Rubrica
ANALISI -INCHIESTA: STATO DELLE PRIVATIZZAZIONI E DINAMICHE SETTORIALI

Copyright - Gli articoli si possono diffondere liberamente citandone la fonte e inserendo un link all'articolo

Autore/i

Blanca Lilia Avendaño Vargas , Juan Alberto Vázquez Muñoz
Articoli pubblicati
per Proteo (1)

Argomenti correlati

Nella stessa rubrica

Dal tuo al mio. La privatizzazione dei servizi pubblici locali
Ignazio Riccio

La privatizzazione bancaria in Messico (1991-2006)
Blanca Lilia Avendaño Vargas , Juan Alberto Vázquez Muñoz

Stato delle Privatizzazioni e servizi pubblici locali: linee di indagine
Rita Martufi, Luciano Vasapollo, ENZO DI BRANGO


Home
Autori
Rubriche
Parole chiave

 

 

 

La privatizzazione bancaria in Messico (1991-2006)

Blanca Lilia Avendaño Vargas , Juan Alberto Vázquez Muñoz

Formato per la stampa
Stampa

1. Introduzione

In accordo col pensiero di Fry (1988) un sistema finanziario perfettamente competitivo comporta l’efficiente distribuzione delle risorse nell’economia. In conformità con ciò e dopo un lungo periodo di repressione finanziaria, la maggior parte delle economie sviluppate deregolamentarono i loro sistemi finanziari durante tutti gli anni Settanta, anche se questo non accadde nei paesi in via di sviluppo. In accordo con l’ipotesi di Liberalizzazione Finanziaria di Mc Kinnon (1973), condizione necessaria per la crescita dei paesi sottosviluppati è la liberalizzazione del loro sistema finanziario, che permetterebbe sia una migliore distribuzione delle risorse sia un miglioramento della qualità degli investimenti e, di conseguenza, della crescita. In Messico, dopo la crisi del debito del 1982, il governo messicano adottò un programma di adeguamenti per stabilizzare l’economia, che si consolidò tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. All’interno di questo programma di adeguamenti strutturali si portò a termine il processo di liberalizzazione finanziaria e in particolare di privatizzazione delle banche con lo scopo di aumentare l’efficienza e la produttività di detto settore. Obiettivo di questo lavoro è stabilire se la privatizzazione del sistema bancario del Messico abbia contribuito all’incremento della competitività fra le istituzioni bancarie e a migliorare il finanziamento degli investimenti attraverso la ricezione bancaria. Il documento si articola come segue: nella seconda parte affrontiamo a grandi linee l’ipotesi della liberalizzazione finanziaria, nella terza spieghiamo il processo di privatizzazione e di concentrazione bancaria in Messico e nella quarta esponiamo le nostre conclusioni.

