Statistiche socio-economiche sulla nuova divisione internazionale del lavoro nelle attuali trasformazioni economico-produttive

RITA MARTUFI, LUCIANO VASAPOLLO

Gli effetti della grave crisi economica e finanziaria mondiale si stanno evidenziando su tutti i paesi anche se a livelli ancora significativamente differenziati e le conseguenze sociali ricadranno nei prossimi anni sempre di più sulle classi più deboli della società e su tutte le varie componenti della forza lavoro. Nelle tabella seguente si mostrano i dati sulla forza lavoro mondiale nell’anno 2008 (stimati)1

Le proiezioni sul mercato del lavoro per l’anno 2009 pubblicate dall’Ufficio Internazionale del lavoro (ILO) mostrano un elevato aumento della disoccupazione, dei lavoratori poveri e precari e dei lavori indifesi e comunque a bassissime coperture e garanzia assicurative e normative. Il Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione di maggio 2009 prevede un aumento del tasso di disoccupazione mondiale tra il 6,5% e il 7,4% per un complessivo numero disoccupati pari a quasi 210 milioni di persone. Si calcola che negli anni dal 2007 al 2009 si potranno realizzare un aumento di circa 200 milioni di lavoratori al di sotto della soglia di povertà di 2 dollari al giorno.2 Di seguito si presenta la tabella 2 con i dati per i lavoratori e il livello di povertà divisi per macroaree con il trend evolutivo dal 1997 al 2007. È importante rilevare che nel 2007 ci sono 609 milioni di lavoratori con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno (e che rappresentano oltre il 20% della partecipazione all’occupazione totale, percentuale che arriva ad oltre il 47% in Asia meridionale e oltre il 58% nell’Africa Sub sahariana); sempre per il 2007 si rilevano un miliardo e duecentomilioni di lavoratori con meno di due dollari statunitensi al giorno che rappresentano circa il 41% della partecipazione all’occupazione totale con punte dell’81% in Asia meridionale, oltre l’82% nell’Africa Sub sahariana rappresentando anche il America Latina oltre il 16% del totale dei lavoratori. Disaggregando i trend sull’andamento della disoccupazione risulta particolarmente significativo l’andamento in crescita delIa disoccupazione giovanile che tra il 2008 e il 2009 passerà dal 12% al 14,15%. Si prevede che negli anni dal 2009 al 2015 sarà necessario creare circa 300 milioni di nuovi posti di lavoro per garantire il tasso di occupazione dell’anno 2008. Queste cifre ci pongono di fronte ad una situazione veramente seria e tragica per molti milioni di lavoratori. Il Rapporto dell’ILO evidenzia che la forza lavoro mondiale dovrebbe tendere a crescere ad un tasso di circa l’1,6% ; questo significa che ogni anno si dovrebbero registrare nuove entrate nel mercato del lavoro per più di 45 milioni ma se si confronta tale previsione di aumento mondiale dell’occupazione con la reale diminuzione di forza lavoro che ad esempio nel 2008 è stata dell’1,4% ci si rende conto della drammatica situazione determinata a livello mondiale nonostante ci siano aree periferiche e semiperiferiche che ancora assorbono un numero notevole di forza lavoro e ciò in termini relativi rende ancora più evidente quanto sia forte la diminuzione dell’occupazione nei paesi a capitalismo maturo pur non essendosi evidenziati ancora i veri effetti e le ricadute sociali di questa lunga crisi sistemica capitalista. Ormai tutte le previsioni degli organismi internazionali, infatti evidenziano forti preoccupazioni per la situazione complessiva del mondo del lavoro sia in termini di disoccupazione, di precarietà e di lavori vulnerabili e poveri. “Nelle economie sviluppate e nell’Unione Europea, si prevede quest’anno una contrazione dell’occupazione totale tra l’1,3% e il 2,7%. La Regione rappresenta solo il 16% della forza lavoro mondiale, tuttavia ci si aspetta un aumento della disoccupazione pari al 35-40 % dell’aumento globale della disoccupazione. Nell’Europa centrale e meridionale (Paesi non UE) e nella Comunità di Stati Indipendenti (CSI) il numero dei disoccupati