José Martí: un punto di riferimento attuale per il movimento internazionale dei lavoratori
Armando Hart Dávalos
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“Maestro, che ha fatto?” è stato il lamento di Rubén
Darío [1]
al conoscere la notizia della caduta di Martí durante il primo scontro nella
guerra che egli stesso aveva indetto ed organizzato alla quale si era unito
malgrado non fosse un combattente.
Bisognerebbe vedere il significato di quella frase del grande
poeta nicaraguese considerando la sua personale prospettiva, giacché egli
vedeva nell’Apostolo cubano la stella irripetibile della creazione letteraria.
Ma il Delegato [2] del Partito Rivoluzionario Cubano [3] aveva un motivo ancora più profondo e
più alto che qualsiasi altro si sarebbe potuto invocare, per venire a Cuba e
porre la sua stessa vita tra le mani del pericolo. “L’uomo di azione -aveva
detto lui stesso- rispetta solo l’uomo di azione”, e “La ragione, se vuol
fare da guida, deve entrare nella cavalleria! E morire, perché la rispettino
coloro che sanno morire”.
Il più grande pensatore americano che aveva nello spirito la
più grande etica umanista è stato un uomo di azione. Questo genio della parola
ha affermato con profonda convinzione: “Fare è il miglior modo per dire”.
Non era un combattente, ma la sua etica lo ha portato al
combattimento su questo terreno. Aveva promosso ed organizzato una guerra e per
questo si è sentito in dovere di esserlo. Ecco la causa della tragedia di Dos
Ríos [4].
Il suo senso pratico si ritrovava nel fatto che doveva
insegnare attraverso l’esempio. Era l’unico modo per esercitare una maggiore
influenza sul suo presente e per il futuro delle sue idee.
“La morte dei capi” aveva detto con l’eloquenza e la
capacità di sintesi che possedeva.
Non perché Martí, come alcuni hanno detto o suggerito,
avesse una vocazione al suicidio. Non è che cercasse coscientemente la morte.
Il valore della sua eroica decisione sta nel fatto che essa costituiva un’esigenza
dell’opera politica e rivoluzionaria che aveva progettato.
Il dramma delle rivoluzioni è stato sempre che gli uomini
più necessari, i fondatori ed ispiratori dei grandi movimenti politici e dei
lavoratori, sono quelli che, per il loro valore e senso del dovere, per la loro
stessa natura di lider, hanno attirato su di se i maggiori rischi.
A Dos Ríos, quindi, il 19 maggio 1895, è sopraggiunta una
delle tragedie più care di tutte quelle che il popolo cubano non abbia mai
sofferto in tutta la sua storia.
Il rischio, tipico di ogni lotta, lo ha privato del più
straordinario condottiero, proprio nel momento in cui si decideva l’essere o
il non essere di una nazione indipendente.
Ogni giorno si fa sempre più necessaria l’esigenza di
conoscere accuratamente chi è stato l’uomo che Rubén Darío ha chiamato “Maestro”,
precursore del modernismo nella poesia, considerato tra i migliori prosatori di
lingua castigliana della sua epoca, saggista in grado di affrontare, di
evidenziare ed identificare tutto ciò che di nuovo veniva rivelato dalla
scienza e dalla cultura del suo tempo, distinto critico d’arte e, in primo
luogo, promotore del Partito Rivoluzionario Cubano e dell’ultima guerra di
liberazione di Cuba.
Noi cubani abbiamo, ancora, un dovere nei confronti dell’America
e del mondo, cioè mostrare con maggiore chiarezza chi fosse José Martí, il
più profondo ed universale uomo di pensiero dell’America spagnola.
Cintio Vitier [5] lo definisce “il
poeta che attrae a sé la storia, il mito della patria incarnato in un uomo”.
Ha detto Vitier “Poeta nel senso primitivo della parola: creatore e profeta.
