La riforma previdenziale proposta dal governo Lula e già
approvata alla Camera dei Deputati, comporta un passo ancor più decisivo nella
distruzione dello Stato, iniziata dal Governo Collor. Questa scredita
completamente la necessità della promozione dell’universalità del rischio
vecchiaia e adotta le raccomandazioni del FMI, della Banca Mondiale e del
capitale finanziario relativo ai fondi pensione. In questo contesto, il presente
articolo ha come obiettivo quello di mettere in luce l’impatto e gli interessi
reali del governo Lula nei riguardi della riforma, o meglio, della controriforma
previdenziale. La prima parte dell’articolo illustra i risultati, in termine
di protezione sociale, ottenuti durante gli anni ’80 e consolidati nella
Costituzione del 1988. L’intenzione è quella di dare un contributo alla
comprensione della riforma Lula, il cui significato principale va contro i
principi chiave della Costituzione. La seconda parte tratta degli aspetti
principali che hanno contribuito al lungo abbattimento della Sicurezza Sociale
brasiliana, iniziato dai vari governi durante gli anni ’90. La terza parte
espone le caratteristiche della proposta del governo Lula, evidenziando gli
argomenti, gli accordi politici conseguiti, l’opposizione e il senso della
riforma previdenziale.
Introduzione
La società brasiliana è stata sorpresa, verso al fine di
Aprile, dall’avvio della proposta di riforma previdenziale del governo Lula al
Congresso Nazionale. Questa è stata resa pubblica nel mezzo di un gran baccano
nel quale non è mancata una “marcia” voluta dal Presidente della
Repubblica e da sua moglie, dai membri della sua equipe e dai governatori, per
evocare simbolicamente la forma di lotta dei movimenti sociali ed in particolare
del Movimento Senza Terra, che manifestavano nella Esplanada dei Ministérios.
Ma se la manifestazione del presidente evoca i movimenti sociali, il contenuto
della proposta se ne discosta, non riscontrando eco tra gli impiegati,
principali “protagonisti” dei mutamenti. La riforma è caratterizzata anche
dall’essere un passo decisivo nella distruzione dello Stato, iniziata dal
governo Collor, screditando completamente la necessità di promuovere l’universalità
della copertura del rischio vecchiaia e adottando l’agenda del FMI, della
Banca Mondiale e degli araldi del capitale finanziario in rapporto ai fondi
pensione.
Aldilà del contenuto della riforma proposta dal governo
Lula, bisogna porre attenzione sull’utilizzo di pratiche passate, dove è
manifesto il disprezzo per i principi della dottrina previdenziale, sull’argomentazione
menzognera e sulla brutalità con cui viene condotto il “dibattito” ed
infine sulla rapidità con la quale la riforma sta per essere approvata: a “tamburo
battente”. L’esposizione dei motivi della Proposta de Emenda Costitucional
40, così come tutti gli interventi pubblici dei rappresentanti del governo
Lula, costituisce un vero pezzo di retorica, dove fili differenti, di vario
colore e provenienza, sono stati tessuti in maniera da difendere ciò che qui
non è scritto, senza alcun ritegno per il deturpamento, l’omissione di
informazioni e il preconcetto contro gli impiegati, frutto di un lungo processo
di distruzione del servizio pubblico brasiliano. Per fare fronte a questa
strategia di convincimento, dove è stato costituito un vero fronte di guerra
per impedire qualunque discussione e per promuovere la sua approvazione in tempo
record, l’opposizione degli impiegati [2], degli
intellettuali, dei militanti e dei rappresentanti del Partido dos Trabalhadores
al Congresso Nazionale, si è mostrata insufficiente. Quindi anche se si devono
espletare le fasi di rito del Congresso Nazionale, la facilità con la quale il
governo Lula ha ottenuto l’approvazione al primo turno nella Camera dei
Deputati, non lascia dubbi su quale sarà il risultato finale: il cosiddetto
governo “democratico e popolare” completerà, entro l’anno, l’agenda
della Banca Mondiale e del FMI nella delicata riforma previdenziale [3].
