La diffusione dei servizi nella realtà italiana: un’analisi regionale dei Servizi di rete
Mirca Guardigli
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Introduzione
Profonde trasformazioni hanno caratterizzato il sistema
produttivo italiano in questo ultimo trentennio. Lapplicazione di nuove
tecnologie e la migliore capacità produttiva del capitale umano ha portato in
breve tempo il nostro Paese dal boom industriale ad un processo di
terziarizzazione che è andato via via assumendo forme di esasperata
specializzazione. Ciò ha comportato, per ogni individuo coinvolto nel processo
produttivo, un aggiorna-mento frequente ed attento, tale da permetterne una
maggiore flessibilità di adattamento alle mutevoli esigenze del mercato.
Scopo di questo studio è quello di mettere in evidenza le
condizioni economiche che dagli anni `70 ad oggi hanno portato alla diffusione,
nelle Regioni italiane, delle attività di servizio in generale, e dei
"Servizi di Rete" in particolare, ponendo soprattutto l’accento, per
quanto riguarda questi ultimi, su un periodo come quello relativo agli anni `90,
così denso di modificazioni economiche e politiche che hanno coinvolto il
nostro Paese anche a li-vello internazionale.
Poichè la situazione registrata in questi anni è anche
conseguenza di cambiamenti, a volte radicali, che hanno influito direttamente
sul modo di concepire le varie teorie economiche, sembra opportuno fornire
qualche cenno storico sulla evoluzione del concetto di "Terziario" e
della presa di coscienza della necessità di appropriate classificazioni tali da
poter chiarire le applicazioni fatte nel testo ed il sistema classificatorio
scelto a tale fine.
1. Il.concetto di Terziario nel tempo
1.1. Generalità
Da quando, in occasione della prima crisi economica del XX
secolo, fu coniata la definizione di "Terziario", intesa come sinonimo
di attività residuali rispetto all’Agricoltura e all’Industria, la letteratura
economica si è largamente arricchita di studi che hanno avuto per oggetto
l’analisi delle profonde modificazioni che via via hanno caratterizzato i
sistemi economici dei vari Paesi.
Così Ricardo e Marx, muovendosi nell’ambito del concetto
"residuale" del Terziario, consideravano coloro che offrivano servizi
come una classe parassitaria poichè la prestazione di servizi era ritenuta di
secondaria importanza rispetto alla produzione dei beni.
Col tempo si è compresa la debolezza di tale teoria, in
quanto la realtà ha mostrato che esistono innumerevoli interrelazioni tra le
attività del Terziario e tutte le branche dell’economia e di
conseguenza, tra tutti gli Operatori economici.
Anche Fisher’ e poi Clark2, ai quali si deve il modello
di classificazione delle attività economiche in: Primarie, Secondarie e
Terziarie, consideravano queste ultime di tipo residuale: scrisse infatti
Fisher, che per primo si occupò dell’argomento: "Noi divideremo, per
maggiore comodità, le attività economiche in tre categorie che designeremo
sotto i nomi di produzione primaria, secondaria e terziaria. La prima comprende
il lavoro agricolo e le miniere e ha per obiettivo la produzione degli
alimenti e del-le diverse materie prime; la seconda le industrie della
trasformazione sotto tutte le loro forme e la terza, il residuo, un vasto
insieme di attività consacrate alla fornitura di "servizi", che vanno
dal trasporto al Commercio, passando per il tempo libero, l’istruzione e le più
alte forme del-la creazione artistica e della Filosofia.
Noi constatiamo allora che l’occupazione e gli investi-menti
non hanno cessato di passare dalle attività "prima-rie" essenziali e
senza le quali la vita, anche nelle forme più primitive. sarebbe impossibile,
verso le attività "secondarie" e, soprattutto,
"terziarie"... Lo spostamento della manodopera verso le produzioni
secondarie e terziarie che emerge dalle statistiche è l’ineluttabile
conseguenza del progresso economico: l’uno va insieme all’altro"3.
1.2. I nuovi legami Industria- Terziario
Laumento del peso delle attività terziarie all’interno della
struttura produttiva dei Paesi più avanzati, ha portato gli Studiosi di fronte
ad una serie di problemi, non ultimo quello relativo al rapporto tra Industria e
Servizi nei processi di crescita del sistema economico.
Alcuni Autori, pur riconoscendo un ruolo predominante alle
attività industriali, cominciarono a considerare le attività terziarie, non
più come un residuo indistinto ai margini dei processi di crescita economica,
ma "inserite in un contesto che lega il loro sviluppo a quello delle
attività che producono beni, in particolare beni industriali’’.
Ci si rese conto sempre più spesso che la fabbricazione di
un bene richiedeva lavoro che non si sostanziava in qualcosa di materiale.
Infatti, ricordando che la "produzione" è il
risultato di una trasformazione, o meglio, della modificazione di uno
"status" (dalla farina si ottiene il pane, dal legno il mobi lio,
dalla cellulosa la carta,...), risulta agevole estendere tale definizione anche
alle attività del Terziario poichè, ad esempio, il trasporto di un individuo
da un luogo ad un altro provoca una modificazione del suo status; il noleggio di
una attrezzatura modifica lo status di chi prima non poteva disporne; un corso
di formazione professionale modifica la capacità di un individuo a svolgere una
determinata attività, ecc...
Approfondendo poi la natura e l’impiego di alcuni beni
prodotti dall’industria, si può comprendere che è cresciuta nel tempo
la domanda di tali beni in quanto il loro uso ha permesso di soddisfare nuovi
bisogni originatisi dal settore terziario. Tipico è il caso dell’accentuata
espansione della domanda di autoveicoli da parte delle famiglie.
In definitiva si è giunti alla consapevolezza che la
do-manda di beni industriali da parte del Terziario produce un triplice effetto
: a) provoca un aumento della produzione industriale (trainante); b) stimola la
ricerca tecnologica (autosviluppo) e, più immediatamente apprezzabile dal punto
di vista sociale è: c) l’aumento dell’occupazione soprattutto nello stesso
settore terziario non più considerato come settore "spugna" o settore
"residuo
Così A.Bailly e D.Maillat affermavano: "...la crescita
dei servizi riflette la necessità per le imprese di consacra-re anzitutto delle
risorse per la ricerca, per il marketing, per la pianificazione, ecc... .Questa
evoluzione nell’organizzazione del sistema produttivo contribuisce per una larga
parte all’aumento dell’occupazione nel settore dei Servizi"".
Molti sono stati gli studiosi che, muovendosi in tale
contesto, si sono occupati di approfondire il rapporto Industria-Servizi, di
evidenziarne i legami funzionali, di verificare la validità dei concetti in
base ai quali si misura il contributo dei Servizi allo sviluppo economico.
