Rubrica
IL CAPITALISMO ITALIANO, RIFLESSIONI E CONTRADDIZIONI

Copyright - Gli articoli si possono diffondere liberamente citandone la fonte e inserendo un link all'articolo

Autore/i

DAVIDE BOERIO
Articoli pubblicati
per Proteo (2)

Argomenti correlati

Nella stessa rubrica

DAI TAGLI al blocco.La reazione di università e scuola all’attacco contro l’istruzione pubblica
DAVIDE BOERIO

Non recidere, forbice. Segreti, lacrime e bugie: della manovra finanziaria 2010
Dario Stefano Dell’Aquila


Home
Autori
Rubriche
Parole chiave

 

 

 

DAI TAGLI al blocco.La reazione di università e scuola all’attacco contro l’istruzione pubblica

DAVIDE BOERIO

Formato per la stampa
Stampa

1. L’autunno caldo della conoscenza

Un vero autunno caldo è alle porte. A darne il preavviso non è un estate rovente1, con temperature tra le più alte di sempre, ma l’acuirsi e il moltiplicarsi delle conflittualità sociali. Le condizioni ci sono tutte. La crisi economica, la più grave da sessant’anni a questa parte, ha scoperto i nervi del sistema capitalistico mondiale, gettando la maggioranza degli Stati nel panico. I sacerdoti del neo-liberismo, più apprendisti stregoni che profeti in patria, per fronteggiare le contingenze, hanno rispolverato, dal libro sacro del capitalismo, il vecchio e collaudato rituale: socializzare le perdite e privatizzare i profitti. Sull’altare del massimo profitto sacrificano il sudore dei lavoratori e il futuro di milioni di giovani. La crisi greca ha allarmato le borghesie europee che, subito, sono corse ai ripari invocando sforzi comuni per la salvaguardia dei loro interessi sovranazionali. Aldilà della retorica, tutto questo ha un solo significato e diversi obiettivi: tagli alla spesa pubblica, alle pensioni e riduzione dei salari. La tanto invocata austerity ha più il senso di un progressivo peggioramento delle condizioni di vita di milioni di uomini, che quello di una reale riforma etica dei mercati finanziari. Il caso greco ha svelato la debolezza insita nell’Eurozona e le contraddizioni esistenti nel polo imperialista europeo. Il crack ellenico ha evidenziato un Europa a due velocità, in cui la crescita economica è subordinata dalle decisioni politiche della BCE e del FMI. Un vero e proprio laboratorio in cui sperimentare processi di ristrutturazione e di rimodulazione dei processi produttivi. La nuova manovra correttiva di 24 miliardi di euro, approvata dal governo italiano e concordata con l’Europa, è stata una corsa disperata contro il tempo per evitare il contagio della crisi. Le agenzie di rating, in un balletto di cifre quasi quotidiano, sono state gli strumenti adatti a rastrellare i titoli del debito pubblico sui mercati azionari. In questa fase speculatori nerovestiti hanno moltiplicato i loro profitti, mentre lo sforzo maggiore, al di là dei conclamati tagli agli stipendi dei parlamentari, è sostenuto dalla classe lavoratrice. Lo scenario post-crisi che si scorge all’orizzonte è desolante; passata questa tempesta, il mondo non sarà più lo stesso e, ancora una volta, a pagarne il prezzo più alto saranno quelle società in cui il tessuto economico è più debole, un esempio su tutti: il Mezzogiorno d’Italia.