potrebbe aumentare del 35 % nel 2009. Si prevede una contrazione del totale dell’occupazione tra l’1 e il 2,8 %. Nell’Asia dell’est, si stima che 276 milioni di persone, che rappresentano oltre un terzo del totale degli occupati, vivevano all’inizio della crisi con meno di 2 dollari al giorno. Il numero delle persone con un lavoro vulnerabile rappresenta 12 volte quello dei disoccupati. Nel Sud est asiatico e nel Pacifico, si prevede un aumento contenuto della disoccupazione, benché i lavoratori e le aziende legati all’esportazione saranno maggiormente colpiti. Nell’Asia del sud, i disoccupati rappresentano circa il 5 % della forza lavoro. Tuttavia i lavoratori vulnerabili sono 15 volte altrettanti. I lavoratori che vivono con meno di 2 dollari al giorno dovrebbero aumentare di 58 milioni tra il 2007 e il 2009. In America Latina il tasso di disoccupazione dovrebbe passare dal 7,1 % del 2007 a 8,4-9,2% nel 2009. Rispetto al 2007, in Medio Oriente l’ILO prevede un aumento della disoccupazione pari al 25%, mentre nel Nord Africa l’aumento dovrebbe essere del 13%. Ci si aspetta un aumento del lavoro vulnerabile in ambedue le Regioni. Circa 1 lavoratore su 3 in queste due regioni svolge un lavoro vulnerabile. Questo rapporto potrebbe aumentare di 4 a 10. Nell’Africa sub-Sahariana, si stima che il 73% dei lavoratori svolge un lavoro vulnerabile, e questa percentuale potrebbe superare entro l’anno il 77%. La crisi rappresenta una seria minaccia per gli investimenti e i beni capitali, importantissimi per uno sviluppo costante della regione”.6 Anche nel rapporto annuale sulle tendenze globali dell’occupazione (Global Employment Trends report - GET1) si prevede un aumento molto elevato dei disoccupati causati dalla crisi economica globale; nel 2009 il numero dei disoccupati potrebbe crescere fino a toccare i 50 milioni. “Sulla base delle previsioni del FMI (novembre 2008), il tasso di disoccupazione globale dovrebbe raggiungere il 6,1 per cento nel 2009 rispetto al 5,7 per cento del 2007, che rappresenta 18 milioni di disoccupati in più nel 2009 rispetto al 2007. Se il panorama economico peggiorasse rispetto a quanto previsto a novembre, il che è probabile, il tasso di disoccupazione globale raggiungerebbe il 6,5 per cento, che vuol dire un aumento del numero totale dei disoccupati di 30 milioni rispetto al 2007. Nella peggiore delle ipotesi, il tasso di disoccupazione globale arriverebbe al 7,1 per cento, ovvero ad un aumento del numero globale dei disoccupati di oltre 50 milioni di persone. Il numero dei lavoratori poveri, ovvero quelle persone che non guadagnano abbastanza per mantenere se stesse e le proprie famiglie in quanto non superano la soglia di povertà dei 2 dollari al giorno a persona, potrebbe aumentare fino a raggiungere un totale di 1,4 miliardo che equivale al 45 per cento del totale dei lavoratori occupati. Nel 2009, la percentuale delle persone con posti di lavoro vulnerabili - sia lavoratori che contribuiscono al mantenimento della famiglia, sia lavoratori in proprio con scarso accesso a reti di sicurezza che garantiscono il reddito in tempi difficili - potrebbero aumentare considerevolmente nel caso si verificasse lo scenario economico peggiore, raggiungendo il 53 per cento del totale dei lavoratori occupati.”7 Di seguito nella tabella 5 si può evidenziare il trend evolutivo del lavoro vulnerabile e precario che come si è visto in precedenza è destinato ad aumentare fortemente in termini percentuali già a partire dal 2009. Alla fine di questa indagine statistica ci sembra estremamente interessante mostrare l’andamento percentuale e la strutturazione della forza lavoro divisa per i tre macrosettori , agricoltura, industria e servizi, con i dati percentuali a livello mondiale e per disaggregazione per macroaree subcontinentali. La tabella 6 mostra chiaramente come a livello mondiale, negli anni che vanno dal 1998 al 2008, l’occupazione del settore dell’agricoltura è sceso da una percentuale del 40,8% ad una del 33,5%, mentre l’industria passa dal 21% a poco più del 