Alcuni sostengono che il fenomeno
"terziarizzazione" sia dipeso dall’aumento del reddito pro-capite
(soprattutto negli anni `70-’80) che ha provocato un incremento della domanda di
servizi considerati come consumi di tipo superiore; altri, dalla differente
dinamica della produttività tra Servizi e Industria; altri ancora dal processo
di "deindustrializzazione" conseguente alla trasformazione della
società che porta ad un mutamento anche nella utilizzazione dei fattori
produttivi lavoro e capitale. Tale mutamento si esplicita, infatti, in una
inversione di importanza: è il capitale umano che, col suo apporto di maggiore
informazione e ricerca scientifica, tanto da spingere qualche Autore’ a parlare
di "tecnologia intellettuale", si pone in contrapposizione ad una
"tecnologia meccanica", in pratica: si è passati dal "lavoro
delle braccia al pensiero che lavora".
1.3. Il problema della classificazione delle attività Terziarie
Per poter meglio evidenziare lo sviluppo che nei de-cenni passati ha avuto il
settore Terziario, dopo il supera-mento del modello proposto da Fisher e Clark,
alcuni Studiosi si sono resi conto della necessità di intervenire sulla
aggregazione dei Servizi così come tradizionalmente veniva condotta, procedendo
ad una riclassificazione delle attività economiche in modo da soddisfare due
esigenze: una maggior completezza di informazioni sulla realtà economica del
Paese considerato e la possibilità di disaggregazione dei dati al livello
desiderato".
Infatti, le elaborazioni necessarie a mettere in evidenza i
problemi connessi al rapporto tra attività indtstriali e terziarie per una
eventuale riflessione alla luce dei loro modelli localizzativi, prevedono sia
l’adattabilità dei dati alle classificazioni, sia la possibilità di utilizzare
tali classificazioni, per quanto riguarda l’Italia, anche a livello regionale10.
Le Fonti che più si prestano a queste esigenze, sono
costituite dai Censimenti economici che permettono di utilizzare i dati
disaggregati in: Sezioni, Sottosezioni, Divisioni e Gruppi in modo tale da
rendere più agevole il loro adattamento alle varie ipotesi classificatorie
proposte.
Si ricordano, in questa sede, solo quattro delle
classificazioni che, a nostro avviso, maggiormente contribuiscono a fornire una
chiave di lettura della diffusione delle attività terziarie nel territorio.
Alcune possono essere definite: sostitutive o alternative alla
classificazione di Fisher-Clark; altre costituisco-no modelli integrativi, nel
senso che prendono in considerazione solo una parte delle attività economiche
(in questo caso il Terziario) e, in base a determinate ipotesi, procedono alla
loro riclassificazione"
a) La classificazione di G.Pastrello’2 che,
seguendo una precedente impostazione di Y.Hobsonr3 ha tentato di individuare un
subsettore di Servizi che rispetto agli altri risultasse più connesso alla
dinamica del settore della Trasformazione industriale.
Secondo tale ottica, l’Autore definisce:
MAKE, tutte le attività di produzione di beni più i
Tra-sporti, le Comunicazioni e l’Elettricità, Gas e Acqua (definite public
utilities) in quanto indispensabili alle attività di trasformazione.
DEAL, i Servizi alla produzione, quelli Finanziari e Assicurativi e le
Attività Immobiliari.
PERS, comprendono i servizi strettamente personali cui si
aggiungono quelli relativi all’Istruzione, sia pubblica che privata ed i servizi
Sanitari.
GOV, riguardano l’occupazione pubblica ad esclusione dei militari e
dell’Istruzione.
b) La classificazione C.E.A.T."’ ripartisce le unità
lo-cali censite in classi e sottoclassi elementari di base, ponendo vincoli
alquanto rigidi per la loro collocazione, al fine di garantire la coerenza della
struttura e l’univocità della classificazione stessa. Quest’ultima si articola
in quattro funzioni:
FABBRICAZIONE, in cui sono comprese le unità lo-cali che
trasformano le materie prime e aggiungono valore;
DISTRIBUZIONE, riguarda quelle attività che hanno il
compito di portare i beni ed i servizi al consumato-re finale;
CIRCOLAZIONE, in questa funzione sono comprese quelle
attività che permettono il flusso di persone e di beni, le Comunicazioni, le
Informazioni e così via;
REGOLAMENTAZIONE, riguarda quelle unità locali che hanno
il compito di controllare, modificare e comunque, regolamentare il sistema, si
tratta, quindi, sia di Istituzioni pubbliche che private come i Sindacati o le
Associazioni di categorie e simili.
c) La classificazione dovuta a Browning- Singelmanti"
è in sostanza, per ammissione degli stessi Autori, una modificazione di
quella di Fisher-Clark: le attività te-se alla estrazione e trasformazione dei
beni sono considerate in due settori distinti, mentre i servizi sono suddivisi
in quattro settori:
DISTRIBUTIVE SERVICES, seguono il passaggio delle merci
dalla loro primitiva forma alla loro distribuzione all’ultimo consumatore
(compresi i Traspor-ti).
PRODUCER SERVICES, sono costituiti da servizi che hanno
la natura di prodotti intermedi, poichè destinati al settore produttivo.
SOCIAL SERVICES, considerati come manifestazione del
ruolo dello Stato nella società (Salute, Istruzione, Pubblica
Amministrazione,...).
PERSONAL SERVICES, comprende servizi più eterogenei dei
precedenti, comprende cioè attività orientate al singolo consumatore che ne
usufruisce a seconda del livello del proprio reddito (Servizi domestici,
ricreativi, alberghi, e simili...).
d) La classificazione Erba- Martini’ costituisce un
modello integrativo a quello di Fisher- Clark poichè riclassifica le
attività Terziarie in gruppi autonomi lasciando inalterati i settori Primario e
Secondario. Tale classificazione viene denominata classificazione funzionale
delle attività di servizio e si articola in quattro funzioni:
SERVIZI AL SISTEMA PRODUTTIVO, relativi a
quei servizi intermedi utilizzati dalle imprese .
SERVIZI ALLE FAMIGLIE, destinati solo all’uso fi-
nale da parte delle persone.
SERVIZI DI RETE, che hanno la caratteristica di poter
essere destinati sia ad uso intermedio, sia ad uso finale ed esplicano funzione
di raccordo fra i vari soggetti economici.
SERVIZI A DESTINAZIONE COLLETTIVA, costituiti da servizi
non destinati alla vendita e sono forni-ti dalle Istituzioni Pubbliche.
Proprio per le sue caratteristiche di classificazione
funzionale dei Servizi, volta ad integrare quella tradizionale relativa
all’Agricoltura ed all’Industria e potendo disporre del sistema di raccordo con
la classificazione ATECO adottata nei Censimenti economici ISTAT, la
classificazione Erba-Martini è stata qui utilizzata per studiare l’evoluzione
dell’economia italiana nei decenni che prece-dono il 1991 e la diffusione
regionale dei Servizi di Rete negli anni `90".
