Le assurde dinamiche attuali dello sviluppo capitalistico. La questione in Irak è l’imperialismo
Max-Fraad Wolff
Rick Wolff
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1. Le modalità dell’espansione capitalista
Per più di un secolo, i teorici dell’imperialismo hanno
spiegato ciò che è documentato da innumerevoli analisi empiriche: l’impulso
delle economie capitalistiche a riprodursi attraverso l’espansione. Nella loro
lotta competitiva per la sopravvivenza, appropriandosi del plusvalore dei loro
lavoratori e minando le reciproche posizioni sul mercato - cioè massimizzando i
loro ‘profitti’ - le imprese capitaliste valicano i loro confini nazionali.
Mercati per l’esportazione, materie prime importate a buon mercato, cibo e
immigranti, e sbocchi all’estero per investimenti profittevoli offrono prima o
poi ai capitalisti le loro migliori opportunità di successo. Essi hanno
afferrato queste opportunità e hanno voluto che i loro governi prima facilitino
e poi difendano la loro vantaggiosa dipendenza dalle attività economiche
estere. Il colonialismo ufficiale, le sfere di influenza non ufficiali, i
neo-colonialismi, gli accordi bilaterali e multilaterali, le organizzazioni
regionali e globali (le zone monetarie, le associazioni commerciali, i mercati
comuni), e altre forme sono state pensate per gestire l’imperialismo
capitalista. La continua re-distribuzione della ricchezza e del potere tra le
nazioni capitaliste in lotta tra di loro è stata la causa per cui la loro
espansione è sfociata in periodici conflitti e ha causato molte guerre
regionali e due guerre mondiali.
Verso la fine del diciannovesimo secolo le strutture di
classe capitalistiche avevano consolidato il loro dominio su tutte le altre
strutture di classe negli USA. Al dominio seguì l’espansione capitalistica e
l’imperialismo statunitense emerse assieme (e talvolta in contrasto con)
quello inglese, tedesco e di altre nazioni. Da allora, gli USA non hanno mai
fermato la loro traiettoria imperialista. L’Iraq non è altro che l’ultima
stazione su quella via.
Il capitalismo, a causa della sopravvivenza delle sue aziende
basate sulla proprietà privata e sul libero mercato, aveva bisogno di
espansione e le condizioni politiche e culturali per l’imperialismo americano
dovevano essere sviluppate, sostenute, e adattate continuamente ai cambiamenti
nelle situazioni globali. I leader politici e aziendali, così come i loro
interlocutori mass-mediatici media e alleati accademici, dovevano identificare
gli ostacoli per l’espansione e dibattere le strategie per superali. Dovevano
convincere le masse dei loro cittadini che vi è una corrispondenza tra il loro
benessere (economico, politico e culturale) e la libertà del capitalismo
americano di espandersi. Dato il moralismo religioso con cui tradizionalmente
gli USA razionalizzano tutto, all’espansione capitalistica doveva essere data
una vernice moralistica e moralizzante.
Gli aspetti economici dell’espansionismo americano sono
sempre stati centrati su alcuni obiettivi fondamentali. L’unica cosa che
cambiava era il loro reciproco peso all’interno di un mix di obiettivi
economici. Quindi, gli USA hanno cercato sbocchi per beni agricoli e
manifatturieri e per servizi quando queste industrie li domandavano. Ugualmente,
gli USA si sono focalizzati su un sicuro e vantaggioso accesso a fonti di
importazioni (di merci ma anche di tecnologie) abbondanti e a buon mercato
richieste dalle industrie americane ma anche domandate dai consumatori
americani. Infine, gli USA hanno mirato a condizioni che rendessero possibile
alle industrie e ai consumatori americani di perseguire la massima libertà di
investire i loro capitali all’estero.
Misure economiche, politiche (includendo quelle militari) e
culturali vennero prese, a seconda delle specificità del luogo e del tempo, al
fine di rendere il mondo sicuro per l’espansione e aperto all’espansione
capitalistica americana. D’altro lato, gli USA formarono, rafforzarono,
dissolsero, e/o lasciarono alleanze politiche. Un fermo impegno ad una grande e
permanente forza militare - stazionata sia internamente che all’estero -
divenne una caratteristica di tutti i governi americani dopo la Seconda Guerra
Mondiale. Neppure la fine della guerra fredda poté generare un serio dibattito
su una significativa riduzione degli armamenti negli USA, e quindi ancor meno
una sperimentale riduzione.
