Lavori atipici e nuove forme del lavoro
Arturo Salerni
Carla Serra
Maria Rosaria Damizia
Dossier a cura di Arturo Salerni, Maria Rosaria Damizia, Carla Serra dell’Associazione Progetto Diritti
Nel precedente numero di Proteo abbiamo preso in esame - sia pur sommariamente - la proposta approvata dal Senato in tema di lavori “atipici”. La proposta è attualmente all’esame della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati che ha terminato in un primo esame e sta per avviare le consultazioni delle “parti sociali”. In questo numero della rivista intendiamo ripercorrere alcune delle nuove figure in cui oggi vengono inquadrati i rapporti di lavoro, siano essi formalmente rapporti di lavoro dipendente o rapporti di lavoro caratterizzati da una sostanziale subalternità del lavoratore al datore o al committente e sia pur definiti in termini diversi.
Riteniamo di svolgere un servizio utile al lettore pubblicando in appendice il testo della proposta cosiddetta Smuraglia, approvata dal Senato della Repubblica. |
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9. Il contratto di formazione e lavoro
Il contratto di formazione e lavoro rientra tra quegli strumenti
inseriti nell’ordinamento in quanto propagandati come idonei a favorire l’accesso
dei giovani all’occupazione.
La prima legge che ha regolato il contratto di formazione e
lavoro è la legge - di conversione di un decreto legge - n.863 del 1984, la
stessa con cui si introduceva nel nostro ordinamento il part-time e che si colloca
contestualmente allo scontro della primavera 1984 sul taglio dei punti di contingenza.
La disciplina di legge più recente, e cioè la legge n. 451
del 94, definisce il contratto in esame secondo due distinte tipologie: un primo
tipo, di durata non superiore ai ventiquattro mesi, mirato all’acquisizione
di professionalità intermedie ed elevate; e un secondo tipo, di durata non superiore
ai dodici mesi, preordinato a favorire l’inserimento professionale mediante
un’esperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità professionali
al contesto produttivo ed organizzativo.
Questo tipo di contratto, comprendente le due tipologie, è
caratterizzato, oltre che dal fatto di essere a tempo determinato, anche e soprattutto
dal fatto di essere un contratto a causa mista: infatti insieme alla causa tipica
del lavoro subordinato, ossia lo scambio tra lavoro dipendente e retribuzione,
dovrebbe operare una funzione formativa, poiché il datore di lavoro si obbliga
(o dovrebbe obbligarsi) a fornire un’istruzione che consenta al giovane lavoratore
di migliorare la sua professionalità.
Da ciò emerge immediatamente l’impossibilità (o, più correttamente,
dovrebbe emergere l’impossibilità) di approvare e stipulare contratti di formazione
e lavoro per l’acquisizione di professionalità elementari connotate da compiti
generici o ripetitivi.
Possono essere assunti con tale tipo di contratto nominativamente
soltanto i giovani con età inclusa tra i sedici e i trentadue anni ulteriormente
elevabili nel Mezzogiorno con delibere delle Commissioni regionali dell’impiego
(organismi che prevedono la presenza di componenti nominati dalle organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative).
A questi contratti si applicano le disposizioni legislative
dettate in genere per il lavoro subordinato, ma per i datori di lavoro sono
previsti incentivi economici e normativi che li rendono particolarmente appetibili;
infatti nel Mezzogiorno, nelle zone ad elevata disoccupazione e per tutte le
imprese artigiane, i contributi previdenziali sono stabiliti nella stessa misura
prevista per gli apprendisti; per le imprese commerciali e turistiche con meno
di quindici dipendenti, è prevista una riduzione degli oneri contributivi del
quaranta per cento; tutte le altre imprese che utilizzano questo tipo di contratti
invece godono di una riduzione degli oneri contributivi nella misura del venticinque
per cento.
Sulla base delle modifiche apportate dalla legge n. 196/97,
le agevolazioni in questione, continuano ad applicarsi, per i successivi dodici
mesi, in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato del contratto
di formazione e lavoro mirato all’acquisizione di professionalità intermedie.
Mentre per quanto riguarda le assunzioni con contratto di formazione e lavoro
preordinato ad agevolare l’inserimento professionale, il datore di lavoro usufruisce
degli stessi benefici contributivi di cui sopra, soltanto a condizione che alla
scadenza del contratto, il rapporto di formazione e lavoro venga trasformato
in contratto a tempo indeterminato.
