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Relazioni tra Cina ed America Latina. Lo stato dell’arte

EDUARDO REGALADO, ELDA MOLINA

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Premessa

Negli ultimi anni si è intensificata la presenza della Cina in America Latina, dando origine ad un ampio dibattito incentrato principalmente sulla valutazione di tale evento visto come opportunità oppure minaccia. Nel presente articolo si ha intenzione di analizzare la natura dei rapporti tra Cina ed America Latina. A tal fine si parte da una breve descrizione degli attori, successivamente si mostrerà lo sviluppo che hanno raggiunto le relazioni cino-latinoamericane, enfatizzando le motivazioni di ogni singolo attore nel sostenere un ampliamento delle stesse, per infine valorizzare ciò che hanno significato questi rapporti fino ad oggi e le possibili future implicazioni, soprattutto per l’America Latina, quest’ultima essendo la parte maggiormente colpita da tali relazioni.

1. Descrizione degli attori: Cina - America Latina

1.1 CINA Negli ultimi anni la Cina ha incrementato in maniera considerevole il suo peso nell’economia mondiale, essenzialmente nel settore produttivo, nel commercio internazionale ed in quello finanziario. L’economia nazionale cinese è cresciuta ad un tasso nazionale medio del 9,67% dal 1978 e negli ultimi cinque anni ha superato la soglia del 10%, per tale motivo è considerata una delle principali locomotive della crescita mondiale. Attualmente è la quarta economia mondiale con un PIL di 10,17 trilioni di dollari, con un incremento nel 2007 dell’11,4%. La crescita accelerata comporta una forte domanda di materie prime ed energia. Il consumo giornaliero di combustibili si stima in 6,3 milioni di barili di petrolio (l’8% del totale mondiale). Nello stesso modo la sua domanda di materie prime ha prodotto un aumento del consumo mondiale dei principali metalli del 50% negli ultimi anni. D’altra parte si tratta di un paese di circa 1 miliardo e 350 milioni di persone con una crescita annuale della sua popolazione di 10-12 milioni. Se a ciò si aggiunge il fatto che soltanto l’11% della superficie del paese è costituita da terre coltivabili e che la desertificazione cresce al ritmo del 18% annuo, si può comprendere come tale ritmo generi un forte aumento della domanda di alimenti a livello mondiale. Per avere un’idea, nel 2004 la Cina era già il principale consumatore mondiale di rame, stagno, zinco, platino, acciaio e minerali ferrosi; il secondo consumatore di alluminio, idrocarburi, piombo e soia; il terzo di nichel ed il quarto di oro. Nella maggior parte di questi casi la sua partecipazione al consumo mondiale è di circa il 20%, essendo duplicata tra il 1990 ed il 20041. È da tener presente inoltre che la strategia di sviluppo elaborata dalla Cina ha l’obiettivo di costruire una società di benessere, per la quale necessita di quadruplicare il PIL pro capite. Ciò implicherà a sua volta l’incremento del consumo che in qualche modo inciderà sulle importazioni. Collegata ad esso è l’attesa della crescita della classe media (che già oggi costituisce il 19% della popolazione e ci si attende che entro il 2020 raggiunga il livello del 40%) che presuppone un incremento della domanda. In tale contesto la Cina ha importato 865.500 milioni di dollari negli undici primi mesi del 2007, il che la pone al terzo posto mondiale come paese importatore2. Rispetto alle esportazioni mondiali, il paese occupa il secondo posto con 1,1 trilioni di dollari. Tali cifre sono il risultato di una strategia di sviluppo per cui il settore d’esportazione è stato incaricato di sostenere la crescita economica. Nel futuro prossimo si confida in andamenti simili poiché la crescita costituisce non soltanto una necessità dello sviluppo economico cinese, ma anche una necessità dal punto di vista sociale e politico per ciò che concerne in materia di occupazione. In tal modo il paese ha bisogno di mantenere ritmi di esportazione che garantiscano questi processi. La partecipazione della Cina al commercio internazionale ha avuto una forte ricaduta sui prezzi. Da un lato ha contribuito alla crescita dei prezzi di determinati prodotti (come il ferro, l’oro, il petrolio, la soia) dovuta all’aumento della domanda cinese, e dall’altro ha portato ad una diminuzione dei prezzi dei prodotti in cui la produzione locale eccede il consumo interno (giocattoli, tessile, confezioni e prodotti dell’industria elettronica), per l’aumento dell’offerta a prezzi relativi bassi. L’altro aspetto da tenere presente è la partecipazione della Cina alle finanze internazionali, tanto come percettore che come allocatore di flussi. I flussi finanziari, di tutti i tipi, che vanno ai paesi sottosviluppati, sono molto concentrati in una decina di paesi ed in tutti i casi la Cina è uno di questi. Si distingue soprattutto come percettore di IDE (Investimenti Diretti Esteri). È la destinazione più attrattiva del mondo3, superando gli stessi Stati Uniti ed è considerata il paese che genera più fiducia negli investitori. Nel 2007 ha ricevuto 90.400 milioni di dollari in investimenti, con gli IDE che hanno contribuito al più del 50% della crescita delle sue esportazioni4.

