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DAL CONTINENTE REBELDE PER LA BATTAGLIA DELLE IDEE

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Rémy Herrera
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per Proteo (12)

Prof. al CNRS, France. Rapporto per la Commissione dei Diritti dell’Uomo dell’O.N.U., Ginevra e inviato dall’Autore a PROTEO per la pubblicazione in italiano, gennaio 2004

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L’allargamento dell’ALBA apre prospettive di regionalizzazione alternative alla mondializzazione neoliberista
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L’allargamento dell’ALBA apre prospettive di regionalizzazione alternative alla mondializzazione neoliberista

Rémy Herrera

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Premessa

1. Sembrano lontani i tempi in cui, sotto la pressione di Washington, l’Organizzazione degli Stati Americani escludeva Cuba dalla cerchia delle “democrazie” per “incompatibilità con il sistema interamericano”. Oggi, sono gli Stati Uniti che appaiono isolati. Dopo decenni di dittatura militare, di saccheggio neoliberista, i popoli diversi dell’America Latina si ribellano e la diretta conseguenza è la “svolta a sinistra” di molti governi quali: Venezuela, Bolivia, Brasile, Uruguay, Cile, e recentemente: Nicaragua e Ecuador. In Argentina la rivolta popolare ha fermato l’ultraliberalismo. In Messico, in Perù e in Salvador, la sinistra ha sfiorato la vittoria alle elezioni e ha buone possibilità di vincere in un prossimo futuro. Anche in Colombia, dove da anni il potere, appoggiato dagli Stati Uniti, tenta invano di schiacciare la guerriglia, si disegna un fronte di forze progressiste. Un aspetto meno conosciuto, ma ugualmente fondamentale, di queste conquiste della sinistra latinoamericana è l’Alternativa Bolivariana per le Americhe, o ALBA (che anche in spagnolo significa alba). È utile trarre delle lezioni da queste evoluzioni latinoamericane alle quali i popoli sono giunti, grazie alle loro mobilitazioni, non solo nell’impedire l’entrata in vigore dell’ Area di libero Scambio delle Americhe (ZLEA - ALCA - FTAA), ma anche di passare all’offensiva con il lancio dell’ALBA, che è l’alternativa alle regionalizzazioni concepite come cinghia di trasmissione della mondializzazione neoliberista.

1. La sconfitta dell’ALCA

2. L’ALCA intendeva stabilire tra i paesi d’America, ad eccezione di Cuba, una zona di libero scambio, con l’obiettivo di liberalizzare la circolazione dei capitali e delle merci e dare un quadro legale al saccheggio del continente da parte dei transnazionali1. Non si trattava di una iniziativa latinoamericana, poiché era stata concepita fin dal 1990 dall’amministrazione statunitense di G. Bush, poi rilanciata da quella di G. W. Bush al Vertice delle Americhe del 2001. Ufficialmente mirava a “promuovere lo sviluppo sociale nell’equità”, mentre lo scopo del trattato fu presentato più prosaicamente al Congresso degli Stati Uniti come l’intenzione di “garantire alle nostre imprese il controllo di un territorio che va dal Polo Nord all’Antartide e assicurare un libero accesso, senza ostacoli né difficoltà, ai nostri prodotti, servizi, tecnologie e capitali”2. Complemento della rete di basi militari impiantate sul continente, l’ALCA rappresentava la copertura economica della strategia globale di riorganizzazione dell’egemonia degli Stati Uniti sul sistema mondiale, nell’ambito del quale considerano primordiale il controllo dell’“emisfero occidentale”. Il NAFTA (accordo sul libero scambio dell’America del Nord) si conforma allo spirito dei piani di aggiustamento strutturale del FMI e alle discipline del WTO e per questo motivo si cercava di estenderlo. L’integrazione dell’America Latina in seno ad un accordo che sottomette i più deboli in una logica che funziona solo a beneficio dei più forti non potrebbe costituire una soluzione alla sua crisi strutturale. L’ALCA costituiva un attacco contro i diritti dei popoli alla democrazia, alla sovranità e allo sviluppo. 3. I negoziati sui progetti di attuazione brillavano per la mancanza di trasparenza; nessun popolo americano, né i suoi rappresentanti al Parlamento, è stato informato, consultato o chiamato a pronunciarsi su quel trattato. La sovranità nazionale era minacciata, specialmente dal capitolo relativo agli investimenti, replicando l’Accordo multilaterale sugli Investimenti (MAI), che non prevedeva solo di concedere privilegi esorbitanti ai proprietari del capitale, ma che negava anche allo Stato nuovo socio del capitale straniero, il diritto di porre condizioni agli investitori o agli speculatori. I diritti sociali dei lavoratori non erano contemplati nel testo dell’ALCA, che sceglieva di riprodurre al suo interno la dicotomia del sistema capitalista mondiale: quello del mercato integrato globalmente in tutte le dimensioni, eccetto che per il lavoro. I pericoli estremamente gravi che l’ALCA faceva pesare sui popoli dell’America Latina hanno provocato la crescita dello loro opposizione3. Le resistenze sono giunte da tutti i settori della società civile: partiti, sindacati, movimenti sociali, indigeni, femministi, ecologisti etc. La mobilitazione dei comitati di lotta e le manifestazioni hanno permesso di uniformare e organizzare i popoli dell’area. Appoggiati in questo slancio da Stati come Cuba e Venezuela, hanno formulato critiche radicali contro quel progetto distruttore, mentre altri come il Brasile, in particolare, hanno rinegoziato il calendario e ritardato la scadenza, sottolineando che un’altra integrazione è possibile. La stoccata finale fu inferta, in occasione del IV Vertice delle Americhe del 2005 in Argentina, con il rifiuto dei paesi del Mercosur di firmare l’ALCA. Di quest’ultimo oggi, non restano più che delle briciole: i trattati bilaterali di libero scambio con gli Stati Uniti; trattati contro i quali la lotta continua in tutto il continente.