Il governo Lula non esce, pertanto, incolume da questa
campagna: ha perso in poco tempo importanti basi d’appoggio, principalmente
tra i cosiddetti “formadores de opinião”. Ma la perdita degli intellettuali
di sinistra e degli impiegati, benché importante, è solo un primo passo del
lungo sentiero che le masse di brasiliani avranno bisogno di imboccare per
prendere coscienza dei veri interessi del governo da loro stessi eletto. L’obiettivo
di questo articolo è quello di fornire un aiuto affinché ciò venga compreso.
A tal proposito questo articolo inizia con il riscattare i
progressi in materia di protezione sociale ottenuti dalla Costituzione del 1988,
poiché la vera dimensione della “riforma” Lula può essere compresa solo se
analizzata come parte integrante di un processo che ha avuto inizio quasi
immediatamente dopo la sua promulgazione e contro di questa. Nella seconda
parte, in maniera breve, si analizzano gli attacchi dei precedenti governi al
testo costituzionale e la riforma promossa dal governo di Fernando Henrique
Cardoso. La terza parte è infine dedicata alla proposta del governo Lula, con
particolare rilievo per i dibattiti, gli accordi politici, l’opposizione e il
senso della riforma.
1. La democratizzazione del paese e la protezione sociale
Il movimento politico e sociale contro la dittatura militare
che culmina nella democratizzazione del paese e nell’ascesa alla presidenza
della repubblica di José Sarney, nel 1985 - trova un importante momento nella
discussione e nell’elaborazione della nuova costituzione. Si trattava di porre
le basi del nuovo regime e all’interno di queste la questione sociale assumeva
un’importanza senza pari. I costituenti progressisti erano unanimemente
concordi sulla necessità di effettuare passi concreti in rapporto al riscatto
dell’enorme debito sociale brasiliano ereditato dal regime militare e per
questo cercavano di inserire nella Costituzione i diritti basilari ed universali
della cittadinanza, stabilendo il diritto alla sanità pubblica, definendo il
campo di assistenza sociale, regolamentando il sussidio per la disoccupazione e
ampliando la copertura della previdenza sociale. Queste garanzie sono state
oggetto di un capitolo specifico - quello sulla Sicurezza Sociale, forma
simbolica di rottura con il passato quando le risorse di lavoro sono state
ampiamente utilizzate per altri fini, diversi da quelli della protezione
sociale [4].
I principi che avevano animato i settori progressisti della
costituente sono stati: l’ampliamento della copertura dei segmenti fino ad
allora non protetti; l’eliminazione delle differenze di trattamento tra
lavoratori rurali ed urbani; l’implementazione della gestione decentralizzata
nelle politiche sulla salute e sull’assistenza; la partecipazione dei settori
interessati al processo decisionale e a quello di controllo della realizzazione
delle politiche; la definizione di meccanismi di finanziamento più sicuri e
più stabili; e tra gli altri obiettivi, le garanzie di un volume sufficiente di
risorse per l’implementazione di politiche contemplate dalla protezione
sociale. Nel campo della Previdenza Sociale, questi principi sono stati espressi
soprattutto attraverso la creazione di una base di valori, corrispondenti a
quello di un salario minimo e all’eliminazione delle differenze tra lavoratori
rurali ed urbani, in rapporto alla tipologia e ai valori dei benefici concessi.
La Costituzione del 1988 ha mantenuto separate, come in precedenza, la
previdenza per i lavoratori del mercato formale del settore privato dell’economia
da quella per gli impiegati federali, statali e comunali. Allo stesso tempo, ha
introdotto un regime unico di contrattazione per le tre sfere di governo, che ha
portato alla scomparsa dei vincoli sul lavoro all’interno del settore
pubblico, non compatibili con la categoria degli impiegati. Le contribuzioni
versate precedentemente sono state, secondo la legge, trasferite alle sfere di
governo responsabili per gli impiegati [5].
