Sfide per la Cina nell’organizzazione mondiale del commercio
Gladys Hernandes
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1. Riferimenti storico-economici
La maggior sfida che la Cina deve affrontare oggi è la sua
appartenenza alla OMC. L’11 Dicembre 2001, alla conferenza Ministeriale della
OMC a Doha in Qatar, la Cina diventò ufficialmente il centoquarantatreesimo
membro della Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, WTO), con pieni
diritti.
La Cina fu uno dei 23 stati che firmò la carta costitutiva
dell’Accordo Generale per le Tariffe ed il Commercio il 30 Ottobre 1947. Il
Protocollo Provvisorio di Applicazione di questo organismo, predecessore del WTO
(OMC), fu presentato il 21 Aprile del 1948 dal rappresentante del governo
cinese, al tempo guidato da Chang-Kai-Sheck, e fu firmato il 21 di Maggio dello
stesso anno dalla maggioranza dei firmatari del GATT.
La personalità internazionale della Cina si mantenne quando
il governo rivoluzionario assunse il potere nel 1949. Secondo le regole del
diritto internazionale vigente, la sostituzione del governo nazionalista con
quello Popolare non implicava un cambio di Stato; la Cina rimase dunque come
fondatrice del GATT.
Per ragioni storiche, in proporzione all’approfondimento
della applicazione della politica estera della nuova Repubblica Popolare Cinese,
il paese si allontanò dalle attività dell’organizzazione.
Quando nel Marzo del 1950 Taiwan richiese di uscire dal GATT,
e la sua domanda venne accettata, il governo Cinese mandò una lettera di
energica protesta alla segreteria dell’ONU. Nel Marzo 1965, Taiwan fece
domanda di adesione al GATT in qualità di osservatore, e la domanda fu
accettata. Questa domanda venne poi cancellata nel 1971, quando la Repubblica
Popolare Cinese si vide restituito il suo posto all’ONU.
Nel 1986 e 1991 la Cina argomentò che Hong Kong e Macao
dovevano seguitare a considerarsi firmatari del GATT, ma come Regioni
Amministrative Speciali (RAE), sotto la denominazione: “Hong Kong-China” e
“Macao-China”. Tale proposta aveva la sua base nella clausola C della
Sezione 5 dell’Articolo 26 del GATT. Inoltre la Cina spiegò la sua posizione
quanto alla partecipazione di Taiwan nel GATT come “zona tariffaria
individuale della Cina”, nell’Ottobre 1991.
Nel Luglio del 1986 il governo cinese reclamò ufficialmente
il recupero della sua posizione come paese fondatore del GATT, e per diritto
come membro del suo successore, il WTO-OMC, e si iniziò così un lungo processo
di negoziazioni.
I quindici anni di negoziati sono considerati il periodo più
lungo per un paese nel processo di entrata in questa organizzazione. Questo
ritardo fu causato dalle obiezioni imposte dai paesi sviluppati,
fondamentalmente l’EU, il Giappone, gli USA, il Canada ed altri paesi che
vollero esigere dalla Cina una grande quantità di requisiti per poterla
accettare come membro a pieno titolo. Inoltre nel processo si osservarono varie
discrepanze politiche, principalmente con gli Stati Uniti ed in minor misura con
la Unione Europea.
È indispensabile analizzare questi requisiti che includono
tra le altre cose: il picco della riforma economica, l’ampliamento della
liberalizzazione commerciale; l’eliminazione delle barriere tariffarie; l’accettazione
della disciplina multilaterale della OMC, i ribassi tariffari, l’apertura dei
settori dei servizi, telecomunicazioni, finanze, assicurazioni, trasporti,
turismo ed altri; la creazione di un regime amministrativo uniforme per il
commercio; la diminuzione delle imprese statali che controllavano il commercio
estero; la liberalizzazione agricola.
I dibattiti intorno ai vantaggi e svantaggi della
incorporazione nell’OMC abbondano nei mezzi di comunicazione. Nella Cina
stessa regna una certa incertezza, visto che ancora non si riesce ad apprezzare
grandi trasformazioni e vi è preoccupazione per la mancanza di conoscenza di
come le autorità condurranno il processo.
Le voci che asseriscono che l’entrata nella OMC porterà
grandi benefici per la Cina scommettono sull’allargamento del commercio, il
maggior impulso per la riforma economica, e l’attrazione di livelli sempre
più elevati di investimenti stranieri.