2. Le demonizzazioni funzionali allo sviluppo capitalistico
Molte campagne culturali accompagnavano parallelamente queste
misure. Queste comprendevano concettualizzazioni e disseminazione tra le masse
di successive demonizzazioni degli stranieri. Gli orchi sono stati, di volta in
volta, europei (del vecchio mondo), e/o giapponesi il cui scopo sarebbe stato
quello di privare gli USA del loro legittimo posto nel mondo. Altre volte, i
gruppi accusati erano i senza Dio (i non-Cristiani), gente ‘primitiva’ che
non desiderava che la cultura superiore, i prodotti, la politica e la religione
americane entrassero e circolassero liberamente nelle loro società. I comunisti
(spesso identificati con Marxisti, socialisti, anarchici, ecc.) e “fanatici”
nazionalisti erano demonizzati in una maniera simile come nemici della libertà
e della democrazia. Gli Usa erano in guerra, talvolta violenta e calda, altre
volte fredda. Oggigiorno, i demoni sono i “terroristi Islamici” motivati
dall’invidia e dal fondamentalismo religioso. Come tutte le successive
riflessioni di seri storici hanno dimostrato, il contrappeso alla loro molto
circoscritta base nella realtà era una mescolanza spesso isterica di
esagerazioni propagandistiche.
Diversi blocchi imperialisti, con interessi specifici,
emersero - spesso in tandem con le corrispondenti demonizzazioni. Essi formarono
la politica statunitense attraverso diverse combinazioni di pressioni,
corruzioni e tangenti a tutti i livelli governativi, blitz mediatici, e talvolta
campagne popolari (per esempio, i “revivals” religiosi). I loro obiettivi si
muovevano tra, e mescolavano, specifiche regioni del mondo, i mercati per
particolari merci, e specifiche opportunità per investimenti esteri. Questi
blocchi si allearono a gruppi sociali mossi da motivi più prettamente
ideologici al fine di battersi per una formazione culturale egemonica di
supporto all’imperialismo americano.
Un tema che emerse e che fu specificamente funzionale all’egemonia
americana fu quello della democrazia. L’imperialismo USA si re-inventò come
una crociata per la democrazia. Ogni qualvolta i blocchi imperialisti
identificarono degli ostacoli per la loro attività all’estero, il governo
americano, i media convenzionali, e i loro alleati intellettuali in genere li
definirono o li demonizzarono come anti-democratici. Quindi essi divennero, nel
migliore dei casi, anacronismi storici, bastioni in via di estinzione contro la
marcia della storia verso la democrazia globale condotta dagli USA. Se essi non
scomparivano abbastanza rapidamente - cioè quando l’imperialismo USA aveva
bisogno di una più rapida acquiescenza con i suoi bisogni - una retorica
intensificata accompagnava forti misure politiche il cui scopo spesso era quello
di isolare sul piano internazionalmente i demonizzati. Frequentemente, il
risultato era una azione militare al fine di garantire ciò che gli altri
meccanismi dell’imperialismo USA non avevano, o non avevano con sufficiente
rapidità, raggiunto. Ciascun passo di questo crescendo era celebrato come una
grande lotta del bene democratico contro il male non democratico. Quando i
demoni, occasionalmente, rispondevano all’attacco (o potevano essere così
plausibilmente rappresentati) i blocchi imperialisti approfittavano dell’opportunità
per passare dall’azione politica a quella militare. Così, la distrutta
corazzata Maine, l’incidente della “Baia di Tonkin”, gli attacchi dell’11
Settembre 2001, erano talvolta veri attacchi e talvolta fittizi. Ciò che essi
avevano in comune era l’opportunità per i blocchi imperialisti USA di
muoversi finalmente militarmente contro i loro nemici/ostacoli designati.
Perciò, il governo Bush ha intrapreso una azione militare contro l’Afghanistan
e l’Iraq, nonostante che manchi anche una minima prova del loro ruolo negli
attacchi dell’11 settembre 2001. Ugualmente, si sta preparando per
avvantaggiarsi ulteriormente dell’opportunità nominando un asse dei paesi del
male per cui si prevede la prossima azione militare.
L’imperialismo USA dà una versione moderna delle
autocelebrazioni degli imperialismi precedenti come missioni civilizzatrici e di
modernizzazione nei confronti di quelle parti del pianeta che sono ancora
arretrate. Porta l’utopia della democrazia - costantemente identificata con il
capitalismo della proprietà privata e del mercato - a tutti gli angoli del
globo bandendo, in questo modo, la povertà e l’oppressione. Ciò avverrà con
metodi pacifici o con la forza, a seconda di quanta opposizione i leader delle
povere nazioni, non libere e retrograde, osano fare.
I blocchi, in genere egemonici, che supportano l’imperialismo
statunitense hanno causato periodiche resistenze negli USA. Ciò non è
cambiato, come i milioni di dimostranti hanno reso chiaro dal 15 Febbraio 2003
in poi. Molti gruppi della società americana hanno sempre pensato che i costi
dell’imperialismo (in termini di sangue e denaro) siano superiori ai benefici.