Quanto agli incentivi normativi, va rilevato i giovani assunti
con contratto di formazione e lavoro, non vengono computati né ai fini delle
soglie occupazionali previste da leggi e contratti collettivi per l’applicazione
di determinate normative vincolistiche, né ai fini delle procedure di assunzione
sulle quali si calcola l’aliquota di posti da riservare alle fasce deboli (portatori
di handicap, etc.).
Presupposto per la stipulazione di contratti di formazione
e lavoro, è la predisposizione, da parte dell’impresa, di un progetto di formazione
che sia stato approvato dalla Commissione regionale per l’impiego. L’approvazione
in questione, non è richiesta se il progetto è conforme alla regolamentazione
predisposta da appositi accordi tra le organizzazioni sindacali nazionali aderenti
alle confederazioni maggiormente rappresentative e recepiti dal Ministro del
Lavoro. Abilitati alla stipulazione di contratti di formazione e lavoro sono
ora anche i gruppi di impresa, le associazioni professionali, le associazioni
socio-culturali e sportive, nonché le fondazioni e i datori di lavoro iscritti
agli albi professionali, allorché i progetti formativi vengano predisposti dagli
ordini e collegi professionali, e infine gli enti pubblici di ricerca, fatte
salve le norme in materia di praticantato.
Un primo problema si è posto con riferimento alla opponibilità
del patto di prova. Una giurisprudenza ormai consolidata ha escluso che possa
esistere una incompatibilità logica tra patto di prova e contratto di formazione
e lavoro, in quanto il significato ed il contenuto del patto di prova, possono
essere rapportati e coordinati alla funzione socio-economica del contratto.
In questa prospettiva, l’oggetto della prova non è costituito dalla verifica
della professionalità posseduta dal lavoratore, ma semmai dal semplice riscontro
della capacità e della volontà di apprendimento del soggetto.
In merito alla caratteristica principale di questa forma di
rapporto di lavoro, ossia la formazione da garantire al lavoratore, la legge
dispone che i contratti diretti all’acquisizione di professionalità intermedie
ed elevate devono prevedere rispettivamente almeno ottanta e centotrenta ore
di formazione da effettuarsi presso il luogo della prestazione lavorativa, mentre
i contratti diretti ad agevolare l’inserimento professionale, devono prevedere
una formazione minima, non inferiore a venti ore, relativa alla disciplina del
rapporto di lavoro, all’organizzazione del lavoro, nonché alla prevenzione ambientale
ed antinfortunistica.
Il problema che si pone in ordine a questo punto, è quello
della rilevanza che nello schema causale di tale negozio, assume l’aspetto formativo,
ossia se il profilo formativo risulti essenziale per la individuazione della
natura propria del contratto o se invece possa connotarsi soltanto alla stregua
di un elemento meramente strumentale rispetto all’intento di incrementare i
livelli occupazionali; in quest’ultimo caso la causa del contratto resta esclusivamente
quella tipica del lavoro subordinato. La Corte di Cassazione, ha aderito alla
prima soluzione, stabilendo che accanto alla tipica obbligazione del rapporto
di lavoro subordinato, sussista l’ulteriore obbligo per il datore di lavoro
di provvedere alla formazione professionale del lavoratore. Diverso risulta
invece l’orientamento della Corte Costituzionale, che ponendo l’accento sulle
particolari finalità socio-politiche del contratto di formazione, ha affermato
che tali finalità assumono un ruolo nettamente prevalente rispetto a quelle
"meramente formali". Questo contrasto giurisprudenziale, si riproduce
con le stesse caratteristiche anche in dottrina.
Per risolvere tale problema, non si può non tenere conto delle
novità introdotte dalla legge n.451/94, che attribuisce all’aspetto formativo
un valore qualificante l’intero negozio. La rilevanza dell’attività formativa
già emergeva dalla legge n.863/84, che prevede la trasformazione del contratto
di cui trattasi in contratto a tempo indeterminato, fin dal momento della sua
entrata in vigore, in tutti i casi in cui il datore di lavoro non ottemperi
agli obblighi del contratto. Pertanto in caso di inosservanza da parte del datore
di lavoro degli obblighi formativi, oltre alla conseguenza della trasformazione
del rapporto sin dallasua origini in contratto a tempo indeterminato, l’ispettorato
del lavoro può disporre la revoca dei benefici concessi per l’assunzione del
lavoratore fin dalla data di costituzione del rapporto di lavoro. Il datore
di lavoro è inoltre obbligato a restituire i benefici contributivi percepiti.
