Evoluzione economica e sociale della Repubblica Popolare Cinese
Gladys Hernandes
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1. Generalità
Nel 1978, durante la celebrazione della III Sessione della Plenaria del XI Comitato Centrale, il Partito Comunista Cinese ha analizzato le esperienze fatte durante gli anni dello sviluppo economico e sociale successivi alla Rivoluzione Cinese. Questa sessione è stata strategica per il futuro del paese visto che sono state definite le priorità da affrontare da parte del Partito Comunista e del popolo cinese. Nel processo delle riforme economiche, sviluppatosi durante gli ultimi 26 anni, si può identificare una certa periodicizzazione:
Prima tappa (1976-1978): In essa si ridefiniscono una serie di posizioni governative sulla necessità di concentrare tutti gli sforzi del Partito nel percorso economico del paese.
Seconda tappa (1978-1984): In questo periodo iniziano le trasformazioni nel settore rurale. L’applicazione del contratto familiare ha rivoluzionato l’agricoltura cinese nel rinvigorire le forze produttive che per molti anni era rimaste ferme.
Terza tappa (1984-1988): Già nel 1984, i risultati ottenuti in agricoltura hanno favorito l’inizio dei cambiamenti nel resto dell’economia. Con la crescita degli altri settori si sono acuiti molti squilibri giá presenti e nel 1988 il governo ha intrapreso un processo di riassetto fondamentalmente a partire da una forte politica di restrizione del credito al settore industriale non statale.
Quarta tappa (1988-1989): Il processo di perfezionamento delle riforme ha iniziato la sua decelerazione durante il corso di vari anni. Nonostante il governo abbia cercato di controllare i processi inflazionistici di questa tappa e l’insoddisfazione provocata dalle manifestazioni negative come la corruzione, le misure adottate non hanno potuto evitare che si producessero gli avvenimenti di aprile-giugno del 1989 in Piazza Tiananmen, con le loro relative conseguenze.
Quinta tappa (1990-2004): In questi anni si sono realizzati seri riassetti economici. Il Partito ha iniziato una profonda battaglia non solo sul piano economico, ma anche contro i fenomeni sociali considerati negativi. Più recentemente si osserva una tendenza al rafforzamento delle politiche macroeconomcihe decentralizzatrici.
Questi ultimi decenni hanno rappresentato per la Cina un periodo molto importante nella sua storia economica. Accompagnata da singolari tassi di crescita, l’economia del paese affronta un processo di trasformazioni epocali della sua struttura economica.
2. Breve analisi delle riforme
Le riforme economiche in Cina toccano tutti i settori, iniziando dal settore agricolo. L’introduzione del sistema di responsabilità per contratto familiare nel 1978 ha provocato una nuova rivoluzione nell’agricoltura cinese. Questo sistema permetteva alle famiglie di ricevere la terra in usufrutto, giacché la proprietà continuava ad essere statale. I contadini erano responsabili della produzione ottenuta e quindi delle entrate. Contemporaneamente si promuove una grande riforma del sistema di proprietà. A partire dal 1979, il governo cinese ha promosso lo sviluppo dell’economia mista e la nascita del settore non statale. L’obiettivo di questa riforma era quello di ottenere la coesistenza di differenti tipi d’impresa nel paese. Anche negli anni ’80 si sviluppa la riforma delle imprese statali. Questa riforma ha come principi la decentralizzazione economica a livello imprenditoriale per conferire alle imprese statali maggiore indipendenza e flessibilità nella presa di decisione sulla gestione produttiva e sulla commercializzazione delle produzioni. Inizialmente gli è stato concesso il potere decisionale in merito a che cosa produrre e sull’importo degli investimenti che potranno realizzare a partire dalla possibilità di conservare una parte dei guadagni. Nel 1987 si producono trasformazioni chiave nella gestione delle imprese nell’introdurre il sistema di responsabilità contrattuale che stabilisce la firma di un contratto tra le imprese e lo Stato. Questo contratto delimitava la cifra delle tasse da pagare, così come le quote di produzione fisse da consegnare allo Stato, così che, come nel caso dei contratti familiari, l’eccedente della produzione, poteva essere utilizzato liberamente dalle imprese. Anche nel 1997 ci sono stati cambiamenti nella struttura della proprietà delle imprese statali. Si è iniziato ad applicare il sistema dell’azionariato nelle imprese. Quelle imprese statali considerate strategiche sono rimaste sotto il controllo statale, mentre le altre imprese medie e piccole hanno iniziato ad applicare il sistema azionario, dando così partecipazione ai lavoratori che potevano acquistare le azioni attraverso ribassi sul loro salario. Contemporaneamente s’inizia tutto un processo di sviluppo delle imprese cooperative nelle aree rurali che è conosciuto come lo sviluppo delle imprese rurali. Tra le trasformazioni chiave sperimentate dalla Cina si deve citare quella sperimentata dal sistema di pianificazione. La pianificazione centralizzata ha iniziato ad utilizzare i piani indicativi, elaborando piani di crescita economica a lungo termine. Un’altra delle riforme strutturali importanti è stata quella vincolata al sistema monetario finanziario. La riforma del sistema finanziario ha stabilito che la principale funzione della Banca Centrale è quella di organizzare la politica monetaria e monitorare le banche commerciali. Le banche specializzate, come la Banca dell’Industria e del Commercio, la Banca dell’Agricoltura, la Banca della Cina e la Banca della Costruzione sono state convertite in banche commerciali. Contemporaneamente si è applicata una politica monetaria che ha incluso la svalutazione dello yen che ha portato a diverse svalutazioni fino a giungere al cambio attuale. Contemporaneamente è stato introdotto lo yen convertibile per più di dieci anni che è stato utilizzato per tutte le principali transazioni finanziarie. La riforma del sistema fiscale è stata fondamentale nell’approfondimento dei processi di decentralizzazione non solo a livello imprenditoriale ma anche nel rapporto con il governo a livello centrale, provinciale, municipale e di villaggio. Si è stabilito un livello di responsabilità con il pagamento delle tasse che permetteva ai livelli inferiori di disporre degli utili per rinvestire nello sviluppo delle regioni.
