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TRASFORMAZIONI SOCIALI E SINDACATO

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Ritratti di famiglia: quelli che la sinistra non riesce più a rappresentare

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1. Breve apologo Qualche tempo fa, di domenica mattina, alla stazione centrale di Napoli si poteva incontrare un noto ex deputato meridionale della sinistra radicale in procinto di prendere il treno con quattro o cinque amici. È uno dei reduci del disastro della lista Arcobaleno, qui lo conoscono in molti: in Parlamento non è stato rieletto - come tutti i suoi sodali, d’altronde - così combatte la nostalgia e l’horror vacui con qualche gitarella fuori porta nei giorni festivi. Prende il treno di buon mattino, in poco più di un’ora scende a Roma Termini (c’è l’Alta Velocità oramai), ferma un taxi e si fa accompagnare a Montecitorio per una colazione con i compagni di viaggio alla buvette della Camera. Poi, se c’è tempo, si fa dare anche una ripassatina dal barbiere. Il tutto a prezzi - quelli riservati a deputati ed ex deputati - che potremmo definire “popolari”, se non fossero riservati invece alla più arrogante delle élite. Ma ciò che appare davvero poco “popolare” è che a gozzovigliare tra i privilegi siano i rappresentanti di quella che una volta si chiamava la Classe, quelli che Pasolini definiva «un Paese pulito in un Paese sporco»1; probabilmente reduci anche loro della lunga disillusione della sinistra italiana, essi si sono ridotti a non rappresentare altro che i propri interessi.