Alcuni progressi verso l’universalità, l’ampliamento
della copertura e la diminuzione delle disuguaglianze sono antecedenti alla
Costituzione del 1988. Per quanto riguarda la previdenza, in particolare tra il
1985 e il 1987, quindi durante il governo Sarney, il valore dei benefici urbani
di base è stato aumentato [6], il termine delle carenze diminuito ed
alcuni tipi di benefici sono stati estesi alla clientela rurale. Quindi la
protezione sociale, sancita dalla Costituzione del 1988, può essere definita
come l’apice di un processo d’ampliamento della propria copertura e dei
propri diritti, iniziato, verso la fine degli anni ’70, nel pieno della lotta
per la democrazia e proprio, per mano dei dittatori, durante il regime
militare [7].
L’universalità dei diritti e la partecipazione della
comunità alla definizione delle politiche sociali, hanno avuto come principio
base il superamento del carattere meritocratico e l’adozione della
cittadinanza come criterio d’accesso. Questo è stato lo stesso principio che
aveva orientato verso l’universalità della protezione sociale i paesi
capitalisti sviluppati, dopo la Seconda Guerra Mondiale, proprio durante gli
anni ’70 ed ’80 [8].
La cittadinanza è facilmente riconoscibile nel settore della
sanità. Da una situazione dove il servizio pubblico era rivolto solo ai
lavoratori e ai contribuenti del mercato del lavoro formale, si è passati alla
garanzia di questo diritto per tutti. Ma nella Previdenza Sociale questo
criterio è rimasto imbrigliato sin dal principio: insieme ai lavoratori
contribuenti con pensione calcolata sulla base dei contributi versati,
esistevano lavoratori rurali o con salari molto bassi che ricevevano un livello
di salario minimo, il cui valore era calcolato indipendentemente dalla presenza
di un leggero sforzo contributivo o dalla completa assenza di contributi. Nell’intenzione
dei costituenti, il requisito della cittadinanza di fronte alla Previdenza
Sociale avrebbe dovuto essere finanziato, in maniera naturale, attraverso le
risorse ottenute con le imposte. Questa pratica tuttavia non è mai stata
implementata, poiché l’attribuzione di un salario minimo è finanziata
attraverso i contributi dei lavoratori e contribuisce alla ridistribuzione del
reddito tra i lavoratori. Una tale distorsione nel finanziamento del Regime
Geral da Previdência Social (RGPS), quello della previdenza dei lavoratori del
settore privato, sarebbe stata ripresa più avanti, poiché avrebbe costituito
uno degli elementi principali della cosiddetta crisi della previdenza in
Brasile.
Per sostenere le spese della protezione sociale, ora ampliate
nel concetto di Seguridade Social (Sicurezza Sociale), ed inoltre per rendere il
finanziamento meno dipendente dalle variazioni cicliche dell’economia
(principalmente dell’impiego e del mercato formale del lavoro), i costituenti
avevano stabilito che le sue risorse avrebbero avuto come base il salario (i
contributi degli impiegati e delle impiegate), la fatturazione (portando al suo
interno il Fundo de Investimento Social-Finsocial [9] e il Programa de Integração Social e de Formação do Patrimonio
do Servidor Público - PIS/pasep), l’utile d’impresa (nuova contribuzione
introdotta nella Costituzione chiamata Contribuição sobre o Lucro Líquido -
CLL) e la rendita delle lotterie e delle scommesse. Oltre a queste fonti la
Seguridade Social può contare sulle imposte dell’Unione, degli Stati e dei
Municipi [10].
Inoltre per garantire il finanziamento della Seguridade
Social, i costituenti hanno posto particolare attenzione nello stabilire che le
risorse disponibili fossero utilizzate esclusivamente per la protezione sociale,
cosa che nessun governo aveva fatto dopo la loro promulgazione. I costituenti
inoltre avevano scritto nella Costituzione che il trattamento delle risorse
della Seguridade Social non avrebbero potuto essere distinte dal loro concetto
di protezione “holística”, ossia che all’interno della Seguridada
Social, non vi sarebbe dovuto essere alcun vincolo sulle risorse: ogni anno,
durante il dibattito sul bilancio, sarebbe stata definita la parte dell’intero
fatturato da devolvere a ciascun settore. L’unico vincolo previsto era quello
per le risorse del PIS/Pasep, che è rivolto solo al programma per la sicurezza
durante la disoccupazione e per il pagamento del sussidio PIS/Pasep, dal momento
che il 40% della sua riscossione è destinata al prestito realizzato dal BNDES
alle imprese.