Come fornitrice di fondi al resto del mondo, sebbene l’importanza della Cina sia limitata, è pur vero che la sua presenza sta crescendo. Si consideri che il paese accumula grandi riserve5 mediante le quali fornisce flussi di denaro economico al resto del mondo, soprattutto agli USA. Inoltre è rilevante il suo affermarsi come origine importante di IDE. Sebbene le somme investite dalla Cina all’estero rappresentino ancora una porzione relativamente piccola degli investimenti all’estero del mondo, sono cresciute negli ultimi anni a livelli e ritmi sorprendenti. Di fatto alcuni analisti segnalano la possibilità che per il 2012 gli investimenti cinesi all’estero superino quelli in entrata (THE ECONOMIST, 2007). La sua posizione come investitrice l’ha portata a posizionarsi nella lista dei primi esportatori, scalzando il Giappone, posto che precedentemente non era mai stato occupato da un paese sottosviluppato. In tal modo si posiziona al quinto posto al mondo in quanto a flussi, dopo gli USA, la Germania, il Regno Unito e la Francia (UNCTAD, 2006; THE ECONOMIST, 2007).

Fonte: Bázquez, Rodríguez y Santiso (2005), BBVA

Ad oggi circa 10.000 imprese cinesi hanno allocato i propri capitali in più di 170 paesi e regioni. Le destinazioni principali dei suoi investimenti sono l’Asia (specialmente Hong Kong), Africa ed America Latina. Stando ad alcune fonti il flusso di investimenti diretti cinesi all’estero si aggirava intorno ai 16 mld di dollari nel 2007 (v. il Trade fact of the week del 24 ottobre 2007), mentre altre stimano che abbia oltrepassato i 20 mld di dollari (EFE, 20.01.2008). Rispetto allo stock di investimenti, siamo in presenza di una cifra che va dai 75 ai 90 mld di dollari, occupando il ventiduesimo posto al mondo (CIA, 2007). Gli IDE verso l’estero le garantiscono l’accesso alle risorse naturali (petrolio, gas, minerali di ferro) di cui necessita e le permettono di trovare mercati per le industrie dove la domanda cinese è coperta ed esiste un eccesso di capacità degli impianti (macchinari, attrezzature elettroniche), per cui c’è da aspettarsi che si mantenga o si ampli la tendenza. Il gigante asiatico sta emergendo anche come fornitore potenziale di prestiti ed assistenza per lo sviluppo. Negli ultimi anni è andata formandosi una tendenza che favorisce i prestiti bancari proprio tra i paesi sottosviluppati attraverso i c.d. prestiti sindacati sud-sud. La Cina ancora non occupa un posto importante come prestatore in generale, però negli ultimi anni è andata crescendo tale tendenza. Tra il 2004 ed il 2006 le banche dei paesi sottosviluppati hanno offerto il 4,5% del totale dei prestiti sindacati internazionali, per un valore di circa 5,3 mld di dollari, dei quali quasi? sono stati concessi da banche cinesi, indiane, malaysiane e sudafricane. Le banche cinesi, in particolare la Banca di Esportazione ed Importazione della Cina e la Banca dello sviluppo della Cina, hanno erogato quasi la metà del totale dei prestiti (circa 2,4 mld di dollari) (BANCA MONDIALE, 2007). Per quanto riguarda l’assistenza