La disponibilità di maggiori risorse finanziarie per l’investimento, cosi come la decentralizzazione della gestione economica hanno dato impulso ad una nuova politica d’investimento e hanno permesso la nascita ed il consolidamento del settore non statale. Il ruolo dell’investimento è stato decisivo nella crescita produttiva delle imprese e nello sviluppo dei mercati dei capitali nel paese. Vincolata all’incremento degli investimenti, sono avvenute maggiori aperture all’estero e la riforma del settore dell’export. La decentralizzazione economica è arrivata anche alla circolazione. Si è conferita alle imprese una certa flessibilità nello stabilire i prezzi sia dei beni finali che di quelli intermedi. Dalla metà degli anni ’90 nel paese i prezzi si basano essenzialmente sulle leggi della domanda e dell’offerta.
3. Risultati rilevanti
I risultati più sorprendenti si riflettono sul comportamento economico del paese. Nel periodo 1979-2003, il PIL della Cina è cresciuto con un tasso medio del 9,3% mentre il PIL pro capite ha raggiunto i 900- 1000 Dollari, per una popolazione di 1 286 975 468 abitanti. Senza dubbio, la cosa più importante in questo processo di crescita è stata la sua stabilità (vedere allegato 1). È necessario evidenziare che in questi 25 anni, solo in tre casi si osservano tassi di crescita del PIL che si aggirano intorno al 4% (1981, 1989 e 1990). Per 17 anni, la crescita del PIL supera il 7%. Per ció che riguarda il PIL, la Cina, alla fine del 2004, ancora si trova dietro la Germania, la Gran Bretagna e la Francia anche se in termini di parità del potere d’acquisto (PPA) è superata solo dagli Stati Uniti. La Cina è riuscita a quadruplicare il PIL dal 1980 al 1996, e già nel 2003 ha raggiunto la cifra di 1,4 milioni di milioni di dollari, risultando la sesta economia mondiale.
Per il 2008, l’anno dei Giochi Olimpici che si celebreranno in Cina, probabilmente, avrà superato il PIL della Germania, superando questo paese chiave dell’Unione Europea. Secondo uno studio di Goldman Sachs, supererà il Giappone nel 2015 e gli Stati Uniti nel 2039. L’ascesa del PIL cinese in questa prima metà del secolo si basa sulla seguente dinamica di crescita proposta dalle sue autorità: 8% nel quinquennio fino al 2005, 7% tra il 2005 ed il 2010, 6% tra il 2010 ed il 2015 ed il 5% tra il 2015 ed il 2020. Il settore industriale tra il 1990 ed il 2003, ha incrementato il valore della produzione del 206,6% e questo boom economico e commerciale cinese ha scatenato un’enorme domanda per le risorse naturali e per le materie prime a livello mondiale. Per il 2003, la Cina ha consumato in riferimento al totale mondiale il 7,4% del petrolio, il 40% del carbone, il 27% dell’acciaio, il 25% dell’alluminio ed il 40% del cemento. Le riforme hanno contribuito a cambiare la struttura economica del paese. La proporzione del settore primario nel PIL è scesa dal 31,7% nel 1978 al 14,5% nel 2002, mentre si è incrementata la partecipazione del settore secondario (da 47,3% a 51,7%) e, soprattutto del settore terziario (dal 21,5% al 33,7%). (Vedere allegato 2). Questo processo mantiene una dinamica notevole giacché nel 2002, l’agricoltura partecipava con il 14,5% nel PIL e impiegava il 50% della popolazione economicamente attiva, mentre l’industria e le costruzioni partecipavano con il 51,7% del PIL ed impiegavano il 22% della popolazione. Da parte sua, il settore dei servizi continuava ad incrementare la sua partecipazione giungendo al 33,7% del PIL, impiegando però il 28% della popolazione economicamente attiva. Dopo l’entrata della Cina nell’OMC, questo settore si è sviluppato con maggiore rapidità.
