Risorse energetiche e controllo geopolitico.Il Grande Gioco nell’Asia centrale
Sergio Cararo
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Chi governa l’Europa orientale comanda la zona centrale;
chi governa la zona centrale comanda la massa eurasiatica; chi governa la massa
eurasiatica comanda il mondo.
Harold Mackinder (padre della moderna geopolitica)
1. Introduzione
Per cercare di comprendere le cause e gli obiettivi di una
guerra, occorre prendere in esame tutte le ipotesi, gli interessi materiali in
gioco, le forze sociali o economiche che spingono verso un conflitto e
soprattutto verso un esito dello stesso che corrisponda ai propri obiettivi.
L’amministrazione statunitense, ha dichiarato che la
"guerra infinita" durerà mesi se non anni, che un intero sistema
politico, economico, civile ed internazionale dovrà piegarsi alle esigenze di
un conflitto con caratteristiche nuove.
È indubbio che, in questa vicenda, il casus belli -
gli attentati dell’11 settembre al cuore economico e politico degli Stati Uniti
sia stato al di sopra dell’immaginazione [1].
È anche vero che nella storia più recente, gli autori degli
attentati e gli attentati stessi, sono passati in secondo piano rispetto allo
sviluppo degli avvenimenti. Nell’esame della storia, che rapporto di grandezza
è rimasto tra l’attentato di Sarajevo, l’affondamenento del piroscafo Lusitania
e la Prima Guerra Mondiale? O tra l’affondamento della nave americana Maine e la
conquista di Cuba e l’espulsione definitiva della Spagna dal gruppo delle
potenze coloniali? Oppure, per parlare di casus belli, tra il
bombardamento su Pearl Harbour e la parte della Seconda Guerra Mondiale
combattuta in Asia e nel Pacifico?
Della guerra infinita conosciamo solo alcuni dettagli:
l’individuazione e la caccia a Osama Bin Laden ritenuto il responsabile degli
attentati sulle Twin Towers, i bombardamenti e i massacri sull’Afganistan dei
taliban accusato di ospitarlo, il pieno controllo della prima fase della guerra
nelle mani degli Stati Uniti.
Gli obiettivi dichiarati di questa guerra sono la lotta al
terrorismo internazionale e la "dissuasione" per chiunque - siano essi
una organizzazione terroristica o Stati - dal minacciare o attaccare gli
interessi strategici statunitensi nel proprio territorio nazionale o nel resto
del mondo.
È noto che le dottrine elaborate dai vari centri decisionali
del potere degli Stati Uniti, hanno una concezione molto ampia e flessibile dei
propri interessi strategici. In fasi diverse, mutano le linee guida che ispirano
e orientano la politica internazionale statunitense (inclusa quella militare).
In alcune fasi si impongono interessi materiali, scuole di pensiero e chiavi di
lettura, in fasi diverse se ne impongono altre. Il cambiamento della politica
USA verso il Medio Oriente, cioè verso Israele e palestinesi, oppure verso
l’Iraq e l’Arabia saudita, indica la "flessibilità" degli
orientamenti che si impongono di volta in volta.
In questo lavoro, si è cercato di ricostruire i passaggi
delle scelte operate nell’ultimo decennio dagli Stati Uniti in un’area come
l’Asia centrale che oggi - con l’attacco all’Afganistan - appare al centro
dell’azione politica e militare degli USA. Dalla ricostruzione degli eventi,
emerge un cambiamento di posizione degli Stati Uniti già nella seconda metà
degli anni Novanta.
Con la nuova amministrazione Bush, sembrano aver acquisito
maggiore influenza e potere decisionale i settori ispirati da una chiave di
lettura fortemente geopolitica degli interessi strategici statunitensi.
Consiglieri come Brzezinski, Huntington, Wolfowitz in questa fase paiono avere
maggiore peso decisionale nella formazione degli orientamenti della politica
internazionale statunitense e di una amministrazione fortemente compenetrata con
il business del petrolio e l’economia di guerra.