ufficiale al sottosviluppo, nuovi paesi sottosviluppati stanno emergendo come nuovi donatori di aiuti (malgrado essi stessi ne siano percettori), sebbene risulta difficile quantificarne volume, composizione e distribuzione dal momento che, per ragioni ovvie, tale attività non viene riportata ufficialmente. Tra questi nuovi donatori vi sono paesi come il Brasile, la Cina, l’India e la Russia. Il governo cinese inoltre eroga prestiti concessionari e aiuti, attualmente soprattutto all’Africa, tramite la Banca di Esportazione ed Importazione della Cina. 1.2 AMERICA LATINA Se si osservano superficialmente gli indicatori macroeconomici dell’America Latina a partire dal 2003, come la crescita del PIL e l’andamento dei propri conti con l’estero, si potrebbe pensare che la regione ha cominciato a transitare verso una fase di recupero che la porterà a superare i problemi che l’affliggevano all’inizio del decennio. Tuttavia la realtà è ben distinta. Non è la prima volta negli ultimi venti anni che la regione latinoamericana e caraibica attraversa un periodo di crescita economica globale modesta di durata però breve. Si tratta comunque di una crescita limitata se comparata con quelle di altre regioni come l’Asia, l’Europa orientale e finanche l’Africa. D’altro canto tale crescita è controversa all’interno della stessa regione poiché esistono notevoli differenze tra i paesi e le subregioni. Altro elemento da tenere presente è che perdura la forte dipendenza esterna dal commercio e dagli investimenti (capitali e tecnologia), per cui la crescita è stata influenzata da congiunture esterne favorevoli, in questo caso dovute al commercio mondiale ed agli alti prezzi delle materie prime. I conti esteri mostrano un andamento favorevole, ma in realtà sono stati il riflesso di abbondanti fuoriuscite di capitali in favore delle rendite e degli interessi sui debiti scaduti contratti con organismi finanziari internazionali. Da ultimo, gli apparenti risultati incoraggianti non hanno avuto una ripercussione interna positiva, giacché non vi è stata evidenza di un loro contributo alla creazione di basi solide per una crescita continuata o per un futuro sviluppo economico e sociale. Al contrario, non v’è stato un miglioramento apprezzabile negli indicatori sociali come l’impiego, i salari reali o la riduzione della povertà. Per tutti questi motivi si può sostenere che il modello di sviluppo conosciuto come il Washington Consensus, promosso dal FMI e dalla BM, ha fallito, il che potrebbe spingere alla ricerca di una nuova integrazione internazionale attraverso il commercio e gli investimenti. Precisamente, la fine del modello neoliberista ha coinciso con l’incremento dei rapporti economici di alcuni paesi latinoamericani con la Cina a partire dalla visita di Hu Jintao nella regione nel 2004. Sarà la crescita delle relazioni tra la Cina e l’America Latina la risposta al soddisfacimento delle necessità di entrambi? Per poter rispondere a questa domanda bisogna partire dall’analisi dello stato attuale delle relazioni bilaterali.