Con le riforme ha acquistato un notevole slancio anche il settore non statale. Nel periodo 1990-2003, mentre il settore statale è cresciuto ad un ritmo del 7,1% medio annuo, le imprese di proprietà collettiva sono cresciute del 28% e quelle di proprietà straniera e mista del 95,6%. (vedere allegato 3). Il settore statale attualmente contribuisce solo con il 30% dell’entrata nazionale. Il settore non statale è costituito da: le imprese straniere, le imprese private e le imprese collettive delle province, dei municipi e delle cooperative. Tra il 1997 ed il 2002 il numero delle imprese statali è passato da 262.000 a 159.000. Il 60% delle aziende su scala municipale sono già privatizzate. Le autorità cinesi hanno deciso di mantenere la loro partecipazione in settori strategici per l’economia e la sicurezza. Nel caso della capitale, lo Stato ha fissato come obiettivo quello di tenere sotto controllo tra le 30 e le 50 grandi imprese nei settori chiave. D’altra parte, le piccole e le medie imprese PMI della Cina si sono sviluppate negli ultimi 20 anni, superano gli 8 milioni e rappresentano il 99% di tutte le imprese del paese. Dagli anni ’90, queste imprese hanno contribuito con il 76% del totale del valore incrementato della produzione industriale della Cina. Il valore totale della produzione delle PMI e delle tasse pagate rappresentano un 60% ed un 40% rispettivamente dei totali nazionali. Negli ultimi anni, secondo dati ufficiali, le loro esportazioni superano il 60% del totale nazionale. Le PMI offrono il 75% dell’impiego creato negli ultimi anni nelle città cinesi.
Altri elementi che evidenziano la partecipazione della Cina nell’economia mondiale sono quelli vincolati al settore estero. Nel 2003, il commercio estero totale del paese ammontava a più di 850 mila milioni di dollari e per questa ragione la Cina ha raggiunto il quarto posto tra i paesi con il maggior commercio internazionale. Nel 1978, la Cina occupava il 32° posto a livello internazionale con un volume di commercio estero intorno a 207 mila milioni di dollari. Il commercio estero totale ha superato gli 850,000 milioni di dollari nel 2003; ciò a fatto sì che la Cina divenisse il quarto maggiore patner commerciale del mondo, in confronto all’11° posto che occupava circa 10 anni fa. Le importazioni della Cina sono aumentate di un 40% nel 2003 ed il paese è avanzato di tre posizioni e si colloca, per la prima volta, come il terzo maggior importatore di prodotti del mondo. Le esportazioni del gigante asiatico hanno registrato un aumento del 35%. La Cina ha rettificato il 6 aprile del 2004 la sua legge del commercio di circa 10 anni fa per uniformarsi di più alle regole dell’OMC e per promuovere la crescita del commercio. La legge del commercio rettificata ha modificato alcuni punti per uniformarsi alle norme dell’OMC come ad esempio le garanzie per i diritti del commercio estero per tutte le tipologie d’imprese, grandi e individuali. Ovviamente migliorano anche i diritti della Cina come membro della OMC, come l’investigazione sui patners del commercio estero e l’assistenza commerciale per le imprese, la protezione dei diritti della proprietà intellettuale, incluso un capitolo completo sulla protezione degli aspetti relativi al commercio dei diritti della proprietà intellettuale. La legge rettificata è entrata in vigore il 1 luglio del 2004. Il volume del commercio estero della Cina supera, per la prima volta nella sua storia, un milione di milioni di dollari nel 2004, per occupare il terzo posto mondiale, dietro gli Stati Uniti e la Germania, secondo rapporti del Ministero del Commercio della Cina. La cifra potrebbe raggiungere 1.100.000 milioni di dollari, con un aumento annuale del 30%.
Uno dei temi di dibattito importanti in merito al commercio estero cinese sono i suoi rapporti con gli Stati Uniti. Nel periodo tra il 1979 ed il 2004, il ritmo di crescita dei rapporti economici e commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti hanno superato il ritmo medio di crescita commerciale degli Stati Uniti. La Cina è divenuta il terzo patner commerciale più grande degli Stati Uniti. Negli ultimi 25 anni dall’istituzione dei rapporti diplomatici tra Cina ed USA, il volume del commercio bilaterale è cresciuto di 70 volte, passando da qualcosa come 2.400 milioni di dollari nel primo anno dell’istituzione dei rapporti a più di 140 mila milioni di dollari d’oggi.
Un’altro elemento interessante in questa sfera è il commercio agricolo del paese. Il totale del commercio agricolo è aumentato di 20.8 mila milioni di dollari nel 1993 a 27.0 nel 1994 e 32.6 nel 1995, per diminuire successivamente a 24.6 nel 1999 e per riaumentare a 29.4 mila milioni nel 2001. Di questo commercio, le importazioni sono quelle che presentano le variazioni più significative: da 8.6 mila milioni di dollari, sono aumentate a 18.3 nel 1995; sono diminuite a 12.9 nel 1999 e sono riaumentate a 16.4 mila milioni nel 2001. In merito al commercio mondiale agricolo, la partecipazione della Cina oscilla tra il 2.9% e 3.5%; percentuale poco significativa se la confrontiamo alla popolazione reale del paese. E se si confrontano i ritmi di crescita del commercio agricolo con quelli del commercio totale si osservano importanti differenze. (Vedere allegato 4). Nonostante ciò, per il periodo compreso tra il 1980 ed 1992, la Cina ha prodotto il 31% del volume della produzione mondiale di cereali, il 40% del cotone, il 54% delle carni ed il 37% della frutta. Un’altro dei temi chiave per la Cina è quello dell’investimento straniero. La Cina è divenuta la principale ricevente dei flussi dell’investimento straniero diretto tra i paesi sottosviluppati. Nel 1979, l’investimento straniero accumulato in Cina era quasi nullo, nell’anno 2003 lo stesso toccava già i 535 mila milioni di dollari. La Cina è divenuta il secondo paese con le maggiori riserve in valuta a livello internazionale. Nel 2003, le riserve cinesi hanno toccato la cifra di 403,3 mila milioni di dollari, ciò rappresenta quasi il 29% del PIL. Le attuali riserve del paese possono servire per finanziare quasi un anno d’importazioni commerciali; tutto ciò si avvicina favorevolmente ai parametri stabiliti dall’OMC che colloca quest’indicatore in tre mesi. D’altra parte, il debito estero cinese si stima intorno a 170 mila milioni di dollari alla fine del 2002. Tutti i risultati riferiti hanno provocato cambiamenti sostanziali del livello e della qualità di vita del popolo cinese.