2. L’università, uno dei soggetti su cui scaricare la crisi L’università italiana è, sicuramente, uno dei soggetti più colpiti da questa crisi sistemica. La legge 133/08, meglio conosciuta come riforma Gelmini, ma che di riforma ha poco o nulla, è stata l’ultimo colpo inferto sul corpo, già martoriato, dell’istruzione pubblica. L’articolo 16 del testo di legge sancisce la trasformazione delle università pubbliche in fondazioni di diritto privato, sottomette la ricerca agli interessi di gruppi privati; quest’ultimi hanno la possibilità di partecipare a pieno diritto agli organismi di governance universitaria e di condizionarne le scelte2. «Negli ultimi decenni, alla spinta democratica prodotta dall’università di massa è seguita una pressione efficientista, in conseguenza della saturazione dei modelli di welfare degli Stati europei, seguita dal progressivo spostamento verso il mercato che ha reso gli atenei più sensibili alla domanda esterna».3 Con l’entrata dei privati nei Cda e nei Senati Accademici si determina una situazione in cui gli interessi particolari di gruppi privati (industriali e non) uniti ai privilegi atavici dei Baroni, sono predominanti a discapito degli spazi di socialità e democrazia. Grazie alle riforme, le aziende possono direttamente intervenire all’interno delle scelte didattiche e gestionali dell’università. Questa nuova “filosofia d’intervento” viene riconosciuta come Governance attraverso la quale i senati accademici diventano dei veri e propri consigli di amministrazione, con tanto di delegati delle aziende private (il c.d. “personale non accademico”). Non sono più rari i casi in cui determinate aziende mettono a disposizione il proprio personale tecnico per la creazione di corsi ad hoc su di una specifica materia o addirittura per interi corsi di laurea. L’investimento che l’azienda fa rispetto al risultato che ottiene è minimo: un’enorme quantità di studenti che, letteralmente plasmati secondo conoscenze tecnico-scientifiche basate sullo standard utilizzato da una determinata azienda, sono lasciati come occupabili sul mercato del lavoro, senza nessuna certezza in termini di futura occupazione. Ormai occupabilità è un termine che sempre più spesso va a sostituire quello di occupazione. La possibilità di ingrossare le fila degli occupabili permette alle aziende di gestire una quantità di forza lavoro di riserva a proprio piacimento, con l’evidente risultato di aumentare la ricattabilità del resto dei lavoratori. Il colpo di scure sul capo dell’università pubblica è venuto, però, dall’articolo 66 comma 13 che decurta il fondo per il finanziamento ordinario delle università; ridotto di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013. Una diminuzione delle entrate progressiva fino al 2013 comporterà una riduzione dei servizi e della qualità fino a minacciare l’esistenza stessa dell’università.