2. Certe piccole voci E gli interessi dei lavoratori? Abdicati, come ormai avviene da anni: in particolare, da quando la sinistra democratica (dal Pds della Bolognina al Partito Democratico) sembra aver individuato in un generico cittadino-consumatore la propria nuova base sociale - che, peraltro, insegue senza grande successo. E da quando la sinistra radicale si è dissolta con una sciagurata performance al governo degli enti locali e del Paese, durante l’ultima stagione dell’Unione. Le voci che seguono, senza alcuna pretesa d’indagine sistematica, sono quelle di chi è rimasto, in questi anni, senza rappresentanza politica. Ascoltatele: le riconoscerete. Sono voci di operai, impiegati, insegnanti, studenti, lavoratori precari, ridotti al silenzio dalle politiche di smantellamento delle garanzie del lavoro, condotte equamente da governi di centrodestra e centrosinistra. La prima è quella di Giuseppe, operaio napoletano, che lavora a Casandrino, nella fabbrica della Xerox. La sua è un’azienda che si occupa, a livello nazionale, della realizzazione e della manutenzione di stampanti per computer. Dopo sei anni di precariato e una vita di sacrifici, a Milano, con 1.100 euro di stipendio mensili, Giuseppe ha firmato un contratto a tempo indeterminato ed è ritornato a casa. «Ma purtroppo - afferma - non ho futuro. Negli ultimi tempi l’impresa ha operato una serie di tagli, esternalizzando molte delle attività che prima svolgevamo noi. Adesso si parla di licenziare tutti e di lasciare solo l’amministrazione. Oramai le aziende tendono a risparmiare e a mandare a casa i dipendenti». Il giovane Giuseppe racconta la sua difficile condizione lavorativa. «Nonostante - spiega - la Xerox abbia un utile, ancora oggi, del 25%, i datori di lavoro tentano di tagliare sempre di più i costi. A rimetterci, come sempre, siamo noi lavoratori. Siamo diventati invisibili e preda delle imprese. Le condizioni di lavoro peggiorano: restiamo in fabbrica più di 40 ore settimanali e non ci vengono pagati gli straordinari. Non parliamo, poi, della sicurezza. La scure ha toccato anche la 626 e noi lavoriamo in uno stato di pericolo costante». L’operaio della Xerox se la prende, soprattutto, con la sinistra. «Le politiche contro i lavoratori - dice Giuseppe- sono cominciate con i governi di centrosinistra. Anche l’area comunista non ci ha tutelato. Il problema serio è che la sinistra ha eliminato dalla propria agenda politica la questione del lavoro ed è per questo motivo che io, come tanti compagni, non vado più a votare». Deluso è anche Angelo Bencivenga, 26 anni, di Calvizzano, in provincia di Caserta, studente di Informatica. «La sinistra - dichiara - ha inseguito la destra nelle politiche neoliberiste. A rimetterci siamo un po’ tutti. La scuola è stata svuotata di contenuti, ma questo non è avvenuto solo con il ministro Maria Stella Gelmini, è cominciato già con i governi dell’Ulivo e dell’Unione». Bencivenga non è fiducioso per il futuro. «Gli studenti - continua - si aspettano, dopo aver completato il corso di laurea, di poter inserirsi a pieno titolo nel mondo produttivo. Oggi, specie per noi giovani del sud Italia, prospettive non ce ne sono. Le scelte non sono molte dopo il triennio all’università. O ti sposti al nord e questo non significa trovare sicuramente lavoro, oppure resti parcheggiato altri due anni, in attesa di completare anche la specialistica, per poi ritrovarti punto e a capo: questo è drammatico. Per quanto mi riguarda, ho appena completato i tre anni ad Informatica. Ho deciso di prendermi un anno sabbatico. Andrò nell’Italia settentrionale in cerca di lavoro, anche per verificare il valore del mio titolo; poi ritornerò a Caserta e completerò gli studi». Difficile anche la posizione di Anna di Rubbo, 31 anni, insegnante precaria di Aversa, sempre nel Casertano, che tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, è costretta ad alzarsi alle 5 del mattino, a prendere il treno e a recarsi a Sezze Romano, in provincia di Latina, dove insegna presso la scuola media Pacifici-De Magistris. «Impiego due ore all’andata - racconta - e forse anche di più al ritorno. Sono esausta e questo per cosa? Le nuove decisioni sulla scuola, da parte del governo di centrodestra, non ci danno sicurezze per il futuro». Anna è sfiduciata. «A volte - rivela - penso di mollare tutto e di cambiare lavoro. Per noi insegnanti non ci sono spiragli, gli ultimi tagli potrebbero definitivamente vanificare gli sforzi che, fino ad oggi, abbiamo fatto». Non è diversa la condizione di altri giovani precari. Salvatore Incarnato, 29 anni, ingegnere ambientale, da pochi mesi lavora in un’azienda di Napoli. «Potrei dire di essere fortunato rispetto ad altri ragazzi. Ho iniziato a lavorare dopo una settimana dalla laurea, ma a sei mesi dall’assunzione mi sono accorto di tante cose che non vanno. Mi sono dovuto accontentare di un contratto a termine che, dal punto di vista economico, non è tarato con il tipo di attività che svolgo. Dovevo firmare un contratto di sesto livello come metalmeccanico, invece sono stato inquadrato come secondo livello. Faccio più di otto ore al giorno e non mi vengono pagati gli straordinari». Incarnato non è tenero con la sinistra, di cui è un militante. «Paghiamo - conclude - l’arroccamento su antiche posizioni. I lavoratori non sono solamente gli operai. Esistono figure nuove nel mondo del lavoro, con cui la sinistra non dialoga. Questo ha allontanato tante persone dai partiti progressisti, che soffrono una cronica mancanza di identità».