2. Liberalizzazione Finanziaria (LF)

Il sistema finanziario di un’economia ha il ruolo di incanalare le risorse economiche (risparmio finanziario) verso le attività produttive (investimenti). Se il mercato finanziario è perfettamente competitivo il tasso di interesse di equilibrio walrasiano comporterà inoltre un “ottimo paretiano” tra i risparmiatori e gli investitori; ciò implicherà che il costo reale dell’indebitamento sia nullo e ci sia una efficiente distribuzione delle risorse (Vedi Fry, 1988). Nonostante quanto sopra affermato, come sostengono Caprio, Hanson e Honohan (2001), i governi hanno generalmente portato a termine interventi nel sistema finanziario finalizzati a proteggere il risparmio degli agenti economici da fallimenti finanziari, evitare la concentrazione della ricchezza, limitare il monopolio dell’industria finanziaria, creare fonti di introiti fiscali e incanalare le risorse verso gruppi favoriti. Una delle conseguenze della crisi della Grande Depressione (1929-1933) fu il crescente intervento governativo nel sistema finanziario attraverso la politica di Repressione Finanziaria. Alcune delle caratteristiche di tale regime sono l’imposizione legale di limiti ai tassi di interesse attivi e passivi, incassi legali e crediti selettivi diretti a settori considerati strategici. A partire dagli anni Settanta cominciò a crearsi una tendenza verso la deregolamentazione del sistema finanziario nei paesi sviluppati, ma questo non accadde per quelli in via di sviluppo. In accordo con l’ipotesi di LF di McKinnon (1973) una delle condizioni necessarie per lo sviluppo dei paesi sottosviluppati è la liberalizzazione del sistema finanziario. Quanto precede risulta dal fatto che queste economie si caratterizzano per basse entrate medie reali pro capite un elevato tasso di inflazione, il che, aggiunto alla presenza di limiti istituzionali ai tassi di interesse, incassi legali e crediti selettivi, genera un basso tasso di risparmio totale e finanziario, razionamento del credito1 e la inefficiente assegnazione delle risorse all’economia, dato che non si può creare concorrenza attraverso il costo dei crediti. McKinnon (1973) focalizza la sua analisi sul mercato finanziario. Secondo la sua ipotesi “la frammentazione nel mercato del capitale - endemica nell’ambiente sottosviluppato, privo di politiche pubbliche in senso stretto - causa un uso inefficiente del lavoro e della terra, sopprime lo sviluppo imprenditoriale e condanna importanti settori dell’economia a tecnologie non all’avanguardia. Un’adeguata politica nel mercato del capitale interno è dunque la chiave per la liberalizzazione generale e particolarmente per il ritiro di interventi pubblici indesiderati dai mercati delle merci” (Mc Kinnon, 1973, p.8). Le premesse dell’ipotesi di LF sono: il sistema finanziario non è sviluppato e consiste principalmente nel sistema bancario. Gli agenti economici possono risparmiare in prodotti o in depositi bancari dato che non esiste una gamma ampia di attività finanziarie e quelle esistenti sono ad alto rischio: gli investimenti si realizzano in capitali di bassa tecnologia a causa del fenomeno dell’autofinanziamento e all’alto costo della tecnologia avanzata. L’analisi dell’effetto della LF sul tasso di crescita sviluppata da Mc Kinnon (1973) si articola in due fasi. In accordo con la prima fase dell’analisi, dato che gli agenti economici risparmiano non solo per trasferire il potere d’acquisto nel futuro ma anche per poter realizzare i propri investimenti produttivi, se il governo aumenta i tassi d’interesse passivo, stimolerà una maggiore spinta al risparmio finanziario finalizzato all’autofinanziamento dei progetti produttivi.2 È inoltre caratteristico degli investimenti produttivi l’avere un rapporto positivo fra il tasso di rendimento e l’ammontare iniziale dell’investimento: pertanto, se il tasso di interesse passivo è minore del tasso di rendimento, si produrrà risparmio finanziario e di conseguenza maggior investimento, mentre se è maggiore si determinerà solamente risparmio finanziario ma non investimenti3. Quindi dato il contesto economico in cui esistono unità economiche autofinanziate con progetti produttivi indivisibili, il semplice stimolo del risparmio finanziario reale non implica che si possano portare a termine investimenti in tecnologie avanzate di produzione il cui ammontare riduce i profitti propri delle imprese. In accordo con la seconda fase dell’analisi si deve liberalizzare il sistema finanziario in modo che gli agenti economici con le migliori opportunità di investimento possano competere per i fondi in prestito attraverso il tasso di interesse reale attivo; questo permetterà un incremento del risparmio finanziario, gli investimenti e un’ ottima distribuzione delle risorse economiche. Mathieson (1979) estese l’analisi dell’ipotesi di LF al caso di un’economia aperta. In accordo con questo autore, la liberalizzazione del sistema finanziario non solo incrementa il tasso di risparmio, ma il risparmio finanziario nazionale aumenta inoltre per la sostituzione di capitali stranieri da parte di quelli nazionali. Stiglitz e Weiss (1981) sostiene che anche in uno schema di mercato competitivo, l’equilibrio può essere caratterizzato da razionamento; questa analisi è stata applicata al mercato del credito. L’argomento centrale è che supponendo l’esistenza di un’informazione asimmetrica tra i creditori e i potenziali debitori, le variazioni nel prezzo di mercato (tasso d’interesse) influenzano il grado di rischio delle transazioni. Le variazioni al rialzo del tasso d’interesse attivo possono fare sì che i compratori meno arrischiati escano dal mercato (effetto selezione avversa) o scelgano imprese di maggior rischio (effetto danno morale) colpendo negativamente l’utile delle banche e ciò fa sì che di fronte ad un eccesso di domanda di credito, i creditori preferiscano razionare il credito e non aumentare i tassi di interesse. Nonostante ciò, abbiamo mostrato che Mc Kinnon (1973) analizza mercati finanziari caratterizzati tra l’altro dalla realizzazione di prestiti selettivi. La LF può migliorare la qualità degli investimenti attraverso la concorrenza tra chi richiede il credito? Il secondo caso per il quale Stiglitz e Weiss usano il termine “razionamento di credito” si ha quando “ci sono gruppi ben identificabili di individui tra la popolazione, che con una data offerta di credito, sono incapaci di ottenere credito a qualunque tasso di interesse, sebbene, con una maggior offerta di credito, potrebbero ottenerlo” (Stiglitz e Weiss, 1981, p. 395). In conclusione, malgrado la LF, tenendo conto della presenza di informazioni asimmetriche, il mercato può venir meno alla sua funzione equilibratrice fra risparmiatori e investitori, oltre al fatto che si crea un differenziale fra i tassi di interesse attivi e passivi. Cosa ancora più importante, con la LF si può passare da una situazione dove esiste un eccesso di domanda di investimenti ad un’altra dove si produce un eccesso di offerta di risparmio e nonostante questo il livello di investimento non aumenta in modo sostanziale, la qualità degli investimenti non migliora e si mantengono risorse improduttive.