2. La diffusione delle attività economiche n_elle _regioni italiane _ fino
al1991
Per quanto riguarda l’esame dei cambiamenti economici
avvenuti nelle regioni italiane prima degli anni `90, si fa riferimento ad un
precedente studio" in cui sono stati utilizzati i dati dell’occupazione
relativi alle varie attività economiche, distinti per Regione ed anno di
Censi-mento a partire dal 1951, secondo la classificazione Erba- Martini
(illustrata nel par.L3). Sono state applicate due tecniche di analisi statistica
di tipo multiway: una conosciuta come "analisi delle corrispondenze"19
(o analisi per occasione), applicata per ciascuno degli anni di Censi-mento, ed
una particolare tecnica di analisi simultanea, il modello Tucker 2, che
ha permesso di analizzare con-temporaneamente i cinque diversi Censimenti e
delineare così l’evoluzione economico-temporale delle Regioni italiane.
La matrice dei dati utilizzati è formata dagli addetti nelle
varie classi di attività economica per ciascuna Regione, secondo la seguente
classificazione:*
Agricoltura Npi - Piemonte
Estrattive Nva- Valle d’Aosta
Manifatturiere Nlo - Lombardia
Costruzioni Ntr - Trentino A.A.
Energia, Gas e Acqua Nve- Veneto
Commercio all’ingrosso Nfr- Friuli V.Giulia
Servizi alle Imprese Nli- Liguria
Commercio al minuto
e riparazioni Ner- E. Romagna
Alberghi e pubblici esercizi Cto- Toscana
Istruzione, Sanità, Assistenza Cum- Umbria
Servizi alla persona Cma- Marche
Commercio mezzi di trasporto Cla - Lazio
Trasporti Cam- Abruzzo
e Molise
Comunicazioni Sca - Campania
Credito Spu - Puglia
Assicurazioni Sba - Basilicata
Intermediazione immobiliare Scl - Calabria
Servizi a destinazione collettiva Ssi - Sicilia
Ssa- Sardegna
* I numeri tra parentesi e le abbreviazioni sono uti-
lizzati nei Grafici n.1 e n. 2.
Dalla elaborazione per occasione (cioè per singolo
Censimento), è emersa sempre evidente una netta contrapposizione tra attività
produttrici di beni ed attività che prestano Servizi e, per quanto riguarda
questi ultimi, il loro sviluppo ha subito un sensibile incremento già a partire
dagli anni ’60 coinvolgendo un numero sempre maggiore di Regioni20.
In corrispondenza degli anni ’70-’80 il grande fermento
economico che li ha caratterizzati, ha portato allo sviluppo ed alla diffusione
di molti tipi di Servizi che così tanto hanno contribuito alla terziarizzazione
dell’economia italiana, mentre le attività Manifatturiere che già era-no
diffuse in regioni come la Lombardia, il Piemonte, la Liguria ed il Friuli,
trovano spazio anche in Toscana, Veneto, Marche ed Emilia Romagna.
Le attività più tradizionali, quali sono quelle legate
al-l’Agricoltura, alle Costruzioni ed alle Estrattive restano comunque
caratteristiche delle regioni meridionali.
Per quanto riguarda più in particolare il settore dei
Servizi, occorre dire innanzitutto che nel Lazio, da sempre a vocazione
terziaria, soprattutto per quelle attività proprie dei Servizi a destinazione
Collettiva, i dati del Censimento 1991 evidenziano una maggiore importanza dei
servizi legati alle Comunicazioni ed ai Trasporti.
Allo stesso modo, nel Graf.l si può osservare una sorta di
concentrazione di attività come: le Estrattive, il Commercio al minuto e
riparazioni, il Commercio di mezzi di trasporto e combustibili che
caratterizzano regioni come l’Umbria, l’Abruzzo, la Puglia e la Calabria, mentre
quello che è considerato il Terziario "forte", qua-le: i Servizi alle
Imprese, il Credito, le Assicurazioni e soprattutto I’Intermediazione
Immobiliare, rilevano la struttura economica più specialistica della Lombardia,
del Piemonte, dell’Emilia Romagna e della Toscana.
Lanalisi simultanea permette di rappresentare
graficamente ciascuna classe di attività economica con un so-lo punto, mentre
ogni Regione è rappresentata da cinque punti: uno per ogni anno di Censimento,
così come appare nel Graf.2. Le traiettorie indicano gli spostamenti che si
sono verificati all’interno di ogni economia regionale ed evidenziano i
tentativi volti a modificare, o comunque ampliare, ciascuna realtà economica
che si è orientata verso altre attività i cui punti sul grafico restano fissi.
Appare ancora evidente l’eterno dualismo tra le Regioni del
Centro-Sud e quelle del Nord Italia. Alle prime corrispondono traiettorie molto
ampie che indicano un tentativo di allontanamento da una- realtà quasi
esclusivamente agricola per orientarsi verso attività pur sempre di tipo
tradizionale come le Costruzioni e le Estrattive ed a Servizi come: Servizi a
destinazione Collettiva, Istruzione Sanità ed Assistenza, Comunicazioni,
Commercio al minuto, Servizi alla Persona.
Può destare perplessità la collocazione della Val D’Aosta
nello stesso quadrante in cui figurano anche la Sardegna e la Sicilia e, quasi
in corrispondenza dell’ordinata, anche il Trentino Alto Adige. Tali Regioni, che
hanno tradizioni economiche diverse, hanno in comune il fatto di essere
"Regioni a Statuto speciale" e come tali con autonomia amministrativa
che prevede particolare attenzione per i Servizi a Destinazione Collettiva e
Servizi di Istruzione, Sanità ed Assistenza, ma anche per: Comunicazioni,
Commercio al minuto e per Alberghi e Pubblici esercizi.
Il primo ed il secondo quadrante sono, ad eccezione del Lazio
e della Toscana, caratterizzati da sole regioni del Nord, da attività
Manifatturiere e da quei Servizi che han-no una influenza determinante sullo
sviluppo economico dell’intero Paese.
Infatti, se si osserva il secondo quadrante, si notano
immediatamente tre regioni: Veneto, Piemonte, Emilia Romagna con traiettorie
molto brevi e collocate vicinissime all’origine: segno questo che la loro
"vocazione" per attività forti come le Manifatturiere,
l’Intermediazione Immobiliare ed il Commercio all’Ingrosso pesa in maniera
determinante sull’economia nazionale.
Una situazione simile, ma più articolata, si riscontra per
la Lombardia, la cui economia, da sempre caratterizzata da attività di
Terziario rivolto alle imprese, da attività del Credito e di Assicurazione, da
Commercio all’ingrosso e dall’Intermediazione Immobiliare, ruota intorno alle
attività Manifatturiere per le quali è rimasta nel tempo la tradizionale e
privilegiata sede.
