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Maria Rosaria Del Ciello
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Collaboratrice e ricercatrice rivista “Proteo”

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Le privatizzazioni dei servizi nella Pubblica Amministrazione e negli enti locali
Maria Rosaria Del Ciello

 

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Le privatizzazioni dei servizi nella Pubblica Amministrazione e negli enti locali

Maria Rosaria Del Ciello

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1. Introduzione

Nel corso degli anni ottanta i processi di privatizzazione hanno caratterizzato la politica economica in tutta l’Europa occidentale, come risposta alle politiche che avevano predominato nel lungo periodo successivo alla seconda guerra mondiale e che avevano sottolineato l’intervento pubblico nell’economia.

Così dopo i primi esperimenti effettuati dal Regno Unito e da qualche altro paese (es.: la Francia) la privatizzazione di vecchi servizi e di organizzazioni del settore pubblico è divenuta via via una caratteristica distintiva della politica dell’Unione Europea durante tutti gli anni novanta.

Quando si parla di settore pubblico ci si riferisce alle Amministrazioni pubbliche ossia al complesso delle Amministrazioni Centrali, degli enti previdenziali e delle amministrazioni locali: in sostanza si tratta di amministrazioni che producono beni e servizi non destinati alla vendita. Più precisamente con il termine Pubblica Amministrazione si intende l’operatore che produce servizi collettivi i quali, non formando oggetto di compravendita, non hanno un prezzo di mercato, attuando inoltre la redistribuzione del reddito e della ricchezza con operazioni di trasferimento o di erogazioni unilaterali in denaro o in natura effettuate a beneficio degli altri operatori e settori [1].

Il conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche comprende le principali voci di spesa e di entrata delle amministrazioni pubbliche secondo il criterio della natura economica; a queste voci va poi aggiunto il Risparmio pubblico (dato dalla differenza tra Entrate correnti e Uscite correnti), l’Indebitamento netto (Entrate totali meno Uscite totali) e l’Avanzo Primario.

Le tabelle 1, 2, 3 e 4 mostrano chiaramente come le spese delle Amministrazioni Pubbliche comincino a decrescere (dopo una crescita pressocchè costante a partire dal 1960) a partire dal 1992. Viene da chiedersi il perché di questa inversione di rotta nella gestione dell’economia nazionale e al proposito possono essere individuati due motivi alla base della riduzione degli interventi statali nell’economia:

1. Innanzitutto le direttive di "liberalizzazione selvaggia" adottate dall’Unione Europea in materia di telecomunicazioni, ferrovie, trasporto aereo, servizi postali, energia, tutte misure volte all’apertura dei mercati nazionali alla concorrenza.

2. In secondo luogo la realizzazione dell’Unione economica e monetaria dell’Europa che in virtù del principio di convergenza dettato dal trattato di Maastricht ha spinto i governi a vendere beni statali e interessi nelle compagnie industriali [2].

I processi di trasformazione in corso quindi sono ampiamente determinati dall’affermazione dell’ordinamento comunitario e del suo principio fondante della concorrenza come elemento costitutivo del mercato unico europeo esprimendo così "meglio di ogni altro intervento la necessità dei vari modelli di capitalismo finanziario di mettere in discussione sul piano mondiale le conquiste del movimento operaio" [3].


[1] Giuseppe Alvaro, Contabilità nazionale e statistica economica, Cacucci editore, 1999.

[2] "Privatizzazioni e relazioni industriali", in: http://www.geocities.com/Athens/2753/materiali/privrelind.htm.

Si vedano, anche per il seguito di questo lavoro, vari numeri di PROTEO con gli articoli sulla P.A., privatizzazioni e federalismo, in particolare di R. Martufi, A. Salerni e L. Vasapollo.

[3] Mauro Fotia, “Profit State e crisi delle democrazie contemporanee”, Quaderni Cestes n. 4.