Chi ha conosciuto le conseguenze sociali che la Rivoluzione Culturale cinese ebbe sul suo popolo, non può non meravigliarsi per le trasformazioni che oggi si osservano nella vita quotidiana di questo paese. È indiscutibile che il livello e la qualità della vita della popolazione sono migliorati sostanzialmente. L’elemento chiave in questo senso è la riduzione della povertà nel paese. Le autorità cinesi affermano che il numero dei poveri è passato da 270 milioni nel 1978, che rappresenta il 28% della popolazione totale, a 34 milioni nel 1999. Questo è uno dei risultati più importanti delle riforme, specialmente se si prende in considerazione che a livello internazionale, negli anni ’90, un totale di 54 paesi hanno peggiorato i loro livelli di povertà e pertanto erano più poveri al termine del 1990. Fonti specializzate sono d’accordo sul fatto che anche se si riuscisse a ridurre della metà la proporzione delle persone in situazione di povertà assoluta per l’anno 2015, con relazione al 1990, almeno 900 milioni di persone continueranno a vivere in estrema povertà nel mondo sottosviluppato. Se si esclude la Cina, la cifra delle persone che vivono in estrema povertà non solo non è diminuita, ma è aumentata a 28 milioni negli anni 90. in Cina, il PIL pro capite si è quadruplicato nel periodo compreso tra il 1979 ed il 2003, oscillando tra 900 e 1000 dollari. Considerando la grandezza della popolazione cinese, bisogna segnalare che tale evoluzione è ancora insufficiente, anche se è importante che il sostanziale miglioramento di questo indicatore si osservi in un periodo molto più breve, soprattutto se si paragona al periodo più lungo, a partire dal 1949, anno in cui trionfa la Rivoluzione Cinese.
Alcuni dati risultano essenziali in questo senso: la speranza di vita alla nascita è passata da 66 anni nel 1980 a 71,96 nel 2004; il tasso di mortalità infantile è sceso dal 42 per mille al 25 per mille nati vivi nel 2004; il tasso di alfabetizzazione degli adulti che era solo del 69% nel 1980, ha raggiunto il 90% nel 2004. Nonostante agli inizi degli anni ’70, solo la metà dei bambini e dei giovani era scritto alle elementari, alle medie e alle superiori, nell’anno 2000, la proporzione è aumentata fino a toccare il 74%. È evidente che i successi raggiunti dalle riforme hanno creato fondamentalmente una prospettiva differente per il popolo cinese, se si considerano i livelli al momento della partenza del processo. Nonostante ciò, anche le riforme continuano ad affrontare sfide importanti, alcune delle quali saranno commentante di seguito.
4. Sfide nazionali importanti
per le riforme in Cina
Tra le sfide più importanti che affronta quest’economia, attualmente vi sono: la crescita della popolazione, la vulnerabilità dell’agricoltura, l’inefficienza in alcuni settori dell’industria statale e gli squilibri economici regionali e delle entrate.
Dal 1995, al culmine dell’8° Piano Quinquennale, la direzione del paese rilevò le conseguenze prodotte dal modello di crescita eccessivamente rapido tradotte nell’aumento senza precedenti delle disparità nelle entrate, le differenze regionali dello sviluppo, le tensioni inflazionistiche, l’indebolimento della base agricola nazionale, l’aumento delle difficoltà che affronta l’impresa statale e il crescente deterioramento ed incremento dei costi sociali per i settori con minori entrate nell’economica di mercato.
