CUBA: Religione e struttura sociale
Intervista a Jorge Ramírez Calzadilla eAlessandra Ciattini (a cura di Paola Palmieri)
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Recentemente è uscito il vostro libro “Religione, politica e cultura a
Cuba”, edito da Bulzoni, frutto di alcuni anni di collaborazione scientifica e
culturale.
Ci pare che la collaborazione tra studiosi italiani e cubani
non sia un’esperienza molto diffusa. Cosa avete ricavato dal vostro lavoro
comune?
Calzadilla: Per i ricercatori del Dipartimento di studi
socio-religiosi, che dirigo, la collaborazione didattica e scientifica con la
“Sapienza” è stata utile in molti sensi. Da un lato, ha permesso lo scambio
teorico, bibliografico, di esperienze diverse di ricerca, dall’altro ha fatto
conoscere agli studiosi e agli studenti italiani il lavoro dei ricercatori
cubani su alcuni temi di rilevanza sociale. Inoltre, alcuni sociologi, psicologi
e studiosi cubani hanno avuto in Italia una preparazione antropologica, e hanno
seguito i corsi impartiti da Alessandra Ciattini a Cuba in vari centri di
ricerca. Questo è molto importante perché lo studio dell’antropologia nel
nostro paese deve essere rafforzato ed integrato; il contatto con la Università
di Roma ci aiuta in questa direzione. Il gruppo di ricercatori, di cui faccio
parte, desidera pertanto mantenere e approfondire la collaborazione e l’interscambio.
Infatti, sono qui a Roma non solo per essere presente alla presentazione del
nostro libro, ma anche per parlare di futuri progetti di ricerca comuni.
Ciattini: Lo stesso discorso vale per me. Aggiungo che
per me è stato molto interessante vedere come lavorano i ricercatori cubani,
come raccolgono il materiale etnografico e sociologico, partecipare
effettivamente alle loro ricerche. Molto importante è stato anche conoscere il
mondo intellettuale cubano, che è assai interessante e abbastanza variegato a
differenza di quanto alcuni pensano e scrivono. Mi sembra anche necessario
ampliare la collaborazione e inserire nei nostri progetti di ricerca studiosi
latino-americani, con i quali naturalmente i cubani hanno buoni rapporti; al
contempo credo sia opportuno pensare a progetti che riguardino in maniera più
approfondita i vari aspetti della vita sociale, perché per conoscere la
religione bisogna indagare più a fondo anche su di essi.
In particolare, proprio in questo momento in cui stiamo
assistendo alle gesta folli dell’unica superpotenza rimasta, ci sembra assai
importante approfondire la conoscenza della società latino-america, in cui si
stanno formando movimenti sociali e politici, che contestano con forza la
politica degli Usa soprattutto sul piano economico. Vogliamo seguire gli
sviluppi di questi movimenti, che aspirano a rompere il vincolo che lega il loro
paese agli Usa e che rischia di farsi sempre più stretto, giacché prevede la
totale subordinazione economica dell’America latina all’economia
statunitense. Gli effetti di questo processo si sono già manifestati nella loro
drammaticità con l’accentuazione della povertà, l’accaparamento delle
risorse produttive da parte delle potenze straniere etc. nei diversi paesi
latino-americani. Fasi importanti di questo processo sono il tentativo di dar
vita all’ALCA (ossia al Trattato di libero commercio delle Americhe), il cui
fine è quello di creare una zona commerciale, che favorisca ovviamente gli
interessi delle grandi multinazionali nordamericane, e i sempre i più
consistenti interventi militari diretti e indiretti degli Usa nel continente
latino-americano.
Calzadilla: Vorrei aggiungere che per un ricercatore
è di fondamentale importanza stabilire contatti diretti con forme diverse di
vita sociale. Ciò favorisce lo sviluppo di una visione più ampia dei fenomeni
sociali e l’elaborazione di un metodo comparativo di indagine. Ad esempio, mi
è stato molto utile entrare in contatto col cosiddetto cattolicesimo popolare
italiano, che presenta caratteri non tanto lontani da quella che noi a Cuba
chiamiano “religiosità popolare”, la quale è il risultato di complicati
processi sincretici realizzatisi tra il cattolicesimo spagnolo, le religioni di
origine africana e il nostro modo di intendere lo spiritismo di provenienza
nordamericana.
