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ANALISI-INCHIESTA:CRISI ECONOMICA INTERNAZIONALE RICADUTE SETTORIALI E SUL MONDO DEL LAVORO

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CRISI, un anno dopo Il declino dell’industria e delle sue formule in un’area del Sud

RAFFAELE DE CHIARA

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Figure sbilenche ed impacciate che procedono come automi verso un futuro che non c’è, come loro unica difesa contro la fame voyeuristica del mondo, la propria dignità e mani ingombre di scatoloni di cartone. Era il quindici settembre del 2008 e quella fu l’immagine simbolo del “Chapter 11”: la procedura di “fallimento pilotato” prevista dalla legge americana invocata dalla Lehman Brothers, società statunitense attiva nei servizi finanziari a livello globale. Uomini e donne, inarrivabili manager di successo sino a ventiquattro ore prima, si ritrovarono licenziati da un giorno all’altro, accomunati dalla medesima nemesi: vittime di uno tsunami economico e finanziario destinato di lì a breve ad invadere l’intera società globalizzata. Son passati dieci mesi da allora, e quella tempesta che a taluni sembrò lontanissima e ben circoscritta agli eccessi dell’economia americana, continua ancora a ripercuotersi sull’economie locali. «I danni prodotti dalla crisi sono enormi: quest’anno l’attività economica mondiale diminuirà dell’1,3%, la contrazione più forte dalla seconda guerra mondiale». A lanciare il grido d’allarme durante la tradizionale assemblea di Confindustria è stata la presidente Emma Marcegaglia, la quale poi ha tenuto anche a sottolineare come «in alcuni grandi paesi industriali il calo del Pil potrebbe - addirittura - raggiungere il 6%». Dati senz’altro preoccupanti, specie se raffrontati con quelli che ci riguardano maggiormente da vicino. Infatti secondo gli accurati calcoli del centro studi di Confindustria, in Italia, avuto riguardo al 2009, il Prodotto Interno Lordo si ridurrà del 4,9% mentre l’economia dovrebbe tornare a crescere - secondo l’indicatore prescelto dal capitalismo internazionale, il Pil appunto - dello 0,7% solo nel 2010. Tutto questo senza tener conto del debito pubblico, che crescerà dal 105,7% del Pil nel 2008 al 114,7% nel 2009, fino poi a raggiungere il 117,5% nel 2010. Un crollo verticale della ricchezza nazionale che non può non ripercuotersi anche sull’occupazione: sempre secondo Confindustria, infatti, il tasso di disoccupazione passerà dall’8,6% previsto per quest’anno al 9,3% nel 2010. Nella medesima direzione anche il parere del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, il quale afferma che «non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica. L’attesa generale per i prossimi mesi è di riduzione di occupazione e di reddito accompagnate dal permanere di volatilità sui mercati finanziari con riflessi negativi sui consumi e sugli investimenti». Ma chi sono le vittime principali della crisi? «Soprattutto le imprese piccole - taglia corto il Governatore per poi specificare - quelle sotto i 20 addetti. Nella sola manifatturiera se ne contano in tutto quasi 500.000, con poco meno di due milioni di occupati». Ancora peggiore, poi, la situazione per le piccole imprese sub-fornitrici delle maggiori: per queste infatti «i tagli degli ordinativi e le dilazioni nei pagamenti ne mettono a rischio la stessa sopravvivenza». Non va certamente meglio in Terra di Lavoro, provincia di Caserta: secondo un’indagine di Confindustria Caserta, elaborata sulla scorta di un campione rappresentativo di 200 aziende, la capacità produttiva delle imprese locali starebbe subendo una diminuzione dal 15 al 37%. Emblematico del forte momento di crisi subito dalle aziende nostrane è senz’altro il caso della Morteo Containers di Sessa Aurunca, che ha deciso addirittura di rinunciare agli ammortizzatori sociali in quanto, secondo i vertici dell’azienda, sarebbe impossibile garantire la prosecuzione dell’attività «pena l’incorrerere in più gravi e traumatiche conseguenze sotto il profilo finanziario». Ecco quindi la procedura di mobilità per 88 operai su di un totale di 98. Dura ovviamente la reazione dal mondo dei sindacati e della politica. «Malgrado le iniziative messe in atto dalle istituzioni, prima dal Ministero dello Sviluppo poi dalla stessa Confindustria - ha affermato Angelo Spena della Fiom - ci troviamo per la prima volta dinanzi al caso di un imprenditore che licenzia anche in presenza di una certa copertura finanziaria offerta dalla cassa integrazione». Ugualmente aspro il commento del primo cittadino sessano Luciano Di Meo: «Sono amareggiato per quanto è successo, sono soprattutto deluso per aver trovato un interlocutore che non ha corrisposto alla fiducia che il territorio gli aveva dato». Ancora, come se non bastasse, ecco arrivare la rescissione del contratto di appalto tra la Seconda Università di Napoli e la Immobilgi Federici Stirling, che recherà con sé un taglio di circa 200 posti di