Nel primo quadrante, vicine all’origine, la Toscana, il
Friuli e la Liguria si orientano verso attività come il Commercio di mezzi di
trasporto e, ancorpiù verso i Servizi alle imprese, alle Assicurazioni ed al
Credito ed ancora, risulta-no molto prossime a: Commercio all’ingrosso,
Intermediazione Immobiliare e Manifatturiere, verso cui sembrano indirizzare
maggior interesse di quello che in origine presentavano per Trasporti e
Commercio di mezzi di trasporto.
La regione Lazio non pare avere cambiato in maniera
determinante il suo aspetto economico. A prescindere dai Servizi a Destinazione
collettiva, hanno caratterizzato questa regione: le Comunicazioni, il Commercio
al minuto, l’Istruzione sanità e assistenza, gli Alberghi e pubblici esercizi,
ma ancor più i Servizi alla persona, i Trasporti ed il Commercio di mezzi di
trasporto.
L’analisi simultanea, come si è visto, pur fornendo
importanti informazioni sulla localizzazione delle attività economiche, che si
presentano così differenziate nelle va-rie aree del Paese, non permette di
individuare le cause di tali disparità. Per questo motivo, al fine di avere una
visione più completa della realtà economica in cui le varie attività si sono
diffuse, è sembrato utile esaminare anche l’andamento di alcuni dei principali
aggregati che figura-no nel conto economico delle Risorse e degli Impieghi del
Paese a partire dal 1971.
3. L’evoluzione dei principali indicatori economici in Italia
3.1 -Le risorse e gli impieghi dell’Italia negli anni 1971, 1981, 1991,1997
Il conto economico delle Risorse e degli Impieghi
del-l’Italia riportato nella Tav.1, riguarda gli anni 1971, 1981,1991 e 1997,
mentre nella Tav.2 sono indicati i valori del Prodotto Interno Lordo, dei
Consumi e degli Investimenti fissi lordi per tutti gli anni che vanno dal 1991
al 1997.
Per poter effettuare un confronto significativo fra i dati,
tutti i valori assoluti sono espressi in lire 1990. Come si può osservare il
PIL, che nel 1971 ammonta-va a 752.402 miliardi di lire, appare pressoché
raddoppiato nel 1997, ma, tale aumento è il risultato di un forte incremento
avvenuto nel primo decennio (circa il 40%) e da successivi incrementi sempre
più contenuti verso la fine del periodo considerato, infatti il suo peso, sul
totale del-le Risorse, passa dall’88,5% del 1971 all’81,4% del 1997.
In particolare, se si osserva il Graf. 3, tra il 1992 ed il
1993, il PIL registra addirittura una flessione dell’1,16% seguita da incrementi
che però sono andati attenuandosi negli anni successivi, segnalando così il
protrarsi di un periodo in cui l’economia del Paese fatica molto a riprendere
vivacità.
D’altra parte, le Importazioni di beni e servizi sono andate aumentando nel
tempo passando dall’11,5% del complesso delle Risorse al 18,6%, sottolineando
una maggiore dipendenza economica dal Resto del Mondo confermata anche
dall’andamento delle Esportazioni di beni e servizi che, fra il 1971 ed il 1997
sono aumentate più del 10%. Dal lato degli Impieghi, la quota più importante
è rappresentata dai Consumi finali Interni che registrano una sensibile
riduzione negli anni `90, riduzione dovuta sia ai Consumi delle famiglie,
soprattutto quelli alimentari che dal 1993 al 1996 si riducono
addirittura di più di due punti percentuali, sia dei Consumi Collettivi i quali
vedono diminuire il loro peso sul totale degli Impieghi, passando dal 16,8% nel
1971 al 13,6% nel 1997 (tav.]).
Gli Investimenti Fissi Lordi, pur aumentati in valore assoluto fino al 1991
ma non in termini percentuali, negli anni successivi sottolineano fasi di grave sofferenza
economica per il nostro Paese (Tav.2), registrando, in corrispondenza del
1993, una flessione addirittura del 12,81%. Tali difficoltà sono confermate
anche dall’entità dei rapporti Investimenti/PIL, scesi dal 25,4% del 1971 al
17,6% nel 1997. In particolare, tutti i dati relativi al periodo 1991-’97
evidenziano questa situazione sfavorevole che ha raggiunto il suo massimo
nell’anno 1993, anno in cui le variazioni percentuali annue appaiono tutte con
segno negativo (Graf.3).
Per contro, i valori medi dei principali aggregati (Tav. 3),
quali il PIL per unità di lavoro, utilizzato per misura-re la produttività del
lavoro, ed il PIL pro-capite, utilizzato per misurare la ricchezza di un Paese,
hanno subito nel tempo incrementi sempre più contenuti passando, il primo, da
un incremento del 26,8% tra il `71 e 1’ `81, al 13,1% tra il `91 ed il `97; ed
il secondo dal 34,2% al 7,7% negli stessi periodi.
I Consumi pro-capite che, in larga misura seguono l’andamento
del PIL, fra gli anni 1971 ed `81 sono cresciuti in maniera più che
proporzionale all’aumento dello stesso PIL pro-capite, mentre si osserva, in
corrispondenza degli anni `90, una inversione di tendenza che appare molto più
accentuata per i Consumi collettivi.
3.2. I consumi delle Famiglie per Trasporti e Comunicazioni
Nella tav.4 sono riportati i dati relativi ai soli Consumi
delle famiglie per Trasporti e Comunicazioni relativi ai periodi 1971-’81,
1981-’91 e 1991-1997.
Nel primo decennio, le variazioni percentuali risulta-no in
genere più elevate, soprattutto per quanto concerne le Comunicazioni che
registrano un incremento medio annuo del 17% circa. Per le altre voci di spesa
l’incremento medio si aggira intorno al 5% .
Nel decennio successivo le variazioni appaiono già
compatibili con quelle del periodo 1991-’97, periodo caratterizzato da
instabilità economica che ha causato fenomeni di particolare squilibrio nelle
varie voci di spesa del-le famiglie italiane. Si registra, infatti, fra il
`92-’93 una riduzione degli Acquisti di Mezzi di Trasporto addirittura del 28,3%
ed una successiva debole ripresa che è culmi-nata con l’incremento del 31.8%
nel 1997, dovuto principalmente ai noti provvedimenti di tipo politico-economico
con i quali si è scelto l’incentivo della rottamazione al fine di fornire nuovo
impulso produttivo al settore del-l’Auto che sembrava altrimenti incapace di
uscire dalla crisi in cui si dibatteva ormai da tempo.
Le Spese di esercizio per mezzi di trasporto e quelle per Comunicazioni, che
insieme coprono più del 55% del-le spese complessive, presentano valori in
aumento con variazioni percentuali annue pressoché costanti e lievi flessioni
solo in corrispondenza del periodo `92-’93, men-tre deboli variazioni positive
si hanno per le spese relative all’Acquisto di servizi di trasporto almeno fino
al 1996.
