USA-Cina: provocando il creditore e abbracciando l’uomo sacro.

James Petras

Il cammino di Washington verso la distruzione

1. Le mappe del conflitto USA-Cina

L’amministrazione Obama sta inasprendo le tensioni con la Cina attraverso una serie di misure politiche che possono solo ulteriormente minare le relazioni tra i due paesi. Queste provocazioni includono anche il supporto ai movimenti separatisti, come il finanziamento statunitense ai monaci secessionisti del Tibet e agli Uiguri, o i 6,4 milioni di dollari in armi sofisticate vendute a Taiwan, virtuale protettorato dell’Esercito USA. Il Presidente Obama ha incontrato pubblicamente e ha apertamente appoggiato i separatisti e i gruppi secessionisti, ostentando il rifiuto di Washington a riconoscere i confini esistenti della Cina. Questo fa parte della strategia degli USA di incoraggiare un collasso “fisico” delle nazioni indipendenti, viste come ostacoli ai loro programmi di costruzione di un impero globale militare. Oltre al proseguimento e all’escalation delle politiche ostili del suo predecessore, Obama ha sfruttato numerose altre questioni, al fine di imbonire l’opinione pubblica statunitense e far mobilitare gli alleati all’estero in favore del loro atteggiamento conflittuale. Dapprima, l’Amministrazione Obama afferma che la moneta corrente cinese viene svalutata artificialmente per dare all’esportazioni cinesi degli ingiusti vantaggi economici, che automaticamente danneggiano le esportazioni commerciali statunitensi e fanno perdere “milioni di posti di lavoro alla popolazione USA”. Inoltre, l’Amministrazione ha asserito che, inseguito all’apertura del mercato manifatturiero statunitense alle aziende cinesi, la Cina non ha fatto altrettanto, ma ha indirizzato il settore finanziario verso le banche di investimento di Wall Street. In reazione alle crescenti esportazioni cinesi, Washington ha alzato dazi doganali per i tubi d’acciaio e per i pneumatici delle automobili ed ha minacciato, in sede Congressuale, di imporre misure protezionistiche ancora più forti. Gli Stati Uniti fanno pressioni affinché anche altre nazioni appoggino la loro politica d’aggressione contro l’Iran; impongono sanzioni sul commercio, sugli investimenti e sulla finanza, incrementano la costruzione delle loro basi navali nel Golfo Persico e sostengono, anche economicamente, la minaccia israeliana di bombardare Teheran. La Cina ha bocciato le sanzioni economiche a favore di negoziati, e nel frattempo sta incrementando i commerci e gli investimenti nei settori strategici dell’economia iraniana. Nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sulla diplomazia e sui mass media, per costringere la Cina a votare la proposta sionista di sanzionare l’Iran. Obama non accetta che la Cina bocci le politiche militari statunitensi di cambio di regime e non tollera l’attività cinese di libero commercio con l’Iran. La definizione dell’Amministrazione statunitense di “autodeterminazione” include anche l’aiuto ai movimenti secessioni etno-religiosi delle regioni cinesi. Però, allo stesso tempo, gli Stati Uniti invadono ed occupano stati indipendenti come l’Iraq e l’Afghanistan; ordinano attacchi missilistici sul Pakistan e sulla Somalia; progettano e costruiscono basi militari su scala globale con giurisdizione extra-territoriale e sono coinvolti negli omicidi dei loro oppositori, “grazie” al lavoro della CIA e delle Forze Speciali. Invece la Cina non dichiara guerra a nessuno e si oppone all’invasione militare degli Stati sovrani. Non possiede basi militari oltre il suo territorio nazionale eppure viene minacciata dalle politiche militari statunitensi che si stanno espandendo nella zona centrale, in quella settentrionale e meridionale dell’Asia. Mentre le forze militari statunitensi violano brutalmente i diritti umani di milioni di persone che vivono nei paesi occupati o in quelli bersaglio e minano i diritti civili di moltissimi americani attraverso leggi arbitrarie, patti segreti e negazione dell’habeas corpus, il governo di Obama critica fortemente la Cina per le persecuzioni ai danni degli attivisti politici. L’Amministrazione Obama ha innescato un conflitto tra una multinazionale statunitense privata, Google, e gli hackers cinesi che afferma siano stati sponsorizzati dal Governo, trasformando il problema in un’enorme battaglia per la “libertà di internet”. Nonostante la crescente espansione delle compagnie statunitensi in Cina, il governo Obama ha sollevato il problema della “censura di internet” come il più grande conflitto ideologico esistente. Il cambiamento climatico è un’altra delle cause della rottura tra i due Stati. Durante il Summit di Copenhagen del dicembre 2009, Obama ha rifiutato qualsiasi accordo formale sulla riduzione delle emissioni di carbonio, deviando la responsabilità alla Cina ed altri paesi, che però avevano accettato gli obiettivi informali di riduzione di CO2. Tra tutti questi punti di contrasto, il più grave è quello che riguarda il supporto finanziario, diplomatico e politico di Washington ai gruppi secessionisti cinesi, i quali minacciano la sicurezza e la sovranità territoriale della Repubblica della Cina. Questo problema ha risvegliato i dolorosi ricordi della passata spartizione imperialista della Cina che hanno costretto le autorità cinesi a prendere seri provvedimenti a proposito.