3. I nuovi soggetti Non è tutto, dunque. I partiti e - corre l’obbligo di precisare - i sindacati storici di sinistra non soltanto perdono potere di rappresentanza dei soggetti tradizionali, come operai, impiegati, lavoratori dipendenti che vedono trasformato al ribasso il loro ruolo sociale, insieme alle retribuzioni e alle garanzie che lo caratterizzano. Essi risultano pure assolutamente disarmati di fronte alla proliferazione di nuove figure sociali che affollano l’incerto e avaro mercato del lavoro italiano del nuovo millennio. Chi le rappresenta? Nessuno. Chi dovrebbe rappresentarli? Vediamo cosa ne pensano gli interessati. Irene P., 35 anni, ha una laurea scientifica alle spalle, un marito con un lavoro a nero e due bambini a casa. Per il secondo ha rinunciato all’allattamento, pur previsto dal suo contratto di lavoro: «In azienda mi hanno fatto capire che non era il caso - ammette - ma anche durante la maternità ho ricevuto qualche pressione per non sospendere completamente l’attività lavorativa: niente di che, mi hanno chiesto di partecipare a incontri, qualche riunione, di guidare la persona che mi sostituiva temporaneamente...». Irene lavora per una casa farmaceutica e fa parte della variegata schiera degli informatori medico-scientifici: «Variegata perché raduna ormai una moltitudine di figure diverse, con differenti condizioni contrattuali - spiega - ci sono quelli come me che hanno ancora il contratto dei chimici, il cosiddetto “contratto nazionale”, ma sono in diminuzione; gli altri hanno contratti Enasarco (contratti da agenti di commercio, ndr), contratti d’agenzia o contratti interinali. Per lo più vengono pagati a provvigione sul fatturato relativo alle loro aree di competenza, senza nessun rischio per l’azienda». Di loro i sindacati non sanno praticamente nulla2. Sono a tutti gli effetti lavoratori autonomi, con tanto di partita Iva e/o iscrizione alla Camera di Commercio, ma la loro “autonomia” è imposta dal mercato e, soprattutto, è solo virtuale: «Molte aziende - dice Irene - controllano orari e contatti degli informatori tramite le ricevute dei campioni gratuiti lasciati ai medici, tramite le visite a sorpresa dei capoarea e persino mediante i ticket prelevati ai caselli autostradali, che servono a comprovare l’orario in cui l’informatore ha cominciato la sua giornata lavorativa in auto». Visti i precedenti, l’orizzonte di aspettative di questa lavoratrice non sembra roseo, soprattutto considerando che in quattro anni sono stati liquidati nel silenzio delle parti sociali quasi 9.000 effettivi. «So di essere sola - afferma - la mia è una categoria disgregata, dove prevale l’interesse individuale ma soprattutto la gara al ribasso: le aziende cedono o chiudono le linee, liquidano i lavoratori più garantiti e si rivolgono agli interinali o alle partite Iva. A quel punto qualsiasi “resistenza sindacale” diventa vana». Di sindacato, invece, non può neanche parlare Raffaella N.: «A rigor di logica, io sarei anzi una nemica del sindacato - scherza ma non troppo - poiché ho lavorato e lavoro gratis, almeno finora. In particolare, il ruolo che rivesto ormai nelle più diverse aziende è invariabilmente lo stesso: stagista con compiti di Ufficio Stampa». Eppure il suo curriculum non lascia intravedere lacune, né ulteriori bisogni formativi cui uno stage dovrebbe sopperire: laurea in Lettere, qualche corso di perfezionamento e un noto master biennale in editoria frequentato a Bologna. Nessuna casa editrice, tuttavia, ha voluto assumerla, salvo dichiararla, ogni volta, «una preziosa collaboratrice», come dice il suo attuale titolare. «L’andazzo va avanti da quasi cinque anni - racconta Raffaella - cinque anni in cui ho lavorato presso tre diverse case editrici di medie dimensioni con ritmi continuativi in qualità di stagista, venendo retribuita occasionalmente a cottimo: quando era possibile, infatti, devo dire che mi offrivano e mi offrono tuttora dei lavori di correzione bozze per volumi in uscita». Anche Raffaella si sente ormai in uscita: «In uscita dal mondo del lavoro, senza esservi mai entrata veramente - dice con rammarico e un po’ di rassegnazione - ho 36 anni, quanto potrei essere appetibile per una vera assunzione?». La sua domanda è, probabilmente, quella di tutti gli intervistati, membri di una generazione che rischia di saltare a pie’ pari la possibilità di una dimensione lavorativa dignitosa. E, a ben vedere, la domanda ha anche un interlocutore privilegiato: l’universo in disgregazione della sinistra politica e sindacale, tradizionale riferimento ideale e concreto per tutti quei soggetti che vivono (o aspirano a vivere) del proprio impiego. Sono tanti, sono ovunque, anche se inscatolati in regimi contrattuali e giuridici diabolicamente diversificati: soltanto loro possono restituire al sindacato e alla politica il senso della rappresentanza.

1 P. P. Pasolini, Cos’è questo golpe? Io so, in “Corriere della Sera”, 14 novembre 1974. 2 Come dimostra la vicenda della multinazionale Pfizer, conclusasi a metà marzo con un accordo che prevede la mobilità di 369 informatori, i sindacati confederali e i Cobas riescono a intervenire - piuttosto male, dati i risultati - soltanto sui lavoratori tradizionalmente inquadrati con “contratto nazionale”. Cfr. Informatori.info, www.informatori.info/RassegnaStampa/Notizie_Informatori/tabid/421/smid/2289/ArticleID/8/reftab/36 /Default.aspx