Creatore nell’unico senso in cui può esserlo un uomo: trasformatore della
realtà. Profeta in quanto visionario. Creatore di una rivoluzione immediata,
improrogabile per la sua patria, e profeta di una rivoluzione universale”.
Per sottolineare come sia giunto ad una comprensione di così
lungo raggio e affrontare le sfide che l’America Latina ha, andando verso il
secolo XXI, ricordiamo le belle storie su come una tale grandezza si sia
sviluppata in questo paradigma della cultura di radice ispanica e come l’ha
raggiunta.
Martí ha messo insieme, nella maggior parte dei suoi
sentimenti ed idee, il meglio della cultura di origine ispanica, lo ha
rielaborato, gli ha conferito carattere americano e ne ha esteso l’universalità.
Un aspetto essenziale della cultura della <Nostra America> [6] è, precisamente, la sua universalità. È fondata sul principio di
Martí: “nelle nostre repubbliche venga inserito il mondo; ma il ceppo deve
essere delle nostre repubbliche”.
È stato un uomo semplice -“Sono buono, e poiché buono /
morirò con il viso rivolto al sole”, aveva proclamato-, amante delicato e
profondo della scrittura e del bello, sensibile ed appassionato alla ricerca
della comprensione umana, è stato considerato il precursore del modernismo
latinoamericano. Come critico d’arte, nei suoi commenti erano presenti persino
elementi precedenti del muralismo in Messico.
Martí è stato il maestro, il giornalista, il militante
politico che, in maniera instancabile ha studiato, ha letto e ha scritto su
tutto quello che di umano accadeva nel mondo della sua epoca: cronache sull’invasione
coloniale francese nel territorio dell’attuale Vietnam, pagine impressionanti
che rileggiamo con emozione ed incredulità in relazione all’animo russo, la
storia ed i racconti sulle più svariate nazioni d’Europa e del mondo.
È stato il cubano capace di scrivere e descrivere
dettagliatamente, nella miglior letteratura castigliana, dagli avvenimenti di
Chicago [7] fino alle più rilevanti
scoperte scientifiche del mondo che aveva conosciuto. Capace, a sua volta, di
scrivere pagine indimenticabili sui personaggi principali della storia, della
politica, della letteratura e della scienza.
Lezama Lima [8] ha evidenziato la sua figura esemplare quando
ha scritto: “è stata un’ineffabile fortuna per tutti i cubani, che colui
che ha apportato le innovazioni del verbo, le sapesse incarnare nella storia. Fu
anche una fortuna che colui che ha commosso l’essenza del nostro essere fosse
colui che ha rivelato i segreti del fare”.
L’eccezionale cubano che è stato José Martí, in tutta la
sua grandezza, non è molto riconosciuto e celebrato nel mondo a causa delle
grandi lacune informative che, in molti paesi, si hanno sulla ricchezza
spirituale e culturale dei popoli d’America.
Molti di quelli che hanno scritto sull’epoca antica ci
parlano dei profeti; le religioni hanno elevato alla categoria di santo molti
uomini che hanno studiato e previsto l’avvenire o che hanno avuto una vita
piena di umiltà, sapienza e visioni del futuro. Martí fu uno di quei profeti
che hanno intravisto il futuro e ha studiato l’universo come un qualcosa che
dovremmo amare, e la liberazione umana come il più nobile desiderio che possa
avere l’uomo sulla Terra.
Il suo carattere e il suo straordinario valore non sono stati
il prodotto della sua natura eccezionalmente dotata per la bellezza, l’intelletto
e la capacità di azione. L’amore per la giustizia e per la dignità dell’uomo,
dei lavoratori, le folgorazioni della sua intelligenza, speciali e multiformi,
sono stati stimolati, modellati ed arricchiti dalla cultura che ha profondamente
assimilato.