2. Situazione attuale delle relazioni tra Cina ed America Latina

2.1 MOTIVAZIONI Esistono interessi comuni per l’ampliamento delle relazioni tra Cina ed America Latina. Le più evidenti sono l’espansione del commercio tra le due regioni e la mutua collaborazione in differenti sfere come quelle economica, culturale, accademica, sportiva ed educativa. Contemporaneamente ognuna delle due parti ha delle specifiche motivazioni. Nel caso della Cina il principale interesse è economico, senza escludere gli altri. In primo luogo l’America Latina rappresenta per la Cina un mercato stabile da dove importare materie prime, energia e alimenti ed una piazza dove allocare investimenti per garantirsi queste importazioni ed, in secondo luogo, sebbene non sia il più importante, anche un mercato dove esportare prodotti finiti (tessile, elettronica ecc.). Inoltre la Cina ha un marcato interesse geopolitico in America Latina giacché la connessione tra l’Atlantico ed il Pacifico è la chiave per l’allargamento del suo commercio con il resto del mondo. In questo senso i rapporti con Panama, Cile, Brasile ed Argentina sono molto importanti. Un secondo obiettivo geopolitico potrebbe essere l’accesso al mercato nordamericano tramite l’America Latina. La Cina ha una relazione abbastanza conflittuale con gli USA dovuta alla situazione commerciale intercorrente tra i due, per cui non sarebbe da disprezzare il tentativo di continuare a penetrare tale mercato attraverso terzi, in questo caso utilizzando i tradizionali legami commerciali della regione con questo paese. Le motivazioni cinesi sono parecchie: ottenere appoggio diplomatico nella sua controversia con Taiwan e nel suo posizionamento globale; rafforzare ed equilibrare i propri legami nello scenario mondiale6; stabilire alleanze con paesi in sviluppo per solidificare la propria posizione nella OMC. L’America Latina, da parte sua, ha corposi interessi economici ed anche geopolitici e politici, sebbene c’è da tener presente che non si può parlare della regione come un tutt’uno, dal momento che esistono differenze di interessi da paese a paese. Dal punto di vista economico l’America Latina desidera espandersi ed aprire nuovi spazi per i propri prodotti; raggiungere una maggiore diversificazione geografica della sua domanda; ottenere capitali e tecnologia e raggiungere un altro punto di appoggio per il suo sviluppo che la renda meno dipendente dagli USA. Le relazioni con la Cina potrebbero essere un passo di avvicinamento all’Asia, il che le permetterebbe di diversificare le proprie relazioni estere e potenziare la propria capacità di negoziazione nei confronti dei terzi.

2.2 STRATEGIE La strategia sviluppata dalla Cina nei propri rapporti con l’America Latina appare molto pragmatica, studiata e di ampio respiro, cioè si tratta di una strategia di Stato, non escludente, disegnata ad ampio raggio e che abbraccia differenti aree. I rapporti economici costituiscono il centro delle loro relazioni. Siccome il suo principale interesse è ottenere materie prime, energia ed alimenti, la Cina si è preoccupata di non inondare i mercati latinoamericani con esportazioni massicce, per evitare conflitti commerciali con la regione (i casi del Messico e del Centro America sono una eccezione). In ambito politico ha prevalso la “diplomazia morbida” e la “ascesa pacifica”, il che significa che le relazioni si fondano sul rispetto reciproco, la non aggressione, il non intervento nelle vicende interne, l’eguaglianza ed il beneficio reciproco e la coesistenza pacifica. Egualmente le relazioni si caratterizzano per non avere condizionamenti o imposizioni politiche. Il pragmatismo si evidenzia a sua volta nel fatto che la Cina ha stabilito relazioni tanto con i partiti al potere che con le forze d’opposizione. Attualmente intrattiene rapporti con 90 entità politiche di 29 paesi7. D’altra parte ha incrementato la propria presenza e cooperazione negli organismi regionali8. Di contro l’America Latina è carente di una strategia meditata, coerente e di ampio respiro. In primo luogo non si tratta di un solo paese, in secondo luogo non tutti i paesi hanno interesse nello sviluppo delle relazioni con la Cina perché non tutti possono beneficiarne nella stessa misura, anzi alcuni possono addirittura esserne pregiudicati. In terzo luogo i governi non hanno la forza, la capacità di mobilitazione o di coinvolgimento che ha il governo cinese. Si può dire pertanto che l’America Latina ha risposto passivamente con una scarsa integrazione al progetto di sviluppo cinese e che in luogo di una politica di ampio respiro tutt’al più esistono reazioni. Forse un’eccezione è il Brasile.