3.3- L’occupazione
Il mercato del lavoro, estremamente sensibile agli umori
politico-economici, ha presentato, nel suo complesso, una evoluzione positiva
fino al 1991 dovuta esclusivamente alla larga diffusione delle attività di
servizio che, non solo hanno assorbito la cronica diminuzione del-l’occupazione
del settore agricolo e industriale ma hanno registrato uno sviluppo tale da
superare, nel 1997 la quota del 64% sul totale delle Unità di lavoro.
Questo, però, non è il risultato di un incremento avvenuto in maniera costante
nel tempo, infatti, a partire dal 1992, anche le attività Terziarie hanno
registrato una perdita di occupazione, limitata al primo triennio, per i Servizi
destinati alla vendita, ed invece costante in tutto il periodo per i Servizi non
destinati alla vendita. Questi ultimi, essendo prestati dalle Amministrazioni
Pubbliche, hanno risentito delle politiche di austerità adottate dalle
autorità governative in tema di risanamento del Debito Pubblico.
Le Unità di lavoro "dipendenti" sottolineano
maggior-mente lo stato di difficoltà in cui si è trovato il Paese; so-lo
nell’ambito del Terziario destinato alla vendita, ad eccezione del periodo
compreso fra il `92 ed il `94, si può in-travedere lo sforzo
compiuto dal settore nella difficile ricerca di nuovi spazi.
4. L’economia delle Regioni italiane negli anni 1991-1996
4.1. Principali indicatori economici delle Regioni italiane
Uanalisi regionale è riferita agli anni 1991 e 1996, coincidenti con le date
del Censimento economico 1991 e del Presentimento intermedio 1996. I dati
relativi agli indicatori economici regionali sono stati tratti dalle
pubblicazioni Istat sulla Contabilità Nazionale21.
Le tavv. 6 e 7 fotografano la situazione economica delle
Regioni italiane nei due anni considerati fornendo i valori assoluti dei vari
indicatori . Le eventuali differenze possono però essere meglio
apprezzate se si considerano le variazioni percentuali tra i due anni fornite
dalla Tav. 8
Per quanto riguarda la Popolazione residente, non si
osservano cambiamenti sostanziali, la distribuzione demografica rimane
pressochè stabile registrando un incremento dell’1,71% nel Mezzogiorno contro
lo 0,56% del Centro-Nord.
Il contrario accade per gli altri indicatori che rilevano,
ancora una volta, una situazione di difficoltà per le Regioni del Mezzogiorno
che vedono diminuire il loro peso sul totale Italia e ciò avviene in maniera
più significativa per le Importazioni nette, i Consumi e gli Investimenti che,
fra il’91 ed il `96, diminuiscono rispettivamente del 29, del 26 e del 25%
circa.
Inoltre, a fronte di una diminuzione diffusa delle Unità di
lavoro e dei Consumi finali interni, più marcata nelle Regioni del Sud, si
osserva un incremento del Pro-dotto interno lordo in tutte le Regioni, fatta
eccezione per la Sicilia e la Sardegna. Gli aumenti più consistenti si so-no
verificati in Veneto, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna, per il Centro-Nord:
in Basilicata ed in Molise per il Mezzogiorno.
Da notare che la Basilicata è l’unica regione del Sud in cui
si sia verificato un incremento degli Investimenti, pari all’1,9% insufficiente,
tuttavia, ad attenuare la caduta di qua si il 25% degli Investimenti di tutta
l’area meridionale.
Si è potuto osservare che la consistenza del PIL nel
Mezzogiorno è pari a circa 1/3 di quello del Centro-Nord e la Popolazione poco
più del 36% di quella complessiva, tuttavia i rapporti Consumi Finali Interni-
PIL appaiono sensibilmente più elevati di quelli calcolati per le Regioni
settentrionali (Tav. 9), ed i valori pro-capite del PIL e dei Consumi finali
(Tav.10) mettono in evidenza la condizione più sfavorevole delle regioni del
Sud che vedono diminuire: il PIL dello 0.9% ed i Consumi, già più contenuti di
quelli delle regioni del Centro-Nord, del 27,4%.
Nel 1991 alcune regioni: Basilicata, Calabria, Sicilia, hanno
consumato più di quanto hanno prodotto e ciò è messo in evidenza dai rapporti
che forniscono valori superiori a 100 sottolineando una situazione di
indebita-mento nei confronti del resto del Paese e dell’Estero: non è un caso
che le quote delle Importazioni nette sul PIL siano le più elevate fra le
regioni meridionali, di per sè già molto superiori alla media nazionale.
Una simile situazione può essere spiegata considerando che
si tratta di Regioni in cui i processi produttivi so-no contenuti, mentre le
necessità delle famiglie debbono in qualche modo essere soddisfatte, e questo
può avvenire solo grazie a trasferimenti da parte della Pubblica
Amministrazione ed alle Importazioni.
Nel tempo i rapporti si riducono, sia pure lievemente, ma per le Regioni del
Mezzogiorno restano di gran lunga superiori: 71,3% contro il 57,2% del
Centro-Nord.
La maggiore propensione al consumo che emerge nel-le Regioni
meridionali e in particolare quella orientata ai beni di prima necessità quali
sono i beni alimentari (Tavv. 11 - 12), mediamente non ha subito grandi
variazioni, re-sta il fatto che le percentuali sono più elevate di quelle che
si registrano nel resto d’Italia e si collocano ben al di sopra del 20%.
eccezion fatta per l’Abruzzo che orienta il 17% circa della sua spesa per
consumi alimentari. Per quanto riguarda quest’ultima regione, occorre notare che
sembra avere un sistema economico più simile a quello delle regioni del
Centro-Nord piuttosto che a quello me ridionale: è plausibile, infatti, che i
confini geografici non corrispondano sempre a quelli economici per questo alcuni
indicatori rispecchiano andamenti analoghi a quelli di altre regioni confinanti
e comunque prossimi alla me-dia nazionale. Quella meridionale è, quindi, una
struttura di consumi tendenzialmente più legata di quella del Centro-Nord a
beni irrinunciabili che sono acquistati a prescindere dall’entità del reddito
disponibile, da qui il risultato di indici così elevati: se i consumi sono
rapportati ad un reddito basso, maggiore sarà il peso che essi avranno sul
totale. Anche il rapporto Importazioni nette/PIL mette in evidenza le
difficoltà di sviluppo dell’area meridionale. I segni negativi che per il 1991
ed il 1996 si osservano in corrispondenza delle Regioni del Centro-Nord (tav.9),
stanno a significare l’eccedenza delle Esportazioni sulle Importazioni, mentre,
per il resto d’Italia i segni risulta-no costantemente positivi ed il loro peso
sul PIL, anche se diminuito nel tempo, appare sempre come una quota troppo
elevata: intorno al 14%.
Tale situazione, se ci fossero i riscontri di una economia in
movimento, di Regioni cioè che si stanno sviluppando e che quindi trovano nelle
Importazioni quelle risorse necessarie per gli Investimenti, potrebbe
considerarsi positiva, ma può anche significare uno stato di incapacità a
sfruttare al meglio le risorse per aumentare il Prodotto interno nè, tantomeno,
affacciarsi al mercato internazionale.