È comunque chiaro che con questo passo il governo cinese ha
assunto responsabilità significative ed impegni difficili. In primo luogo,
dovrà ridefinire la propria politica estera, e fondamentalmente le relazioni
della Cina con gli Stati Uniti, che sono il mercato di esportazione più
importante per la Cina, con il Giappone ed i vincoli con i paesi della regione
asiatica.
Nelle nuove relazioni di forza non solo prevarranno gli
aspetti commerciali, ma anche altri di indole differente, che tenderanno a
creare non solo benefici ma anche problemi.
Senza alcun dubbio, al momento di ponderare i benefici ed i
possibili effetti negativi, la parola finale la avranno le misure di politica
economica che adotterà il governo cinese ed il grado di responsabilità che
esso si assumerà di fronte alle domande dell’OMC ed in particolare di fronte
alle esigenze di molti dei paesi sviluppati interessati ad eliminare quei
fattori commerciali che fino a questo momento hanno permesso il picco di
esportazioni della Cina, e che sono fondamentalmente il dumping nei prezzi.
Non sarebbe realista dire che oggi la Cina non ha bisogno
dell’OMC.
La forte espansione economica della Cina negli ultimi 20 anni si è
manifestata nei tassi di crescita, di media maggiori del 9% all’anno nel
decennio passato. Questo ha creato una ampia gamma di nuove opportunità di
impiego e di investimento. Dall’altro lato, l’impatto che genera un mercato
di 1300 milioni di consumatori potenziali è rilevante nella presente
congiuntura della economia mondiale.
Tuttavia, le riforme economiche in Cina non sono state
accompagnate solo dal successo. Alcune delle grandi sfide con le quali le
autorità cinesi si devono confrontare sono relative allo sviluppo agricolo del
paese, i mercati finanziari, l’evoluzione delle imprese statali, l’esplosione
di problemi sociali e gli effetti del boom economico sull’ambiente.
I grandi squilibri che diedero origine al surriscaldamento
economico degli ultimi dieci anni sono tuttora presenti ed il passato e presente
dilemma si ritrova centrato sulla questione di come ottenere simultaneamente la
crescita economica e le riforme strutturali.
2. Cina e OMC
Sotto molti aspetti, l’associazione della Cina con l’OMC
è una possibilità per poter accorciare le distanze in ambiti come la
competitività e la difesa dei propri interessi commerciali sulla stessa base
multilaterale applicata dai suoi soci. È possibile che queste condizioni
permettano alla Cina di sostenere i ritmi di crescita economica e delle riforme.
Dato che l’economia mondiale ora è enormemente più
complessa ed inter-relata, la partecipazione della Cina in conformità con le
norme del commercio internazionale è divenuta essenziale.
Come membro della OMC la Cina potrà partecipare alla
formulazione delle norme che governano il commercio e gli investimenti
internazionali. In questo modo le sarà possibile difendere i propri interessi
commerciali per mezzo del sistema di soluzioni delle dispute della OMC. Le
imprese esportatrici cinesi trarranno beneficio dai regolamenti dell’OMC, cosa
che implica che i prodotti cinesi non dovranno essere discriminati nei mercati
dei paesi membri.
Bisogna anche sottolineare che la associazione con l’OMC
renderà la Cina ancor più attraente per gli investimenti stranieri. Varrebbe
la pena di domandarsi se gli investimenti stranieri nei paesi sottosviluppati,
in generale, hanno prodotto più occupazione altamente retribuita, maggiori
entrate tributarie per il governo, e più trasferimenti di tecnologia. Le
esperienze positive in questo senso sono quelle che mostrano un processo
selettivo degli investimenti stranieri in funzione degli interessi nazionali.
Un altro elemento rivela come gli obblighi per la Cina
derivanti dalla sua associazione all’OMC faciliteranno una maggiore
competitività in tutti i settori dell’economia. I consumatori cinesi ne
saranno i beneficiari diretti, specialmente quelli dotati di risorse.
Questo elemento è irrefutabile, visto che la competizione
promuove la varietà. Tuttavia, tenendo conto dello stato attuale dello sviluppo
industriale in Cina, se le misure di promozione del governo non contribuiscono a
preservare il potenziale delle industrie nazionali, i pericoli saranno
imminenti.