2.3 RISULTATI COMMERCIO Sebbene il volume degli scambi non sia da sottovalutare, ciò che va sottolineato è la rapidità dell’incremento dei rapporti. Attualmente la Cina è il terzo partner commerciale dell’America Latina. Nel 1975 il commercio bilaterale era di appena 200 milioni di dollari, mentre nel 2007 raggiungeva la cifra di 102 miliardi di dollari, secondo i dati pubblicati dall’agenzia Xinhua il 31 gennaio 2008, sorpassando il livello che la Cina stimava di raggiungere entro il 2010 (100 miliardi di dollari). Il tasso di incremento medio annuo del commercio bilaterale tra il 2001 ed il 2006 è stato del 33,8% e dal 2006 al 2007 del 46,2%. Tuttavia l’interscambio si concentra in sette paesi latinoamericani, le cui esportazioni totali si aggirano tra l’80 ed il 95% di tutte le esportazioni della regione verso la Cina. Si riportano le quote di alcuni paesi relative al totale delle esportazioni: 40% il Brasile, 17% il Cile, 15% l’Argentina, 10% il Messico, il Perù 7% e 3% sia il Venezuela che il Costa Rica (CEPAL, 2006: cap. 5). In generale la crescita del commercio con la Cina e dei prezzi dei prodotti di esportazione ha significato per l’America Latina un incremento delle sue entrate grazie all’esportazione che in buona parte ha spiegato la crescita mostrata dalla regione latinoamericana negli ultimi anni. È aumentata anche l’importanza dell’America Latina per la Cina come partner commerciale soprattutto perché è diventato il principale fornitore del paese asiatico in vari beni (soia, rame, minerali di ferro, nichel, farina di pesce, cuoio, zucchero, zinco, stagno, uva, ecc.)9. Nonostante ciò la regione è posizionata soltanto dopo gli USA, il Giappone e la UE. La Cina esporta in America Latina solo il 3% circa delle sue esportazioni totali ed importa dalla regione circa il 4% del totale delle sue importazioni (CEPAL, 2006: cap. 5)10. L’America Latina per parte sua importa dalla Cina circa il 9% del totale delle importazioni. Anche dal punto di vista qualitativo si nota una disparità nelle relazioni: mentre il 70% di tutto ciò che importa la Cina dall’America Latina sono prodotti primari e manifatture derivate da materie prime, l’America Latina importa dalla Cina per lo più manifatture. FINANZA La Cina ha concesso prestiti all’America Latina, tuttavia, nelle relazioni finanziarie si evidenziano gli investimenti diretti. Il paese è un esportatore netto di capitali in America Latina, dove ha investito più del 50% del valore totale dei suoi investimenti all’estero, trasformando l’America Latina nel secondo destinatario degli IDE cinesi. Nei primi novi mesi del 2007 gli investimenti cinesi nella regione sono stati di 9.300 milioni di dollari, diretti ai settori delle infrastrutture, della manifattura, minerario ed energetico (Xinhua, 31 dicembre 2007). Per il futuro, fino al 2015, ci si attende un ritmo di investimento medio di 10 miliardi annui di dollari. Sebbene gli investimenti cinesi nella regione non possono considerarsi ancora molto significativi, in termini relativi, se si osservano quelli accumulati si nota un’importante crescita. Nel 1999 la regione percepiva 8.200 milioni di dollari di IDE cinesi e nel 2007 la cifra cresceva a 70.000 milioni di dollari.

COLLABORAZIONE Per quanto riguarda la collaborazione, la Cina ha stretto accordi di assistenza con nazioni latinoamericane in materia di infrastrutture, agricoltura, medicina, aiuti umanitari, cultura e sviluppo sociale. Il paese ha sottoscritto circa 100 progetti nella regione, soprattutto in ambito agricolo, spaziale e dell’energia atomica. Ha firmato inoltre accordi in materia di promozione e protezione reciproca di investimenti con 11 stati della regione. SICUREZZA La presenza della Cina in materia di sicurezza è ancora molto limitata, però già interessa alcuni settori importanti come la vendita di armi ed altri equipaggiamenti militari, il possibile uso di satelliti militari che la Cina ha costruito con il Brasile, la protezione delle vie di comunicazione marittime tra l’America Latina e la Cina ecc.