2. Il varo dell’ALBA

4. Su impulso di Cuba e del Venezuela il contrattacco prese la forma dell’ALBA, che costituisce fondamentalmente una forma di regionalizzazione destinata a rafforzare l’autonomia dei popoli dell’America Latina e contribuisce alla costruzione di un mondo multipolare. L’ALBA è stata lanciata il 14 dicembre 2004 all’Havana dai presidenti Hugo Chavez Frias e Fidel Castro Ruz. L’adesione della Bolivia, ufficializzata il 29 aprile 2006 a l’Havana, con la firma all’accordo del presidente Evo Morales Ayma, ha ulteriormente allargato l’alleanza. Ai tre paesi più “radicali” del continente, si sono aggiunti recentemente, l’11 gennaio 2007, il Nicaragua del neoeletto presidente, Daniel Ortega. Le relazioni si sono sviluppate in modo particolare tra Cuba e Venezuela. Un piano strategico prevede, in particolare, la fornitura da parte di Cuba dei servizi medici gratuiti e della formazione di decine di migliaia di medici e specialisti in Tecnologie della salute in Venezuela in cambio della riattivazione, da parte di quest’ultimo delle raffinerie di petrolio a Cuba e l’accelerazione del trasferimento della tecnologia tra le due compagnie petrolifere: Petroleos de Venezuela S.A. (PDVSA) e Cuba Petroleo (Cupet). La cooperazione tra questi due paesi si estende ormai ad una larga gamma di campi, che vanno dal cofinanziamento di infrastrutture di telecomunicazioni a quello di industrie minerarie e siderurgiche, di industrie agroalimentari, di trasporto e turismo. In più, questo implica forti ribassi delle barriere tariffarie e non tariffarie e impulso agli investimenti stranieri diretti effettuati dai loro rispettivi enti pubblici. 5. Al di là del consolidamento delle relazioni tra i quattro paesi firmatari, questa regionalizzazione è portatrice di profondissime trasformazioni su scala continentale, ponendo le basi di una nuova forma di integrazione fondata, non più sui valori capitalisti di profitto e saccheggio da parte dei transnazionali, ma, al contrario, su quelli della cooperazione, della solidarietà e della complementarietà. La promozione di uno sviluppo al servizio dei popoli, grazie alla diversificazione economica, alla conquista della sovranità alimentare e al progresso dei settori sociali che si occupano di salute e istruzione, mira a migliorare le condizioni di vita dei più indigenti e a costruire un’ area finalmente liberata dai suoi mali attuali (miseria, malnutrizione, analfabetismo, lavoro nero etc.); tutto ciò implica necessariamente il superamento del capitalismo reale. Una delle innovazioni intraprese, consiste in un “fondo di compensazione per la convergenza strutturale”, il cui scopo è di trattare in via preferenziale i paesi poveri concedendo loro aiuti per finanziare investimenti e sovvenzionare le loro produzioni orientate verso il mercato nazionale o verso l’esportazione. 6. Parallelamente, proseguono i negoziati per integrare in un’unica impresa petrolifera continentale PetroAmerica, le attività delle compagnie pubbliche della regione, in particolare: PDVSA (Venezuela), Cupet (Cuba), YPBF (Bolivia), Petrobras (Brasile), EnarSA (Argentina), PetroEcuador (Equador) e PetroTrin (Trinidad e Tobago). Una tale evoluzione permetterebbe a questi paesi di pesare più efficacemente nei negoziati internazionali per l’energia, ma ugualmente di definire delle strategie alternative di rinnovamento delle fonti di energie e di protezione dell’ambiente. Un altro progetto importante per l’avvenire del continente è quello della “Banca del Sud”, la quale funziona in una logica diversa dalle banche capitaliste e permette, sia di ridurre il debito estero che di finanziare lo sviluppo. Nell’ambito dei media, nel luglio 2005, la creazione di Telesur, canale televisivo satellitare che associa Venezuela, Argentina, Uruguay e Cuba, ha permesso di rompere il monopolio mediatico degli Stati Uniti e dare accesso ad una informazione alternativa. 7. Grazie all’ALBA e a questa serie di iniziative o progetti alternativi, si è spalancata una bella strada per la costituzione di un blocco regionale in America Latina capace di fare da contrappeso all’egemonia statunitense, facendo rispettare i diritti dei popoli del continente alla sovranità e al controllo del loro futuro collettivo. Questa integrazione, concepita nello spirito di Simon Bolivar e di Josè Martì, che dichiarava: “la patria è l’umanità”, ha scelto di rispettare la sovranità e il diritto all’autodeterminazione di ciascuno Stato-nazione firmatario.