Bisognerebbe pensare alle possibilità reali delle imprese
nazionali. Nelle condizioni attuali la competizione con imprese straniere non
fomenterà il progresso dell’efficienza e della produttività per la
generalità delle imprese nazionali. Con il tempo la cosa più probabile è che
si rafforzino le imprese più profittevoli del settore non statale e che
aumentino le capacità delle imprese straniere multinazionali nel mercato
nazionale.
Un settore fino ad ora molto importante, quello dei servizi,
probabilmente sarà preso d’assalto dalle compagnie straniere. Queste si
propongono di estendere una gamma ampliata di servizi come assicurazioni,
finanziamenti, distribuzione, che si vogliono stabilire in Cina dopo il suo
ingresso nell’OMC.
È importante tenere in conto che la adesione alla OMC
implica non solo certi diritti ma anche specifiche responsabilità. Gli obblighi
assunti dalla Cina sono numerosi e si possono esaminare nel Protocollo sulla
Cina, la relazione del gruppo di lavoro e le liste di accordi su beni e servizi,
documenti di lavoro per la Cina nell’OMC.
Gli obblighi principali riguardano la riduzione, fino all’eliminazione,
delle barriere non tariffarie, l’apertura nel settore dei servizi e la
competitività.
a. Riduzione delle tariffe
Durante il suo primo anno come membro della OMC ed a partire
dal primo Gennaio 2002, la Cina ha iniziato il riaggiustamento della sua
politica tributaria ed il livello generale delle tariffe si ridurrà di un 3%,
incluso il riaggiustamento di 5300 partite tariffarie, cifra che rappresenta il
73% del totale nazionale. Questo vuole dire che il livello generale delle
tariffe diminuirà al 12% da un livello di 15.3% e si spera che per il 2005 il
livello generale della Cina arrivi al 10%.
Le tariffe industriali di maggiore importanza per le imprese
statunitensi saranno ridotte dal 25% al 7%. Le tariffe agricole di maggiore
importanza per gli agricoltori statunitensi saranno ridotte dal 31% al 14%.
Il settore agricolo sarà uno di quelli più toccati e di
quelli che più soffrirà i colpi della competizione straniera. Si può dire che
questa è la sfida maggiore che la Cina affronta a causa del suo ingresso nell’OMC,
per un settore del quale vivono più di 700 milioni di persone, e nel quale già
si trovano più di cento milioni di lavoratori eccedenti. In termini di volume
di produzione, la Cina è il leader mondiale in vari prodotti come alcuni
cereali, carne, cotone, arachidi, frutta e tabacco. Però in generale l’agricoltura
cinese si caratterizza per una bassa produttività e per problemi nella qualità
dei prodotti citati sopra.
In generale le tariffe in questo settore saranno diminuite da
una media del 22% al 17%. Un gruppo importante di prodotti agricoli come la
soia, le carni, la frutta, la verdura, vini e prodotti lattieri, vedranno le
tariffe relative ridotte da un 31.5% ad un 14.5%. Tali riduzioni tariffarie si
produrranno gradualmente entro la fine del 2004.
La riduzione di queste tariffe provocherà un aumento delle
importazioni dei prodotti con una alta domanda nel mercato cinese come il mais,
la soia ed il grano. La principale causa che origina questa domanda si deve alla
mancanza di competitività internazionale dei prodotti nazionali. La chiave per
diminuire gli effetti negativi nel settore agricolo provocati da questo aumento
delle importazioni di prodotti strategici sarà l’aumento della produttività
e competitività dei produttori nazionali.
Il disarmo tariffario, così come la competizione che sarà
generata dall’aumento di prodotti stranieri nel mercato cinese, probabilmente
peggiorerà ancora la situazione delle imprese cinesi che malgrado gli sforzi
realizzati durante le riforme, risultano ancora inefficienti. L’arrivo e l’ampliamento
delle imprese transnazionali e delle loro catene produttive, che possiedono
notevoli risorse finanziarie, tecnologie avanzate, un più alto livello di
capacità imprenditoriale ed estese reti di distribuzione, creerà gravi
difficoltà alle imprese cinesi, e fondamentalmente alle imprese statali,
tuttora immerse nel noto processo di ristrutturazione.