Ho potuto comprendere meglio come le diverse forme religiose
siano legate ai diversi contesti, in cui si formano e si sviluppano, come esse
rispondano a certi bisogni, che nascono direttamente dall’esperienza sociale.
Naturalmente, nonostante le differenze, mi sono balzate agli occhi anche le
somiglianze: la religiosità cubana e quella italiana sono entrambe nate in un
ambiente popolare e portano i segni di tale origine.
Vorrei aggiungere anche che, nonostante le differenze
sociali, culturali e politiche tra l’Italia e Cuba, la stessa conformazione
del mondo contemporaneno, il cosiddetto fenomeno della globalizzazione producono
effetti simili in questi due paesi sia nel campo della cultura che della
religione. Questo è evidente nella diffusione, anche se in misura differente,
dei nuovi movimenti religiosi provenienti soprattutto dagli Stati Uniti.
Ciattini: Sono d’accordo con Calzadilla: è molto utile
al lavoro di ricerca conoscere direttamente diversi sistemi di vita sociale.
Questa conoscenza apre la possibilità di indagini comparative, supportate dal
metodo delle variazioni concomitanti; indagini volte a mostrare come un certo
fenomeno cambia nella misura in cui il contesto, in cui è radicato, si
trasforma. Se si constata tale trasformazione, si può ricavare che i due
fenomeni esaminati non sono meramente giustapposti, ma effettivamente legati da
una relazione funzionale. I miei soggiorni a Cuba mi hanno portato a rivalutare
l’esperienza vissuta, anche se penso essa sia solo il luogo in cui si formano
certe intuizioni, che debbono essere sviluppate con l’ausilio del proprio
bagaglio teorico nelle fasi successive della ricerca. D’altra parte, ho dovuto
tenere conto anche della complessità della società cubana, in cui convivono
elementi diversi: tradizioni culturali provenienti dagli Stati Uniti, dall’Europa
occidentale ed orientale, una forma di organizzazione sociale originale ma
sicuramente influenzata dallo scomparso socialismo reale.
Volete parlarci del vostro libro? Perché mettere insieme
religione, politica e cultura?
Calzadilla: Sono partito da una concezione generale della
religione fondata su tre elementi definitori: i suoi tratti caratteristici, che
le conferiscono unità ed allo stesso tempo la differenziano dalle altre forme
di coscienza; la sua struttura e le sue funzioni, certamente contraddittorie
perché la religione, a seconda del contesto, può essere sia oppio che
incarnare la protesta politica e sociale.
Nelle pagine successive del mio scritto ho cercato di
delineare, in una visione complessiva, la storia di Cuba, dalla fase in cui era
ancora abitata dagli aborigeni al momento attuale, che noi definiamo “periodo
speciale” e che costituisce la fase di crisi prodotta dalla dissoluzione del
socialismo dell’Europa dell’est. L’85% delle nostre relazioni commerciali
era infatti con questi paesi.
Ho cercato in particolare di descrivere i vari modelli
socio-strutturali, che si sono susseguiti nella storia dell’isola e che
debbono essere identificati con la tappa coloniale, quella repubblicana
neocoloniale, nella quale si fa più forte la penetrazione nordamericana, ed
infine la tappa rivoluzionaria. Anche quest’ultima è distinguibile in vari
momenti, ma rimando al libro chi vuole approfondire questo aspetto.
La cosa importante ed interessante dal punto di vista di un
sociologo e di uno storico della religione è che questi diversi modelli sono
stati accompagnati dalla diffusione e dalla penetrazione di diverse
manifestazioni di religiosità. La fase coloniale, che comportò la scomparsa
degli autoctoni, è caratterizzata dalla diffusione nell’isola del
cattolicesimo spagnolo, dotato di certe caratteristiche particolari. Nello
stesso tempo, lo sviluppo della tratta dei neri, i quali furoni adidibiti al
lavoro agricolo nelle piantagioni soprattutto di canna da zucchero, apportò a
Cuba i sistemi di credenze di origine africana, che costituivano il bagaglio
culturale degli schiavi delle diverse etnie strappati con la violenza dall’Africa.
Questi sono in particolare la Regla Ocha o santería di origine yoruba, la Regla
Conga o Palo monte derivante dai gruppi bantu, le società Abakuá, che erano
tipiche del Calabar nigeriano.
