"Le rappresentanze sindacali unitarie nel pubblico impiego"
Antonio Di Stasi
Di seguito si riportano alcuni stralci del libro di cui sopra dietro gentile concessione della Giappichelli editore. Riportiamo di seguito i paragrafi 6 e seguenti del Capitolo
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6. Strumenti e garanzie per la corretta gestione della fase elettorale. a)
il ruolo della Commissione elettorale
Legislazione artt. 4, 5, 6 Regolamento RSU.
Entro 10 giorni dal momento in cui le organizzazioni
sindacali comunicano al personale interessato e all’Amministrazione il
calendario della consultazione, nelle singole amministrazioni sede di votazione,
deve essere costituita una commissione elettorale.
Essa sarà composta da lavoratori, dipendenti dell’amministrazione
designati dalle associazioni sindacali che intendono concorrere alla
competizione, o almeno ciò secondo una interpretazione teleologica, perché,
sul punto, la norma non è chiara facendo riferimento ad associazioni “presentatrici
di lista” quando al momento le liste non sono ancora presentate.
Il punto, comunque, dovrebbe esser meglio specificato dagli
accordi di comparto, anche perché l’art. 5, Regolamento RSU, prevede che i
componenti siano incrementati con quelli delle liste presentate successivamente
tra il decimo e il quindicesimo giorno.
In conclusione, si ritiene corretto interpretare il 2° co.
dell’art. 5 nel senso che la “iniziale” Commissione elettorale può essere
costituita con elementi designati dalle associazioni sindacali di cui alla lett.
a) dell’art. 4, 1° co. e cioè dalle associazioni sindacali
rappresentative indicate nella tabella allegata al CCNL Quadro, e quindi che il
“primo” nucleo del Commissione elettorale può essere successivamente
integrato con i rappresentanti delle “altre” organizzazioni sindacali.
Il problema della nomina del Presidente potrebbe essere poi
superato con una sua elezione provvisoria in attesa che la Commissione venga
integrata con gli elementi designati da eventuali altri sindacati partecipanti
alla elezione, con l’evidente scopo di evitare che essa inizi a lavorare solo
dopo il 15° giorno ovvero evitare di escludere dalla elezione per la
presidenza, sia attiva che passiva, i lavoratori di sindacati che decidono,
successivamente, di partecipare alle elezioni.
Infatti, se il primo atto della insediata Commissione è
quello di procedere alle elezione del presidente, egli non potrà che essere
provvisorio per non pregiudicare il concorso nella scelta, di quello definitivo
delle altre organizzazioni sindacali.
Un altro problema ignorato dal legislatore, ma su cui l’autonomia
collettiva non ha posto sufficiente attenzione, è l’ipotesi che la
Commissione elettorale sia costituita da un numero di componenti pari.
In verità la normativa sembra dare per scontato che l’organo
sia composto in modo dispari allorquando prevede che la Commissione debba essere
composta da almeno tre membri e nel caso in cui le liste siano inferiori a tre
“le associazioni sindacali designano un componente aggiuntivo”.
Il problema non è così, però, risolto: anche se le liste
presentate fossero due, sempre pari sarà la composizione dell’organismo che
quindi, in questa ipotesi, sarà composto da 4 membri.
Per evitare rischi di stallo decisionale, se non si vuole
incidere sul metodo di costituzione della Commissione, gli accordi di comparto
potrebbero prevedere che in caso di parità di voti, prevalga il voto del
presidente.
La Commissione elettorale ammette le liste, verifica le
candidature presentate, nonché decide in prima istanza i ricorsi in materia di
ammissibilità di liste e candidature; nomina i presidenti di seggio e gli
scrutatori, organizza e gestisce le operazioni di scrutinio, esamina gli
eventuali errori e procede alla proclamazione degli eletti.
La disciplina sulla Commissione elettorale è stata
letteralmente ripresa dal Protocollo di intesa sulle rappresentanze sindacali
del 20 aprile 1994 in specie dagli artt. 5 e 6 dell’allegato Regolamento, ed
evidentemente una tale disciplina, seppur così mal congegnata, non ha creato
contenzioso tale da rendere avvertiti del problema i sindacati firmatari dell’Accordo
sulla costituzione delle RSU.
6.1. Segue.
b) la posizione del datore di lavoro
Legislazione art. 19 Stat. Lav. - art. 68, d.lg. n. 29
del 1993 - art. 12 Accordo RSU - art. 19 Regolamento RSU - art. 386 c.p.c.
Bibliografia De Cristofaro 1999 - De Luca Tamajo-Alaimo
1987 - Di Stasi 1994 - Voza 1998.
La possibilità di riconoscere in capo al datore di lavoro,
singola Amministrazione, ovvero all’ARAN, una sorta di “sindacato”
sulla legittimità della costituzione della RSU, anche in relazione ai profili
relativi all’elezione, è uno dei temi più delicati andando a toccare il
rapporto tra datore di lavoro e procedure sostanzialmente endosindacali.