2. Politiche imperiali: a quale prezzo? Le provocazioni diplomatiche e politiche del Governo Obama contro la Cina, stanno diventando sempre più pericolose. Non possiamo assolutamente pensare che la Cina continui ad essere il pungiball degli Stati Uniti; non possiamo pensare che continui ad accettare le minacce territoriali, le pressioni economiche ed i gratuiti insulti diplomatici, senza prendere delle misure in risposta, soprattutto nel settore economico.

3. Il ruolo cruciale della Cina come creditore degli stati uniti L’atteggiamento militarista e provocatorio di Obama nei confronti della Cina compromette gli ingenti interessi economici statunitensi, sia pubblici che privati, tra cui il finanziamento cinese dell’enorme debito degli USA. Negli Stati Uniti la Cina è il più grande investitore. In base ad uno studio dettagliato del Congressional Research Service (CRS, 30 luglio 2009), la Cina detiene una grande quantità dei debiti a lungo e a breve termine del Tesoro statunitense, così come le agenzie e le corporazioni di debito, fino ad un ammontare pari a 1,2 miliardi di dollari. Gli investimenti cinesi in titoli del Tesoro statunitense vengono usati per finanziare la ripresa economica. Se il Governo Obama continua a provocare, lo stato asiatico potrebbe decidere di svendere gran parte delle sue partecipazioni nei titoli del Tesoro USA, mettendo nelle condizioni gli altri investitori stranieri di fare altrettanto (CRS op. cit.). Ciò causerebbe una forte svalutazione del dollaro tanto da costringere Washington ad aumentare i tassi di interesse, situazione che porterebbe ben presto gli Stati Uniti in una condizione di profonda recessione/depressione. Gli economisti - che sostengono che gli interessi economici cinesi ne risentirebbe¬ -, trascurano il fatto che per Pechino la sovranità nazionale è più importante delle perdite economiche a breve termine, soprattutto in vista dell’appoggio statunitense ai movimenti secessionisti. Inoltre, la Cina ha un alto tasso di risparmio, ingenti riserve in valute estere, mercati assai diversificati e fornitori di materie prime. Si trova sicuramente in una condizione più favorevole per assorbire lo shock di un declino delle relazioni economiche statunitensi.