I problemi menzionati precedentemente si sono mantenuti durante tutto il periodo analizzato. Il controllo della natalità ha iniziato a rispecchiare risultati importanti. Se nel 1999, il tasso lordo della natalità è stato del 16.12 per mille, ed il tasso della mortalità è stato di 6.73 per mille, già nel 2004 il tasso lordo della natalità è diminuito ancora di più a 12.98 per mille e il tasso di mortalità si è mantenuto intorno al 6.92 per mille. Il notevole calo tra il 1999 ed il 2003 nel numero delle nascite corrisponde ai cambiamenti nelle condizioni lavorative e socio-economiche della donna realizzati dalle riforme. È noto che tra il 2000 ed il 2003, la proporzione delle persone che desideravano avere una famiglia è scesa all’11.3% e il gruppo di persone che non desideravano avere bambini è aumentata dell’1.1%. Alcuni studi rilevano come è cambiata la concezione cinese dalla famiglia. Attualmente, si hanno concetti diversi che comprendono idee riguardo il fatto che i bambini colpiscono la qualità della vita attuale delle coppie, il sesso senza matrimonio, la crescente pressione nel lavoro e negli studi e come le donne si vedano danneggiate dai cambiamenti nelle condizioni di lavoro. Nonostante queste tendenze, a luglio del 2004, la popolazione totale del paese è arrivata a 1.298 milioni. Questa crescita, continua ad ostacolare gli obiettivi indirizzati ad incrementare il PIL pro capite del paese e a portarlo a 3.800 dollari per il 2010. Com’è da supporre, nella prima metà del XXI secolo, le autorità proseguiranno con i programmi di pianificazione familiare. Gli esperti segnalano che per l’anno 2005, la popolazione nazionale si manterrà a meno di 1.330 milioni. Alla fine dell’anno 2010, la popolazione cinese, senza prendere in considerazione la popolazione residente nelle Regioni Amministrative Speciali di Hong Kong, Macao e la popolazione di Taiwan, dovrà aggirarsi intorno ai 1.400 milioni d’abitanti.
Con più dei due terzi della popolazione residente nelle zone rurali, è evidente che le prime misure adottate nelle riforme sono state vincolate al settore agricolo. Con un’estensione totale di 9.596.960 m2 in cui la superficie terrestre totale è di 9 326 410 Km2, la Cina possiede solo un 13,31% delle terre da arare, di cui solo 1,2% è seminata permanentemente. Da ciò si deduce che l’85,49% delle terre sono dedicate ad altri usi. Nel momento in cui inizia il processo delle riforme, la dissoluzione dei controlli sull’iniziativa privata e sui mercati agricoli, ha risvegliato le forze produttive del settore. Inizialmente, la terra era assegnata annualmente o per il tempo di un raccolto. Successivamente, il contratto si è esteso ad un periodo di 15 anni; e finalmente, dal 1999, è stato approvata l’estensione del contratto fino a 30 anni. Nel 1998 sono state introdotte le modifiche nella Costituzione, per legalizzare l’affitto, il passaggio di proprietà e l’eredità della terra per contratto; ed è stato autorizzato l’impiego con salario della mano d’opera fino ad un numero di 7 persone. Mentre la popolazione è cresciuta di 1,3% medio annuo tra il 1979 ed il 1984, il valore della produzione agricola e della produzione di cereali è cresciuta dell’11,8% e del 4,1% rispettivamente. Questa situazione ha influito positivamente sul miglioramento del livello delle entrate e della vita della popolazione. La riforma agricola ha iniziato ad affrontare alcuni ostacoli precisamente nel 1984, quando vengono messe in pratica altre riforme, specialmente nel settore industriale. A partire da quel momento, la crescita economica agricola diminuisce ad un tasso di crescita inferiore al 7% medio annuo. Uno dei problemi, ancora presenti, è quello che riguarda la riforma dei prezzi che ancora non è stata ridefinita, pertanto le entrate dell’agricoltura si mantengono al di sotto di quelle del settore industriale. La diminuzione nella produzione dei cereali a metà degli anni ’90, ha provocato un’analisi molto seria dei problemi che affronta il settore agricolo cinese, tra questi si possono menzionare: l’esodo di massa della forza lavoro verso le città, la riduzione dell’area coltivabile in funzione dell’espansione delle opere di infrastruttura, lo sviluppo industriale e la costruzione delle abitazioni, in questo senso si deve citare la forte competizione per la terre che suppone lo sviluppo delle imprese rurali; gli squilibri finanziari che danneggiano il pagamento dei raccolti ai produttori. A partire dal 1993, le autorità cinesi hanno adottato varie misure che comprendono una riduzione delle imposte sul settore agricolo, stabilendo che i contadini non paghino più del 5% delle loro entrate reali. Contemporaneamente, sono state applicate misure amministrative per evitare la riscossione d’imposte illegali da parte dei funzionari locali. Nonostante i successi ottenuti, è evidente che continuando a crescere la popolazione cinese, l’attuale produzione dei cereali risulterà insufficiente. Si calcola che il paese raggiungerà i 1.300 milioni di abitanti a fine 2005, per cui sarà necessaria una produzione di circa 600 milioni di tonnellate, ossia un incremento di 15 milioni di tonnellate per anno. Nel 2004 sono state adottate misure orientate a promuovere la produzione di cereali. A partire dal 2004, le autorità si sono proposte di ridurre gradualmente la tassa agricola, eliminandola completamente entro 5 anni. È stato deciso anche di assegnare un fondo di più di 10 mila milioni di yen per sostenere direttamente i contadini delle principali zone di cereali.