In linea di principio, quindi si dovrebbe escludere alcun
potere di intromissione da parte dell’Amministrazione, tanto che difetterebbe
anche di legittimazione passiva nel caso di controversie sulla elezione della
RSU (Pret. Roma, ord., 18 novembre 1998, in LPA 1999, III, 1025, n. 10),
in quanto al datore è assolutamente precluso qualsiasi potere di controllo sul
procedimento, elettorale e contenzioso, di formazione dell’organismo di
rappresentanza, giacché, così facendo interferirebbe direttamente sulla
formazione di un organismo destinato a porsi in posizione antitetica all’interno
dell’organizzazione amministrativa.
E neanche, di contro, può essere accusato di comportamento
antisindacale il datore di lavoro che, seppur sollecitato da alcuni sindacati,
si astiene, nel corso del procedimento elettorale per la formazione della RSU,
da qualsiasi interferenza con finalità correttiva di ipotetiche irregolarità
(v. Pret. Padova 24 settembre 1998, in DL 1999, II, 3, con nota adesiva
di M. De Cristofaro).
Va, comunque, ricordato che la problematica relativa alla
sussistenza e all’entità dei poteri datoriali di controllo sulla legittima
formazione delle RSA aveva dato luogo a una querelle giurisprudenziale
mai pienamente sopita.
Da un lato si ponevano coloro che sostenevano la
legittimazione datoriale a chiedere il rispetto delle regole stabilite dalla
contrattazione collettiva o dalla legge per la costituzione delle RSA (per tutte
si v. Cass. 28 aprile 1992, n. 5092, in Not. Giur. Lav. 1992, 605 e Pret.
Molfetta, 29 settembre 1993, in RCDL 1994, 143); dall’altro coloro che
invece affermavano come il datore di lavoro dovesse limitarsi a prendere atto
della costituzione della RSA senza sindacarne le procedure, sostenendo tra l’altro
che l’azienda non è depositaria della tutela delle facoltà democratiche
riconosciute ai lavoratori all’interno del sindacato (v., incidenter,
Pret. Milano 1 aprile 1997, in RCDL 1997, 747, con nota adesiva di
Capurro, Pret. Legnano, ivi, 1994, 98, Pret. L’Aquila 16 dicembre 1993,
ivi 1994, 274).
Tuttalpiù, soltanto la mancanza del rispetto dell’unico
requisito legalmente previsto per la costituzione di RSA come la “iniziativa
dei lavoratori” poteva esser considerata rilevante come condizione di
legittimità procedimentale, in mancanza della quale l’imprenditore
avrebbe avuto titolo per disconoscere la RSA (De Luca Tamajo-Alaimo 1987, 619).
Nella nuova normativa sulle RSU, sia di fonte legale che
pattizia, l’amministrazione è responsabile unicamente dell’esatto
adempimento dei suoi obblighi in rapporto allo svolgimento della procedura
elettorale per la costituzione della RSU. La natura di tali obblighi è
meramente strumentale, sia con riferimento a quelli di contenuto negativo
(divieto di ostacolare, seppure indirettamente, una qualunque fase della
consultazione elettorale), sia con riferimento a quelli di contenuto positivo,
come ad esempio la messa a disposizione di locali, materiale, sicurezza dei
locali sede di seggio (così come previsto dall’art. 12 Accordo RSU, tra i
quali l’obbligo, a pena di antisindacalità, di consegnare l’elenco dei
dipendenti - v. Pret. Milano 7 febbraio 1994, in Dl 1994, II, 75 con nota
di Di Stasi).
In tale prospettiva si pone la previsione contenuta nell’art.
16 Regolamento RSU, che prevede che il plico sigillato, contenente tutto il
materiale (esclusi i verbali) trasmesso dai seggi, dopo la definitiva convalida
della RSU, venga conservato, secondo accordi tra la Commissione elettorale e l’Amministrazione,
in modo da garantirne l’integrità per almeno tre mesi.
D’altro canto la Commissione dovrà, inoltre, trasmettere
copia del verbale (l’originale evidentemente deve rimanere nella
disponibilità della RSU) all’ARAN attraverso l’Amministrazione.
Risulta chiaro, quindi, che la posizione passiva dell’Amministrazione
rispetto alla procedura elettorale è tutta interna agli obblighi strumentali,
di segno negativo e positivo, che si sostanziano nel non impedire né ostacolare
la consultazione elettorale e di mettere a disposizione le strutture e quant’altro
previsto negli accordi.
Il complessivo dato normativo e la ratio ispiratrice
non consente interferenze del datore di lavoro “nell’an e nel quomodo
della costituzione della RSU” secondo una interpretazione già emersa in
ordine alle c.d. RSU pattizie (cfr. Pret. Macerata 10 febbraio 1995, in FI
1996, I, 724) anche con riferimento ad una fattispecie in cui il datore di
lavoro si era rifiutato di riconoscere la RSU per insufficienza, a suo avviso,
dei partecipanti al voto rispetto al quorum previsto per la validità
delle elezioni.