Talvolta, questi gruppi possono coagularsi in gruppi contro-egemonici che
possono fare dell’isolazionismo un tema dominante, come nella guerra del
Vietnam, oppure possono aumentare notevolmente i rischi politici della guerra di
Bush contro l’Iraq. Però, fino ad adesso, i blocchi anti-imperialisti hanno
solo limitato l’imperialismo USA, ma non lo hanno cambiato fondamentalmente.
3. La crisi dell’Iraq del 2003
3.1 I presupposti storici e ideologici
Ciascuna ondata di imperialismo USA ha avuto innumerevoli
concause determinanti. L’Iraq del 2003 non è un’eccezione. Qui vogliamo
porre l’accento solo su alcuni fattori che meritano la nostra speciale
attenzione. Primo, la dipendenza dal petrolio di tutte le economie
capitalistiche avanzate ha dato prominenza al Medio Oriente - la cui posizione
lo aveva già reso importante dal punto di vista geo-politico - come un oggetto
dell’attenzione dell’imperialismo USA. La strategia dell’imperialismo USA
nel ventesimo secolo è stata quella di rimpiazzare il potere coloniale
ereditato dall’Europa con “l’influenza” degli Stati Uniti sui nuovi
paesi “indipendenti” che in realtà dipendono economicamente in maniera
simmetrica dai giganteschi conglomerati petroliferi. Tuttavia, il petrolio era
solo una parte dell’importanza del Medio Oriente. Questa popolosa regione era
importante dal punto di vista economico e politico in molti altri modi per i
concorrenti imperialismi - come si vede dalla priorità data al questa regione
dall’imperialismo britannico nel suo momento di massimo potere prima che il
petrolio fosse diventata una merce così importante globalmente.
In secondo luogo, le società Medio Orientali furono scosse
da tumulti specialmente nella seconda metà del ventesimo secolo. Alcuni fattori
che contribuirono a ciò furono il declino dell’imperialismo europeo, le
destabilizzazioni della guerra mondiale, l’impatto delle idee socialiste e dei
movimenti socialisti locali, le conseguenze della Guerra Fredda, le
macchinazioni delle gigantesche compagnie petrolifere e dei governi che le
supportavano. Le fortune e i programmi sociali delle diverse classi e gruppi
etnici e religiosi all’interno delle nazioni mediorientali cambiarono e spesso
si scontrarono quando tentarono di far fronte a questi fattori. Infine,
specifiche oligarchie locali raggiunsero una posizione di dominio attraverso
alleanze con gli interessi petroliferi, dove ciò era possibile, e più
generalmente con interessi imperiali occidentali, specialmente USA.
Terzo, queste alleanze richiedevano finanziamenti e armi
americane al fine di rendere possibile la sopravvivenza di tali oligarchie
attraverso la sconfitta dei loro nemici interni e la pacificazione delle loro
popolazioni. Le oligarchie usarono le risorse date loro dagli USA e dai
conglomerati petroliferi per rafforzare la loro estrema ricchezza e la loro
posizione politica dominante all’interno dei loro paesi. L’imperialismo USA
quindi contribuì a condannare la grande maggioranza delle popolazioni
mediorientali ad una continua povertà e repressione politica. Lo sfruttamento
di classe era ciò a cui erano soggetti coloro, relativamente pochi, che
potevano ottenere gli scarsi posti di lavoro creati dallo sviluppo molto lento
prodotto dalle imprese capitaliste estere e dallo sviluppo ancora più lento
prodotto dalle imprese locali in quei paesi. La soppressione della resistenza,
sia reale che potenziale, alla povertà di massa e alla mancanza di potere e l’imposizione
di relazioni di sfruttamento di classe richiedevano che le oligarchie
frantumassero tutti i movimenti sociali di opposizione e specialmente quelli con
seri impegni socialisti o anti-imperialisti (che fossero supportati dall’Unione
Sovietica o no). Talvolta, le oligarchie locali riuscirono nel loro intento da
sole. Più spesso, esse usarono le finanze delle compagnie petrolifere e l’aiuto,
sia nascosto che aperto, degli USA e, in certe occasioni, le ancora interessate
vecchie nazioni imperialiste.