La legge n. 451/94 dispone che i lavoratori assunti con contratto
di formazione e lavoro possono essere inquadrati ad un livello inferiore a quello
di destinazione; è data inoltre al datore di lavoro la possibilità di retribuire
i lavoratori assunti con tale contratto in maniera differenziata ed inferiore
rispetto alla retribuzione spettante ai lavoratori assunti con un contratto
di lavoro a tempo indeterminato. Per tale forma di retribuzione, la legge ha
anche coniato un termine, chiamandolo "salario d’ingresso" . Nella
realtà è uno strumento che dà al datore di lavoro la possibilità di accedere
agli sgravi contributivi e con essi la massima possibilità di pressione o di
ricatto sul lavoratore, divenendo ormai il canale normale per la nuova occupazione;
e la formazione professionale, prevista minuziosamente nella legge, è in pratica
scarsa o mancante.
10. I contratti di lavoro a tempo determinato.
La realtà dei contratti di formazione e lavoro - fatta di rapporti
a termine, con peggiori condizioni per il lavoratore sul piano normativo e retributivo,
e con una scarsa possibilità di trasformazione in rapporti di lavoro a tempo
indeterminato - si accompagna alla espansione - a partire dalla legge n. 56
del 1987 (la stessa legge che modifica il sistema del collocamento, attraverso
la quasi generale scomparsa della chiamata numerica, in favore della chiamata
nominativa, ovvero della possibilità per il datore di lavoro di scegliere -
prescindendo da ogni altro criterio - il lavoratore da porre alle sue dipendenze)
- della possibilità di ricorrere allo strumento dei contratti a tempo determinato
(nel cui genus naturalmente si inseriscono i contratti di formazione e lavoro).
Per l’art.1 della legge n.230 del 1962 “il contratto di lavoro
si reputa a tempo indeterminato”, ma “è consentita l’apposizione di un termine
alla durata del contratto” in alcuni casi specificamente indicati.
Si tratta dei seguenti casi: “quando ciò sia richiesto dalla
speciale natura dell’attività lavorativa derivante dal carattere stagionale
della medesima”; “quando l’assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori
assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto [si pensi
al lavoratore in servizio di leva o alla lavoratrice in maternità], sempreché
nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito
e la causa della sua sostituzione; “quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione
di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere
straordinario od occasionale”; in alcune ipotesi specifiche riferite al personale
dello spettacolo e (a partire dall’entrata in vigore della legge n. 84 del 1986)
delle aziende di trasporto aereo o esercenti il servizio aeroportuale. Si tratta
quindi di precise deroghe alla mancanza di termine propria di ogni rapporti
di lavoro subordinato.
Peraltro la legge prescrive che l’apposizione del termine è
priva di effetto se non risulta da atto scritto, che il termine può essere eccezionalmente
prorogato una sola volta e per un tempo non superiore alla durata del contratto
iniziale e sempre con riferimento alle medesime mansioni del contratto originario.
La violazione anche minima di tali regole - come nell’ipotesi di prolungamento
del rapporto oltre il termine previsto inizialmente o a seguito della proroga
- comportava la trasformazione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato
a tempo indeterminato.
Su quest’ultimo punto è intervenuta la legge Treu (n.196/1997),
quella cioè che inserisce il lavoro interinale, rendendo più improbabili le
ipotesi di conversione; infatti il rapporto si considera a tempo indeterminato
“se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto
di durata inferiore a sei mesi ovvero oltre il trentesimo negli atri casi”.
Ma lo sfondamento più macroscopico al carattere di eccezionalità
del lavoro a termine (regola conquistata nel 1962 - agli albori del centrosinistra
- dal movimento dei lavoratori per porre un freno alla precarietà della collocazione
occupazione della manodopera ed alla conseguente debolezza del lavoratore dipendente
temporaneo) avviene con attraverso l’approvazione dell’art.23 della legge 28
febbraio 1987, n. 56.
Ed infatti, a seguito del mutamento normativo, “l’apposizione
di un termine alla durata del contratto di lavoro oltre che nelle ipotesi di
cui all’art.1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni
ed integrazioni [.....] è consentita nelle ipotesi individuate nei Contratti collettivi
di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I Contratti collettivi stabiliscono
il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto
di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato”.