4. Investimenti diretti all’estero Quasi tutte le 400 più grandi corporazioni multinazionali statunitensi, elencate su Forbes, fanno grandi investimenti in Cina. La posizione aggressiva dell’Amministrazione Obama nei confronti della Cina, mette a serio rischio questi investimenti. Infatti, secondo un rapporto pubblicato dall’UCLA, Centro Studi Asia/America, gli investimenti esteri degli Stati Uniti superano di gran lunga gli investimenti cinesi negli USA. Nel 2006, gli investimenti esteri diretti agli Stati Uniti sono stati pari a 600 milioni di dollari, mentre gli USA hanno devoluto alla Cina 2,22 miliardi di dollari. Nella Relazione si afferma che: “... le denunce delle imprese e dei politici statunitensi a proposito del fatto che la Cina possa investire in aziende USA con relativa facilità, anche se limitando fortemente l’accesso ai mercati e alla società civile, non sembrano essere confermate dai numeri”. Di fatto, l’Amministrazione Obama ha bloccato grandi investimenti da parte delle imprese cinese, tra cui l’acquisto multimiliardario di una compagnia petrolifera (UNOCAL), una società di apparecchiature (Maytag) e una azienda che produce computer (3Com Corp). Negli Stati Uniti gli investimenti non si rivelano sempre redditizi. Nell’ultimo anno, il Sovereign Wealth Fund (un fondo d’investimenti governativo cinese) ha perso oltre il 50% degli 8 miliardi di dollari nei gruppi finanziari, come Blackstone Group e Morgan Stanley. Le accuse del Governo Obama a proposito dell’atteggiamento “restrittivo” della Cina nei confronti delle compagnie statunitensi, aleggiano nella realtà economica. Gli attacchi rientrano nella strategia politica della propaganda anti-Cina per accrescere l’antagonismo dell’opinione pubblica americana, così da creare consenso interno nell’evenienza di un conflitto. In Cina anche le società statunitensi traggono profitti mille volte maggiori rispetto agli investimenti cinesi negli Stati Uniti e gli investimenti sulle case truffano moltissimi investitori cinesi. Ma la Casa Bianca sostiene questo gioco sporco! La tanto criticata politica cinese di limitare le acquisizioni di società finanziarie di Wall Street è stato uno dei motivi per cui il crollo speculativo statunitense non ha danneggiato l’economia del paese asiatico. E Washington continua imperterrita ad attaccare la Cina sulla questione “dell’apertura ai mercati finanziari di Wall Street”.

5. Attività commerciale USA-Cina Il Governo Obama ha più volte sollevato il problema della svalutazione della moneta cinese, ignorando volutamente il fatto che le importazioni cinesi dagli Stati Uniti stanno crescendo più velocemente delle sue esportazioni verso gli Stati Uniti. Tra il 2006 e il 2008 le esportazioni annuali degli Stati Uniti in Cina sono cresciute del 32%, 18% e 9,5%, mentre le importazioni di prodotti cinesi sono aumentate del 18,2%, 11,7% e 5,1%. Inoltre le esportazioni statunitensi includono macchinari ed equipaggiamenti elettrici, generatori di energia, petrolio derivato da semi e frutti, prodotti aereo-spaziali, apparecchi ottici, di ferro e di acciaio, ossia uno spettro molto ampio dei prodotti industriali americani che pagano bene i lavoratori qualificati. Inoltre, il fatto che le esportazioni degli Stati Uniti verso la Cina comprendano una vasta gamma di settori produttivi e competitivi al tasso di cambio corrente, indica che il disavanzo degli USA nei confronti della Cina ha poco a che vedere con la politica monetaria cinese; al contrario, ha più a che fare con le politiche d’investimento pubbliche e private e con la relazione tra le forze produttive di ciascun sistema. La maggior parte delle esportazioni dalla Cina agli Stati Uniti è il risultato delle decisioni delle multinazionali statunitensi di produrre in sub-appalto. In altre parole, il deficit commerciale con la Cina è direttamente collegato alle strategie d’investimento delle imprese americane a livello mondiale, nate dopo che il governo nordamericano ha liberalizzato le regole e deregolamentato il comportamento delle imprese nazionali. Le politiche liberali d’investimento promulgate sotto il governo USA, e non le “regole ingiuste del commercio” cinese, sono una delle cause del deficit commerciale. La dura posizione di Obama nei confronti della moneta svalutata cinese è una manovra politica per far distogliere l’attenzione dalle sue disastrose politiche economiche di stampo liberale e dal sostegno alle grandi multinazionali statunitensi. Il deficit annuale degli Stati Uniti nei confronti della Cina è cresciuto di quasi 4 volte tra il 1999 e il 2008, ossia da 68,7 miliardi di dollari a 266,3. La crescita del deficit commerciale degli Stati Uniti coincide con l’enorme spostamento di investimenti dalla produzione alla speculazione finanziaria, immobiliare e alle attività assicurative. In altre parole, la strategia di investimento diretto è passata dalla produzione di utili, di beni di qualità per il consumo interno, all’importazione di merci prodotte all’estero con un profitto maggiore per le corporazioni. L’indebolimento delle capacità produttive degli Stati Uniti - e delle sue forze produttive - si è riflessa nel suo declino competitivo e nel suo profondo squilibrio commerciale. Tenuto conto delle strette relazioni tra la Casa Bianca e Wall Street, i responsabili politici statunitensi hanno cercato di accusare i funzionari cinesi a proposito della svalutazione della moneta asiatica, piuttosto che affrontare la bolla economica causata dalle politiche della Federal Reserve e dai fondi d’investimento per le case originati da Wall Street, i cui dirigenti sono andati ad occupare i posti chiave nel governo degli Stati Uniti, avendo sempre provveduto ai finanziamenti delle campagne elettorali. In alcuni settori economici in cui gli investimenti hanno dato buoni profitti, come ad esempio il settore agricolo, gli Stati Uniti si sono rivelati dei competitori di successo. La Cina è il principale acquirente dei semi di soia e del cotone americano che rappresentano oltre la metà delle vendite mondiali cinesi e circa un terzo di quelle statunitensi, secondo la US International Trade Commission e il Dipartimento del Commercio USA.