Da parte sua, il settore industriale continua ad offrire un panorama controverso. Nel rapporto del primo ministro Li Peng alla terza sessione della VII Assemblea Popolare, a marzo del 1995, veniva già proposta la riforma delle imprese statali ed il loro rafforzamento come obiettivo immediato e prioritario del governo. Questo tema ha conservato la sua attualità. La IX e la X Assemblea Popolare Nazionale (APN) sono state fondamentali dal punto di vista legislativo giacché hanno approvato le leggi imprenditoriali principali per l’apertura della Cina. Durante il periodo della IX Assemblea Popolare Nazionale (1999-2003) sono state approvate le seguenti leggi:
Legge dell’acquisizione statale: stabilisce i regolamenti che le istituzioni del governo devono seguire quando comprano articoli e servizi sul mercato. Il progetto di legge è stato disegnato per combattere la corruzione e la perdita dei fondi pubblici nelle imprese che presentavano problemi nel realizzare transazioni tra organismi governativi e contrattisti senza qualifica. La legge dell’acquisizione statale è stata approvata dal Comitato Permanente della APN a giugno del 2002 ed è entrata ufficialmente in vigore dal 1 gennaio del 2003.
La legge del sostegno alle piccole e medie (PMI) imprese statali: approvata dal Comitato Permanente della APN a giugno del 2002 è entrata in vigore il 1 gennaio del 2003. Alle PMI non è stato permesso di competere allo stesso livello con le grandi imprese - soprattutto riguardo l’accesso ad un mercato finanziario dominato dagli interessi statali. L’80% delle piccole imprese della Cina è ancora carente delle risorse finanziarie, mentre la metà delle stesse affrontano enormi difficoltà per il loro autofinanziamento. La IX Assemblea Popolare Nazionale (APN), il massimo organo legislativo della Cina, ha concluso il suo mandato da cinque anni ed è stata sostituita dalla X APN. Le priorità della APN per il periodo dal 2003 al 2008 si concentrano sul promuovere un migliore contesto giuridico per lo sforzo della nazione nella costruzione di una società modestamente benestante in tutti i sensi. La legge dei diritti di proprietà è stata la più importante fino ad ora. Con questa legge il sistema legislativo della Repubblica Popolare Cinese si impegna a proteggere la proprietà privata ed i diritti dei proprietari privati.
La legge di contratto di terre da lavoro: questa legge ha consolidato il sistema agrario che si era sviluppato nel processo della riforma economica della Cina durante i 20 anni trascorsi. Con le riforme iniziali si sono disarticolati le tenute collettive in appezzamenti privati; ciò all’inizio ha creato rifornimenti agricoli maggiori in Cina, ma allo stesso tempo, ha fermato il progresso nell’uso dei macchinari agricoli e delle nuove tecnologie - in quanto tutti gli appezzamenti erano troppo piccoli. La legge pretende di promuovere il trasferimento di suddetti appezzamenti. In tal modo, si creeranno le condizioni per convertirli in grandi tenute e per agevolare l’uso dei macchinari e delle nuove tecnologie.
Un’altra delle grandi sfide è la diseguale distribuzione dei risultati delle riforme. La crescita economica non si manifesta in maniera omogenea tra le regioni del paese. Nella zone costiere dell’Est si osserva un forte dinamismo economico che si ripercuote sulle entrate mentre nelle altre regioni centrali e occidentali il ritmo delle riforme è minore e conseguentemente il livello di vita non è migliorato in ugual proporzione. Il coefficiente Gini è aumentato da 28.8 nel 1981 a 38.8 nel 1995 e a 40.3 nel 1999, secondo dati della Banca Mondiale. Nel 2000, il 10% più povero della popolazione riceveva il 2,4% delle entrate nazionali mentre il 10% più ricco disponeva del 30,4%. La disparità nelle entrate è evidente e sta aumentando.
Di fronte a questo panorama, le discussioni del XVI Congresso Nazionale del PCCH hanno segnato anche la strategia e le politiche da seguire. Alla Conferenza Centrale del Lavoro e dell’Economia, realizzata insieme al Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCCH) e al Consiglio di Stato il 9 ed il 10 dicembre del 2002, è stata presentata una strategia integrale sui compiti più importanti necessari per la riforma, lo sviluppo e la stabilità della Cina. È stata sottolineata l’importanza della buona pianificazione e dell’efficienza economica. La linea generale dello sviluppo del paese per il 2003, segnalava la necessità di aprirsi al mondo esterno, di accelerare la ristrutturazione industriale, promuovere lo sviluppo dell’agricoltura e dell’economia rurale e l’approfondimento delle riforme monetarie finanziarie. Le autorità pretendono anche di sostenere l’investimento non statale in settori importanti ed in programmi di base ad esempio nell’ambito delle costruzioni. In merito allo sviluppo sociale, si pretende di ottenere una società a maggior livello di benessere. Secondo fonti ufficiali, la classe media in Cina rappresentava il 15% nel 1999 ed è aumentata del 1% medio fino a raggiungere il 19% nel 2003. Si spera che raggiunga il 40% nel 2020
5. Sfide per la Cina nell’economia
mondiale
L’economia cinese potrebbe divenire la più grande in termini di potere d’acquisto nel XXI secolo. Tali previsioni si basano sulla supposizione che si generalizzino e si approfondiscano le riforme in Cina e si evitino la discontinuità per ragioni politiche e gli attriti interni che potrebbero turbare l’evoluzione naturale del commercio estero. “La strategia di apertura delle province costiere” adottata al momento dell’entrata in vigore delle riforme, ha incoraggiato di più queste province a partecipare al commercio internazionale rispetto alle regioni vicine del centro e dell’occidente. Così, l’80% delle esportazioni della Cina provengono da 11 province costiere in cui risiede il 40% della popolazione del paese. Il potenziale del mercato cinese costituisce, senza dubbio, l’incentivo fondamentale per la crescita degli investimenti stranieri diretti nel paese e risulta chiaro che il secondo posto tra gli aspetti più allettanti per gli investitori stranieri lo occupano le condizioni a buon prezzo di produzione. È prevedibile che questa situazione si mantenga per un buon periodo di tempo, senza che aumenti la pressione per incrementare i costi, fenomeno logico da prevedere successivamente alla liberalizzazione del commercio multilaterale.