3. Privatizzazione e concentrazione delle banche in Messico (1991-2007)

Nel 1982 l’economia messicana sperimentò ristagno economico, instabilità macroeconomica, alti tassi di inflazione e incremento del debito pubblico. Per risolvere questi problemi il Messico adottò un programma di adeguamenti per stabilizzare l’economia ma i risultati non furono quelli sperati e di fatto nel 1988 si produsse una nuova crisi economica. A partire dal 1988 si continuò con il programma di stabilizzazione con un cambiamento di enfasi verso la stabilizzazione macroeconomica, le riforme strutturali e la riduzione della povertà. Le politiche di stabilizzazione furono disegnate per: 1) incrementare il bilancio primario del settore pubblico; 2) rinegoziare il debito estero; 3) ridurre il credito interno del settore pubblico e sostenere il tasso di cambio come ancora per l’inflazione; 4) mantenere stabili i prezzi in relazione all’offerta e alla domanda. Insieme agli adeguamenti strutturali, si portò a termine il processo di deregolamentazione bancaria, con lo scopo principale di aumentare l’efficienza e la produttività di questo settore. In questo contesto, la deregulation del settore bancario aveva diversi obiettivi, collegati all’incremento della sua efficienza e produttività: promuovere gli investimenti privati e i cambiamenti tecnologici, ridurre la pressione del deficit pubblico e rendere disponibili le risorse pubbliche per migliorare le infrastrutture e gli investimenti sociali. Così, nel 1988 si eliminarono i limiti agli interessi attivi e passivi, le quote di credito obbligatorio in settori specifici dell’economia e si fecero dei cambiamenti nel reperimento delle riserve del sistema bancario. Nonostante ciò e seguendo le regole dell’economia classica (ortodossa), le autorità di governo pensarono che fosse necessario privatizzare le banche perchè potessero realizzare pienamente i loro obiettivi. Nel 1990 il governo prese due iniziative per permettere la privatizzazione della banca commerciale e la nascita di una struttura per la formazione di gruppi finanziari integrati. Nel luglio del 1990 una nuova legge sugli istituti di credito permise che la maggior parte delle banche commerciali fossero controllate dal settore privato. La privatizzazione del sistema bancario fu iniziata con un decreto presidenziale e si poneva questi obiettivi:

• creare un sistema finanziario efficiente e competitivo. • garantire la partecipazione diversificata e il controllo delle banche per promuovere gli investimenti nel settore finanziario ed evitare la concentrazione; • assicurare gli standard di concorrenza nel controllo delle banche e ottenere livelli di capitalizzazione adeguati; • assicurare che le banche fossero controllate da parte dei messicani, senza escludere la partecipazione degli stranieri; • promuovere la decentralizzazione e la partecipazione regionale nelle istituzioni bancarie; • ottenere un prezzo giusto per le istituzioni in accordo con valutazioni basate su criteri obiettivi ed omogenei. • raggiungere l’equilibrio del sistema finanziario; • promuovere pratiche bancarie e finanziarie giuste e sane. Per realizzare la privatizzazione delle banche si creò un Comitato di Privatizzazione Bancaria, istituito con un decreto ministeriale; del comitato entrarono a far parte persone di governo di tutte le aree politiche che avessero relazioni con le attività finanziarie. Compito del comitato era di stabilire il criterio e le politiche generali che guidassero il processo di privatizzazione delle banche, formulare una strategia specifica per la vendita di ciascuna banca, assicurare la trasparenza del processo, impiegare consulenti esteri, trarre beneficio da simili esperienze internazionali. Il processo di privatizzazione delle banche si svolse in quattro tappe. Dopo 13 mesi dall’inizio del processo di vendita, il controllo di 18 banche fu ceduto per 13,5 miliardi di dollari. Il prezzo che ottennero fu il risultato sia dello stato del sistema bancario in generale sia di ciascuna banca in particolare. In tutti i casi i prezzi furono maggiori delle valutazioni fatte dai consulenti esteri. Di fatto, concordando con Hernandez e Lopez (2001), in media il prezzo di vendita delle banche fu 3,53 volte il valore en libros delle banche. Si è anche argomentato in diversi studi che il maggior prezzo di vendita fu uno dei fattori che stimolarono l’espansione creditizia del 1991-1994 e che provocò la crisi finanziaria del 1994-1995. Nonostante questo, l’analisi seguente è indirizzata a valutare i supposti lati positivi del processo di liberalizzazione finanziaria relativamente al sistema bancario. Se è sicuro che tra il 1991 e il 1995 in Messico il numero delle banche aumentò, diminuirono invece tra il 1996 e il 2000 per rimanere poi stabili fino al 2003 (v. Tabella 1). Di fatto, all’inizio della privatizzazione esistevano 18 banche, e si può quindi affermare che per quanto riguarda il numero, non si produsse alcun aumento di competitività. Resta da valutare se la concentrazione diminuì: sebbene non abbiamo dati degli anni precedenti, in accordo con Avalos e Hernandez (2006), vediamo come tre istituti bancari abbiano controllato gran parte del mercato finanziario dal 1998 al 2004 (v. Tabella 2).