Queste imprese attraversano serie difficoltà finanziarie e
nella maggioranza non sono riuscite a superare il ritardo tecnologico per il
quale i prodotti posseggono un minor valore aggregato, cosa che mette gli
imprenditori cinesi in una posizione svantaggiosa.
b. Apertura nel settore dei servizi
Nel settore dei servizi si può affermare che la Cina ha
assunto un notevole livello di impegni come paese in via di sviluppo, visto che
ad eccezione dei servizi sociali, sanitari e quelli dell’intrattenimento,
culturali e sportivi, gli altri settori dovranno sperimentare un maggior grado
di apertura. Si includono servizi chiave in settori come i servizi
professionali, costruzioni ed ingegneria, assicurazioni, finanza, distribuzione,
telecomunicazioni e turismo.
Con l’apertura del settore delle assicurazioni già in
questo momento si nota un visibile aumento di istituzioni che prestano tali
servizi, con possibilità di accedere al mercato delle assicurazioni con
celerità mediante il libero accesso allo studio di rischi e del mercato cinese
in generale.
Il settore bancario da parte sua si propone in un immediato
futuro di offrire maggiori opportunità per commercializzare servizi a partire
delle operazioni possibili in moneta nazionale cinese, in primo luogo con le
imprese cinesi e, come parte di un processo, anche con persone singole.
Anche il settore delle telecomunicazioni si aprirà
considerevolmente, in particolare nella telefonia cellulare. La Cina fa parte
della maggioranza dei consumatori di telefono cellulare, e si è convertita nel
paese con il maggior sviluppo delle comunicazioni mobili nel mondo. Questo
settore sta attraendo notevole interesse nel mercato mondiale. In esso
convergono ed investono grandi imprese riconosciute internazionalmente che dal
decennio passato hanno cominciato a spostare le proprie basi di produzione ed i
propri centri di ricerca in Cina.
Anche nel settore turistico si sono ampliate le possibilità
di offrire l’intera gamma di servizi turistici. Si è anche arrivati a
stabilire che per l’anno 2004 le imprese straniere potranno possedere il 100%
del capitale degli hotel del paese. I servizi di distribuzione ed anche di
costruzioni sono stati ampiamente liberalizzati.
c. Riforme sistematiche che garantiscono l’adesione ad accordi esistenti
dell’OMC
Altri impegni assunti includono la realizzazione di riforme
sistematiche che garantiscano l’adesione agli accordi esistenti della OMC. La
Cina ha assunto gli obblighi di numerosi accordi esistenti della OMC che
comprendono tutti gli aspetti del commercio: l’agricoltura, il regime delle
licenze di importazione, aspetti dei diritti di proprietà intellettuali in
relazione al commercio, le barriere tecniche al commercio e le misure sugli
investimenti relativi al commercio.
Il paese si è anche compromesso con disposizioni specifiche
sulla liberalizzazione commerciale che significano il diritto di importare ed
esportare beni direttamente al cliente in Cina in un tempo di tre anni.
Così come anche il diritto di realizzare la distribuzione di
qualsiasi tipo di prodotti in Cina entro un tempo di tre anni a partire dall’anno
di adesione, eccetto i fertilizzanti chimici ed il petrolio crudo e raffinato,
che possono essere distribuiti al massimo cinque anni dopo la adesione, ed i
fertilizzanti chimici, che possono essere venduti almeno cinque anni dopo la
adesione.
Altro elemento importante e piuttosto preoccupante dal punto
di vista della selettività del processo di investimenti è che l’approvazione
degli investimenti e delle importazioni non sarà soggetta a requisiti del tipo
della necessità di trasferire tecnologia, la presenza di compensazione sui
cambi, i risultati delle esportazioni ed i requisiti del contenuto di origine
locale perché secondo le regole presenti della OMC questi requisiti distorcono
il commercio. Altro elemento è l’approvazione del diritto a esportare in Cina
senza dover fare un investimento in loco.
d. L’eliminazione delle misure non tariffarie
Eliminazione graduale di misure non tariffarie, del tipo di
quote e licenze per centinaia di prodotti.Tutte le misure non tariffarie che non
rispondano alle regole OMC dovranno essere eliminate per il primo Gennaio 2005.