L’analisi occidentale tende a guardare la Cina come l’attuale fabbrica delle merci a basso costo. I salari medi in Cina sono il 2,1% di quelli nordamericani; ciò si riscontra positivamente anche in altre destinazioni di “outsourcing” come in India o nel secondo anello delle “tigri” (come l’Indonesia, le Filippine e la Malesia). Frutto di quest’immagine, la Cina diviene la principale destinazione dei flussi mondiali degli investimenti diretti esteri dal 2002, avendo superato gli Stati Uniti. Nel 2004, probabilmente la Cina già è divenuta il secondo paese in termini di “stock” accumulato di capitale straniero, subito dietro gli Stati Uniti. Tra il 1991 ed il 2003, più di 1/3 dei nuovi flussi netti stimati d’investimento straniero diretto si sono concentrati in Cina, ragione per cui questo paese si è convertito nel principale ricettore di suddetti flussi.
Un altro elemento da prendere in considerazione per il futuro è il fatto che la Cina è sempre più l’area delle tecnologie d’informazione (TI), sia nel hardware che nel software. Le esportazioni cinesi in quest’area rappresentano già il 30% ed il 40% delle sue esportazioni totali - ciò avvicina la Cina alle altre “tigri” (più del 50% delle esportazioni della Malesia e delle Filippine avvengono nell’area della TI, il 50% nel caso di Singapore, il 45% nel caso della Corea del Sud ed il 40% nei casi della Tailandia e di Taiwan). La Cina occupa il terzo posto mondiale negli investimenti per le scienze e la tecnologia. Le sue spese più recenti in Investimento e Sviluppo rappresentano l’1,32% del PIL per il 2003. Occupa il quinto posto mondiale per ciò che riguarda il numero dei lavori scientifici internazionali pubblicati ed il primo posto mondiale in merito al numero delle richieste del registro di brevetti commerciali che ha superato i 4 milioni nel 2003. L’industria di alta tecnologia si sta sviluppando nella provincia orientale di Shandong grazie al sostegno governativo. Le statistiche segnalano che nelle 15 zone di sviluppo industriale di alta tecnologia istituite a Shandong, già ci sono più di 2,500 imprese con una produzione lorda valutata nel 2003 intorno a più di 36 mila milioni di dollari. I progressi in queste sfere permetteranno alla Cina di continuare il suo Programma Spaziale. Domineranno le tecnologie di lancio e rientro sulla terra, tecnologie di satelliti da sondaggio, tecnologie vincolate all’integrazione del sistema spaziale, alla comunicazione spaziale, ai nuovi missili e ad altre tecnologie nei campi dell’informazione, delle nuove risorse di energia, di nuovi materiali, della micromeccanica e dell’elettronica.
Per il futuro, uno dei temi chiave per la Cina è quello del rapporto yen-dollaro. Le autorità cinesi hanno evitato le pressioni internazionali che chiedono la rivalutazione dello yen e nonostante prima della scorsa estate questa ci sia stata è risultata molto lieve e limitata, mantenendo una autonomia politica monetaria e le riforme seguiranno il ritmo previsto dalle autorità. D’altra parte, le pressioni del FMI e di altri paesi affinché la Cina rivaluti ulteriormente la moneta potrebbero provocare una severa instabilità nell’economia. Gli elementi critici nei confronti dell’economia cinese attualmente evidenziano anche il tema della deflazione, soprattutto da parte delle autorità giapponesi. Si deve considerare che il deflatore del PIL è l’indice dei prezzi del valore aggiunto prodotto nel mercato interno, pertanto non viene influenzato dalle importazioni dei prodotti a buon prezzo. Se al contrario, l’importazione dei prodotti a buon prezzo dalla Cina avesse originato la deflazione in Giappone, l’indice dei prezzi o l’IPC (indice dei prezzi al consumo) danneggiati da quest’importazione avrebbero dovuto essere negativi prima del deflatore del PIL. In questo senso, si potrebbe concludere che la deflazione giapponese è una deflazione “fatta in casa”.
Nel caso della Cina, la deflazione risulta un fenomeno molto interessante. I prezzi in Cina, durante tutto il periodo successivo all’inizio delle riforme non ha mai sperimentato un incremento sostanziale, grazie al costo relativamente basso delle forze produttive. Nonostante ciò, a partire dal 1999, dopo la crisi economica in Asia, si osserva un processo di relativa inflazione. Anche se molti esperti segnalano la politica monetaria restrittiva adottata dalla Banca Popolare Cinese per evitare l’apprezzamento dello yen, come causa principale del fenomeno in Cina, è importante evidenziare che il controllo sul tasso di cambio dello yen ha dato al paese altri benefici, come la crescita del potenziale esportatore, l’equilibrio nel conto del capitale. Queste ed altre sfide aspettano le autorità ed il popolo cinese nel suo cambiamento verso lo sviluppo.