I rapporti Investimenti fissi lordi/PIL nel 1991 hanno assunto valori
piuttosto elevati: la media italiana è pari a circa il 20%, mentre per il
Meridione si ha un 22,2% contro il 19,6% del Centro-Nord. Ad una prima
osservazione, tali valori possono far pensare ad una fase positiva per l’area
meridionale ma, come per le Importazioni, valgono le riflessioni fatte in
precedenza: poichè gli Investimenti del Sud sono stati pari al 27.7% (nel `91)
ed il 22,5% (nel `96) dell’intero ammontare degli Investimenti del Paese, ed
essendo i rapporti sul PIL elevati anche in assenza di una struttura produttiva
dinamica, ciò può essere spiegato dal fatto che, ancora una volta, si è in
presenza di un denominatore basso (ricordiamo che il PIL è risultato circa 1/3
di quello del Centro-Nord), il che porta ad ipotizzare un processo di
accumulazione di capitali a bassa redditività ed a lungo termine: valgano come
esempio le molte infrastrutture realizzate o solo iniziate nel Meridione che
sono state poco sfruttate o addirittura abbandonate.
La Tav.13 mostra un altro elemento che sottolinea una volta
di più il dualismo Nord-Sud: i Tassi di disoccupazione che nel Mezzogiorno
hanno superato il 21% con punte che vanno oltre il 25,% in Campania ed in
Calabria: unici segnali positivi giungono dall’Abruzzo e dalla Basilicata per le
quali i tassi di disoccupazione hanno regi-strato una diminuzione,
rispettivamente di 1 e 2,7 punti percentuali fra il 1991 ed il 1996.
La disoccupazione a livelli così alti, in media tre volte
maggiore di quella registrata nel resto del Paese, costituisce il problema più
pressante della popolazione meridionale che non riesce a trovare, nelle zone in
cui vive, una risposta adeguata alle proprie attese.
4.2. Le attività Terziarie nelle Regioni italiane
- I SERVIZI DI RETE
Fra le attività terziarie, quelle relative ai Servizi destinati alla vendita
occupano il maggior numero di Unità di lavoro: circa il 72% nel Centro-Nord ed
il 65% nel Mezzogiorno. Anche se le variazioni registrate fra il 1991 ed il 1996
appaiono di scarso rilievo, si nota tuttavia uno scambio di 1,5 punti
percentuali di unità di lavoro fra le due aree del Paese a favore di quella
settentrionale. Evidentemente, la recessione che ha colpito l’economia nei primi
anni ’90 non è stata adeguatamente affrontata da alcune imprese del Mezzogiorno
che: o hanno abbandonato la loro attività, o l’hanno trasferita al Settentrione
in cui le strutture economiche risultano in generale più forti.
Dei Servizi destinati alla vendita si è studiata la diffusione
territoriale di quelli denominati, nel par. 1.3, Servizi di
Rete, classificandoli secondo i raggruppamenti previsti dalla
classificazione Erba-Martini. Come già accennato, i dati necessari a questo
scopo sono forniti dai Censimenti economici, in questo caso,
sono stati messi a confronto i dati relativi al 1981, 1991 ed
al precensimento 1996, del quale sono disponibili ancora solo i
dati provvisori, ma che comunque forniscono informazioni utili
a confrontare le variazioni avvenute nel corso di questi ultimi anni
nel sistema produttivo del Paese.
I Servizi di Rete riclassificati, sono identificati in 6 classi
di attività:
Commercio di mezzi di trasporto e combustibili,
Trasporti (terrestri, marittimi, aerei),
Comunicazioni,
Credito,
Assicurazioni,
Intermediazione immobiliare.
Si tratta di attività che sono legate sia
al Sistema Produttivo che alle Famiglie, per questa ragione sembra
particolarmente interessante analizzarne la distribuzione territoriale in due
periodi distinti: uno che va dal 1981 al 1991 in cui si è avuta una certa
stabilità economica, l’altro che va dal 1991 al 1996 in cui ogni ramo
dell’economia del Paese ha dovuto affrontare gravi momenti di tensione .
L’analisi delle variazioni percentuali del numero degli
addetti ai Servizi’ di Rete (che sono sinteticamente raffigurate nel Gaf. 5 per
il periodo 1981-1991, e nel Graf. 6 per il 1991-1996), mettono proprio
chiaramente in evidenza la situazione precedentemente descritta. Infatti. mentre
nel primo gli andamenti, ad eccezione del settore dei Trasporti, sono tutti
positivi, nel graf.6, si ha una in-versione di tendenza.
Tuttavia. accanto ai chiari sintomi di sofferenza del Settore dei Servizi di
Rete nel suo complesso, occorre notare la risposta positiva da parte dell’Intermediazione
Immobiliare che riesce a trovare sempre maggiori spazi nelle varie
Regioni, in alcune di esse il numero degli ad-detti risulta, tra il `91 ed il
`96, più che raddoppiato. Questo si verifica di più nel Settentrione, ma anche
in regioni dell’Italia Centrale, come l’Umbria e, soprattutto. le Marche in cui
si è verificato l’incremento maggiore.
Il settore dei Trasporti, in forte difficoltà
negli anni `80. ha mostrato poi segni di ripresa in alcune regioni del Nord ma
anche in Umbria, Campania e Puglia.
4.3.La dimensione media aziendale dei Servizi di Rete
La dimensione media delle aziende che prestano Servizi di
Rete non mostra un settore in buona salute: a par-te l’evoluzione positiva nel
periodo 1981-1991 di Traspor-ti, Comunicazioni e, limitatamente alle regioni del
Centro-Nord, del Commercio di mezzi di Trasporto e Combustibili (che mantiene
una tendenza positiva anche nel periodo successivo), gli anni `90 rilevano un
ridimensiona-mento delle aziende che risulta più accentuato per il Credito,
l’Intermediazione Immobiliare e soprattutto per i Trasporti che nelle
regioni del Mezzogiorno subiscono una diminuzione tripla di quella verificatasi
al Centro-Nord. Il settore delle Comunicazioni, invece, appare più stabile al
Sud: la riduzione è del 5,69% contro il 47,05% del Centro-Nord e del 38,32%
della media nazionale.
4.4. La distribuzione territoriale dei Servizi di Rete
Fra gli strumenti che la Statistica economica ha ap prontato
per rilevare e misurare le differenze territoriali delle attività economiche,
vi sono gli indici di localizzazione e di vocazione
territoriale
Essi si ottengono in modo molto semplice:
gli indici di localizzazione (o specializzazione)sono
dati da: Ili = Lir / Lr : Li / L
gli indici di vocazione, sono dati da:
IVi=Lir/Pr:Li/P,incui:
Lir = numero degli addetti alle Unità Locali dell’attività i-esima nella
Regione r-esima;
Li = addetti alle Unità Locali dell’attività i-esima in Italia;
Lr = numero complessivo di addetti alle Unità Locali della Regione
r-esima;
L = numero totale di addetti in Italia;
Pr= popolazione residente nella Regione r-esima; P = popolazione
residente in Italia.