6.2. Segue.
c) il Comitato dei garanti
Legislazione art. 19 Regolamento RSU.
Bibliografia Di Stasi 1999 - Follieri 1997.
L’art. 19 Regolamento RSU prevede che contro le decisioni
della Commissione elettorale è ammesso ricorso entro 10 giorni ad apposito
Comitato dei garanti secondo uno schema che dia garanzia per un riesame delle
questioni controverse ed evitare così una lite giudiziaria.
In verità il Comitato sembra configurarsi più come un
collegio eventuale che come un organo coevo all’inizio del procedimento
elettorale, tanto che dalla formulazione della norma sembrerebbe che, sulla
falsariga di quanto avviene per le richieste di conciliazione e arbitrato delle
controversie individuali, sia il Direttore dell’ULPMO il garante-presidente e
presso il suo ufficio si debba costituire il Comitato dei garanti.
Tale interpretazione cozza, peraltro, con la previsione del
3° co. in base al quale il Comitato deve pronunciarsi entro il termine
perentorio di 10 giorni: se si considera che oltre che dal Direttore dell’ULPMO
deve essere composto da un numero di membri corrispondente a quello del numero
delle associazioni presentatrici di liste, oltre che da un funzionario dell’amministrazione
dove si è svolta la votazione, si comprenderanno le difficoltà pratiche di una
tempestiva operatività.
Inoltre, alquanto dubbia risulterebbe la terzietà e,
conseguentemente, l’autorevolezza di un così fatto organo giudicante sia per
l’ampiezza ipotetica del numero di componenti (a seconda dei sindacati
partecipanti alla competizione), e sia perché i componenti sono nominati, sono
collegati e, presumibilmente, esprimono l’interesse della rispettiva
organizzazione di appartenenza. È veramente difficile credere che un organismo
la cui composizione sostanzialmente rispecchia quella della Commissione
elettorale ed i cui membri sono nominati dai soggetti coinvolti possa
contraddire precedenti decisioni della Commissione elettorale, la cui
composizione è simile, con la conseguenza di far perdere o limitare diritti o
prerogative in capo ai sindacati di appartenenza (Di Stasi 1999, 1034-1035).
Perché il Comitato dei garanti possa svolgere la funzione di
soggetto “capace” di risolvere la controversia in materia elettorale
occorrerebbe, quanto meno, che sia composto oltre che da un presidente
indipendente da soli altri due membri, scelti rispettivamente dal reclamante e
dal (o dai) resistente.
Stante l’attuale formulazione è più semplice credere che
il sindacato lamentante si rivolga direttamente all’autorità giudiziaria che
secondo le previsioni del codice di procedura civile - dovrebbe essere
individuato nel giudice ordinario e non, come talvolta prospettato, dal giudice
amministrativo (Follieri 1997, 480; sulla competenza si rinvia al Cap. 7)
potendo anche far ricorso alle azioni cautelari o d’urgenza al fine di
ottenere un provvedimento satisfativo in attesa del giudizio di merito (v. Cap.
VII, § 5. 3).
Riportiamo di seguito i paragrafi 5 e seguenti del Capitolo
sesto: Rappresentanza e consenso
5. Qualità soggettive del rappresentante unitario e rapporti con il
Sindacato. Esclusività della funzione
Legislazione art. 9 Accordo RSU.
Bibliografia Bergamaschi 1986 - Capurro 1997 - Scarponi
2000.
L’art. 9, Accordo RSU, prevede che il componente di RSU
abbia dei requisiti soggettivi tali da porlo in una situazione di “non
coinvolgimento” rispetto a partiti, movimenti politici e cariche istituzionali
e, quindi, che la carica di componente della RSU è incompatibile con qualsiasi
altra carica in organismi istituzionale o carica esecutiva in partiti e/o
movimenti politici.
Una tale esigenza non è nuova, ma nasce con l’idea di
libertà sindacale post costituzionale.
Gli statuti delle confederazioni storiche, ma anche di quelle
“autonome”, prevedono, tra le regole fondanti, il divieto, per chi ricopre
incarichi sindacali, di essere contemporaneamente rappresentante di partiti o
movimenti politici, o parlamentare o consigliere regionale, provinciale o
comunale o dei loro esecutivi (art. 7 Statuto CGIL; art. 34 Statuto CISL; art. 8
Statuto CISNAL. Si possono leggere in Quaderni di studi e legislazione, Il
diritto dei sindacati, Camera dei deputati, Roma, 1979).
Particolarmente attenta sul punto è la UIL, la quale prevede
incompatibilità esterne molto estese non ritenendo ammissibile con le cariche
“a tutti i livelli sindacali” la copertura di cariche istituzionali o in
consessi civici, ma anche la stessa candidatura per elezioni politiche o
amministrative che “comporta la sospensione dagli organismi statutari e la
decadenza dagli incarichi” (art. 49 Statuto); e, pure, incompatibilità
interne e funzionali per evitare che lo stesso soggetto sommi su di sé più di
un incarico (art. 48 Statuto).