Un nuovo polo imperialista nel cuore dell’Europa? È a
questa domanda che il libro di Luciano Vasapollo e Rita Martufi cerca di dare
una risposta. La domanda, in sé, potrebbe sembrare poco realistica, abituati
come siamo a misurare gli schemi del dominio mondiale a partire dallo strapotere
degli Usa e del loro apparato economico e militare. Ma il pregio di questo
saggio è proprio quello di condurci passo per passo verso la risposta. Vista da
vicino la cosiddetta “globalizzazione” in realtà ci si presenta come un
contenitore in cui la competizione non avviene, come vogliono i dettami
economici del capitalismo, tra imprese nel mercato mondiale, ma si configura
sempre più come competizione tra aree economiche, tra i blocchi economici Ue,
Usa-Nafta e Giappone. In effetti, ragionando in termini rigorosamente
scientifici la novità dell’ultimo decennio non è tanto la globalizzazione,
che c’è sempre stata da quando c’è il capitalismo, quanto la nascita dell’Ue
che dopo la caduta del muro di Berlino ha a disposizione una grande mercato e
forza lavoro a basso costo. La terza guerra mondiale c’è stata, eccome. E
prosegue. La concentrazione che queste tre aree stanno mettendo nelle rispettive
monete non è solo il sintomo ma uno dei fulcri sui quali si giocherà il
dominio dell’intero pianeta.
È proprio attraverso la guerra del dollaro contro l’euro,
la crisi petrolifera a guida americana e la gestione della New Economy nel
contesto generale della finanziarizzazione dell’economia, che gli Stati Uniti
giocano le loro carte per soffocare le mire di affermazione ed espansionistiche
del nuovo polo geoeconomico dell’Unione Europea.
Definire il carattere contraddittorio e competitivo dello
sviluppo capitalistico in questa fase storica. Dall’altra parte c’è una
nuova economia europea che punta esclusivamente alla contrazione complessiva del
costo del lavoro, ad alti tassi di produttività per periodi prolungati, ad una
crescita prolungata senza inflazione e senza ripresa dei salari, anzi,
comprimendo i salari diretti e indiretti tramite flessibilità del lavoro e del
Welfare State, privatizzando il sistema pensionistico e i diversi strumenti di
protezione sociale; in questo modo tentando di supplire ad una debolezza tutta
politica dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti, adattandosi sempre più
al modello americano e attuando così la vera New Economy, da tenere ben
distinta dalla Net Economy che ne costituisce solo un aspetto. Insomma, secondo
Vasapollo-Martufi è abbastanza prevedibile che tra euro e dollaro ci sia nel
prossimo futuro un certo riequilibrio nei cambi - e questo in parte sta
avvenendo - ma l’Europa dovrà pagare un prezzo molto alto. Avremo ancora
crescita senza sviluppo, quindi, ed un panorama politico complessivo incentrato
alla concorrenzialità sfrenata e alla guerra.
La costituzione del blocco economico europeo crea una classe
lavoratrice internazionale che però si differenzia rispetto alle
caratteristiche produttive dei singoli paesi e vede un aumento dei lavoratori
dei servizi qualificati e non, al centro del blocco mentre i lavoratori addetti
alla produzione vengono collocati alla periferia dello stesso. C’è, inoltre,
anche una differenza quantitativa nei redditi dovuta al fatto che i lavoratori
del “centro” sono interni al mercato sviluppato mentre quelli della
periferia fanno parte di economie più deboli e subordinate dove le fasce di
mercato sviluppato, equiparabili a quelle del cosiddetto centro, rappresentano
percentuali molto ridotte.
E in questo contesto quale è il ruolo e la collocazione dell’Italia?
Il nuovo scenario sarà quello di una crescita che non si
accompagna ad uno sviluppo economico-sociale generale, cioè ad aumenti
occupazionali, ad incrementi dei consumi e a forme redistributive della
ricchezza verso il fattore lavoro. La previsione è, quindi, quella di una
crescita senza forme redistributive, una crescita senza politiche espansive
complessive, una crescita che significherà ancora rafforzamento del fattore
capitale a danno del fattore lavoro, incremento dei profitti a danno del salario
sociale complessivo. E non potrebbe essere altrimenti, perché la competizione
del grande contenitore Ue, in cui l’Italia è inserita, avviene quasi
esclusivamente a partire dalla stabilità della moneta. E stabilità della
moneta significa, immediatamente, bassi salari diretti, per non correre il
rischio di accendere spirali inflazionistiche, e bassi salari indiretti, per
contenere la spesa pubblica.
In questo contesto assume una importanza straordinaria l’andamento
del mercato del lavoro. Indici e tabelle spiegano benissimo come la battaglia
contro il lavoro in Italia e in Europa è ormai alle ultime battute. Il
capitalismo, e il libro lo spiega molto bene, non farà prigionieri su questo
fronte. Non solo ha installato nei luoghi di lavoro una spirale negativa tra
salari, flessibilità e occupazione, tre misure sempre negative che si
rincorrono l’un l’altra, ma ha fatto capire chiaramente che le quote di
produttività prodotte non verranno redistribuite. Da qui la crisi della
concertazione. Il punto è che nessuno è in grado di proporre un modello
evolutivo di relazioni industriali. Non regge più nemmeno l’idea di un nuovo
patto sociale. Martufi-Vasapollo tracciano l’impianto di una proposta che
ruota attorno all’idea del Reddito Sociale Minimo e a quella della riduzione
dell’orario di lavoro. È chiaro che la proposta contenuta in Eurobang si
differenzia nettamente da certe proposte avanzate da alcuni settori della
borghesia "illuminata” che guarda con preoccupazione all’ecccessivo
deteriorarsi della condizione proletaria come fattore di destabilizzazione
sociale. Martufi-Vasapollo ne fanno il fulcro di una proposta politica che
contrasti il dilagare della deregulation e ridia valore al lavoro.
Il libro di Vasapollo-Martufi oltre a proporre uno schema
interpretativo versatile e al tempo stesso molto preciso su alcuni aspetti è
corredato da un numero impressionante di tabelle e grafici che spiegano con il
rigore dei numeri le tesi fondamentali su produttività e salari, mercato del
lavoro, andamento dei cambi e prodotto interno lordi dei vari paesi.
Particolarmente interessante è il capitolo dedicato ai processi di
internazionalizzazione nei nuovi blocchi eoonomici. «È la domanda esterna dei
due grandi poli geoeconomici Usa e Ue che modella l’ampiezza e l’orientamento
del processo di accumulazione del capitale asiatico funzionale al paradigma dell’accumulazione
flessibile occidentale. L’America centrale e Meridionale, l’Africa
Sub-Sahariana, il Sud Asia e l’Indocina hanno un debole apparato statale e
produttivo, non essendo ancora capaci di dare l’impulso ad un processo di
industrializzazione autonomo e quindi funzionale a veri e propri processi di
colonizzazione da parte dei due poli Usa e Ue».