lavoro. Discorso simile anche per le imprese della Mirabella Spa e della Editellana, le quali hanno già attivato ammortizzatori sociali per un totale di 400 edili. Non va certamente meglio nel settore industriale, con oltre 270 mila ore di cassa integrazione già predisposte. Ma per rendere meglio l’idea dell’entità della crisi sarà bene procedere ad un raffronto: al 31 dicembre del 2007 in tutta Terra di Lavoro si contavano oltre 300 mila ore di Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria), di cui 90 mila nell’industria e circa 240 mila nell’edilizia; attualmente il totale ammonta a circa 400 mila. Uno scenario fosco quello descritto sinora, che non impedisce però nuovi investimenti. La Novamont, azienda leader nel settore della bioplastica con sede a Terni, si dice disposta ad investire nell’ambito di un contratto di programma con la Regione Campania nell’area dell’ex 3M di San Marco Evangelista. «Abbiamo presentato una domanda (tra quelle presentate figura anche la partecipazione del consorzio Socratis, ndr) se l’iter proseguirà secondo le previsioni, i lavori potrebbero già partire entro la fine dell’anno - ad affermarlo con forza è Alessandro Ferlito direttore commerciale di Novamont, che poi aggiunge - entro 18-24 mesi ci sarà l’entrata in funzione delle linee». Un progetto importante quello della Novamont, che prevede l’esborso di 50 milioni di euro e l’assunzione, a regime, di circa 76 addetti ripescati tra i cassintegrati della Ixfin (ex Texas), Finmek, 3M, Costelmar e che vede l’adesione anche di diversi sindacati. «Una volta approvati i progetti industriali per la riqualificazione dell’area, provvederemo subito a definire i piani di formazione necessari per preparare le maestranze al nuovo tipo di lavorazione», chiosa Carmine Crisci, segretario provinciale della Cisl di Caserta. Toni ugualmente ottimistici quelli provenienti dal mondo dell’artigianato; stando ai dati diffusi dalla Commissione provinciale per l’artigianato di Caserta, nel 2008, a fronte della costituzione di 1195 nuove imprese artigiane si sono registrate solo 1144 cancellazioni. «Un dato senz’altro positivo che diventa ancora più rilevante in una situazione economica di crisi e di recessione che è sotto gli occhi di tutti». Ad affermarlo è Nicola Chianese, presidente della Commissione, che aggiunge: «Un fattore che tengo a sottolineare è il considerevole numero di cooperative iscritte alla Commissione lo scorso anno e che rappresenta un elemento più che positivo perché, considerando che ogni cooperativa mediamente occupa una decina di addetti, è semplice dedurre quanto l’impresa artigiana contribuisca, in termini numerici, alla creazione di nuovi posti di lavoro». Una visione talmente idilliaca dell’attuale temperie che porta Chianese a concludere: «Tutto ciò non può che portare ad una duplice valutazione, di tipo economico per l’innegabile contributo che queste imprese danno al Pil provinciale, e di tipo sociologico, in quanto i dati rilevati dimostrano che i cittadini di Terra di Lavoro, nonostante le difficoltà oggettive, hanno ancora spirito imprenditoriale e investono sempre più su se stessi». Entusiasmi che però non sembrano toccare più di tanto chi è alla ricerca di un lavoro o peggio ancora ne aveva uno ma l’ha perso. Antonella P., trentadue anni, separata e madre di due figli, una laurea in economia e commercio ed un paio di master all’estero, è solo una delle tante vittime di questa crisi: «Lavoravo a nero in una delle imprese della zona, poi il crollo della domanda ed il licenziamento in tronco». Di che vive attualmente? «Mi arrangio, nei week end lavoro come addetta al terminale in un’agenzia di scommesse sportive, durante la settimana impartisco lezioni private a domicilio». Quali sono state le ripercussioni della crisi sull’economia di Terra di Lavoro? «Devastanti, alle carenze croniche del sistema economico nazionale si sono aggiunte quelle tipiche della nostra terra: scarsa lungimiranza degli imprenditori ed un’assenza totale da parte della politica». Come vede il domani dei suoi figli? Una smorfia del viso le sposta leggermente i piccoli occhiali cerchiati di rosso, il tono di voce da chiaro e pacato diviene pastoso ed aspro: «Lontanissimo da qui, questa terra non ha più nulla da offrire». A fare da triste corollario alle sue dichiarazioni il rapporto Istat sulla povertà relativo al 2007 (prima, quindi, della conclamata crisi economica mondiale) diffuso nell’aprile di quest’anno. Il 4% dell’intera popolazione, ossia due milioni e mezzo di persone, vive in Italia in condizione di povertà assoluta; fanalino di coda ancora una volta il Sud e le Isole, dove l’incidenza di povertà assoluta pari al 5,8% risulta essere quasi il doppio rispetto a quella del Centro (2,9%) e del Nord (3,5%). Meno di 700 euro al mese. È tale il budget mensile a disposizione delle nuove famiglie povere di Terra di Lavoro. Anticipo di futuro o pallido residuo di un passato che stenta ancora ad andar via?