2. La preparazione geopolitica della guerra infinita
Uno dei padri della geopolitica, Harold Mackinder, sostiene
che chi ha il controllo della zona centrale controlla l’Eurasia e chi controlla
l’Eurasia controlla il mondo. Con la dissoluzione dell’URSS, gli Stati Uniti
hanno sicuramente ipotecato il comando della zona centrale a proprio favore. Per
aspirare a conquistare e mantenere la supremazia mondiale, occorre passare al
comando della massa eurasiatica. "La capacità degli Stati Uniti di
esercitare un’effettiva supremazia mondiale, dipenderà dal modo in cui sapranno
affrontare i complessi equilibri di forza nell’Eurasia, scongiurando soprattutto
l’emergere di una potenza predominante e antagonista in questa regione". [2] Questa
ambizione, esplicitata da Brzezinski, sembra aver ispirato la "svolta"
della amministrazione statunitense nella seconda metà degli Novanta e
soprattutto l’escalation di questi ultimi mesi. L’Afganistan dunque potrebbe
trovarsi - suo malgrado - al posto giusto.
Per comprendere le motivazioni "forti" dell’attuale
intervento militare contro l’Afganistan ed in Asia Centrale, sarebbe sufficiente
aprire una carta geografica che includa tutta l’area definita eurasiatica.
È un’area assai ampia che include paesi con sistemi, risorse economiche e
potenzialità militari assai diverse tra loro. Ma è soprattutto l’area che a
partire dal biennio 1989-91, con la dissoluzione dell’URSS e del COMECON è
stata "aperta" agli interessi ed agli investimenti americani ed
europei.
3. Negli anni Novanta inizia l’assalto all’Eurasia
Dal 1993 l’Unione Europea ha lanciato il Traceca (Corridoio
Caucasico TransEuropeo) entrato in fase attiva tra il 1994 e il 1995. Obiettivo
di questo progetto era quello di bypassare la Russia per i trasporti, gli
oleodotti e gli investimenti più generali tra l’Europa e l’Asia Centrale.
Tale progetto, non investiva solo le ambizioni degli europei
e degli Stati Uniti, ma coinvolgeva anche le ambizioni di altri Stati della
regione come la Turchia (membro della NATO, alleato di ferro degli USA,
candidato ad entrare nell’Unione Europea).
Tra il 1993 e il 1994, a seguito di due incidenti navali,la
Turchia avviava una offensiva a tutto campo tesa a ridurre il traffico di
petroliere nello stretto del Bosforo. Veniva addirittura ventilata l’ipotesi di
annullare il Trattato di Montreaux che "internazionalizza" il traffico
nei Dardanelli e nel Bosforo. Le petroliere incriminate, provenivano tutte dai
terminali petroliferi russi sul Mar Nero.
Nel 1994, un articolo comparso sul quotidiano turco Milliyet,
rendeva nota l’esistenza di un progetto di oleodotto tra Baku (Azerbaijan) e
Ceyhan (Turchia) che avrebbe tagliato defitivamente fuori la Russia dalle nuove
rotte del petrolio dall’Asia centrale.
Nel 1994, con il "contratto del secolo" firmato tra
l’Azerbaijan ed un consorzio di compagnie petrolifere guidato dalla British
Petroleum (AIOC) è iniziata la "corsa" all’oro nero, al gas e ai
mercati dell’Asia Centrale.
Sono state create così le condizioni per la
"svolta" della strategia geopolitica degli Stati Uniti su quest’area.
Parlare di svolta, non è una semplificazione ma è un indicatore storico,
economico e geopolitico capace di spiegare molti avvenimenti della seconda metà
degli anni Novanta.
Fino al 1993, infatti, gli USA puntavano a cooptare la Russia
negli accordi sul Traceca e sulle pipelines. Dopo una fase di discussione,
intorno al 1995 l’approccio dell’amministrazione statunitense cambia
radicalmente sia per quanto riguarda l’Asia Centrale che i Balcani.
Nello stesso anno - il 1995, oltre l’Azerbaijan, anche
Georgia e Uzbekistan, entrano nell’orbita degli interessi americani.
Tale cambiamento di posizione produrrà scelte operative a
partire dal 1996, ossia l’anno in cui i Taleban conquistano Kabul dopo una
"marcia trionfale" partita dal Pakistan e iniziata proprio nel 1995.
La dissoluzione dell’URSS e la frantumazione delle sue
repubbliche, hanno consentito agli Stati Uniti di intervenire con efficacia in
quest’area sia sul piano bilaterale sia sul piano multilaterale (es: includendo
alcuni di questi paesi nella "parnership for peace" con la NATO).