In particolare, gli indici di localizzazione sono
rapporti fra rapporti di composizione: infatti, Lir / Lr misura il peso
degli occupati di una determinata attività sul complesso degli occupati della
regione di riferimento; il secondo rapporto Li /L ha lo stesso
significato ma a livello nazionale.
Tali indici possono assumenre valori superiori, uguali o inferiori all’unità
proprio perchè la composizione regionale è messa a confronto con quella che è
una media nazionale, per questo possono essere anche considerati come una misura
indiretta della concentrazione di alcune attività in un
territorio piuttosto che in un altro.
Infatti, se per la regione r il risultato è superiore
al-l’unità, ciò significa che in quella regione c’è una presenza
dell’attività i superiore alla media nazionale e tale concentrazione è tanto
maggiore quanto più il risultato si al-lontana dall’unità in senso positivo.
Al contrario, vi sarà scarsa concentrazione se il risultato
sarà inferiore all’unità.
Per quanto riguarda gli indici di vocazione territoriale,
il riferimento è alla popolazione residente; similmente a quanto detto per gli
altri indici, i rapporti posso-no dare risultati superiori, uguali o inferiori
all’unità ed il loro significato deve ricercarsi nella predisposizione della
popolazione a determinate attività piuttosto che ad altre, da questo la
denominazione di indici di vocazione.
Si può osservare che, se gli indici di vocazione
metto-no in evidenza il dualismo Nord-Sud delle attività
considerate, gli indici di localizzazione sottolineano, con valori
superiori all’unità, l’evoluzione positiva che si è verificata nelle regioni
meridionali per: Commercio di mezzi di Trasporto e Combustibili, Trasporti,
Comunicazioni, con valori più elevati per la Calabria, la Sicilia e la
Sardegna.
Le attività Creditizie, da sempre diffuse,
innanzitutto nel Lazio, poi in Lombardia, Piemonte, Liguria ed altre Regioni
settentrionali, sembrano trovare maggiori spazi anche al Sud, dove la
localizzazione mostra valori che, anche se risultano inferiori all’unità, sono
in sensibile au-mento, soprattutto in Sicilia, in cui si rilevano valori
che si collocano al di sopra della media nazionale.
Le attività Assicurative sono senz’altro
caratterizzanti le Regioni settentrionali, ma è soprattutto per
l’Intermediazione Immobiliare che ne appare in aumento la vocazione, non
solo in Piemonte, Lombardia e Veneto in cui tradizionalmente sono state sempre
presenti, ma anche in Umbria e Marche ; invece, nonostante le informazioni
fornite dalle variazioni positive del numero degli addetti, non sembrano trovare
un adeguato sviluppo nel Meridione, in corrispondenza del quale sia gli indici
di localizzazione che quelli di vocazione assumono valori ben al
di sotto della media nazionale.
4.5. L’analisi delle corrispondenze
La tecnica di analisi delle corrispondenze, già
utilizzata per tutte le attività (così come è stato descritto nel par.2), è
stata applicata ai soli Servizi di Rete, quale strumento statistico utile ad
accertare quali attività, con le rispettive differenze di localizzazione,
determinano tali differenze fra le varie Regioni.
Com’è noto, questa tecnica permette di costruire
rappresentazioni grafiche bidimensionali semplificando la rappresentazione
grafica dei dati iniziali su uno o più piani; su di essi, le modalità del
carattere attività economica e territorio (regioni,
province,....) possono essere rappresentate come nuvole di punti contraddistinti
dalle corrispondenti coordinate rispetto ad un sistema di assi ortogonali di
riferimento23.
Il metodo dell’analisi delle corrispondenze si ritiene
efficace quando pochi fattori (due o tre) sono in grado di spiegare la
maggior parte della variabilità complessiva e comunque superiore al 70%.
Nella interpretazione dei fattori, si possono individua-re le
modalità che contribuiscono maggiormente a determinarli seguendo tre criteri24
:
1- i punti modalità con coordinata positiva
sono correlati positivamente ed i punti più interessanti sono quelli lontani
dall’origine poichè la loro correlazione (positiva o negativa) con il fattore
risulta più elevata.
L’apporto di ogni modalità alla determinazione di un asse
fattoriale può essere quantificata con un numero: il contributo assoluto,
che esprime la parte di variabilità del fattore dovuta alla modalità
stessa.
L’importanza che una modalità ha nella determinazione del
fattore è espressa anche dal contributo relativo che costituisce
una misura della bontà della rappresentazione (più il valore
risulta elevato, più la rappresentazione è buona).
Per una corretta interpretazione del grafico, occorre tener conto dei
seguenti legami:
due punti area sono tanto più vicini quanto più il loro
comportamento è simile;
la vicinanza di due punti attività implica
elevata correlazione positiva tra la loro distribuzione territoriale, men-tre la
lontananza implica elevata correlazione negativa;
la vicinanza di un punto area e di un punto
attività indica che quest’ultima è molto importante nell’area stessa e
contribuisce alla sua caratterizzazione economica.
Tenendo conto di tutto ciò, sono state eseguite due
applicazioni di analisi delle corrispondenze, i dati utilizzati
sono stati quelli regionali relativi al numero degli ad-detti alle Unità
Locali dei Servizi di Rete rilevati dal Precensimento economico del 1996.
La prima analisi considera le attività dei Servizi di
Re-te suddivise nelle sei sezioni che già sono state utilizzate
nella costruzione degli indici territoriali (par.4.3); la seconda analisi presenta
i Servizi di Rete in maniera disaggregata, individuando cioè le diciassette
sottosezioni da cui sono composti, così come indicato di seguito* :
1- COMMERCIO DI MEZZI DI TRASPORTO E COMBUSTIBILI,
1.1-Commercio, riparazione di autoveicoli e vendita
carburanti, (1) CRAVC
1.2-Noleggio autovetture, (2) NA
1.3-Noleggio altri mezzi di trasporto (3) NAMT
2-TRASPORTI
2.1-Trasporti terrestri (4) TT
2.2-Trasporti marittimi (5) TM
2.3-Trasporti aerei (6) TA 2.4-Attività di supporto
ed ausiliari dei trasporti (7) ASUT
3- COMUNICAZIONI
3.1-Poste e telecomunicazioni (8) PT
3.2-Attività radiotelevisive (9) AR
4- CREDITO
4.1-Intermediazione monetaria (10) IM
4.2-Altre intermediazioni finanziarie (11) AIF 4.3-Altre attività ausiliarie
della intermediazione finanziaria, escluse
le assicurazioni e i fondi pensione (12) AAIMF
5-ASSICURAZIONI
5.1-Assicurazioni e fondi pensione, escluse
le assicurazioni sociali obbligatorie (13) AFP 5.2-Attività ausiliarie delle
assicurazioni
e dei fondi pensione (14) AAFP
6- INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE
6.1-Attività immobiliari su beni propri (15) AIBP 6.2-Locazione di beni
immobili propri
e sublocazione (16) LBIP 6.3-Attività immobiliare per conto terzi (17) AICT
*Nei Grafici che seguono, le Regioni sono indicate dalle loro
sigle abbreviate, le singole attività dalle sigle, per i Graff.11 e 12 e
dai numeri indicati tra parentesi nel-l’elenco suindicato per il Graf.13.
a) Prima analisi
L’analisi delle corrispondenze mostra un istogramma in cui i
primi tre assi spiegano il 98,07% della variabilità complessiva ed in
particolare, il 71%, il 16,41% il 10,65% rispettivamente.