Quarto, per raggiungere e sostenere l’ascesa politica delle
oligarchie vi era bisogno di un intenso programma ideologico. Il suo scopo
principale era quello di proteggere l’imperialismo USA, i giganti petroliferi,
e le oligarchie locali, di modo che non fossero identificati come “l’asse
del male” responsabile per le sofferenze delle masse nel Medio Oriente. Il suo
metodo principale era una campagna distorta - una specie di sostituzione, una
specie di anti-imperialismo con connotati religiosi - costruito attorno la
nozione di una crociata contro due mali. Gli oligarchi definirono i due grandi
nemici del modo islamico come Israele (spesso identificato con gli Ebrei) e i
Marxisti atei, i socialisti e i comunisti, sia stranieri (collegati alla Unione
Sovietica) che nazionali. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, solo due movimenti di
massa nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente avevano la possibilità di
contrastare il potere sociale degli oligarchi: (1) i religiosi mussulmani e i
loro fedeli e (2) le alleanze di nazionalisti e socialisti. Con la benedizione
degli USA, gli oligarchi si allearono con i primi per distruggere i secondi.
L’esenzione dei cristiani dalla lista dei nemici degli
oligarchi si collocava molto bene nei, ed era cruciale per, la dipendenza degli
oligarchi dall’imperialismo USA. Mirare alla Unione Sovietica, ai socialisti,
e ai comunisti dappertutto (Indonesia, Afghanistan, Iran, Cecenia, ecc.) si
collocava molto bene nel programma imperialista degli USA della Guerra Fredda.
Un supporto finanziario largamente esortatorio e limitato ai Palestinesi contro
Israele ed una crociata, sia internamente che all’estero, molto più
sostanziale contro tutto ciò che sapeva di sinistra divennero il perno dell’egemonia
culturale e politica degli oligarchi. Le crociate contro la sinistra
guadagnarono finanziamenti e generosità militare da parte degli USA, che gli
oligarchi potevano usare sia internamente che all’estero secondo i loro
bisogni.
Eppure le contraddizioni assediavano quest’alleanza e i
suoi programmi. Per Israele, al fine di sopravvivere e quindi giocare il suo
ruolo centrale, era necessario il finanziamento e il supporto USA. La politica
interna degli USA richiedeva la stessa cosa. Tuttavia, il rischio era che l’ostilità
per Israele si riversasse sull’imperialismo USA come il vero bersaglio, cioè
come il vero nemico del mondo islamico. In altri posti, il risvegliarsi di una
mentalità da crociata islamica rischiava che altri alleati dell’imperialismi
USA, come gli Indù in India, fossero presi di mira. I conflitti che ne
risultarono tra alleati degli USA (vedi Pakistan e India) hanno minacciato
ripetutamente altri fini dell’imperialismo USA. La mobilitazione di una
crociata Islamica si rivelò essere potenzialmente rischiosa anche per gli
oligarchi, la combinazione della cui ricchezza e stretta cooperazione con l’Europa
Occidentale e con le elite americane li posizionava distanti dalle vite normali
delle masse delle loro nazioni. La loro vulnerabilità interna obbligò gli
oligarchi a coltivare i rapporti con l’establishment religioso e, in molti
casi, specialmente con i fondamentalisti le cui convinzioni li spingevano a
dedicare le loro vite alla mobilitazione delle masse contro quelli che si
credevano essere i nemici dell’Islam. L’accordo che essi fecero supportò
fortemente e quindi rinforzò le istituzioni Islamiche, specialmente quelle
fondamentaliste, per resistere alle incursioni del secolarismo moderno (che era
associato alla sinistra). In cambio, gli oligarchi ricevettero i servizi dell’unica
alternativa disponibile, organizzata e con una base di massa, alla sinistra
interna. Lo scopo principale di quella alleanza era di distruggere la sinistra.
L’alleanza non era facile a causa delle sua contraddizioni.
Alcuni oligarchi, per esempio molti della famiglia reale Saudita, avevano
condizioni di vita che rischiavano continuamente di attrarre l’ira dei
fondamentalisti. Lo stesso valeva per quegli oligarchi con stretti legami con
gli USA da cui erano dipendenti. In queste condizioni, gli oligarchi dovevano
sviare l’attenzione dei fondamentalisti verso i nemici dell’Islam in altre
parti del mondo. Fecero ciò attraverso generosi finanziamenti di gruppi e
organizzazioni fondamentalisti, specialmente delle loro attività esterne.
Tuttavia, il rischio era di far sollevare altri oligarchi che potevano diventare
il bersaglio dei fondamentalisti. Le vecchie divisioni tra gli oligarchi - sulle
loro diverse interpretazioni dell’Islam, sulle loro diverse provenienze
etniche, sui loro diversi modi di accordarsi con il secolarismo moderno - erano
quindi rese più gravi dall’impegno fondamentalista di alcuni di loro. La
guerra tra l’Iraq e l’Iran e i conflitti interni, spesso sanguinosi, tra le
moderne oligarchie secolari (e il loro apparato militare così dipendente da, e
interconnesso con, l’apparato militare statunitense) e i fondamentalisti all’interno
delle loro nazioni (per esempio, Algeria, Iran, Turchia, e Egitto) erano le
esplosive conseguenze di tali contraddizioni.