In questo stesso modo si dovrà eliminare il monopolio delle
importazioni commerciali di prodotti agricoli ed industriali da parte dello
stato. A partire da questo momento le imprese di proprietà statale devono
effettuare gli acquisti e le vendite prendendo come base considerazioni di tipo
commerciale.
In questo senso il governo dovrà eliminare il sussidio alle
esportazioni di prodotti agricoli ed i sussidi per la sostituzione di
importazioni e per le esportazioni di beni industriali. Questo senza dubbio è
uno dei punti di maggiore controversia, sopratutto considerando che i paesi
sviluppati, prima e dopo Doha, hanno aumentato i livelli di protezionismo
proteggendosi dietro queste salvaguardie.
Su questo punto la Cina ha accettato, per un periodo di 15
anni, che gli Stati Uniti ed altri membri della OMC continuino ad usare la
speciale metodologia OMC per valutare il dumping, in caso facendo antidumping
contro la Cina.
Secondo un meccanismo di salvaguardia specifico per la Cina,
gli Stati Uniti ed altri membri della OMC possono restringere, per un periodo di
12 anni, le crescenti importazioni provenienti dalla Cina che perturbano i
propri mercati.
La Cina dovrà effettuare varie trasformazioni per poter
adempiere i suoi obblighi secondo l’OMC: ristrutturazione delle industrie,
pubblicazione di leggi e regolamenti interni, creazione di procedimenti formali
per la soluzione di dispute e della uguaglianza di condizioni per le imprese
straniere. La Cina ha accettato di ridurre radicalmente le tariffe e di
eliminare la quota sulle importazioni, smontare il sussidio per le esportazioni
ed aprire il settore dei servizi alla competizione straniera. Alcuni di questi
cambi saranno attuati immediatamente, altri avverranno gradualmente in un
periodo di pochi anni.
Le autorità cinesi stanno completando intensi lavori per
cercare di rendere compatibili, annullare o modificare i regolamenti che non si
possono adeguare alla OMC. In tale riforma sono coinvolti i 25 ministeri del
governo centrale cinese, le regioni autonome ed i comuni.
Questo processo comprende trasformazioni in più di 1.150
leggi, regolamenti ed altre misure di politica macroeconomica. Le letture
riguardanti l’OMC sono diventate il tema di lavoro dominante di molti
imprenditori, e molti di loro hanno effettivamente iniziato a studiare i
regolamenti della OMC.
Già dalla fine del 2001 la Cina aveva modificato sei leggi
per adattarle alle norme della OMC. Tre delle leggi modificate (Legge sulle
Imprese Azionarie Miste Cino-straniere, Legge sulle Marche e Legge sui Diritti
Intellettuali) furono riviste nel 2001. Le altre tre (Legge sulle Imprese Miste
Contrattuali cino-straniere, Legge sulle Imprese con Capitali Esteri, Legge
sulle Patenti) furono rettificate nell’anno 2000.
Le sei leggi regolano l’uso del capitale straniero e la
protezione della proprietà intellettuale. Sebbene la Cina abbia fatto grandi
sforzi di emendamento di leggi rilevanti, ancora vi è un lungo cammino da
compiere per ottenere che le leggi amministrative ed i regolamenti locali
seguano pienamente le norme OMC.
La questione di come la Cina debba affrontare il proprio
ingresso nella Organizzazione Mondiale del Commercio è appena stato analizzato
dalla Assemblea Popolare Nazionale della Cina e dalla Conferenza Consultiva
Politica del Popolo Cinese nel Marzo 2002.
Nel 2002 si sono celebrate le sessioni annuali della
Assemblea Popolare Nazionale, il massimo organo di potere in Cina, e della
Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, istituzione di consultazione
politica della Cina. Queste sono state le prime due sessioni plenarie dopo che
la Cina è entrata nell’OMC.
Sebbene per i cinesi la OMC sia stata una parola di moda per
molti anni, non tutti hanno compreso le implicazioni economiche e sociali che l’appartenenza
a questa organizzazione internazionale genererà.
Sono inoltre poche le istituzioni finanziarie che possono
fare fronte subito a questo processo. La Banca di Sviluppo di Pudong, con sede a
Shangai, ha annunciato recentemente di essere pronta ad accettare investimenti
stranieri. Altre piccole e medie banche commerciali hanno riconosciuto di essere
svantaggiate rispetto alle istituzioni finanziarie straniere, e hanno piani di
quotarsi in borsa o di captare fondi stranieri al fine di rafforzare il proprio
potere.