6. Commercio, credito, investimento versus militarismo e speculazione Le relazioni economiche cinesi con gli Stati Uniti sono state straordinariamente redditizie e favorevoli per il Governo e per i grandi capitalisti statunitensi. Con l’acquisto a basso interesse dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti, la Cina ha finanziato il commercio e il deficit di bilancio statunitense, che sono il risultato delle esorbitanti spese militari (guerre imperiali e di occupazione) e degli investimenti speculativi rivelatisi improduttivi. Le multinazionali statunitensi hanno ricavato alti tassi di profitto dai loro investimenti in Cina, molto di più di quello che poche imprese cinesi guadagnano dal clima restrittivo degli Stati Uniti. Importanti settori economici USA, come quello aero-spaziale, delle imprese agroalimentari, delle strutture portuali, dei trasporti, dei grandi rivenditori commerciali dipendono e traggono profitto dal commercio con la Cina. Gli speculatori americani sono riusciti a rastrellare ingenti profitti dai Fondi Sovrani cinesi, speculando con le azioni USA. La crescita economica della Cina e il suo tasso di domanda dei consumatori continuano a superare quelli degli Stati Uniti; le esportazioni statunitensi verso la Cina surclassano le loro importazioni dalla Cina. Il crescente antagonismo politico e le sconsiderate azioni politiche prese dalla Casa Bianca e dal Congresso contro la Cina servono a minare gli interessi economici di base di alcune imprese capitaliste e la credibilità dell’economia statunitense. Fatto ancor più sorprendente, molte delle accuse mosse nei confronti di Pechino, compresi il “trattamento ingiusto” degli investitori e “l’economia chiusa”, vengono applicate con sempre maggior forza da Washington.

