Una inquietante riforma ormai alle porte. Le trappole del federalismo
Sergio Cararo
Quale sarà il volto delle istituzioni locali e nazionali nei
prossimi mesi? Il “federalismo dall’alto” sta disegnando la nuova mappa dei
poteri. Le conseguenze già oggi visibili sono la nascita di un blocco di potere
fondato su amministratori, managers del terzo settore e tecnocrati, l’aumento
della divaricazione tra Nord e Sud, lo smantellamento dei servizi sociali locali
ed un vertiginoso aumento della tassazione. Altro che sussidiarietà e partecipazione
dei cittadini alle scelte di governo!! Dietro il “mito delle Regioni e delle
municipalità” incombono gli “spiriti” di Maastricht, del mercato... del Profit
State.
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Un invito a non tirare troppo la corda viene anche da Cesare
Cava (responsabile finanze della Lega delle Autonomie Locali) secondo cui “Appare
quantomeno singolare che il Governo sia fortemente impegnato per ridurre di
un punto percentuale le aliquote Irpef e contestualmente consentire, se non
obbligare, l’applicazione di una addizionale Irpef comunale” [1].
6. Privatizzazioni, aumenti di tasse e tariffe: un “destino
manifesto” ?
Le cronache locali e finanziarie degli ultimi quattro anni,
sono piene di avvenimenti come le privatizzazioni delle principali aziende municipalizzate
(ACEA a Roma, AEM a Milano, AMGA a Genova, AEM a Torino etc.), le loro quotazioni
in borsa e la loro corsa a fuzioni e concentrazioni (ultima in ordine di tempo
quella tra le aziende energetiche di Roma, Milano e Torino). Il processo di
privatizzazione ormai dilaga in ogni ambito dove prima gli enti locali (oltre
che lo Stato) dovevano assicurare direttamente l’erogazione dei servizi.
Egemonia neoliberista, rigorismo di bilancio ed euforia federalista
hanno impresso una accelerazione impressionante a tale processo. Il principio
di sussidiarietà tra Stato centrale ed istituzioni locali nell’erogazione e
gestione dei servizi sociali, è andata letteralmente “ a farsi friggere” perchè
la filosofia che ispira entrambi è praticamente la stessa.
La denuncia sulla contraddizione tra “i conti in ordine” per
i Comuni e il peggioramento delle prestazioni e dei servizi sociali, arriva
- paradossalmente - non dalle aree povere del Meridione ma da una area “ricca”
della dorsale adriatica : le Marche.
Secondo i dati elaborati dallo SPI-CGIL ad Ancona, dal 1997
al 1998, le entrate totali del Comune sono passate da 265 a 366 miliardi con
un incremento del 38% e le previsioni per il 1999 prevedono un ulteriore balzo
a 507 miliardi (+39%). A fronte di questi sostanziosi aumenti delle entrate,
la spesa sociale corrente dal 1997 al 1998 è cresciuta solo dello 0,1% e destinata
ad incrementarsi per il 1999 solo dello 0,5%. La tendenza, secondo il sindacato
dei pensionati, è simile nel resto della Regione [2].
Un primo effetto di questa legittimazione del Profit State
a livello locale e nazionale, è stata l’esplosione delle imposte locali
e l’aumento delle tariffe dei servizi ormai completamente affidate a società
private o privatizzate in questi anni. Il processo di trasformazione in SpA
delle ex aziende municipalizzate nell’energia, le acque, i trasporti, l’igiene
urbana “spinge le aziende alla ricerca di performance di profitto ed efficenza
che comprtano un inevitabile salto di qualità negli investimenti e nella ridefinizione
delle tariffe...la ricerca di una più alta qualità del servizio, anche nell’interesse
degli azionisti e nella remunerazione del capitale investito, non in tutti i
settori significherà un risparmio per i cittadini” commenta un quotidiano
economico [3].
Accantonando l’ICI e le addizionali regionali, comunali e prossimamente
provinciali dell’Irpef e dell’Irap, che sono già operative, sul fronte dei servizi
le notizie sono ancora peggiori.
Ad esempio sulla questione dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU),
la tassa locale (la Tarsu) scomparirà ma non per alleviare i nostri redditi,
anzi, verrà trasformata in servizio a tariffa perchè dovrà coprire tutta la
spesa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Ciò significherà due cose
ben precise: l’introduzione dell’IVA come sulle altre tariffe ed un aumento
compreso tra il 20 e il 30% delle bollette da pagare.