6. Conclusioni
Nonostante le difficoltà registrate, presenti all’interno del paese e nell’ambito internazionale, le riforme continueranno ad avanzare. Le autorità cinesi già hanno fissato le mete per i primi venti anni del secolo attuale, che propongono di creare una società maggiormente equilibrata e di benessere e di quadruplicare per l’anno 2020 il PIL per raggiungere i 4 milioni di milioni di dollari e di fare in modo che il reddito pro capite superi i 3 mila dollari. Per raggiungere questi obiettivi dovranno prendersi in considerazione fattori così importanti come la domanda di risorse naturali ed energetiche indispensabili per il raggiungimento di questi obiettivi, come la necessità di incrementare lo sviluppo tecnologico del paese. L’Agenzia Internazionale dell’Energia segnala che le importazioni del petrolio grezzo della Cina hanno superato i 120 milioni di tonnellate nel 2004, il secondo importo più alto del mondo dopo gli Stati Uniti. Questa qualità supererebbe il totale del 2003 di 91.12 milioni di tonnellate. La richiesta di risorse creata dall’economia cinese detta nuove condizioni ai mercati, ma fondamentalmente ai produttori internazionali, che dovranno adeguarsi alle sue produzioni se realmente desiderano capitalizzare tali richieste.
Un altro dei grandi temi del futuro è il superamento degli attuali problemi che affronta la tecnologia manifatturiera cinese, in relazione a quella dei paesi sviluppati:
a) La capacità innovatrice della tecnologia manifatturiera cinese è poco forte. Per settori come l’astronautica, il trasporto su rotaie e la raffineria del petrolio, le innovazioni hanno carattere privato e non sono competitive.
b) Nel campo delle telecomunicazioni, degli elettrodomestici, delle macchine di generazione elettrica, delle navi, degli aerei militari, delle camionette e della siderurgia, le imprese cinesi si sviluppano in maniera indipendente sulla base delle tecnologie introdotte dall’estero, e possiedono una capacità innovativa molto alta. Per ciò che riguarda le automobili, le grandi installazioni complete d’etilene e di software dei sistemi di computer, si stanno assimilando le tecnologie introdotte e non si dominano completamente i disegni dei sistemi né la tecnica hardware.
c) Le macchine speciali per aerei di grande misura, per transistor e per circuiti integrati, quelle utilizzate per la fabbricazione delle fibre ottiche, i grandi apparati di ricerca scientifica ed i grandi macchinari medici dipendono fondamentalmente dall’importazione.
Non meno importanti sono i temi dell’impatto ambientale. L’obiettivo di quadruplicare l’attuale PIL pro capite di 1000 dollari per il 2020 impone nuove sfide in questo senso. La Cina consuma attualmente il 10% dell’energia mondiale e produce il 13% delle emissioni, a paragone del 26% prodotto dagli Stati Uniti. Nonostante ciò, le emissioni di gas di scarico complessivi della Cina potrebbero superare quelle degli Stati Uniti, per il 2020.
Negli ultimi due decenni la Cina si è svegliata ed è vitale analizzare come a partire dallo sviluppo raggiunto in termini della sua crescita economica, il suo ruolo nella sfera dei rapporti internazionali sia sempre più influente. In particolare, si evidenzia il suo crescente ruolo come mercato per le esportazioni dei paesi della regione asiatica, il carattere che acquista come motore di spinta di una ristrutturazione industriale regionale e come notevole competitrice nelle esportazioni a paesi terzi. La crescita delle reti di produzione internazionale in cui la Cina gioca un ruolo chiave nel suo carattere di grande centro assemblatore, pone la Cina in posizioni strategiche in merito alle esportazioni delle manifatture.
Anche se il Giappone ancora mantiene un ruolo chiave come importante centro di produzione in Asia dell’Est ed è l’origine di quasi un terzo delle esportazioni regionali dei componenti, il dinamismo della Cina può condurre ad una ristrutturazione industriale che coinvolga tutti i paesi della regione. Il futuro delle economie asiatiche può dipendere oggi più che mai dall’evoluzione economica della Cina. E non solo quello delle economie asiatiche. Lo sviluppo industriale della Cina creerà grandi squilibri nell’economia mondiale.
Nonostante ciò, il fenomeno Cina deve analizzarsi obiettivamente, come patner nei grandi mercati del mondo, visto che non sono autosufficienti per un gran numero di prodotti e di servizi. Senza dubbio, la crescita della sua capacità d’acquisto genera grandi opportunità nei settori come gli alimenti, i materiali da costruzione, la conservazione ambientale, la salute, il consumo di beni di lusso, il turismo. Non c’è dubbio che la Cina si convertirà in una delle prime economie del mondo e per quel momento bisognerà prepararsi.
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Note
* Coordinatrice del Gruppo Finanze Internazionali CIEM (Cuba).