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Continente rebelde

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Áquilas Mendes
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Professore di Economia alla FAAP/SP, vicepresidente dell’Associação Brasileira de Economica da Saúde e tecnico del Cepam

Rosa Maria Marques
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Professoressa titolare del PUCSP, specializzata in politiche sociali e autrice, tra gli altri, della Proteção Social e o Mundo do Trabalho (Bienal, 1997). È stata presidente della Sociedade Brasilera de Economia Política (1998 e 2002)

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Il governo Lula e la controriforma previdenziale

Áquilas Mendes

Rosa Maria Marques

 [1]

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3. Distruggere lo Stato: la riforma del governo Lula

La riforma previdenziale intrapresa dal governo Lula, approvata al primo turno alla Camera dei Deputati il 7 agosto 2003, ha ripreso i punti, respinti durante la riforma promossa da Cardoso, riguardanti il regime degli impiegati. In questo caso solo pochi deputati si sono ribellati contro la posizione del partito, esprimendo in diversa maniera il loro malcontento e il loro distacco e dando l’impressione che le precedenti manifestazioni del PT non erano servite a nulla. Ma a dire il vero, salvo alcune sorprese, come la proposta di riscossione dei contributi degli inativos e la manifestazione di gran disprezzo per l’applicazione delle regole di transizione, il suo programma di governo mostrava elementi che sarebbero stati presenti tanto nella proposta quanto nell’esposizione delle sue ragioni. Tuttavia man mano che si è arrivati a formare alcuni elementi non si è svelata la totalità delle loro implicazioni, principalmente per coloro che non sono esperti nel settore. L’articolo relativo alla Reforma da Previdência a partire dal paragrafo 47 del Programma de Governo 2002 dice:

“Una delle sfide politiche ed amministrative maggiori del futuro governo è l’equazione della questione previdenziale. Per affrontare questa sfida sono necessarie un insieme di iniziative a corto, medio e lungo raggio che forniscano soluzioni strutturali in grado di permettere alle generazioni odierne di brasiliani e a quelle del futuro di poter essere pienamente coscienti e relativamente tranquille sul tema dei diritti di cui potranno godere al termine di una lunga vita dedicata al lavoro. Questa profonda revisione deve avere come obiettivo la creazione di un sistema previdenziale universale di base, pubblico, obbligatorio, per tutti i lavoratori brasiliani del settore pubblico e privato. Il sistema deve avere un carattere contributivo, con benefici chiaramente stabiliti e con un valore del livello e della copertura dei benefici del pensionamento chiaramente definito.” (Programma de Governo, 2002, § 47, grifo nosso)

Per quanto riguarda il terzo pilastro del sistema previdenziale brasiliano, la previdenza complementare, che può essere esercitata attraverso i fondi pensione patrocinati dalle imprese o istituiti dai sindacati (conformemente alla Lei Complementar 109), rivolta a quei lavoratori che chiedono una rendita addizionale oltre a quella garantita dal regime di base, ciò va inteso anche come un poderoso strumento di rafforzamento del mercato interno futuro e quindi come fonte di risparmio a lungo termine per lo sviluppo del paese. È necessaria la crescita e il rafforzamento di questa istituzione attraverso meccanismi d’incentivazione (Idem, ibidem, § 57, grifo nosso).

Ciò che a volte ha rappresentato una vera sorpresa, è stata la forma e il metodo utilizzati dal governo Lula nell’indirizzare e nell’approvare la sua proposta. Aldilà del fatto che il partito, nelle sue differenti istanze, non abbia partecipato all’elaborazione della proposta, ogni indirizzo contrario o con carattere di emendamento, da parte dei deputati del PT, è stato fermato, essendo stata stabilita l’adesione al testo del relatore, con le modifiche negoziate dalla direzione del partito. In questo modo l’iniziativa dei 30 deputati del partito che avevano lanciato, il 29 maggio, il manifesto “Retomar o Crescimento Já!”, dove parte del suo contenuto si riferiva a questioni relative alla riforma previdenziale, non è potuta andare avanti. Per questo non sono mancate minacce e pressioni di ogni sorta che hanno impedito la realizzazione del dibattito e del chiarimento di vari punti della riforma contestati. A causa delle pressioni, nella prima votazione, 24 avevano votato seguendo le indicazioni del partito (ma avevano votato criticando la proposta ed affermando che lo facevano per rispetto e per disciplina nei confronti della linea di partito), 3 avevano votato contro [2] e 8 avevano optato per l’astensione [3]. I secondi sono stati minacciati di espulsione dal partito e i terzi di qualche tipo di sanzione.

 

3.1. I grandi assenti nella riforma

L’elezione di Lula alla presidenza della repubblica è stata intensamente festeggiata nelle strade delle principali città del paese, prima ancora che il risultato ufficiale fosse annunciato. La gioia che aveva coinvolto persone di differenti strati sociali indicava, con la più nitida chiarezza, il contenuto che tutti attribuivano al nuovo momento del paese: l’ora di promuovere una inversione nella politica economica e sociale sviluppata fino a quel momento, in modo da permettere la crescita del Brasile, attraverso la ridistribuzione del reddito e della ricchezza e il riscatto dell’enorme debito sociale accumulato. In materia di previdenza sociale, la speranza era quella di un nuovo governo che desse seguito al processo di universalità della copertura del rischio vecchiaia iniziato con la Costituzione del 1988, attraverso il superamento degli ostacoli che fino ad allora avevano ristretto questa protezione ad una minoranza della popolazione occupata brasiliana, lasciando senza protezione milioni di lavoratori e le loro famiglie. Allo stesso tempo, si era sperato che il governo risolvesse l’immensa iniquità presente nel Regime Geral da Previdência Social (RGPS), con l’applicazione del “fator previdenciário”.