Come si vede, anche in questo la deroga rischia di diventare
regola, l’apposizione di un termine alla prestazione lavorativa subordinata
non è più normativamente ed esclusivamente legata ad una situazione eccezionale
o comunque peculiare. Ed ancora: nella definizione delle eccezioni (sempre più
massicce) viene chiamato il concorso delle organizzazioni sindacali aderenti
alle Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionali. Addirittura
si prevede che a stipulare gli accordi che rendono possibile, oltre le previsioni
dettagliate stabilite dalla legge del 1962, il ricorso a contratti di lavoro
subordinato a tempo determinato, possono essere chiamate le organizzazioni sindacali
locali (sia pur aderenti alle maggiori confederazioni), il che significa che
la deroga può essere stabilita anche in sede locale, laddove è più forte la
pressione del singolo datore di lavoro (ovvero delle imprese territorialmente
più potenti in un determinato settore produttivo): si pensi al ruolo ed alla
forza nel settore metalmeccanico in Lucania della Fiat ed al ricatto occupazionale
che la grande multinazionale torinese può esercitare sulle organizzazioni sindacali
locali agitando lo spettro di un decremento occupazionale o di un forte disinvestimento
nel distretto industriale di Melfi.
Purtroppo si sta generando una pericolosissima spirale al ribasso
(che costitisce la filosofia dei contratti d’area e dei patti territoriali)
resa possibile dall’involuzione del quadro normativo, cui hanno concorso quasi
tutte le forze politiche con la piena adesione delle grandi centrali sindacali
(cui si offrono grossi poteri, come il ruolo nelle Commissioni per l’impiego
o l’efficacia e la necessità del passaggio negoziale).
11. Attenzione ai referendum!
Una bomba rischia di esplodere: è iniziata infatti con grandi
squilli di tromba la raccolta delle firme per i venti referendum radicali. Forti
dell’exploit elettorale in occasione del rinnovo del parlamento europeo e del
successo di immagine registrato con la campagna Emma for president le truppe
di Bonino e Pannella, accompagnate da un “comitato d’onore” composto da imprenditori,
economisti, dirigenti della Confcommercio, assicuratori, parlamentari di diversi
partiti (A.N., Lega, C.C.D., Forza Italia, D.S, Udeur, Verdi), giornalisti ed
altre personalità, lanciano un gruppo di referendum per la “libertà di lavoro
e di impresa”. I venti referendum “liberali e liberisti” si concentrano inoltre
su altri temi cari ai radicali: fisco, previdenza (pensate un po’, per attaccare
le pensioni di anzianità) e sanità, finanziamenti pubblici a partiti, sindacati
e patronati, “giustizia giusta”, sistema elettorale (per ritentare l’abolizione
della quota proporzionale). Un po’ di demagogia, di “nuovismo”, ma anche concetti
semplici: bisogna liberare le mani alle imprese, bisogna creare un sistema democratico
e sociale all’americana.
Ma vediamo il gruppo di proposte che ci riguarda in questa
sede, riprendendo le parole usate dal Comitato Promotore per propagandare le
iniziative:
l COLLOCAMENTO AL LAVORO
Per liberalizzare il collocamento privato, facilitando l’incontro
tra la domanda e l’offerta di lavoro.
l TEMPO DETERMINATO
Per liberalizzare i contratti di lavoro a termine.
l PART-TIME
Per liberalizzare i contratti di lavoro a tempo parziale.
l LAVORO A DOMICILIO
Per liberalizzare i contratti di lavoro a domicilio.
l DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI
Per abrogare, fermo restando il risarcimento patrimoniale,
l’obbligo di riassunzione del lavoratore licenziato, vincolo disincentivante
alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle piccole imprese”.
Immaginate un po’ cosa né può venire fuori (e già adesso non
siamo messi bene): caporalato senza limiti, precarietà come regola generale
(e questa sì inderogabile), licenziamenti ad nutum (ovvero per usare una efficace
espressione latina da comminare con un semplice gesto del capo).
L’insieme esplosivo dei referendum in cui possono unirsi -
alzando i quorum di partecipazione e trascinando in alto i SI - l’insoddisfazione
per la sanità pubblica (pensate al caso Policlinico) o il disgusto verso il
sottobosco politico e sindacale, il corteggiamento che tutte le parti politiche
fanno al pacchetto del nove per cento dell’elettorato di cui al momento la Bonino
dispone, l’incultura promossa tra cittadini e lavoratori da vent’anni di bombardamento
ideologico, la debolezza del fronte sindacale, la voglia di cambiare (non si
sa come e verso cosa) possono produrre qualcosa a tutt’oggi inimmaginabile:
la fine del diritto del lavoro innanzitutto, l’impossibilità di rivendicare
garanzie, uno scenario insomma da inizi della rivoluzione industriale.