3. Cina: opportunità o minaccia per l’America Latina?

3.1 OPPORTUNITÀ Finora le relazioni tra Cina ed America Latina sono risultate indiscutibilmente benefiche per la prima, dal momento che le garantiscono le risorse necessarie a sostenere il dinamismo del suo sviluppo economico. Si può prevedere un loro ampliamento nel futuro prossimo, essendo una opportunità per la Cina. Tuttavia si può dire lo stesso per l’America Latina? In primo luogo è da tener presente che la possibile incidenza negativa o benefica sarà differenziata (per paesi e regioni) e dipenderà dall’evoluzione dei rapporti commerciali, finanziari e dalle politiche praticate da entrambe le parti. Le opportunità che le relazioni con la Cina offrono all’America Latina sono concentrate in quei paesi che beneficiano della domanda e degli alti prezzi dei prodotti che esportano, che hanno inciso sulla loro crescita attuale. In egual modo i paesi latinoamericani che ricevono investimenti cinesi beneficiano per l’accesso a finanziamenti e tecnologia, il che può tradursi in una futura crescita del livello delle esportazioni. In tal modo le economie principali del Sud America (Brasile e Cile, ed in minor misura l’Argentina) sono le vincitrici assolute di tali relazioni con la Cina, principalmente sulla base delle esportazioni di alimenti e materie prime strategiche.

3.2 MINACCE Per le altre economie della regione, come nel caso del Messico e gran parte del Centro America, è stato chiaro che in luogo della complementarietà ha prevalso una relazione di concorrenza tra gli stessi prodotti (beni intermedi e manifatturiero leggero) che colpisce questi paesi da due punti di vista: con la sostituzione dei suoi mercati esterni (specialmente in riferimento a quello statunitense)11 e con l’occupazione dei suoi mercati interni. In sostanza i vantaggi comparativi e competitivi della Cina (costi di manodopera, trasporti, ecc.) stanno causando una perdita di competitività a questi paesi, che a sua volta sta portando ad una migrazione di capitali e conseguentemente ad un incremento della disoccupazione. Dall’altro lato si sta producendo uno sbilanciamento commerciale a favore della Cina. Nel caso del Messico, la partecipazione del paese asiatico alle sue esportazioni totali non arriva all’1%, tuttavia è la seconda maggiore fonte delle sue esportazioni. Altra minaccia per la regione è la possibilità che si consolidi un modello esportatore di prodotti di basso valore aggiunto i cui prezzi, volatili, tradizionalmente hanno avuto una tendenza a calare. Alcuni analisti avvertono sul pericolo di deviazione dei finanziamenti, e cioè che entrambi competano per la ricezione di flussi di capitali internazionali, in particolare degli IDE. Di fatto la Cina ostenta il suo essere nella “categoria di investimento” A2, secondo le agenzie di valutazione del rischio, mentre la maggior parte dei paesi latinoamericani non ne fanno parte, nemmeno il Brasile, e gli investitori, senza dubbio, preferiscono investire dove esistono meno rischi. Inoltre l’attrazione di IDE da parte della Cina non si fonda soltanto sulle agevolazioni legali ed impositive che offre agli investitori, che di fatto sono molto comuni a quasi tutti i paesi, piuttosto sulle opportunità che offre di ottenere profitti, variabili anche in base allo stesso effetto che gli IDE producono sugli indici dei vantaggi comparativi e competitività, che possono cambiare e colpire alcuni paesi negativamente a vantaggio di altri. In questo senso sì che si produce disinvestimento, ossia trasferimento di fabbriche o parti di esse dal Messico, Filippine, Tailandia, Malaysia e dagli stessi USA, Giappone e Cina. Tuttavia se si osserva la tendenza degli IDE verso i paesi sottosviluppati dalla fine del decennio passato, non si può sostenere che le somme ricevute dalla Cina siano responsabili della minore ricettività di IDE dell’America Latina negli ultimi anni, poiché altri paesi, come ad esempio l’Europa dell’Est, hanno ricevuto flussi superiori a quelli del gigante asiatico. Ancora, non va sottovalutata la presenza di altri fattori interni (politici o di identità nazionale, per menzionarne alcuni) che spiegano il comportamento degli investitori in Cina. In questo senso si stima che quasi un terzo degli IDE che riceve il paese proviene dagli emigrati che sono motivati da considerazioni extraeconomiche e non investirebbero in altro luogo che non fosse il loro paese ed un altro terzo è capitale cinese investito attraverso Hong Kong per beneficiare dei vantaggi impositivi di cui godono gli investimenti stranieri. Da ultimo si consideri che le relazioni con la Cina potrebbero creare una nuova dipendenza geografica nel futuro, il che potrebbe riprodurre lo schema già sperimentato prima con l’Europa e poi con gli USA.