Successivamente arrivarono il protestantesimo (con le sue
chiese storiche e quelle formatesi successivamente) e lo spiritismo dagli Stati
Uniti. Anche nel caso di queste fedi religiose bisogna fare una serie di
distinzioni, che non posso fare in questa sede. Mi limito a ricordare che in
ambiente protestante si sviluppa nel nostro paese un forma di teologia
progressista, vicina alla teologia della liberazione, e ci si orienta verso l’ecumenismo.
Nel libro analizzo anche in particolare l’atteggiamento
della Chiesa cattolica e delle varie Chiese protestanti verso la Rivoluzione
cubana. A questo proposito è interessate notare che la Chiesa cattolica, dopo
una fase iniziale caratterizzata da un atteggiamento fortemente conflittuale, ha
lentamente smorzato i suoi toni polemici. Tuttavia, nella fase più grave del
periodo speciale, forse nella speranza che anche il socialismo cubano stesse in
procinto di dissolversi come neve al sole, si è fatta nuovamente polemica ed ha
invocato l’appoggio della comunità cubano-statunitense, in gran parte ostile
alla Rivoluzione, per risolvere i problemi economico-sociali, che in realtà
derivano anche dall’acuirsi del bloqueo nordamericano (le leggi
Torricelli ed Helms-Burton) e dall’espansione planetaria del neoliberalismo.
Dedico infine alcune pagine al tema della libertà religiosa.
A questo proposito traccio una differenza tra il periodo che va dal trionfo
della Rivoluzione alla Riforma costituzionale del 1992. In questa prima fase la
libertà di religione naturalmente era pienamente riconosciuta, ma di fatto e
soprattutto per l’atteggiamento ostile della gerarchia cattolica essere
credenti era spesso considerato un tratto negativo e comportava anche una serie
di discriminazioni. Con la Riforma costituzionale del 1992 lo Stato cubano ha
abbandonato l’ateismo scientifico e sanziona esplicitamente le discriminazioni
fatte per motivi religiosi. Ciò ha favorito l’affermarsi di un nuovo clima
(del resto già nel IV Congresso del Partito comunista cubano i fedeli erano
stati accettati nel partito), di una maggiore collaborazione tra credenti e non
credenti. In questo clima deve collocarsi la visita del Papa avvenuta nel 1998.
Nel mio scritto mi soffermo anche sulle correnti
progressiste, presenti in ambito religioso cattolico e no, le quali anche se
minoritarie hanno sempre sostenuto i processi di trasformazione a Cuba e in
America latina. La religiosità da loro praticata mi fa pensare che non vi sia
un’opposizione tra valori religiosi e valori socialisti, e che anzi essi siano
tra loro legati.
Ciattini: Dal momento che Calzadilla ha tracciato il
quadro generale della storia di Cuba e ha delineato i suoi caratteri sociali,
politici, economici attuali, ho potuto dedicarmi ad una ricerca più delimitata.
Mi interessava studiare in primo luogo l’atteggiamento verso la Rivoluzione e
il mondo attuale dei diversi tipi di fedeli che si incontrano a Cuba, facendo un’importante
distinzione tra gerarchie ed uomo comune. E questo ho cercato di fare
avvalendomi di numerose interviste, che ho potuto fare - grazie anche all’aiuto
di Calzadilla e del suo gruppo - a dirigenti del culto, a gente comune, tutti
appartenenti alle varie manifestazioni religiose. Ho potuto anche assistere a
cerimonie religiose, dove ho collaborato con i ricercatori del Departamento
de Estudios Sociorreligiosos alla raccolta dei dati e all’osservazione
del comportamento, e cogliere così il clima complessivo in cui la vita
religiosa si svolge. È stata per me un’esperienza interessantissima, dalla
quale ho potuto trarre molti spunti per la mia ricerca e la successiva
rielaborazione del materiale raccolto.
Un problema attirava in particolare la mia attenzione: come l’ideologia
della Rivoluzione aveva potuto plasmare la coscienza collettiva e come aveva
potuto essere recepita anche da quel circa 50% della popolazione, che secondo le
ricerche di Calzadilla aderisce alla cosiddetta “religiosità popolare”?
Rispondo a questa domanda individuando una sintonia tra tra
temi politici e temi religiosi; sintonia che sembra caratterizzare in larga
parte la cultura quotidiana e il senso comune del popolo cubano. In questo
senso, religione e cultura mi sono sembrate fortemente legate.
Quale è il livello di diffusione della religiosità cubana?