Il primo impatto economico dopo l’entrata si è riflesso
nella riduzione dei prezzi in alcuni settori. Fino ad ora il più rilevante è
stato quello delle automobili. L’entrata nell’OMC ha causato un enorme
impatto in Cina. Dipartimenti governativi, imprese e cittadini comuni stanno
facendo tutto il possibile per adattarsi a questa nuova identità.
Tra le misure adottate dal governo nel piano finanziario, con
l’obiettivo di avvicinare di più il mercato dei capitali cinese alle pratiche
internazionali, si conta la messa in circolazione di una gran quantità di
azioni statali e di corporazioni delle compagnie che sono quotate in Borsa.
Tuttavia, le Borse cinesi registrarono grandi alti e bassi negli indici
immediati, dovuti al timore degli investitori di fronte ad una brusca espansione
della capacità del mercato.
D’altro canto, le quattro banche commerciali più potenti
della Cina hanno iniziato riforme nel sistema del personale, cercando di
riaggiustare e ridurre il numero di impiegati e per questo molti lavoratori
stanno ricevendo un pensionamento anticipato o devono cercare un altro posto di
lavoro.
Il commercio esterno della Cina nel primo trimestre dell’anno
2002 è aumentato del 7.7% rispetto all’anno precedente raggiungendo i 122.060
milioni di dollari, secondo statistiche fornite nell’Aprile del 2002 dalla
Amministrazione Generale delle Dogane.
Le statistiche indicano che la Cina ha registrato un surplus
di 7.260 milioni di dollari nei primi tre mesi del 2002, con un valore delle
esportazioni di 64.440 milioni di dollari e 57.400 milioni di dollari di
importazioni, cifre che rappresentano un aumento del 9.9% e del 5.2%
rispettivamente.
Nel Marzo del 2002 il commercio estero della Cina è
aumentato di un 5.8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,
arrivando a 46.330 milioni di dollari (23.820 milioni di dollari di esportazioni
e 22.510 milioni di dollari di importazioni).
Le cifre mostrano che il commercio di processamento e le
esportazioni di imprese miste sono aumentati, e le esportazioni di macchine e
prodotti elettronici hanno rappresentato un 47.7% del totale delle esportazioni.
Simultaneamente si è osservato un notevole incremento delle
importazioni di crudo, legnami e carta nel primo trimestre del 2002.
Una evidente spiegazione di questo sviluppo spettacolare può
trovarsi nell’esplosione degli investimenti diretti stranieri.
Alla fine del 2001, la Cina contava 390.025 imprese
straniere. Il totale calcolato degli investimenti stranieri accumulati è di 745
mila milioni di dollari, essendo gli investimenti ripagati intorno ai 395mila
milioni di dollari.
Nell’anno 2001 si sono stabilite in Cina 26.140 imprese
straniere per un valore contrattuale di 69mila milioni di dollari, di questi 44
mila milioni sono già stati investiti.
Le esportazioni delle imprese straniere nel 2001 sono
arrivate a 133mila milioni di dollari, cosa che rappresenta una crescita dell’11.6%
rispetto al 2000, la metà del totale delle esportazioni del paese nel 2001.
Nell’anno 2001, le imprese straniere in Cina hanno
esportato il 50.1% del totale venduto dalla Cina all’estero, e hanno
contribuito per il 25% della produzione industriale. Gli investimenti stranieri
diretti hanno contribuito con il 12% degli investimenti fissi del paese.
Nell’anno 2001 la Cina ha ricevuto investimenti esteri
diretti per un totale di 44.241 milioni di dollari. Di questo totale, il 29.9%
veniva da Hong Kong, il 12.7% dalle Isole Vergini, il 10.9% dagli USA, il 10% da
Taiwan, il 7.8% dal Giappone, ed il 5% dalla Corea del Sud. La Cina è il quarto
produttore mondiale di beni industriali, dopo gli USA, il Giappone e la
Germania. La Cina produce il 50% degli apparecchi fotografici, il 30% degli
apparecchi per aria condizionata, il 25% delle lavatrici ed il 20% dei
frigoriferi del mondo. È il più grande mercato dei cellulari, con 189 milioni
di utenti.