Ma non c’è solo questo. Le tariffe dell’acqua crescerannno
del 30-40% (in alcuni casi anche di più) mentre marcia speditamente la privatizzazione
o la concentrazione selvaggia delle società che gestiscono gli acquedotti (in
pista c’è anche l’onnivora ENEL). Secondo l’amministratore delegato dell’ACEA,
i soggetti che potranno gestire acque e acquedotti dovranno diminuire “da 9.000
a ...dieci” e il primo passo di aggregazione - secondo Cuccia - “non può che
essere un discorso federativo” [4].
Le tariffe del gas - dove le tasse rappresentano il 50% della
tariffa con il paradosso delle imposte conteggiate due volte - sono destinate
ad aumentare anche a causa delle quote da versare agli enti locali [5].
Infine occorre segnalare le conseguenze delle privatizzazioni
e concentrazioni in corso nel settore dell’elettricità. Da un lato la “liberalizzazione”
che deriverà della privatizzazione lascia il campo aperto su questo mercato
strategico alle società private, dall’altro le ex aziende municipalizzate stanno
dando vita a nuove concentrazioni per partecipare non solo alla spartizione
del mercato dell’energia ma anche in altri settori. Il presidente dell’ACEA
Fulvio Vento (anch’egli ex dirigente sindacale della CGIL), in occasione del
protocollo d’intesa raggiunto tra l’azienda romana con le aziende AEM di Milano
e Torino, ha dichiarato che “l’alleanza a tre potrebbe riguardare anche il
gas, compatibilmente con la liberalizzazione del settore” . L’accordo potrebbe
estendersi anche all’AMGA di Genova [6].
Sulla composizione delle tariffe elettriche già oggi pesa la
quota destinata agli enti locali, ma è evidente come la fine del controllo pubblico
sulle tariffe non può che spianare la strada ad operazioni finanziaria piuttosto
“corsare” come quella - denunciata dalla Telecom - che ha visto l’Enel scaricare
sulle bollette elettriche i costi dei debiti accumulati dalla società telefonica
Wind di cui l’Enel è uno dei maggiori azionisti. Una cosa sembra ormai mettere
d’accordo tutti gli osservatori : la concorrenza al ribasso sulle tariffe è
già finita, essa è servita solo a gettare fumo negli occhi nella fase delle
privatizzazioni.
Se questa è la fotografia delle situazioni locali nel nostro
paese, il federalismo dall’alto non può che rivelarsi come una ulteriore “cura
da cavallo” su un corpo sociale già fortemente indebolito dalle finanziarie
d’urto che hanno contraddistinto l’integrazione dell’Italia nell’Europa di Maastricht,
anzi, si ha la netta impressione che questo processo ne sia una connessione/conseguenza
strettissima mascherata e legittimata dall’inganno della sussidiarietà.
Le trappole del federalismo sono dunque numerose e sarà bene che la sinistra
e il sindacato se ne accorgano per tempo per sbarrare la strada alle inquietanti
avventure nel quale vuole catapultarci una classe dirigente che sembra potersi
collocare indifferentemente a destra come a sinistra dello schieramento politico.
Ci interessa molto indagare la natura sociale e le ambizioni di questa classe
dirigente. Nel Duemila il federalismo rischia di diventare realtà ed a questo
vorremmo dedicare una seconda parte del nostro lavoro sul prossimo numero di
Proteo.
[1] Dichiarazioni
comparse rispettivamente su : Unità del 2/9/99; documento dell’UPL del 11.10.99;
L’Opinione del 2/10/99; Unità/Autonomie del 30/9/1999.
[2] “Il Comune si fa ricco.Il
welfare si fa povero” in Unità/Autonomie del 30 settembre 1999.
[3] “Acquedotti, da 9mila si ridurranno fino a 10”, Milano Finanza del
7 settembre 1999.
[4] “Servizi migliori anche se più cari. Enti locali
e amministrazione centrale passano la mano a vere aziende con logiche imprenditoriali”,
Italia Oggi dell’ 8 novembre 1999.
[5] “Acqua,
gas e rifiuti. Ronchi minimizza ma rincarano” su Autonomie del 14 ottobre 1999.
[6] “ACEA-AEM, ora nasce l’anti-Enel”, Milano
Finanza del 10 novembre 1999.