3.3 PROSPETTIVE Alcuni analisti riflettono sugli scenari dei cambiamenti potenziali nelle relazioni tra Cina ed America Latina. Uno di essi è il possibile indebolimento della domanda cinese dovuto ad una decelerazione dei futuri ritmi di crescita o per la scoperta di nuove fonti di materie prime, come ad esempio in Africa. Ciò di sicuro avrebbe un impatto sulle esportazioni latinoamericane. Un altro cambiamento potrebbe aversi se la Cina continuerà ad aumentare le proprie esportazioni di prodotti manifatturieri in America Latina, in modo da invertire gli eccessi. I possibili scenari vanno presi tutti in conto senza alcun dubbio, tuttavia è necessario valutare già da ora cosa rappresenti la presenza della Cina in America Latina, soprattutto focalizzando l’attenzione sulle potenzialità che potrebbe avere la regione nell’approfittare delle opportunità che le offre la relazione con la Cina eliminando le minacce. In questo senso gli sforzi dovranno essere incanalati principalmente nel determinare le possibilità che offrono le risorse naturali per la generazione di processi produttivi, innovazioni tecnologiche ed altre esternalità che consentano di incrementare il valore aggiunto delle produzioni ed ampliare l’accesso al mercato.

4. Valutazioni finali

Nelle relazioni tra Cina ed America Latina prevalgono quelle di carattere economico, attraverso i rapporti commerciali e gli investimenti. La Cina ha mostrato una strategia integrale e profonda che risponde interamente ai suoi interessi nazionali, mentre l’America Latina è deficitaria nel suo approccio strategico e mantiene una posizione ben più passiva. I rapporti tra Cina ed America Latina implicano opportunità per entrambi ed importanti sfide per quest’ultima. Tuttavia la regione latinoamericana non è omogenea per cui l’impatto delle relazioni con la Cina va analizzato in forma differenziata. Ad oggi, in generale, la Cina esporta beni manifatturieri in America Latina ed importa materie prime da essa. Se non dovesse cambiare tale rapporto, i paesi latinoamericani consoliderebbero la loro svantaggiosa posizione tradizionale di dipendenza dalle esportazioni di prodotti di basso valore aggiunto. La relazione con la Cina offre alla regione un nuovo tipo di rapporto economico senza condizionamenti politici, le consente di essere meno dipendente dagli USA e dall’Europa e rafforza la propria capacità contrattuale nei loro confronti. Affinché le relazioni con la Cina abbiano un impatto positivo più generalizzato, l’America Latina deve realizzare profonde trasformazioni in aspetti chiave della propria struttura economica e nelle relazioni bilaterali di modo che le consentano di approfittare delle opportunità ed eliminare le minacce. I responsabili della politica economica dovrebbero tener conto di aspetti come i seguenti:
  elaborare una strategia coerente a livello statale;
  ampliare la conoscenza della realtà cinese e risolvere i problemi di concorrenza che colpiscono l’economia della regione;
  conseguire una diversificazione dei prodotti comparabili;
  analizzare e sostenere le relazioni di complementarietà con la Cina;
  sostenere alleanze imprenditoriali e tecnologiche;
  rafforzare il commercio tra le imprese e tra i settori;
  inserirsi nel processo di integrazione produttiva regionale (catene del valore) in corso in Asia;
  stimolare i flussi di investimento in questa direzione.

