mediterranea. Una compagnia quindi non più globale ma di carattere regionale. In questa direzione ha operato Cimoli, in perfetta continuità con i suoi predecessori, le cui scelte erano addirittura eterodirette dall’amministratore di Air France Spinetta detentore di un 2 % di azioni di Alitalia ispiratore del piano di smembramento per poter acquisire esclusivamente la flotta e il personale navigante della compagnia, dismettendo la quasi totalità delle attività di terra. Al momento, Alitalia Servizi è già stata deconsolidata dal bilancio del Gruppo AZ ed è una società partecipata da Fintecna, ovvero la finanziaria di Stato con il compito di piazzare sul mercato i vari “pezzi di attività” della Compagnia che verranno ceduti al miglior offerente. Soltanto il peggioramento dei conti dell’azienda e il ritardo, per la opposizione dei lavoratori, nella separazione del core business dalle aree ritenute non strategiche e da dismettere, hanno raffreddato l’interesse della compagnia transalpina e hanno determinato la decisione del governo Prodi di mettere all’asta l’Alitalia Infatti il Governo, nonostante le promesse pre-elettorale di approntare un Piano di risanamento e di rilancio della Compagnia prima di qualsiasi riassetto proprietario o di qualsivoglia riassetto organizzativo, non ha rimesso in discussione alcunché del Piano Cimoli. Al contrario delle aspettative, dopo l’insediamento del nuovo Governo, si è dovuto aspettare che trascorresse l’intera estate del 2006 prima che l’Esecutivo intervenisse sulla questione di Alitalia, nonostante l’azienda continuasse a perdere “quota” ed il rischio della “catastrofe di bilancio” si facesse giorno dopo giorno più vicina. Solo il 10 Ottobre 2006, infatti, azienda e sindacatifirmatari degli accordi del 2004 (...quelli con il Governo Berlusconi) sono stati convocati (...ad eccezione della Cub Trasporti in quanto non firmataria!) a Palazzo Chigi in una riunione in cui, senza produrre nulla di concreto, il Governo ha annunciato la volontà di avviare la fase della vendita della quota di azioni Alitalia rimasta in possesso del Tesoro dopo la ricapitalizzazione avvenuta alla fine del 2005 e il relativo abbattimento della proprietà da circa il 63% fino al 49,9%. Un cambio di programma (...in Campagna elettorale si era parlato di rilancio e poi di privatizzazione!) che non sorprese chi aveva “letto” una assoluta continuità nella politica attuata dal nuovo Esecutivo nel comparto del Trasporto Aereo nazionale ed, in particolare, per quanto riguarda il futuro dell’Alitalia rispetto a quanto avviato dal Governo Berlusconi. Prima della pubblicazione “dell’asta” approntata dal Governo per la vendita di Alitalia, un processo peraltro ancora in corso, in occasione di una ricapitalizzazione della Compagnia il Governo ha deciso di abbattere la quota di proprietà del Ministero dell’Economia. Il bando è ancora in corso di espletamento e al momento sono al vaglio del ministro dell’economia tre offerte preliminari di acquisto pervenute da due compagnie aeree, Air One e Aeroflot e da un fondo di private equity americano Texas Pacific Group. E mentre sono chiari gli intenti speculativi del fondo finanziario che mira ad una rapida ristrutturazione per rivendere poi al miglior offerente, diversi gli obiettivi delle compagnie aeree: Air One, piccola compagnia italiana partecipata da Lufthansa, ambisce ad acquisire le quote di mercato dell’Alitalia ma essendo a corto di liquidità potrà investire soltanto grazie ad un massiccio sostegno finanziario delle banche; Aeroflot la compagnia di bandiera russa, punta ad espandersi ad occidente e il mercato italiano sarebbe un’eccezionale base di decollo, ed è l’unica in grado di sostenere un esborso di capitali adeguato in quanto di proprietà dello Stato russo che diverrebbe quindi l’azionista di maggioranza di Alitalia. La vendita all’asta non è comunque l’unica operazione posta in essere per l’Alitalia. Parallelamente come sopra accennato, procede il piano di smembramento della compagnia che l’azienda, governo e sindacati (firmatari degli accordi di ridimensionamento e privatizzazione fin dal 2004), tendono a tenere celato per evitare una esasperazione della tensione e della conflittualità della categoria da sempre contraria a tale scellerata opzione. Così anche nella fase della diffusione delle procedure stabilite dal governo relative all’asta, non si esce dall’ambiguità rispetto alla porzione di azienda messa in vendita. E’ il core business ad essere oggetto di vendita o tutta la compagnia comprensiva degli asset non strategici da dismettere? Ancora una accorta regia è necessaria per non innescare il detonatore di una questione esplosiva non da poco in quanto lo smembramento definitivo della compagnia