Calzadilla: Bisogna dire in primo luogo che dalle nostre
indagini risulta che circa il 15% della popolazione di dichiara ateo. La parte
restante è religiosa in maniera diversa e sincretica, pertanto è assai
difficile stabilire con precisione la sua appartenenza religiosa. Posso
aggiungere che circa il 50% dei cubani - come è già stato detto - pratica una
forma di religiosità che è il risultato del sincretismo tra il cattolicesimo,
lo spiritismo e le religioni di origine africana, senza appartenere a nessuna
istituzione religiosa. Ma tutto questo lo troverete nel nostro libro, che
naturalmente vi invito a leggere.
Per rispondere alla domanda devo fare anche riferimento alla
situazione attuale.
Cuba come una buona parte del mondo di oggi sta passando
attraverso una grave crisi economica. L’Italia non sfugge a questa crisi,
anche se si trova in condizioni diverse; nel nostro paese essa è assai più
dura. La società cubana è meno sviluppata economicamente ed è colpita dal
rigore del bloqueo imposto dagli Stati Uniti. In queste circostanze
critiche, a partire dagli anni novanta del secolo, si è verificato in generale
un notevole incremento della religiosità. Ovviamente le difficoltà materiali,
che caratterizzano il periodo speciale, non sono la sola causa di questo
fenomeno. Intervengono anche altri fattori come la crisi della modernità, la
crisi della visione razionale, sulle cui basi è stato costruito il mondo
moderno paradossalmente tanto irrazionale. Di questa crisi così grave ha
risentito anche la nostra piccola isola, che però ha reagito non seguendo le
dottrine neoliberali. In tale contesto di crisi, la religione finisce per
costituire un’alternativa, una spiegazione, un appoggio, una speranza per
molti individui. E ciò è avvenuto anche a Cuba.
Dopo la dissoluzione del socialismo europeo a Cuba c’è
stata una riduzione del prodotto interno lordo, dei rapporti commerciali
internazionali e di altri indicatori economici, le cui conseguenze si
cominciarono a vedere nella prima metà degli anni novanta, quando si verificò
proprio l’esplosione religiosa che ha accompagnato il periodo speciale.
Successivamente la situazione economica è migliorata: nel 1995 si blocca la
caduta degli indicatori economici e nello stesso tempo comincia un modesto
recupero.
La crisi ha avuto gravi ripercussioni sui lavoratori. Da un
lato, ha determinato la disoccupazione, che negli ultimi anni si è
sensibilmente ridotta, anche se non è scomparsa. Questo fenomeno non è usuale
in una società che era stata sempre orgogliosa di garantire il pieno impiego.
Dall’altro, sempre a causa della crisi si è verificata quella che i sociologi
cubani chiamano la inversione della piramide occupazionale. Ciò significa che i
lavoratori ricercano occupazioni con meno qualificazione, però che per varie
ragioni garantiscono una remunerazione maggiore (come il turismo).
La crisi ha spinto il paese a rivedere la sua organizzazione
economica: oggi sono accettati gli investimenti stranieri (che però non possono
farsi in settori importanti come quello educativo e sanitario). Tali
investimenti sono impiegati per costituire forme di proprietà mista con lo
Stato cubano.
Possiamo aggiungere che, nonostante la forza della crisi e le
difficoltà della situazione, non sono stati toccati gli investimenti pubblici
nei settori riguardanti la scuola, le università, gli ospedali, i salari, le
pensioni etc. In alcuni casi sono stati addirittura incrementati, soprattutto
perché Cuba punta ad aumentare il livello culturale dei suoi abitanti, anche
per creare una massa di lavoratori più qualificati e preparati.
L’incremento della religiosità, collegato all’acuirsi
della crisi sociale ed economica, ha riguardato vari settori della popolazione,
compresi gli operai e i contadini a differenza dell’opinione di alcuni
sociologi europei, i quali pensano che il mondo operaio sia poco permeato dalla
religione. A Cuba la situazione è diversa da quella europea, anche se - come si
è detto - la religiosità predominante nei settori popolari è di tipo
spontaneo, relativamente indipendente dai sistemi religiosi organizzati (come il
cristianesimo ortodosso e le religioni di origine africana, che hanno anche loro
un’ortodossia). Ciò che caratterizza il cubano, nella varie fasi storiche, è
il non essere legato in maggioranza alla varie manifestazioni religiose presenti
nell’isola (il cattolicesimo, la santeria, lo spiritismo etc.); egli
preferisce una religiosità sincretica, spontanea e popolare, intrisa di magia,
volta al culto di personaggi miracolosi.