Un obiettivo sulla realtà

ANNA SMERAGLIUOLO PERROTTA

Lavoro, società e Meridione nella fotografia di Guido Giannini

1. Morte ai preti. In lettere grandi e nere, qualcuno si è divertito a segnarlo proprio lì, sul muro, dove ogni giorno si fa vedere il monaco che legge il suo breviario, senza staccare gli occhi dalle preghiere, tutto nero, pure lui, mantello e copricapo. Guido Giannini, in una mattina come le altre, attraversa Napoli e si trova in quell’attimo davanti al muro: mentre il prete cammina, legge e prega, e non si accorge neanche della scritta: morte ai preti. Nessuno di noi due trattiene una risata, mentre guardiamo la foto, scattata nel 1980, raccolta in Letture, recente pubblicazione della casa editrice beneventana “Edizioni Il Chiostro”. Qui Giannini ha raccolto foto scattate soprattutto tra gli anni ’70 e ’80, soprattutto a Napoli, in cui compaiono lettori e lettrici di tutte le età, intellettuali, bambini, operai con i loro libri e giornali, al sole, su una panchina, in treno, su un albero o su un marciapiede. Colpisce come il fotografo sia riuscito a trasmetterci l’interesse, l’intimità, l’immaginazione che, immersi tra le pagine di un libro o di un giornale, sembrano provare tutti i soggetti ripresi. Persone che raramente si trovano in una biblioteca, nel proprio studio, perché il libro sta fuori: sulle bancarelle del centro storico, su un carretto ambulante, a terra, in vendita nelle piazze. E le riviste lo stesso, le leggi seduto in riva al mare oppure a una manifestazione, o al tavolino del caffè. Non stupisce il fatto che i rumori della città non disturbino affatto il lettore, piuttosto impressiona quanto sia evidente che venti o trenta anni fa il momento della lettura e dell’informazione era vissuto con più valore. A Guido, che ormai, dopo aver sfogliato queste foto, chiamo per nome, viene spesso chiesto come sia stato possibile non far mettere in posa i suoi soggetti e qui, indispettito e per metà lusingato, risponde anche a me: «So che c’è chi ritiene che le foto non andrebbero mai rubate, ma non sono d’accordo per vari motivi. Generalmente, quindi, non chiedo a qualcuno di posare, faccio il “ladro”».

2. Un altro libro, Sopravvivenza sopravvivenze. Questo è il primo libro di Guido Giannini, pubblicato da La Casa Usher, nel 1986 a Firenze, con una bellissima introduzione di Wladimiro Settimelli. Ci sono le foto della Violinista, comparsa per la prima volta su “Il Mondo” di Pannunzio, di uomini e donne che vivono agli angoli delle strade, come l’invalida che si addormenta sulle sue stampelle, mentre dietro di lei giganteggia la propaganda elettorale: manifesti del Pci, dei socialisti, del Movimento sociale si sovrappongono sulle mura usurate della città, più misera dopo il terremoto del 1980. In quegli anni Guido andava fotografando il patrimonio architettonico interessato dal sisma e partecipava alla mostra itinerante internazionale e al volume Campania oltre il terremoto, pubblicato dalla regione Campania nel 1982. Erano anche gli anni in cui la città incominciava a riempirsi di manifesti e pubblicità, come ancora di più sarà negli anni ’90: Guido, che predilige la fotografia in bianco e nero, lavorando anche per “Qui Touring”, con richieste di foto necessariamente a colori, prese l’abitudine di consumare i rollini “colorati” puntando l’obiettivo su particolari di quei manifesti. Il risultato è stato un notevole esperimento artistico reso pubblico solo l’anno scorso, nella personale “Manifest-azione. Scatti a colori di Guido Giannini”, tenutasi ad Aversa, poi a Napoli. Durante gli anni ’90, Guido ha continuato a lavorare per diverse testate giornalistiche tra cui “Il Manifesto”, “Il Mattino”, “La Repubblica”, “Liberazione”, “LiberEtà”, “L’Unità” e ha pubblicato i libri Immagini allo specchio, Luoghi d’autore, Il manifesto Venti foto. La sua carriera sembrerebbe quella di un fotoreporter che nella vita non ha fatto altro che dedicarsi all’obiettivo, ma il racconto dei suoi lavori, la lontananza dalla macchina fotografica mostreranno quanto “irregolare” essa sia, pur di mantenersi libera da compromessi e svilimenti. «Sono partito da ragazzo, scattando foto con una Kodak a soffietto Agfa 6X9, che a quei tempi, quando si chiudeva, sembrava un portapenne. Fui vicino al Gruppo ’58, che mi invitò a pubblicare una mia foto su “Documento Sud”. Poi ci fu la collaborazione con “Il Mondo”, l’unico giornale che pubblicava foto considerandole come un testo scritto, delle opere a sé stanti. Ho cominciato per hobby e non ho mai fatto in modo che la fotografia fosse per me un lavoro a tempo pieno. Ho fatto piuttosto l’impiegato in un’agenzia di pegni, aperto un negozio di giocattoli ecologici, ho lavorato come guardia notturna, ho svolto lavori nel campo dell’editoria e tipografia. Ci sono stati anni in cui non ho fotografato affatto...». Mai mi parla invece di indecisioni in politica. Guido è anarchico, militante dalla fine degli anni ’50: «Quando cominciavo ad abbracciare le idee anarchiche, a Napoli non incontravo altri compagni e così presi contatti col gruppo di Torre Del Greco, dopodiché cominciai a diffondere stampa anarchica a Napoli. Così incontrai Gigi Fedele e fu lui il primo compagno anarchico che ebbi in città».

3. Il racconto di questi anni fatto da Guido è la Storia che mi manca, che manca a quelli della mia generazione, nata trent’anni dopo quelle vicende. Ascoltarlo è un bisogno; narra della notte in cui la polizia con un mandato lo perquisì per sospetto di materiale esplosivo e lo costrinse a recarsi a piazza Dante, alla sede del movimento per ulteriori controlli: durante il giorno c’era stata la strage di piazza Fontana. L’ultima foto che Guido mi mostra è a colori ma con un manifesto di morte: i compagni ricordano Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico “suicidato” il 15 dicembre del ’69 dagli zelanti funzionari della questura di Milano. Sfoglio ancora i libri, le cartoline che mi mette davanti delle sue mostre, personali e collettive, l’ultima sui Rom, a Napoli. Non devo chiamarlo artista, perché si arrabbia: vuole essere chiamato fotografo. Un fotografo di ottanta anni, che non smetterà di stupirci, con le sue denunce e con l’eleganza sobria e discreta delle sue immagini. A maggio si prevede l’uscita della sua prossima raccolta di fotografie: una retrospettiva cui collaboreranno amici, scrittori, e giornalisti, tra cui Maurizio Braucci, Giusi Marchetta, Franco Arminio, ai quali è stato chiesto di accompagnare con un testo le fotografie.