Non sarà facile, ma a questa montante marea american-medioevale,
bisogna riuscire a contrapporre gli interessi reali della popolazione, dei lavoratori,
dei disoccupati: far ragionare sulla realtà delle cose, opporsi al bombardamento
dei mass media (che hanno già cominciato: quanta differenza tra l’attenzione
per questa iniziativa e la noia che circondava fino a poco tempo fa le iniziative
dei radicali!), insomma cercare di rimettere i fatti con i piedi per terra.
E’ una scommessa difficile, ma non la si può perdere.
Il Senato della Repubblica, il 4 febbraio 1999, ha approvato
il seguente disegno di legge, d’iniziativa dei senatori Smuraglia, De Luca Michele,
Pelella, Gruosso, Piloni, Larizza, Tapparo, Arlacchi e Battafarano:
Norme di tutela dei lavori "atipici"
Art.1
(Ambito di applicazione)
l. Ai rapporti di collaborazione, di carattere non occasionale,
coordinati con l’attività del committente, svolti senza vincolo di subordinazione,
in modo personale e senza impiego di mezzi organizzati e a fronte di un corrispettivo,
si applicano le seguenti disposizioni:
a)
gli articoli 1, 5, 8, 14 e 15 della legge 20 maggio
1970, n. 300;
b) la legge 9 dicembre 1977, n. 903, e la legge 10 aprile
1991, n. 125;
c) le disposizioni in materia di sicurezza e igiene dei
lavoro previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, nonché dalla direttiva 911383/CEE del Consiglio, del. 25 giugno
1991, in quanto compatibili con le modalità della prestazione lavorativa.
2. L’eventuale ulteriore individuazione e definizione delle
modalità di espletamento delle prestazioni di cui al comma 1 è demandata ai
contratti o accordi collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale.
3. Per i rapporti di cui al comma 1, non può essere imposto
o comunque previsto alcun tipo di orario di lavoro, salvo i casi in cui la specificità
della prestazione richieda l’indicazione di una determinata fascia oraria. In
caso di particolari esigenze del committente può essere concordata la fissazione
di un termine per l’esecuzione di una parte specifica della prestazione pattuita.
4. I contratti o accordi collettivi nazionali stipulati
dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere l’estensione, in tutto
o in parte, delle disposizioni della presente legge anche a rapporti di durata
inferiore a quella minima prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera e), che
non abbiano carattere di mera occasionalità.
Art.2 (Diritti di informazione e formazione)
1. Il prestatore di lavoro di cui all’articolo 1, comma
1, ha diritto di ricevere le informazioni previste nei contratti collettivi
di lavoro a favore dei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato,
nonché le informazioni relative alla tutela della salute e della sicurezza sui
luoghi di lavoro, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni.
2. Il committente, imprenditore pubblico o privato, è tenuto
ad organizzare i propri flussi di comunicazione in modo da garantire a tutti
i lavoratori, quale ne sia la natura del rapporto di lavoro, pari condizioni
nell’accesso all’informazione attinente all’attività lavorativa.
3. Per il finanziamento di iniziative e di formazione professionale
e di formazione in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, i contratti
o accordi collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei
lavoratori e datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale possono prevedere un contributo a carico dei committenti in percentuale
al compenso corrisposto ai lavoratori di cui all’articolo 1. I contributi affluiranno,
con apposita evidenza contabile, nel Fondo che verrà definito con decreto dei
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, nell’ambito del complessivo
riordino della formazione, dell’aggiornamento e della riqualificazione professionale.
4. Con apposito provvedimento, da emanare entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo potrà prevedere
agevolazioni fiscali per le attività formative svolte dai committenti e documentate.