Il primo piano fattoriale, formato dai primi due assi,
permette di cogliere immediatamente la diversa "vocazione" delle
regioni italiane per le attività di Servizi di Rete.
Contribuiscono alla spiegazione della variabilità
complessiva del primo fattore, sia l’Intermediazione Immobiliare (59%),
sia le Comunicazioni (18%), ma tali attività si trovano in
versanti opposti del grafico. La prima, infatti, col Credito e le
Assicurazioni, contribuisce a caratterizzare l’economia soprattutto della
Lombardia, ma anche del Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Toscana; le seconde,
assieme ai Trasporti, si collocano significativa-mente in
prossimità del Lazio, Liguria e Campania.
Cattività di Commercio di Mezzi di Trasporto
e Combustibili contribuisce al secondo asse col 71.4% della variabilità
complessiva e risulta essere un’attività che caratterizza soprattutto
l’economia di Abruzzo, Puglia, Umbria, Marche e Sicilia.
Poichè il terzo fattore spiega il 10,65% della variabilità
complessiva, è stato analizzato anche il secondo pia-no fattoriale, in
questo modo si sono potute trarre ulteriori informazioni che vanno a completare
quelle ottenute dall’esame della prima rappresentazione. Infatti, si osserva che
i Trasporti, che contribuiscono col 52% a spie-gare la
variabilità complessiva del terzo asse, appaiono prossimi ai punti-regione
della Liguria, della Campania ed anche, sia pure in misura minore, del Friuli;
le Comunicazioni, il Credito ( rispettivamente col
22 ed il 20% di contributi assoluti) e le Assicurazioni caratterizzano il
Lazio e la Lombardia; mentre l’Intermediazione Immobiliare appare
rilevante anche per l’economia di Veneto ed Emilia Romagna; ed infine, il Commercio
di Mezzi di Trasporto e Combustibili presentano una concentrazione
maggiore in Calabria, Sicilia e Basilicata.
b) Seconda analisi
Per entrare ancor più nel meccanismo economico del-le
regioni italiane e conoscere quali, tra le attività che compongono le sei sezioni
in cui sono stati classificati i Servizi di rete, ha maggior peso, è
stata eseguita una seconda analisi da cui risulta ancora che i primi tre assi
spiegano più del 90% della variabilità complessiva partecipando ciascuno per:
il 41,33%, il 33,99% ed il 16,18% della variabilità stessa.
Osservando la distribuzione dei punti-regione e dei
punti-attività sul primo piano fattoriale, la regione Lazio appare
isolata da tutte le altre e ciò potrebbe indicare che l’analisi risulta in
qualche modo "influenzata" dal peso che la provincia di Roma esercita
sull’economia del resto della regione, da sempre è infatti sede privilegiata di
Trasporti, Comunicazioni, Commercio ed in genere, proprio di gran
parte di Servizi di Rete.
La conseguenza è che le altre attività e le altre regioni
si presentano come una nuvola di punti molto vicini fra loro ma in cui si può
notare la diversa collocazione delle Regioni appartenenti alle varie aree
territoriali:la rappresentazione grafica continua ad evidenziare una
contrapposizione Nord-Sud (Graf. 13).
I primi due assi che formano il primo piano fattoria-le,
spiegano il 75,31% della variabilità complessiva: il contributo maggiore al
primo asse è fornito dai Trasporti Aerei (61,3%) e dalle Attività
Radiotelevisive che, col Noleggio di Autovetture si
trovano particolarmente prossime al Lazio, il cui punto risulta situato da solo
nel quadrante negativo, così come è stato detto più sopra.
Le attività di Assicurazione dei Fondi Pensione e
le Altre Intermediazioni finanziarie si collocano vicino
alla Lombardia che tuttavia contribuisce, col 40,7% di variabilità complessiva,
al secondo asse fattoriale che può essere definito della "Intermediazione
Immobiliare", infatti, la Locazione di Beni Immobili Propri e
Sublocazioni e le Attività Immobiliari su Beni Propri, spiegano,
rispettiva-mente, il 30,3% ed il 12,6% della variabilità complessiva.
Per quanto riguarda le regioni meridionali, si rileva una certa
"vocazione" della Sicilia per i Trasporti Marittimi e
Campania e Puglia per Noleggio di Mezzi di Trasporto.
Poichè il terzo fattore spiega il 16% della variabilità
complessiva, si è analizzato anche il piano formato dagli assi 2 e 3 (che non
si è ritenuto di dover pubblicare), ed in cui, i punti-regione e attività
appaiono più distribuiti fra i vari quadranti, confermando comunque le
informazioni tratte dalla prima analisi, con una aggiuta: una interessante
caratterizzazione delle Attività Ausiliarie dei Fondi Pensione in
Lombardia, dei Trasporti Marittimi (che contribuiscono a spiegare
il 61,6% della variabilità complessi-va del terzo asse) per l’economia della
Liguria e delle Attività di Supporto e Ausiliari del Trasporto per
il Veneto. Le analisi territoriali relative ai Servizi di Rete sembrano portare
agli stessi risultati: a parte l’evidente diverso comportamento economico del
Centro-Nord e quello del Mezzogiorno, le misure di localizzazione e l’analisi
delle corrispondenze hanno fatto emergere elementi che sembra-no tentativi di
miglioramento economico anche da parte di alcune regioni meridionali. Infatti,
la localizzazione (par. 4.4), relativa al periodo 1981-1996, indica valori
elevati in corrispondenza di Calabria, Sicilia e Sardegna per Commercio di
mezzi di trasporto e combustibili, Tra-sporti e Comunicazioni, ma
anche una interessante concentrazione di attività del Credito per
la Sicilia.
L’analisi delle corrispondenze, riferita al solo 1996, evidenzia che i Trasporti
contribuiscono a caratterizzare i Servizi di Rete della Campania; i Trasporti
Marittimi quelli della Sicilia ed il Noleggio di mezzi di
trasporto della Puglia e della stessa Campania; è inoltre confermata la
vocazione per il Commercio di mezzi di trasporto e combustibili per
Calabria e Sicilia ma risulta importante anche per la Basilicata.
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