7. Il paradosso del guadagno economico e dell’ostilità politica La chiave per comprendere il paradosso del guadagno economico e dell’ostilità politica si può trovare nelle diverse strutture e strategie economiche dei due paesi. L’economia USA è stata guidata dalle classi capitaliste finanziarie e speculative, che a loro volta, esercitano un’influenza decisiva sulla politica economica statale. Allo stesso tempo, la classe capitalista commerciale preferisce le importazioni di beni prodotti, piuttosto che gli investimenti a lungo termine in materia di ricerca e di sviluppo nel settore manifatturiero statunitense. Né il capitale commerciale né quello finanziario hanno l’interesse a stimolare le esportazioni degli Stati Uniti e ad investire nelle forze produttive del paese. La progettazione e l’attuazione della strategia globale degli Stati Uniti è controllata dai militari e dagli ideologi dell’Impero (in particolare dai sionisti), sia all’interno del Governo che nei settori del comando militare. Al contrario dell’economia cinese, l’imperialismo statunitense è costruito intorno alla conquista militare e all’appropriazione della ricchezza economica. L’enorme influenza esercitata dai militari nel Governo degli Stati Uniti ha portato ad una serie infinita di guerre che stanno danneggiando duramente l’economia del paese nordamericano. Di fronte alla crescita dei rapporti economici e all’influenza cinese in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente e all’opposizione di Pechino alle politiche imperiali e militariste degli Stati Uniti contro l’Iran, Washington ha intensificato moltissimo le sue provocazione politiche, le pressioni diplomatiche e l’ingerenza negli affari interni cinesi. A causa della recrudescenza delle pressioni esterne, l’opinione pubblica cinese diventa sempre più nazionalista; questa caratteristica sociale ovviamente serve agli Stati Uniti per tacciare la popolazione cinese di “xenofobia” e “sciovinismo”. La natura irrazionale della recente campagna anti-Cina promossa dai mass media statunitensi è sempre più evidente; infatti la Cina viene descritta come possibile minaccia alla sicurezza asiatica, mentre gli Stati Uniti continuano a progettare basi militari nei suoi confini, in Corea del Sud, in Giappone, nelle Filippine, in Australia, Afghanistan e in Asia Centrale. La Cina, invece, non ha basi militari all’estero, né flotte navali a largo delle coste degli Stati Uniti, tantomeno nei territori limitrofi. Maggiore è la dipendenza degli Stati Uniti dalla forza militare, dalle sanzioni economiche - per rovesciare regimi e ampliare la propria rete economica -, maggiore è la sua ostilità nei confronti della Cina, “rea” di fare affari con i suoi nemici: Iran, Venezuela, Sudan, Nicaragua, ecc. Gli Stati Uniti, durante il processo di finanziamento della “macchina bellica”, hanno gravemente danneggiato le loro forze produttive. La Cina, al contrario, sta diventando una potenza mondiale a lungo termine e su vasta scala, grazie proprio alle sue forze produttive. Washington non ha colto dalla crescita economica cinese le enormi opportunità che potevano derivare per l’economia statunitense. La Cina ormai è un mercato in forte espansione.

8. Brevi conclusioni In ultima analisi, ci troviamo di fronte ad un conflitto tra due politiche e due sistemi economici diametralmente opposti. Da una parte, gli Stati Uniti guidano un impero militare che si concentra sulla conquista dell’Iraq, dell’Afghanistan e dell’Iran, che sostiene le ambizioni colonialiste di Israele e che militarizza nazioni sovrane come il Pakistan, il Messico e la Colombia. Dall’altra parte, la Cina approfondisce le sue relazioni economiche con molti paesi asiatici, con l’Arabia Saudita (per il petrolio), con l’Iran, gli Stati del Golfo, con il Venezuela, con la Russia e con l’Angola; ha tolto agli Stati Uniti il primato di primo partner commerciale del Brasile, dell’Argentina, del Perù e del Cile. I suoi scambi commerciali e gli investimenti in Sud Africa stanno crescendo. Il contrasto è evidente. L’espansione economica cinese a livello mondiale deve superare l’accerchiamento militare, le provocazioni diplomatiche e l’enorme campagna diffamatoria statunitense. La propaganda anti-Cina è stata creata per sviare l’opinione pubblica nordamericana dal collasso dell’economia interna. Invece di capire le motivazioni del disastro statunitense, l’Amministrazione Obama sprona l’opinione pubblica ad accusare la Cina a proposito delle politiche commerciali ingiuste, del danno provocato dalla sua “politica economica chiusa” e dalla moneta svalutata; ed inoltre, come abbiamo detto precedentemente, finanziano anche i gruppi secessionisti cinesi. Gli Stati Uniti, infatti, non risolveranno mai il deficit di bilancio, gli squilibri commerciali e le infinite guerre imperiali se continueranno ad assecondare l’auto nominatasi massima autorità spirituale, il Dalai Lama, e a provocare un potere economico dinamico come la Cina. Tirarla per le lunghe con le tecnologie militari ultra sofisticate e gli eserciti non potrà mai far aumentare gli investimenti. Traduzione Violetta Nobili

* Professore alla State University, New York e alla Saint Mary di Halifax (Canada)