Agli oneri relativi, nel limite massimo di lire 5 miliardi annue e a partire
dal 1999, si fa fronte con le risorse disponibili del Fondo di cui all’articolo
1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
Art.3. (Contenuto dei contratti)
l. I contratti di cui all’articolo 1, comma 1, devono essere
stipulati in forma scritta e devono indicare:
a)
l’oggetto della prestazione;
b) l’entità dei corrispettivo, che in ogni caso deve
essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro, e comunque non
inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione
collettiva del settore o della categoria affine, ovvero, in mancanza, ai compensi
medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo;
c) i tempi di pagamento dei corrispettivi e la disciplina
dei rimborsi spese;
d) l’eventuale facoltà del prestatore di lavoro, previa
accettazione dei committente, di farsi sostituire temporaneamente da persona
resa nota al committente stesso o di lavorare in coppia:, dando luogo, in
entrambi i casi, ad un unico rapporto con responsabilità solidale di ciascuno
dei prestatori per l’esecuzione dell’intera opera o servizio;
e) la durata del contratto, che in ogni caso non può
essere inferiore a tre mesi, salvo che per i rapporti destinati per loro particolare
natura a concludersi in un periodo di tempo inferiore;
f) l’indicazione dei motivi che possono giustificare
la cessazione anticipata del rapporto, ove non ancora individuati dalla contrattazione
collettiva nazionale;
g) il rinvio ai contratti o accordi collettivi nazionali
stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per la definizione
di modalità, forme e termini di legittima sospensione del rapporto, in caso
di malattia o infortunio, nonché l’eventuale previsione di penalità di natura
amministrativa e civile nel caso di recesso ad opera di una delle parti, senza
giustificate ragioni, prima del termine convenuto o successivamente prorogato.
Art.4. (Cessazione del rapporto)
1. I contratti o accordi collettivi nazionali stipulati dalle
rappresentanze dei datori di lavoro e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori,
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono prevedere
in relazione alla cessazione dei rapporti di cui all’articolo 1:
a)
il diritto dei prestatore di lavoro ad una indennità
di fine rapporto;
b) il diritto di preferenza del prestatore di lavoro,
rispetto ad altri aspiranti, nei casi in cui il committente intenda procedere
alla stipulazione di un contratto di tipo analogo e per lo stesso tipo di
prestazione, qualora lo stesso prestatore di lavoro non abbia subito fondate
contestazioni circa la prestazione effettuata e non sia stata anticipata,
per ragioni giustificate ed obiettive, la cessazione del rapporto di lavoro
rispetto alla sua durata contrattualmente prevista.
Art. 5. (Regime fiscale)
l. Il regime fiscale applicabile ai rapporti di cui all’articolo
1 è quello previsto dalla lettera a) dei comma 2 dell’articolo 49 dei testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Art.6.(Previdenza)
1. Tutti coloro che svolgono le prestazioni di cui all’articolo
1 sono iscritti alla gestione speciale di cui all’articolo 2, comma 26, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, e all’articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, anche per quanto riguarda la tutela relativa alla maternità, definita
nei termini dì cui al decreto ministeriale 27 maggio 1998, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998. Alla stessa gestione, a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge, so- no iscritti gli incaricati
alla vendita a domicilio, di cui all’articolo 36 della legge 11 giugno 1971,
n. 426, soltanto qualora il reddito annuo derivante da tale attività sia superiore
all’importo, nel medesimo anno, dell’assegno sociale di cui all’articolo 3,
comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Ai fini della copertura dell’onere
derivante dal precedente periodo, il Ministro delle finanze, con propri decreti,
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, provvede, almeno ogni due anni, alla. variazione delle aliquote e
delle tariffe di cui all’articolo 2, commi 151, 152 e 153, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.
Art.7(Ricongiunzionediperiodi contributivi e tutela in caso
di malattia ed infortunio)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi volti ad assicurare, per coloro che svolgono le prestazioni lavorative
di cui all’articolo 1, la ricongiunzione di tutti i periodi contributivi e un’adeguata
copertura, nei casi di legittima sospensione dei rapporto, per i trattamenti
per malattia ed infortunio.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati
secondo i seguenti criteri e princìpi direttivi:
a)
attuare gradualmente, nell’ambito di un processo di
omogeneizzazione dei diversi regimi previdenziali, la possibilità di ricongiuzione
di posizioni assicurative frazionate o realizzate con enti differenti secondo
le modalità previste dall’attuale disciplina per i soggetti iscritti all’Assicurazione
generale obbligatoria (AGO);
b) nel disciplinare l’estensione della tutela in caso
di malattia ed infortunio, utilizzare come parametro di riferimento quanto
stabilito in materia per il lavoro dipendente.
3. Agli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 1 e 2,
si provvede mediante corrispondente adeguamento del contributo alla gestione
speciale di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335,
come modificato dall’articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, determinato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con quello del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Art.8 (Comitato amministratore del Fondo)
1. Per la gestione speciale di cui all’articolo 6, è costituito
un Fondo gestito da un comitato amministratore, composto di tredici membri,
di cui due designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, cinque
designati dalle associazioni datoriali e del lavoro autonomo in rappresentanza
dell’industria, della piccola impresa, artigianato, commercio, agricoltura e
sei eletti dagli iscritti al Fondo. Il comitato amministratore opera avvalendosi
delle strutture e di personale dell’INPS. I componenti del comitato amministratore
durano in carica quattro anni.