Il suo maestro Rafael María de Mendice -discepolo, a sua
volta, di Josè de la Luz y Caballero [9]- aveva molto presto compreso chi avesse per alunno
quando ha ricevuto nella sua casa il figlio di un custode valenciano e di una
donna canaria che abitavano in un’umile casetta vicino alle mura che
circondavano La Habana coloniale. In Martí il lato migliore e più elevato
dello spirito era stato fecondo. Così aveva letto, scritto ed appreso, nell’ambiente
più cubano e più colto.
L’insieme delle idee che ha ereditato dai forgiatori Félix
Varela, José de la Luz y Caballero e, in particolare, da Rafael María de
Mendice, unitamente al vasto patrimonio culturale che ha raggiunto, lo hanno
portato a sviluppare ed arricchire le idee politiche e culturali più avanzate
del suo tempo. Dei suoi viaggi per il mondo ha lasciato un’ineguagliabile
testimonianza nell’opera giornalistica, nella poesia, nella narrativa e,
soprattutto, nelle sicure analisi della sua saggistica illuminante e cospicua.
Quando Carlos Manuel de Céspedes [10], Padre della Patria, si alza a La
Demajagua il 10 ottobre 1868, Martí aveva appena 16 anni e scrive alcuni versi
memorabili nati da un’altissima sensibilità culturale e amore per la
libertà.
Con il suo amico intimo Fermín Valdés Domínguez firma una
lettera di censura diretta ad un co-discepolo che aveva tradito la causa dell’indipendenza
di Cuba. Quest’ultima viene occupata ed entrambi sono arrestati. Martí si
incolpa, viene condannato ai lavori forzati e tali segni gli resteranno per
tutta la vita. Viene portato alle cave di San Lázaro e da lì alla Isla de
Pinos [11], successivamente viene deportato in Spagna. Ha solo 17 anni, ma aveva
già appreso abbastanza perché potesse scrivere El presidio político en Cuba
(Il presidio politico a Cuba).
Frequentò a Madrid gli studi superiori, che terminarono
brillantemente all’Università di Zaragoza. Nella penisola fu testimone di un
avvenimento che avrebbe apportato luce alla sua formazione rivoluzionaria: l’insediamento
della prima repubblica spagnola, alla quale, nel 1873, ha dedicato dei commenti
che furono pubblicati dalla stampa e nel suo lavoro La Repubblica Española ante
la Revolución Cubana (La Repubblica Spagnola prima della Rivoluzione Cubana).
Il giro vitale del permanente esilio in cui Martí ha
trascorso la maggior parte della vita, ha favorito in lui lo sviluppo del senso
dell’universalità. All’uscita dalla Spagna -alla fine del 1874- è seguito
un percorso che ha incluso Parigi e New York, dopo il quale ha posto le radici
in Messico, paese in cui è entrato in contatto diretto, per la prima volta, con
la popolazione indigena. Quell’incontro sorprendente lo ha portato a dire che
finché l’indio non si fosse unito alla lotta per la liberazione dell’America,
questa non avrebbe raggiunto la sua piena indipendenza. Fu lì che ha iniziato a
conoscere direttamente i paesi che avrebbe chiamato “Nuova America”.
Arricchisce la sua esperienza durante la permanenza in Guatemala tra il 1877 ed
il 1878, dove ha lasciato, a romantico ricordo, quei versi dedicati alla cara
bambina: “Dicono che morì di freddo: / Io so che morì d’amore”. E “Era
la sua fronte, la fronte! / Ciò che più ho amato nella vita!”.
Per alcuni mesi ha fatto ritorno a La Habana, dopo che si era
conclusa quella che i cubani chiamano la Grande Guerra (1868- 1878), conosciuta
anche come quella dei Dieci Anni nella quale non solo vennero mostrati i punti
di forza di un’epoca di gloria, di eterno ed emozionante ricordo, ma è stata
anche messa in evidenza la mancanza di altri uomini e altri metodi per dirigere
la futura epopea. Lo scontro bellico richiedeva, inoltre, un genio della
politica, un talento intellettuale di livello più alto, un uomo di azione,
passione ed immaginazione. José Martí ha incarnato tutto questo.