Riferimenti bibliografici

BANCA MONDIALE (2006), Global Development Finance, Washington: The World Bank


(2007), Global Development Finance, Washington: The World Bank BUZO DE LA PEÑA, RICARDO (2007), ?La redefinición de las prioridades económicas y políticas de China en América Latina más allá del Consenso de Washington?, relazione presentata all’“Evento de LASA (Latin American Studies Association)”, Montreal, settembre CEPAL (2006), Panorama de la inserción internacional de América Latina y el Caribe, 2004 - Tendencias 2005, CEPAL: Santiago de Chile CIA (2007), The World Factbook 2008, Skyhorse Publishing: New York GUTIÉRREZ, HERNÁN (2000),? Las relaciones económicas de América Latina con China: Fundamentos y perspectivas?, in Revista integracion y comercio, n. 12 [http://www.iadb.org] HUNG HUI, JUAN (2007), ?China y América Latina después del Consenso de Washington?, relazione presentata all’“Evento de LASA (Latin American Studies Association)”, Montreal, settembre LEÓN-MANRÍQUEZ, JOSÉ LUIS (2006), ?China-América Latina: una relación económica diferenciada?, in Revista Nueva Sociedad, n. 203 MASCAREÑAS PÉREZ-IÑIGO, ALVAREZ-PALLETE (2005), ?China-Latinoamérica: ¿competencia o cooperación??, in Documentos de Trabajo en finanzas de impresa, n. 4 PAZ, GONZALO SEBASTIÁN (2007), ?Una revaluación de las relaciones de China con América Latina?, relazione presentata all’“Evento de LASA (Latin American Studies Association)”, Montreal, settembre. THE ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT (2004), World Investment Prospects. The revival of globalization?, London: The Economist THE ECONOMIST (2007), Survey: China and its Region, n. di marzo

Ricercatore del “Centro de Estudios sobre Asia e Oceanía

Ricercatrice del “Centro de Investigación de Economía Internacional”

Importa il 10% del totale delle importazioni mondiali di petrolio ed il 31% di quelle di carbone, il 36% dell’acciaio, il 25% di nichel, il 25% di alluminio ed il 20% di rame.

Come riportato dalla Radio Internazionale della Cina del 18.12.2007.

Nel 2002 per la prima volta diventava primo ricettore al mondo di IDE.

I seguenti grafici sono presi da Mascareñas Pérez-Iñigo, Alvarez-Pallete (2005).

La Cina ha chiuso il 2007 con 1.530 miliardi di dollari in risparmi.

La Cina si cura di dimostrare al mondo che i suoi rapporti esterni sono parecchi e senza pregiudizi, che non escludono il Sud e non discriminano in base ad appartenenza ideologica.

Il PCC ha stabilito ufficialmente rapporti regolari, tra gli altri, con la “Commissione Regionale della Internazionale Socialista”, la “Organizzazione Democratico Cristiana dell’America”, la “Conferenza Permanente dei Partiti Politici dell’America latina”, “Foro di San Paolo”.

Ad esempio con il Gruppo di Río, il Mercosur, la Comunità Andina delle Nazioni, il Foro di Cooperazione Economica e Commerciale Cina-Caraibi. È osservatore nel BID (1991) e nell’ALADI (1993) ed ha rapporti con il CEPAL ed il SELA. Dal 1998 la Banca del Popolo cinese è entrata nel CdA della Banca dello Sviluppo dei Caraibi.

La Cina importa dall’America latina l’80% dei suoi bisogni di farina di pesce (dal Perù e dal Cile), il 69% dei tranci di pollame (dall’Argentina e dal Brasile) ed il 45% dei vini di uva (dal Cile).

Secondo l’agenzia di stampa Xinhua del 31 dicembre 2007, da gennaio ad ottobre del 2007, la Cina ha esportato in America latina 41.410 milioni di dollari ed ha importato dalla regione 40.728 milioni di dollari.

Il Messico è stato sostituito dalla Cina come primo partner commerciale degli USA.