3. Per delle regionalizzazioni alternative al servizio dei popoli

8. La solidarietà di tutti i popoli, del Sud come del Nord, nell’edificazione di una civiltà universale non può avvenire senza considerare i conflitti d’interessi che oppongono le classi e le nazioni. Questa solidarietà può passare solo per il superamento delle leggi e dei valori del capitalismo reale. Le organizzazioni regionali per una mondializzazione alternativa dovranno rafforzare l’autonomia e la solidarietà dei popoli dei cinque continenti, prospettiva che contrasta con gli attuali modelli dominanti di regionalizzazione concepiti come blocchi costitutivi della mondializzazione neoliberista. A più di cinquanta anni dalla conferenza del 1955, cresce un nuovo Bandung dei popoli vittime del sistema capitalista mondiale. Questo fronte di solidarietà non deve opporre i popoli del Sud a quelli del Nord; dovrebbe invece costituire la base di un internazionalismo globale, associandoli tutti nella costruzione di una civiltà comune, nel rispetto della loro diversità. 9. Partendo dalla constatazione che il libero scambio, favorendo il più forte, è il nemico dell’integrazione regionale e che questa non può essere realizzata secondo le sue regole, è necessario definire le condizioni di una cooperazione alternativa all’interno di ogni grande regione del mondo, collegata all’azione dei movimenti sociali. In America Latina, di fronte all’aggressività dei transnazionali, i popoli iscrivono la questione dell’integrazione regionale in una nuova prospettiva fondata su vantaggi non più competitivi, ma cooperativi. Questa cooperazione deve fondarsi su principi politici per promuovere lo sviluppo e non su regole imposte dal FMI e il WTO. Altri continenti possono certamente trarre una lezione da questa esperienza, anche se le condizioni sono molto diverse da una regione all’altra. In Africa è viva l’aspirazione all’unità, così come la coscienza dell’impossibilità di una resistenza isolata di fronte alle pressioni delle forze dominanti del neoliberismo; Tuttavia le varie istituzioni per l’integrazione restano inefficaci; d’altronde le più attive sono quelle ereditate dai tempi della colonizzazione e dell’apartheid. L’unione Africana e il suo programma economico e sociale (NEPAD) non sono una soluzione di resistenza collettiva. Le società civili devono prendere coscienza della necessità di superare le loro divisioni. Per quanto riguarda i paesi nordafricani dell’area del Mediterraneo, gli accordi Euromediterranei costituiscono ugualmente un esempio di regionalizzazione a scapito dei popoli del Sud. In Asia, per far fronte alla mondializzazione neoliberista, sono state intraprese, nella maggior parte dei paesi, iniziative popolari che riuniscono numerose organizzazioni della società civile, progettare un’altra integrazione regionale. Lo sbocco di questi movimenti è stato principalmente l’elaborazione di una carta popolare tendente al rafforzamento della cooperazione negli scambi. 10. In queste condizioni è opportuno formulare delle raccomandazioni. Per quanto riguarda l’America Latina, è necessario allargare le campagne di sostegno dell’ALBA, per sconfiggere definitivamente la strategia statunitense dell’ALCA, promuovere l’indipendenza e lo sviluppo dei popoli nella giustizia e nel rispetto delle loro specificità e costruire un’integrazione fondata sulla cooperazione e la solidarietà. Per quanto riguarda l’Africa, si tratta di sensibilizzare i movimenti della società civile sulla necessità di lanciare campagne per la pace, in modo da porre fine al più presto ai conflitti esistenti, abbandonare concezioni di integrazione basate sulla razza o la cultura, articolare iniziative a livello regionale e nazionale e proporre iniziative africane alternative. Per quanto riguarda l’Asia è importante contrastare la competizione tra paesi delle dinamiche di accumulazione del capitale, sviluppare circuiti economici locali tra la produzione e il consumo, promuovere le scienze e le tecniche per la costruzione di un futuro migliore delle società contadine. Perché sia efficace, questa nuova cooperazione deve esprimere soprattutto la solidarietà dei popoli e dei governi, del Sud come del Nord, che resistano al neoliberismo e che cerchino insieme delle alternative reali nella prospettiva della costruzione di un sistema mondiale multipolare4.

Prof. CNRS e Univ. La Sorbona, Parigi.

Vedi: “FTAA Dangers and the Urgent Necessity of an Alternative for Development ”, 60e session de la Commission des Droits de l’Homme, E/CN.4/2004/NGO/122, Genève.

Vedi: Alternatives Sud, Les Dessous de l’ALCA, CETRI / L’Harmattan, 2003.

Centre Europe Tiers-Monde (2005), Mobilisations des peuples contre l’ALCA-ZLÉA, février, Genève

Leggi le proposte dell’appello di Bamako : http://forumtiersmonde.net.