23% e i servizi dal 38% al 43,3%. E’ interessante nei dieci anni di riferimento evidenziare il trend evolutivo per alcune macroaree per meglio capire le dinamiche nella divisione internazionale del lavoro e quindi i nuovi assetti economico produttivi dell’economia capitalistica internazionale. Per esempio nei paesi a capitalismo maturo ( identificati in tabella dalla dicitura “Economia desarrolladas y Union Europea” cioè Economia sviluppata e Unione Europea) si nota una contrazione del peso occupazionale in agricoltura che passa dal 5, 8% al 3,7% mentre aumentano considerevolmente i servizi dal 66%a poco più del 71% con una contrazione del peso nel settore dell’industria da circa il 28% al 25%. A fronte di tale situazione nei cosiddetti paesi sviluppati c’è da evidenziare un aumento del peso dell’occupazione nel settore industriale in tutta l’Asia ; in particolare in Asia Orientale ( dal 24,4% del 1998 al 28,3% nel 2008) ; per l’Asia Sud orientale dal 15,5% al 19,3% e per l’Asia Meridionale dal 15,4% al 22,6%; importante sono gli incrementi del settore industriale anche in Africa del Nord ( dal 20% al 23,6% nello stesso decennio) e in America Latina con l’incremento di un punto percentuale in dieci anni cioè da circa il 22% a circa il 23%. Per quanto attiene il settore dei servizi notevole è l’aumento del peso occupazionale nei paesi dell’Europa centrale e dell’Est (dal 45,5% del 1998 al 56% del 2008), l’Asia meridionale che passa dal 25% al 30%, il Medio Oriente dal 54% a oltre il 58% e l’America Latina da circa il 57% al 61%. E’ importante rilevare che l’agricoltura ha ancora un peso occupazionale a livello mondiale del 33,5% e pur evidenziando contrazioni in tutte le macroaree sub continentali va evidenziato che tale settore pesa ancora notevolmente in Asia (circa 37% in Asia Orientale , oltre il 44% in Asia sud orientale e il 47% in Asia meridionale); considerevole rimane il peso del settore agricolo in Africa del Nord con oltre il 32% e addirittura per circa il 62% in Africa Sub sahariana, mentre in America Latina si passa da circa il 21% del 1998 ad un peso occupazionale in agricoltura di poco più del 16%. La strutturazione occupazionale per settori nelle diverse aree mondiali porta necessariamente, in particolare in questa fase di crisi che vede l’acutizzarsi della competizione globale, a riflessioni non solo di natura politico-economica ma anche più prettamente relative alle politiche di dominio dei paesi a capitalismo maturo. E’ insito infatti nello stesso modo di produzione capitalista la necessità di differenti e determinati pesi geoeconomici e geopolitici in fasi storiche ed economico-produttive diverse per affermare gli interessi imperialisti attraverso le differenti dinamiche evolutive della divisione internazionale del lavoro. Tutto ciò ovviamente è strettamente connesso a quelle politiche espansioniste delle aree del mondo funzionali al controllo delle risorse economiche sia naturali sia umane e quindi fondamentali per il dominio sulla forza lavoro. Come sempre la parola spetta alle dinamiche del conflitto di classe internazionale.

1. https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2095rank.html 2. http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/info/press/cs0931.htm 3. CFR. Tendencias mundiales del empleo enero de 2009; Organización Internacional del Trabajo 2009, Primera edición 2009 4. CFR. Tendencias mundiales del empleo enero de 2009; Organización Internacional del Trabajo 2009, Primera edición 2009 5. CFR. Tendencias mundiales del empleo enero de 2009; Organización Internacional del Trabajo 2009, Primera edición 2009 6. Cfr. http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/info/press/cs0931.htm 7. http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/info/press/cs0902.htm 8. CFR. Tendencias mundiales del empleo enero de 2009; Organización Internacional del Trabajo 2009, Primera edición 2009 9. http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/--dgreports/--dcomm/documents/publication/wcms_103599.pdf, pag. 31.