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Osservatorio sindacale internazionale

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Alfredo Falero
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Professore Università della Repubblica Uruguay Facoltà Scienze Sociali

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Le sfide del movimento sindacale uruguaiano in un nuovo contesto regionale e globale

Alfredo Falero

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3. L’invenzione di un “mercato nazionale del lavoro” e le nuove possibilita’

L’Uruguay partecipa al processo di costruzione di un blocco regionale - Mercosur - che ha alcune limitazioni, ma anche delle potenzialità. In questo senso, dalla sua creazione, dopo la firma del Trattato di Asunción nel 1991, il movimento sindacale uruguaiano ha partecipato attivamente alla costruzione di un’organizzazione e di collegamenti regionali.

Parte integrante del Coordinamento Sindacale del Cono Sur (CCSCS), la sua posizione è sempre stata favorevole all’integrazione regionale - lontana dagli alti e bassi politici degli ultimi anni eliminati solo recentemente con la presidenza di Lula in Brasile e Kirchner in Argentina - tuttavia la sua incidenza nelle decisioni è stata molto scarsa e comunque si è molto lontani dalla creazione di una dinamica regionale che permetta al mondo del lavoro di contrastare l’egemonia del capitale per quanto riguarda l’incidenza su un piano sopranazionale.

Vogliamo ricordare che, prima di morire, il sociologo Pierre Bourdieu sottolineava la necessità di creare un “movimento sociale europeo”, il che avrebbe richiesto il rinnovamento del sindacalismo per quanto riguarda il rifiuto di “ogni tipo di monopolizzazione da parte di pochi e favorendo la partecipazione diretta di tutti gli interessati”, in sintonia con altri movimenti (2001).

Creare una dinamica di questo tipo è un processo complesso, che ha bisogno di comportamenti inclusivi e di difficili collegamenti, ma che, potenzialmente, potrebbe avere conseguenze importanti perché presuppone nuove esperienze e nuovi significati così come nuovi orizzonti storici possibili. Stiamo indicando la progressiva attivazione di un nuovo soggetto sociale che incorpora il referente postnazionale con i suoi problemi e comportamenti.

In questo senso dobbiamo segnalare che nel Mercosur è stata osservata - che lo riconoscano o meno i suoi componenti - una logica di classe in conflitto con la logica nazionale oltre a problemi ideologici che derivano dalle diversità tra i vari sindacati. Non mancano le diverse valutazioni strategiche oltre alle approssimazioni tra le posizioni del sindacato uruguaiano PIT-CNT, quello brasiliano CUT legato al PT e il CTA argentino.

E’ importante menzionare un ambito sindacale che ha maggiore dinamismo e un livello di relativa autonomia che è giusto valutare come potenzialità: i vari rami di attività. A questo livello più decentralizzato ci sono stati contatti tra i lavoratori dei diversi rami come i bancari, i lavoratori del caucciù, delle costruzioni, dell’energia, metallurgici, del settore cartario, della stampa, rurale, chimico ecc. in una realtà che si presenta in movimento. Tali contatti possono nascere a partire da problemi concreti per poi consolidarsi.

La potenzialità del coordinamento aumenta quando si affrontano problemi comuni e pressanti che rendono possibile l’unità delle richieste (può trattarsi della disoccupazione, degli incidenti sul lavoro, come nel caso del settore edile, ecc.). A volte le condizioni di lavoro sono percepite come molto diverse ed è difficile richiedere un’uguaglianza di condizioni. E’ il caso del settore metallurgico o di quello tessile. In ogni modo, non è determinante e si osserva ugualmente un interesse regionale a stabilire un piano minimo, una base di diritti per settore di attività.

La spinta verso questa base minima è una grande sfida che, nell’immediato futuro, si porrà al movimento sindacale uruguaiano e agli altri sindacati della regione. Si osservi che nel caso uruguaiano, in uno scenario politico di centro sinistra, il cosiddetto Encuentro Progressista-Frente Amplio, il controllo di un “mercato nazionale del lavoro” è sempre più un’invenzione visto che continuano ad esistere grandi differenze tra i paesi della regione per quanto riguarda i diritti sociali. La grande mobilità geografica della forza lavoro è un fenomeno politico del XXI secolo come hanno già indicato Hardt e Negri (2002) e anche questo prende origine dalla costruzione di un blocco regionale come il Mercosur (Falero, 2003).

Su questa strada verso il sostegno dei diritti sociali su base regionale e la costruzione di una nuova soggettività, gli ostacoli non sono solo esterni, ma anche interni ai singoli sindacati. Una delle problematiche che emerge più chiaramente è la formazione di elite sindacali completamente separate dal resto dei lavoratori. Stiamo parlando di quella che in Sociologia viene definita differenziazione funzionale. Cioè l’inclinazione di un gruppo a costituirsi in un circolo autoreferente che valuta problemi generali dell’integrazione e, eventualmente, negozia aspetti concreti senza altro appoggio sociale.

Tutto ciò sviluppa delle tendenze generali già evidenti: processo di burocratizzazione e allontanamento dirigenza-base, in questo caso in relazione alla conoscenza del processo di integrazione regionale in corso. Si deve sottolineare la grande importanza di queste questioni, che vanno molto al di là di qualunque contestualizzazione in tema di integrazione regionale e che attengono a tutta la discussione sulla dirigenza, i canali di partecipazione ecc. interna al movimento sindacale non solo uruguaiano.

Pensare a questo per il futuro è inevitabile considerando che il blocco regionale del Mercosur inizia nuovamente ad attivarsi, mentre all’orizzonte, è sempre presente il progetto sostenuto dagli Stati Uniti dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). Tutto ciò è piuttosto lontano dalla quotidianità delle persone benché abbia poi un forte impatto su questa quotidianità. Nel contesto attuale, la capacità del movimento sindacale (come di altri attori sociali) di arrivare a questa quotidianità con i nuovi progetti di integrazione regionale alternativa all’integrazione neoliberale, è una sfida importante.

D’altra parte, il Mercosur può trovare in sé direzioni diverse. Evitare che i nuovi scenari progettati con Lula e Kirchner incitino ad una “partecipazione funzionale”, cioè di legittimazione degli attuali processi economico-politici da parte delle elite sindacali o di altre organizzazioni della società civile in un quadro di “realtà politicamente possibile o accettabile”, implica mettere in pratica il piano costituente: la partecipazione e il coinvolgimento di tutta la società.

Organizzare più metodicamente questi nuovi orizzonti con la realtà quotidiana, esige capacità e riflessione. Mai come oggi l’ampiezza dei cambiamenti in corso indica che ciò che è più decisivo non è quello che accade nelle immediate vicinanze e questo implica per il sindacalismo dover elaborare allo stesso tempo piani diversi: a livello globale, regionale, nazionale fino alla lotta più diretta e concreta tra capitale e lavoro in un determinato ambito. Parallelamente, se non si collegheranno queste istanze a dei macro processi e se non si stabiliranno ponti per l’interscambio di esperienze, inizialmente a livello regionale, le possibilità d’azione andranno restringendosi.

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