[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.
[2] Questi sono stati i responsabili, il 5
e 6 agosto 2003, nella Esplanada dos Ministéiros e alla Camera dei Deputati,
della prima grande manifestazione contro l’attuale governo.
[3] Questa
agenda esalta l’austerità fiscale, dando priorità al controllo delle
spese.
[4] È risaputo che le risorse legate alle contribuzioni degli impiegati e
delle impiegate - detratte dallo stipendio per le pensione dei lavoratori dell’area
formale del settore privato dell’economia - sono state utilizzate tra i vari
progetti della dittatura militare, per la costruzione dell’Itaipu, ponte
Rio-Niterói e nell’istallazione dello stabilimento nucleare di Angra dos
Reis,. Queste risorse non sono mai state devolute all’allora Fundo de
Previdência e Assistência Social.
[5] Il trasferimento delle contribuzioni è
stato parzialmente realizzato, costituendo uno dei motivi di difficoltà
indicati dagli stati e dai municipi per far fronte alle spese relative alle
pensioni dei propri lavoratori. Sebbene questo aspetto non deve essere
dimenticato, le difficoltà sono più facilmente attribuibili al fiacco
adempimento nella riscossione dei tributi, dovuto alle difficoltà congiunturali
dell’economia nazionale e alla politica degli interessi alti esercitata in
quasi tutti i periodi dai vari governi, per la mancata risoluzione del problema
del debito pubblico e per i compromessi accettati con il FMI.
[6] La legislazione precedente dfiniva basi differenti a
seconda del tipo di rischio coperto.
[7] In Brasile sono stati i militari ad istituire la Previdenza Sociale
per i lavoratori del mercato formale del settore privato dell’economia,
unificando le vecchie istituzioni corporative urbane e quindi garantendo uguali
diritti a tutti gli assicurati, indipendentemente dal settore d’attività e
dalla regione in cui lavoravano. Questi hanno esteso la copertura anche ai
lavoratori rurali. Queste misure, volute anche dai governi precedenti, potevano
essere intraprese solamente con un regime d’eccezioni. Nella costituzione di
una unità nazionale, non si deve disprezzare il ruolo giocato dalla creazione
di una Previdenza Sociale pubblica nel settore privato dell’economia come
strumento di ridistribuzione dei redditi. Curiosamente questa unificazione,
impari in tutta l’America Latina, ha costituito il principale ostacolo alla
sua privatizzazione.
[8] Proprio attraverso i problemi economici affrontati durante
questo decennio, i sistemi di protezione sociale sono arrivati alla copertura di
nuovi segmenti. Sono emblematici due esempi: L’ampliamento del concetto di
disoccupazione a quei lavoratori che non avevano mai lavorato prima e la
concessione di un reddito minimo basato sul principio di cittadinanza e non su
quello assistenziale.
[9] Nel 1991 il Finsocial ha dato
luogo alla Contribuzione per il finanziamento della Seguridade Social
(Confins).
[10] La Costituzione del 1988 non stabiliva, tuttavia, come avrebbe dovuto
essere la partecipazione degli enti federali nel finanziamento della Seguridade
Social. Nel 1997 è stata creata la Contribuição Provisória sobre a
Movimentação Financeira (CPMF), le cui risorse si sono sommate a quelle
previste dalla Costituzione. Solamente il 13 settembre del 2000 è stato
approvato l’Emendamento alla Costituzione n 29, che definisce i rapporti tra
Unione, Stati e Municipi sul finanziamento al Sistema Ùnico de Saúde.