2. Il presidente dei comitato amministratore è eletto tra
i componenti eletti dagli iscritti al Fondo.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale emana
il regolamento attuativo dei presente articolo e provvede quindi alla convocazione
delle elezioni, informando tempestivamente gli iscritti della scadenza elettorale
e del relativo regolamento elettorale, nonché istituendo i seggi presso le sedi
INPS.
4. Ai componenti del comitato amministratore è corrisposto
un gettone di presenza nei limiti finanziari complessivi annui di cui al comma
5.
5. All’onere derivante dall’applicazione del presente articolo,
valutato in lire 50 milioni per ciascuno degli anni 1999 e 2000 e a regime,
si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1999-2001, nell’ambito dell’unità previsionale di
base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione
del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, parzialmente
utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
6. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni
di bilancio.
Art. 9 (Diritti sindacali)
l. Competono ai prestatori di lavoro di cui all’articolo
1:
a)
il diritto di organizzarsi in associazioni di categoria
o di settore o di ramo di attività;
b) il diritto di aderire ad organizzazioni sindacali
di settore o di categoria, nonché ogni altro diritto sindacale compatibile
con la particolare struttura del rapporto;
c) il diritto di aderire ad organizzazioni o associazioni
anche intercategoriali, conferendo ad esse specifici poteri di rappresentanza;
d) il diritto di partecipare alle assemblee indette dalle
rappresentanze sindacali aziendali, all’interno delle unità produttive delle
aziende.
2. Ulteriori forme di rappresentanza e di esercizio
delle attività sindacali potranno essere individuate in sede di contrattazione
collettiva nazionale.
Art.10 (Sanzioni)
l. Il controllo sull’osservanza delle norme della presente
legge compete al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che lo esercita
attraverso l’organo competente per territorio. L’inosservanza delle disposizioni
di cui all’articolo 3 comporta soltanto una sanzione pecuniaria di importo non
inferiore, nel minimo, alla totalità dei compensi dovuti fino al momento dell’accertamento
e, nel massimo, al doppio di tale importo, fermo comunque restando il limite
massimo di cui all’articolo 10 della legge 24 novembre 1981, n. 689. L’organo
competente ad emanare l’ordinanza-ingiunzione di cui all’articolo 18 della citata
legge n. 689 dei 1981 è la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio.
Art.11(Conversione del rapporto)
1. Qualora venga accertato dagli organi competenti con
provvedimento esecutivo che il rapporto costituito ai sensi dell’articolo 1
è in realtà di lavoro subordinato, esso si converte automaticamente in rapporto
a tempo indeterminato, con tutti gli effetti conseguenti. Si applica, inoltre,
la sanzione prevista dall’articolo 10.
2. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale,
che abbiano provveduto, alla data di entrata in vigore della presente legge,
alla trasformazione dei rapporti di lavoro di cui al comma 1, sono esonerate
dal pagamento dei contributi e degli oneri accessori derivanti da accertamenti
effettuati dall’Istituto nazionale della previdenza sociale successivamente
a tale trasformazione e conseguenti al mancato riconoscimento, da parte del
predetto Istituto, dell’appartenenza dei rapporti di lavoro alla tipologia di
cui alla presente legge. Gli eventuali procedimenti amministrativi ed i giudizi
ancora pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge sono dichiarati
estinti, con integrale compensazione delle spese. Alle minori entrate derivanti
dal presente comma, quantificate in lire 35 miliardi per il 1999, si fa fronte
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini dei bilancio
triennale 1999-2001, nell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo
speciale" dello stato di previsione del Ministero dei tesoro, del bilancio
e della programmazione economica per il 1999, allo scopo parzialmente utilizzando
l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
3. E’ fatto divieto al committente di trasformare contratti
di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in essere presso unità produttive
dei medesimo, in contratti di cui all’articolo 1, qualora non ricorrano documentate
esigenze di ristrutturazione aziendale.
Art.12.(Conversione volontaria del rapporto)
l. Qualora il committente, che ha in atto rapporti qualificati
formalmente come appartenenti alla tipologia di cui alla presente legge, decida,
previo consenso dei lavoratore, di farli rientrare nello schema di cui all’articolo
2094 dei codice civile, il rapporto godrà dei benefici, sgravi o incentivi eventualmente
riservati alle nuove assunzioni.
