Eco-imperialismo armato

Henrike Galarza

Dopo aver visto e sentito come sia andato il recente vertice di Copenhagen, ho immediatamente pensato alle opere di Marx, Lenin, Engels e degli altri pensatori marxisti i quali, secondo alcuni sedicenti “esperti”, sono oramai fuori moda e le cui idee risultano oggi totalmente errate. Eppure, a seguito del sospetto scoppio della bolla finanziaria, la concorrenza tra i capitali si è intensificata, estendendosi a tutte le attività produttive. Nonostante ciò, o forse proprio a causa della concorrenza imperialistica, le singole oligarchie nazionali non si sono messe d’accordo sulla futura Divisione Internazionale del Lavoro (ancora no?), ovvero, non hanno deciso dove, cosa, come e per chi produrrà ciascun paese, o agglomerato multistatale. In questa concorrenza tra capitali, il capitale finanziario (dato dall’unione di capitale industriale e bancario), che rappresenta la componente più forte del capitale transnazionale contemporaneo, persegue una strategia contraddittoria rispetto agli Stati: in nome della “libertà economica” li vuole togliere di mezzo ma, d’altro canto, ne ha bisogno in quanto interfaccia nei confronti di società civili sempre più degradate e globalizzate, e per ottenere denaro e “pace sociale” dai lavoratori, occupati o non. Nell’Unione Europea ad esempio, il neoliberismo più bieco è insito nella stessa legge fondamentale, il Trattato di Lisbona, il quale proibisce l’adozione di misure contrarie alla circolazione dei capitali. Per contro, nei discorsi ufficiali, l’“Europa sociale” riempie le bocche di personaggi ben pasciuti. Nel contesto della concorrenza capitalistica senza regole, come nelle peggiori liti di strada, i trucchi più infami rappresentano la norma. In un altro senso sì, le oligarchie si sono accordate, ma sfortunatamente per noi lo hanno fatto entrando in perfetta sintonia con la logica capitalista denunciata anni orsono da Marx, Lenin e da altri, al fine di intervenire militarmente in Afghanistan, Irak, Palestina, così come in Sudan e in numerosi altri luoghi, nascondendosi dietro la facciata delle “missioni umanitarie”; ipocrisia e mancanza di scrupoli allo stato puro... un po’ come il Nobel per la pace del 2009. Gli stessi governi e responsabili politici che affermano di voler sconfiggere il terrorismo e i terroristi, stanno cercando di imporre una pseudodemocrazia di comodo nei paesi vicini e lontani, a costo di bombardare la popolazione. Sotto le indicazioni dell’intellighenzia militare, i governi ci vorrebbero far credere che inviano soldati armati ad insegnare nelle scuole o negli ospedali a curare persone, invece di inviare personale medico e materiale scolastico. In realtà, la presenza di tanti militari stranieri, in se stessa, contribuisce a disarticolare e distruggere le reti economiche e sociali autoctone. Come non pensare a Marx e a Lenin? Visti i contratti milionari per la ricostruzione dell’Afghanistan e dell’Irak e la sfacciata spartizione di questi paesi, come negare l’evidente saccheggio ed esproprio delle loro risorse naturali? E la minaccia militare a confronti dell’Iran? E le basi statunitensi nella foresta colombiana? E poi, dov’è Bin Laden? Perché più del 90% delle terre in Bolivia appartiene a meno di 25 famiglie di discendenza europea? Ad Haiti non c’è tassazione della rendita. Il presidente Aristide ha commesso l’errore di volerla introdurre per obbligare la minoranza creola arricchita a contribuire al benessere comune. Oggi è ancora in esilio. In Tailandia e in Myanmar le dittature militari insanguinano e opprimono il popolo, tra proteste interne e internazionali; ma sono grandi fautori, e corrotti, delle politiche liberiste. Di fronte a tutto ciò, come non riconoscere la natura imperialista della concorrenza tra paesi capitalisti? Sullo scenario mondiale si sono aggiunti nuovi giocatori ai tre che dai tempi della Commissione Trilaterale immaginavano un Direttorio Capitalista Mondiale (USA, Giappone, Unione Europea) al comando del supposto paradiso capitalista; stanno finendo le carte da distribuire (comprese bolle finanziarie e altri assi nella manica). La lotta continua! Traduzione di Giulia Alteri

* Prof. Economia Università di Pamplona.