Così come menzionato precedentemente, la previdenza sociale brasiliana, considerando anche tutti i suoi limiti, è la più organizzata dell’America Latina. Il Brasile è stato l’unico tra tutti i paesi latino-americani che ha creato un sistema unico per tutti i lavoratori del settore formale dell’economia, unificando i vari istituti precedentemente esistenti e garantendo così livelli di copertura uguali per tutti, indipendentemente dal ramo di attività esercitato. Con la concessione di uno stesso statuto per tutti i lavoratori, lo Stato brasiliano, ha realizzato un importante passo nella costruzione del concetto di nazione, integrando in un unico ordinamento i lavoratori del nord e del sud del paese. Questo processo, sebbene incompleto, è avanzato significativamente con la Costituzione del 1988 quando, tra gli altri dispositivi, erano stati estesi i benefici per i lavoratori agricoli ed era stato introdotto il livello base, corrispondente ad un salario minimo. Nella dottrina previdenziale, ciò sarebbe stato l’equivalente di un reddito base, ossia ciò che la società considera essere il valore minimo che un lavoratore non attivo deve ricevere.

Nonostante questo progresso, la previdenza sociale brasiliana non ha raggiunto, durante la sua costruzione, la totalità degli occupati. Ma ciò non si deve ad alcuna “mancanza” nel disegno di copertura, quanto invece al processo economico vissuto dal paese nell’ultimo decennio, con i suoi inevitabili riflessi sul mercato del lavoro. Nel 2001, per esempio, secondo i dati della Pesquisa Nacional por Amostra por Domicílios, realizzata dall’Istituto Brasileiro de Geografia Estatística (IBGE), 40,7 milioni di occupati del settore privato dell’economia non versavano contributi all’RGPS o a qualunque altro tipo di regime, ciò equivaleva al 57,7% della popolazione occupata in quell’anno nel privato.

Ma non tutti le 40,7 milioni di persone saranno integrati nella copertura previdenziale. Come mette in evidenza lo stesso MPAS (2003) tra questi ci sono: a) 20,4 milioni che non hanno reddito o ricevono meno di un salario minimo. Di cui circa 5 milioni sono lavoratori agricoli, che in futuro usufruiranno di benefici speciali, ossia del diritto ad un salario minimo, e 15,4 milioni di persone potenziali beneficiari del programma di assistenza sociale focalizzato nella lotta alla povertà; b) persone con una età tra i 10 e i 16 anni (oltre l’età minima autorizzata dalla legislazione brasiliana per il lavoro e quindi all’affiliazione al regime previdenziale); c) persone con più di 60 anni che difficilmente adempieranno ai requisiti di eleggibilità a causa della mancanza di contributi e del periodo minimo di contribuzione, e che costituiranno potenziali richiedenti di assistenza sociale. Fatto un rapido calcolo, il totale delle persone che riusciranno ad essere protette dall’RGPS saranno circa 18,7 milioni.

Secondo l’IBGE, tra questi 18,7 milioni di persone, il 41% sono salariati senza contratto, il 10% sono lavoratori domestici (senza contratto), il 44% sono definiti come lavoratori autonomi [4] e il 6% sono impiegati. In termini di ramo d’attività i livelli più bassi di copertura si trovano nel Comércio de Mercadorias (38% degli occupati non sono protetti), nella Prestação de Serviços (49,9%), nell’Indústria de Construção (66,9%) e nell’Agrícola (67,9%).

Tuttavia, nonostante la speranza e l’urgenza di promuovere l’universalità, il governo Lula ha avanzato una proposta all’esame del Congresso Nazionale che si limita a esporre modifiche alle condizioni di accesso e ai valori dei benefici degli impiegati pubblici. Non sono state oggetto della sua proposta, quindi, le strategie di inclusione di un ampio contingente di lavoratori attualmente non coperti da nessun tipo di protezione o rischio vecchiaia.


[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.

[2] I deputati Babá (pará), Luciana Genro (Rio Grande do Sul) e João Fontes (Sergipe) avevano detto no, il 6 agosto 2003, alla riforma che doveva essere votata nell’assemblea plenaria, senza distinzioni. Il giorno dopo gli stessi avevano votato contro la tassazione degli inativos. A questi si aggiungeva la senatrice Heloísa Melena, che non era stanca di protestare in ogni occasione contro la riforma. Tra gli alleati, nel PD do B è da sottolineare il voto contrario di Alice Portugal (Bahia), Sérgio Miranda (Minas Gerais), Promotor Alfonso Gil (Piauí) e Jandira Feghali (Rio de Janeiro).

[3] Per l’astensione avevano optato nella votazione del 6 agosto: Walter Pinheiro (Bahia), João Alfredo (Ceará), Maninha (Distrito Federal), Paulo Rubens Santiago (Pernambuco), Chico Alencar (Rio do Janeiro), Mauro Passos (Santa Catarina), Ivan Valente (São Paulo), Orlando Fantazzini (São Paulo). Sotto la pressione del governo finirono per dire si alla riscossione degli inativos.

[4] Secondo il deputato José Pimentel, relatore della proposta di riforma previdenziale, nel dibattito promosso dalla Escola de Governo, il 18 agosto 2003, a São Paulo, il gruppo di lavoro del governo a breve proporrà , come forma di incentivazione all’adesione di questa categoria di lavoratori, che l’aliquota del lavoro autonomo sia ridotta dall’attuale 20% all’8%. Non è stato chiarito, tuttavia, quale sarà il livello garantito del beneficio e neanche cosa accadrà per le risorse mancanti.