Art.13(Competenza per le controversie)
1. Le controversie relative ai contratti di cui all’articolo
1 rientrano nella competenza funzionale dei pretore del lavoro; per il procedimento,
si applicano le disposizioni di cui agli articoli 409 e seguenti dei codice
di procedura civile.
Art.14(Coordinamento con la normativa comunitaria)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, norme di coordinamento,
per quanto riguarda i prestatori di lavoro di cui all’articolo 1 della presente
legge, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, in attuazione della direttiva
comunitaria 91/533 CEE, recante obblighi di informazione sulle condizioni applicabili
al contratto o al rapporto di lavoro, per le parti compatibili con la struttura
dei rapporti di cui al predetto articolo.
2. Il Governo è altresì delegato ad emanare un decreto
legislativo, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, che adegui alle particolari caratteristiche dei lavoratori di
cui all’articolo 1 i sistemi di formazione previsti dalle leggi vigenti, nell’ambito
degli stanziamenti previsti dalle singole norme e senza oneri aggiuntivi per
il bilancio dello Stato.
3. Gli schemi dei decreti legislativi sono sottoposti alle
Commissioni parlamentari competenti, che esprimono il parere entro trenta giorni.
Trascorso detto termine, il decreto o i decreti potranno comunque essere emanati.
4. Criteri fondamentali per la delega sono i seguenti:
pieno rispetto della normativa vigente, interna e comunitaria; considerazione
della peculiarità dei rapporti in questione, con l’obiettivo di ottenere il
maggior risultato per la tutela della salute, per il riconoscimento dei diritti
di informazione, per la formazione permanente e continua, senza aggravi per
le imprese. In particolare, all’interno dei sistema formativo devono individuarsi
modalità tali da consentire la migliore qualificazione professionale dei lavoratori
di cui all’articolo 1.
Art.15 (Privilegi)
l. All’articolo 2751-bis, primo comma, del codice civile,
dopo il numero 5-bis, è aggiunto il seguente:
5-ter) i compensi dovuti ai prestatori di attività lavorative
con carattere di continuità, non riconducibili alla tipologia dei rapporto di
lavoro subordinato".
Art.16. (Verifica dell’efficacia della. legge)
1. Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce,
entro novanta giorni, alle competenti Commissioni parlamentari del Senato della
Repubblica e della Camera dei deputati sull’attuazione della legge stessa, sulla
sua concreta efficacia e sugli effetti prodotti, sulla base dei dati e delle
informazioni preventivamente acquisiti dagli organi di vigilanza.
Art.17.(Certificazione dei rapporti)
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione
del rapporto di lavoro di cui all’articolo 1, comma 1, il Governo è delegato
ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
disposizioni in materia di certificazione volontaria del relativo contratto
stipulato tra le parti, ispirate ai seguenti principi e criteri direttivi:
a)
individuazione dell’organo preposto alla certificazione
nell’organismo bilaterale di settore istituito dai contratti o accordi collettivi
nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori
di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero,
in caso di sua mancata costituzione, nella Direzione provinciale dei lavoro,
con previsione della presenza paritetica delle predette organizzazioni sindacali;
b) definizione delle modalità di organizzazione delle
sedi di certificazione e di tenuta della relativa documentazione;
c) indicazione dei contenuto della certificazione, da
riferire alla descrizione dei dati di fatto risultanti dal contratto scritto
di cui all’articolo 3 e dalle dichiarazioni dei contraenti anche in relazione
alle tipologie contrattuali ed alle modalità di svolgimento della prestazione,
in rapporto a quanto eventualmente definito dalla contrattazione collettiva
di cui all’articolo 1, comma 2;
d) in caso di controversia sulla effettiva corrispondenza
delle mansioni in concreto svolte e delle modalità effettive della prestazione
rispetto a quanto risultante dalla documentazione, ovvero sulla qualificazione
dei contratto, valutazione da parte dell’autorità giudiziaria competente anche
del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione;
e) verifica dell’attuazione delle disposizioni, dopo
dodici mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali
di cui alla lettera a).
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1
sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica almeno
quaranta giorni prima della scadenza prevista per l’esercizio della delega;
le Commissioni parlamentari competenti per materia si esprimono entro trenta
giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine previsto per il parere
delle Commissioni scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termine
previsto al comma 1 per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo
è prorogato di sessanta giorni.
3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore
delle disposizioni di cui al comma 1, il Governo può emanare, anche in base
alla verifica effettuata ai sensi dei comma 1, lettera e), eventuali disposizioni
modificative e correttive con le medesime modalità di cui al comma 2.