Dopo questo breve tempo a Cuba viene nuovamente deportato in
Spagna. Riesce a tornare a New York passando un’altra volta per Parigi. Dopo
alcuni mesi trascorsi nella città nordamericana si trasferisce in Venezuela,
nella cui capitale ha avuto residenza e ha acquistato familiarità con il
consigliere di Simón Bolívar [12], la personalità che tanto ha venerato e la cui lotta si
propose di continuare, si era sentito suo figlio e debitore e aveva scritto
emozionato: “di Bolívar si può parlare con una montagna per palco, o tra
tuoni e fulmini, o con un manipolo di popoli liberi nel pugno, e la tirannia
decapitata ai piedi...!”.
In Messico, Guatemala e Venezuela si è messo in relazione
con il ricco mondo culturale latinoamericano. Se a Cuba aveva conosciuto il
negro, allora condannato dalla schiavitù, in quei paesi era venuto a sapere lo
stesso direttamente dall’indio, cosa che non fece altro che riconfermare il
suo antirazzismo. Il Messico, in particolare, gli ha offerto il panorama
sulle nascenti lotte dei lavoratori per le loro giuste rivendicazioni e ha
partecipato anche alla difesa di questi.
Martí ha fatto sue le migliori speranze dei meticci, dei
negri, degli indios, dei mulatti, dei bianchi deportati e delle masse
lavoratrici i quali, al di sopra di ogni diversità di costume, di lingua o
di idiosincrasia, avevano una stessa lotta da scatenare contro vecchi e nuovi
comuni nemici e uno stesso avvenire da edificare a favore di tutti: “Sono
figlio dell’America: mi devo dare a lei”, aveva scritto il Maestro lasciando
il Venezuela, nel 1881, diretto a New York, e da questa città aveva continuato
la sua crociata in favore dell’unità latinoamericana.
La sua idea di politica era strettamente legata al sentimento
umano. Era politico perché profondamente umanista, ed era umanista perché
profondamente politico. Tale idea costituisce una delle eredità più belle che
ci ha trasmesso. Da qui, per capire le concezioni di Martí, bisogna contare su
un radicale pensiero democratico, il suo latinoamericanismo e il suo senso
universale.
[1] Ruben Dario: Poeta nicaragüense, principal exponente del modernismo.
[2] Delegado: cargo dirigente principal del
Partido Revolucionario Cubano.
[3] Partido
Revolucionario Cubano: partido creado por José Martí para coordinar y dirigir
la guerra de independencia de Cuba.
[4] Dos Ríos: nombre del lugar, en el oriente de Cuba, donde José Martí
cayó en combate frente al ejército colonial español, el 19 de mayo del
1895.
[5] Cinto Vitier: importante poeta contemporáneo
cubano y uno de los principales estudios de José Martì.
[6] Nuestra
America: termino con el cual Martì se refería a la America Latina, con clara
diferenciación del conjunto de toda la America en la que se incluye la America
del Norte.
[7] Suceso de Chicago:se refiere a las protestas obreras tenidas lugar en
esa ciudad estadunidense al final del siglo XIX.
[8] José Lezama Lima: uno de los màs grande
escritores cubano y de lengua hispana del siglo XX, autor entre otras obras de
la famosa novela “Pasadiso”.
[9] José Luis Caballero: (1800 - 1862) Uno
dei primi pensatori cubani.
[10] Carlos Manuel de
Céspedes: Iniciador della Prima Guerra d’Indipendenza dalla Spagna. Nonno
della scrittrice Alba de Céspedes.
[11] Isla de Pinos: attuale Isla de la Juventud seconda in dimensioni dell’Arcipelago
cubano.
[12] Simon Bolivar: Proselite dell’Indipendenza
Latinoamericana