Il risultato iniziale nel finanziamento degli investimenti bancari attraverso la ricezione bancaria ebbe come riflesso un incremento del coefficiente di ricezione bancaria per gli investimenti dal 16% del dicembre del 1990 al 37% del 1992. Tuttavia, tale coefficiente ebbe poi una leggera caduta, seguita poi da una ripresa che raggiunse il massimo storico nel dicembre 1993 con il 43% e da allora in poi tornò a diminuire mantenendosi in media sul 30%. Neppure il margine finanziario è migliorato, addirittura in anni recenti è diminuito: secondo Avalos e Hernandez (2006) dal 2000 al 2004 è passato dal 10% al 7%, ancora abbastanza ampio ma non coerente con il processo di concentrazione delle banche accaduto nell’economia messicana. Così, in termini generali, la privatizzazione delle banche non ha aiutato a migliorare il riscatto degli investimenti per due motivi fondamentali, la concentrazione e con essa l’incremento del costo reale del finanziamento (margine finanziario).

4. Conclusioni

La privatizzazione del sistema bancario, portata a termine come parte del processo di deregolamentazione finanziaria dopo la crisi del 1998, ebbe come conseguenza iniziale un aumento della relazione ricezione bancaria - investimento. Tuttavia se inizialmente aumentò il numero delle istituzioni bancarie, dopo la crisi finanziaria del 1994-1995 si generò un processo di concentrazione bancaria riguardo al numero delle banche, come pure riguardo alla partecipazione percentuale delle tre maggiori banche in settori tanto rilevanti come l’attivo, i depositi, gli investimenti in titoli e il portafoglio in vigore. Tutto questo ha fatto sì che a differenza del postulato della Liberalizzazione Finanziaria, il costo reale del finanziamento misurato attraverso il margine finanziario sia troppo elevato, malgrado sia diminuito negli ultimi anni. È importante sottolineare che il processo di privatizzazione non abbia garantito l’esistenza di un sistema finanziario privato ben regolamentato, anzi ha contribuito a tenere in piedi un comportamento inefficiente nelle vendite delle banche con prezzi al di sopra del loro valore en libros e questo ha creato le condizioni per cui i postulati della LF si compissero fra il 1991 e il 1994, per dare poi origine ad un processo di concentrazione, rincaro dei crediti e limitazione del credito per gli investimenti.

Ávalos, M. e Hernández, F., 2006, “Competencia Bancaria en México”, CEPAL, agosto. Caprio, G., Hanson, J., e Honohan, P., 2001,“Introduction and Overview: The Case for Liberalization and Some Drawbacks”, in G. Caprio, P. Honohan, e J. Stiglitz, Financial Liberalization, How Far, How Fast?, Cambridge, Cambridge University Press, pp. 3-30. Fry, M., 1988, “Money, Interest, and Banking in Economic Development”, Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press. Hernández, L. e López, O., 2001, “La Banca en México 1994-2000”, Economía Mexicana. Nueva Época, México, julio-diciembre. Mathieson, Donald J., “Financial Reform and Capital Flows in a Developing Economy,” IMF Staff Papers, 26, 3, pp. 450-489. McKinnon, R., 1973, Money and Capital in Economic Development, Washington, DC: The Brookings Institution. Stiglitz, J. e Weiss, A., “Credit Rationing in Markets with Imperfect Information”, American Economic Review, Vol. 71, No. 3, June, pp. 393-410.

Docenti-Ricercatori della Facoltà di Economia della Benemerita Università Autonoma di Puebla, Messico.

Effettivamente, secondo Stiglitz e Weiss (1981), un metodo tradizionale per spiegare il fenomeno di razionamento del credito è associarlo a squilibri di lungo periodo prodotti da restrizioni governative.

McKinnon lo chiama l’effetto “condotto” del denaro (McKinnon, 1973, p. 61).

Questo è quello che viene definito effetto “attivo concorrente” (vd. McKinnon, 1973).