3. La resistenza negli atenei L’onda d’urto di questo provvedimento ha provocato una resistenza attiva in tutti gli atenei italiani. La stagione di lotta appena conclusa ha visto una partecipazione straordinaria degli studenti che hanno manifestato, nelle piazze e nelle strade, il loro dissenso alle politiche universitarie attuate dai vari governi di centro-destra e centro sinistra. Nonostante il caldo estivo la dialettica politica continua il suo corso. Questa volta sono i ricercatori ad insorgere contro la manovra. I casi della Sapienza, dell’Università di Padova e della Seconda Università degli studi di Napoli dimostrano l’importanza dei giovani ricercatori e dei precari nel ciclo universitario e la loro forza potenziale, perché se solo volessero potrebbero bloccare il funzionamento di tutte le università. Il blocco del turnover fa sì che ogni cinque professori che vanno in pensione se ne assuma solo uno, blocco che provocherà un forte invecchiamento dell’età dei docenti e che lascerà a spasso moltissimi giovani. Inoltre, i tagli agli stipendi previsti dall’ultima finanziaria che sono definitivi e che vanno a penalizzare soprattutto i giovani (il taglio medio a un ordinario è del 10%, quello ai ricercatori neoassunti è del 27%). Infine l’abolizione del ruolo di ricercatore: il disegno di legge 1905 prevede solo assunzioni a tempo determinato, senza garanzie di poter restare dopo i sei anni di contratto4. Soprattutto questo preoccupa i lavoratori della ricerca italiana, accortisi forse un po’ in ritardo della decisioni prese sulle loro teste. Simili iniziative sembrano più il colpo di coda di un animale ferito che cerca di difendere delle posizioni retrograde e corporative, che l’attiva proposizione di un piano di trasformazione teso a rovesciare i rapporti di forza nella nostra società. È sotto gli occhi di tutti noi il fatto che ormai l’università e il sistema formativo nel suo complesso siano radicalmente cambiati, in particolare in questi ultimi dieci anni, periodo in cui sono state applicate in Italia (come in gran parte degli altri Stati membri dell’Unione Europea) le direttive europee in materia di istruzione e formazione. A partire da quella che è stata definita Dichiarazione di Bologna del ’98 (in cui i diversi ministri dell’istruzione europei hanno tracciato le nuove linee di trasformazione del sistema formativo) fino ad arrivare alla Strategia di Lisbona del 2000. L’obiettivo che si è data l’Unione Europea attraverso la Strategia di Lisbona, e cioè quello di diventare la potenza maggiormente competitiva nell’era della conoscenza, passa, quindi, necessariamente, per la creazione di poli di ricerca e sviluppo avanzati in grado di competere a livello internazionale: i cosiddetti centri d’eccellenza. Gli istituti e le università che meglio sapranno rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, e che saranno in grado di organizzare con più efficienza la propria Governance, nella competizione tra centri di formazione, rappresenteranno la punta di diamante del sistema formativo europeo. L’Onda è stato il più grande movimento studentesco degli ultimi anni, ma essa è riuscita solo a ritardare lo sfacelo dell’università pubblica, non a fermare la sua agonia. Molti sono stati i limiti di questo movimento che vanno da una mancanza di un coordinamento nazionale, all’eccessivo peso assunto dalle dirigenze. Laddove all’autoreferenzialità si è sostituita un’analisi globale dei processi che investono l’università, e quindi l’intera società, si è costruito molto, come dimostra il caso napoletano, in controtendenza rispetto al resto d’Italia, in cui sono enormemente aumentati gli spazi liberati dagli studenti, sottratti ai tentativi di speculazioni messi in atto dai baroni e dai privati. Spazi nei quali si discute liberamente del futuro che vorremmo, dove si condividono idee, in cui si è coscienti del presente, mentre le parole prendono la forma di azioni collettive, che si sottraggono all’oblio imposto dai media e di chi vorrebbe mettere tutto a tacere.

*Giornalista, ricercatore dell’Osservatorio meridionale di Cestes-Proteo.

1 I dati sono pubblicati dal National Climatic Data Center del NOAA. Essi confermano che la temperatura media del mese di giugno del 2010 è stata di 16,2C, ossia 0,68 sopra la media del ventesimo secolo, che risulta essere di 15,5 C. Dal NOAA fanno sapere che il 2010, come era stato previsto fin dall’inizio dell’anno, potrebbe risultare il più caldo dal 1880 ad oggi, superando anche i famigerati 1998 e 2003.

2 La legge 6.8.2008, n. 133 - di conversione del decreto-legge 25.6.2008, n. 112 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» - ed il testo coordinato dei due provvedimenti legislativi sono pubblicati nel supplemento ordinario n. 196 alla Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21.8.2008. La trasformazione dell’Università in fondazioni di diritto privato permette, inoltre, di raccogliere fondi da chiunque perché il comma 5 dello stesso articolo recita: «I trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore delle fondazioni universitarie sono esenti da tasse e imposte indirette e da diritti dovuti a qualunque altro titolo e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento».

3 Diego Mantoan, Una nuova Governance per gli atenei. Ma quale? da www. lavoce.info del 23/12/2009. Queste pressioni hanno prodotto 3 effetti sull’università: a) crisi di legittimità dovuta allo scemare di fiducia nella società; b) mutamento della missione da culturale a più utilitaristica; c) trasferimento di poteri dal centro alla periferia.

4 Lara Ricci, Riparte da ingegneria a Padova la caccia agli errori della riforma Gelmini da www. ilsole24ore.com del 19/07/2010