determinerebbe l’espulsione di circa 10000 lavoratori dall’azienda Gli stessi sindacati firmatari infatti tentano di distrarre l’attenzione dei lavoratori dallo smembramento e dalla vendita all’asta della compagnia, richiedendo a gran voce il rinnovo del contratto del personale di terra con l’obiettivo reale di negoziare uno scambio tra le societarizzazioni e le dismissioni con gli aumenti salariali dovuti dopo anni di moratoria contrattuale. Tentano cioè di creare le condizioni affinché si possa far accettare ai lavoratori lo smembamento senza eccessivi contraccolpi. . Così, senza presentare alcuna piattaforma ai lavoratori cgil cisl uil ugl sdl stipulano l’accordo di rinnovo contrattuale in tutta fretta nel mese di aprile e darànno l’avallo ufficiale alla creazione di un nuovo Gruppo industriale denominato Alitalia Servizi al di fuori del gruppo Alitalia, di cui è azionista di maggioranza Fintecna. L’assenso allo smembramento dell’azienda da parte dei sindacati firmatari è stata l’arma di scambio per ottenere gli aumenti salariali! Una obliqua operazione quindi con cui i sindacati si preparano a gestire la fuoriuscita dall’Alitalia di innumerevoli attività e il relativo personale preposto inizialmente costituendo società a capitale misto (Alitalia Servizi e altri partner) per poi dismetterle . Le analisi puntuali e precise della Cub Trasporti nell’arco di tutta la vertenza hanno trovato purtroppo riscontro nei fatti. Attraverso le mobilitazioni dei lavoratori è riuscita a ritardare e in alcuni casi ad ostacolare l’attuazione del disegno strategico di smantellamento della Compagnia, ma non è riuscita a respingerlo definitivamente. Note a tutti sono le difficoltà in cui opera un sindacato di base in un contesto in cui le relazioni sindacali si basano su modelli partecipativi (Non dimentichiamo che per alcuni anni le altre organizzazioni erano presenti nel consiglio di amministrazione della compagnia!) e in cui vigono regole ferree contro il diritto di sciopero. Enormi quindi sono le responsabilità di quelle organizzazioni sindacali e proprio il nuovo contratto stipulato nel mese di aprile rappresenta il tassello fondamentale della liquidazione della Compagnia di bandiera e del progressivo declino industriale di tutto il trasporto aereo italiano, privato del fulcro vitale attorno a cui ruota tutto l’apparato produttivo del settore. Nelle ultime settimane è il piano di ristrutturazione presentato dall’Air One, unica compagnia rimasta in gara, dopo il ritiro dell’Aeroflot, ad essere al centro dell’attenzione di governo e sindacati. In linea con i disegni di ridimensionamento di Alitalia risalenti ormai ad oltre dieci anni fa il piano prevede circa 2300 esuberi individuati in Alitalia Fly tra il personale navigante e il personale di terra. Ma sarà quest’ultimo a subirne le ricadute più gravi in quanto praticamente sarà azzerato nella nuova struttura prevista da Toto, amministratore delegato di Air One. Anche per i sindacati trattanti al momento la proposta di ristrutturazione presentata da Air One risulta inaccettabile tanto che Carlo Toto, a corto di liquidità, potrebbe cogliere la palla al balzo per ritirarsi. Si affaccia quindi di nuovo l’ipotesi di un intervento di acquisto in extremis da parte di Air France che ancora però ufficialmente non si pronuncia nel merito. Una soluzione che potrebbe essere stata stabilita dai governi italiano e francese in barba al percorso formale della gara d’asta. Lo stesso piano industriale Alitalia illustrato dal Presidente del gruppo Maurizio Prato e presentato al Consiglio d’Amministrazione di fine agosto, è ancora una volta un progetto “lacrime e sangue” per i lavoratori. Si parla infatti non solo di un grande aumento di capitale di un miliardo e mezzo di euro per diluire ancora ulteriormente la quota pubblica e rafforzare la privatizzazione con nuovi azionisti non pubblici, ma soprattutto si mette sul piatto il licenziamento di oltre mille lavoratori e un aumento di produttività del personale che si traduce in incremento dei ritmi di lavoro e sicuramente maggiori rischi. Si rende così ancora più facile la privatizzazione a favore di nuovi acquirenti che, viste le nuove condizioni, favorevoli ovviamente per il capitale privato e non per i lavoratori, crescono di numero come avvoltoi su una facile preda: all’Air France KLM si aggiunge l’AirOne di Carlo Toto e nuove cordate di finanzieri italiani che già pregustano il “bocconcino” facile quanto prelibato. Ancora quindi migliaia di posti di lavoro a rischio in Alitalia Fly, mentre continua il piano di smembramento delle attività finite in Alitalia Servizi e ormai destinate ad essere esternalizzate da Fintecna. La liquidazione dell’Alitalia è pertanto in dirittura d’arrivo.