I paesi europei ex Comecon (Polonia, Repubblica Ceca,
Ungheria etc.) sono già stati integrati nella NATO e nella penetrazione degli
IDE grazie alle privatizzazioni, alle facilitazioni per gli investimenti esteri,
al cambiamento delle leggi sulla proprietà imposti dal FMI e dagli istituti
finanziari internazionali. Ma nelle repubbliche asiatiche della ex URSS e nei
Balcani le cose ancora non erano a questo punto.
4. La "normalizzazione" della regione Balcanica
Nel 1999 è stata "sistemata" la regione balcanica.
Sono stati necessari due interventi militari della NATO (uno, cronologicamente
indicativo, nel ’95 in Bosnia ed uno più pesante nel ’99 in Kossovo e
Federazione Jugoslava) per definire degli assetti soddisfacenti per gli
interessi americani e più vulnerabili per i "partner europei".
Attualmente nei Balcani, gli USA possono contare su alcuni
risultati sicuri: hanno costruito una grande base militare in Kossovo (Camp
Bondsteel); hanno neutralizzato il Corridoio strategico nr.10 sul quale
convergevano gli interessi di Russia, Serbia, Grecia ed anche Germania; hanno
dato il via al versante più occidentale del Corridoio strategico nr.8 sul quale
convergono invece gli interessi americani e inglesi; possono contare
sull’alleanza di tre paesi funzionali al Corridoio: Albania/Kossovo, Bulgaria ed
una parte della riottosa Macedonia. L’attuale convergenza con i movimenti
nazionalistici pan-albanesi, consente inoltre di controllare tutti gli snodi
strategici dell’area in Kossovo, Albania e Macedonia. [3]
La situazione è talmente consolidata, che il Dipartimento di
Stato USA sta valutando l’ipotesi di ritirare una parte dei contingenti
operativi in Kossovo, Macedonia e Bosnia, di lasciare solo gli uomini incaricati
della piena operatività della base di Camp Bondesteel e di affidare il compito
di polizia militare e di controllo al contingente militare italiano destinato a
diventare il più numeroso nei Balcani.
5. I rapporti di forza nella regione eurasiatica
La situazione nel versante orientale della regione
euroasiatica (Asia Centrale), presenta maggiori problemi per l’egemonia e il
controllo da parte degli Stati Uniti. In questa regione convergono infatti gli
interessi strategici della Russia e in qualche modo quelli della Cina. Vi sono
poi potenze regionali ostili come l’Iran e potenze alleate come la Turchia in
espansione nell’area turcofona ma con crescenti contraddizioni e spinte
dissonanti all’interno. Alla sua periferia più prossima vi sono due potenze
nucleari regionali come il Pakistan e l’India (quest’ultima dispone però di un
potenziale umano enorme).
In mezzo, ma proprio in mezzo, vi è una terra di nessuno
(una no man’s land) chiamata Afganistan.
Quando l’URSS occupò l’Afganistan nel dicembre 1979, vi
furono reazioni diverse. I palestinesi esultarono perché la videro come un
ritorno dell’URSS ad occuparsi dell’area più prossima al Medio Oriente ed un
possibile punto di resistenza dopo il goodbye di Brzezinski all’OLP.
Per gli Stati Uniti - anche a seguito della caduta del regime
dello sciah in Iran - ebbe lo stesso effetto, fatte le dovute proporzioni, degli
attentati alle Twin Towers. Scattò dunque l’escalation della seconda guerra
fredda che portò all’installazione dei missili in Europa, alla costituzione
della Rapid Deployment Force (Forza di Intervento Rapido) con base nell’isola di
Diego Garcia nell’Oceano Indiano, al confronto globale Est-Ovest in tutte le
aree e all’organizzazione economica, militare e politica delle forze che si
opponevano alla presenza sovietica in Afganistan (tra questi anche Osama Bin
Laden).
Le mappe a disposizione dimostrano alcune cose.
1. Gli Stati Uniti sono ancora assenti dall’Eurasia sul
piano di strutture di controllo permanenti (basi militari, corridoi aerei
riservati, accordi bilaterali o organismi multilaterali in cui operare come primus
inter pares.
2. In quest’area possono manifestarsi ambizioni di
potenze rivali all’egemonia statunitense (Cina, Russia, India, singolarmente o
in accordo tra loro);
3. In Eurasia si sono rivelate riserve petrolifere
significative e ancora poco sfruttate. Con la dissoluzione dell’URSS si è
aperta la possibilità di raggiungerle e controllarle, cosa questa impossibile
fino al 1991.
4. L’Afganistan, dal punto di vista geopolitico, è
collocato al posto giusto.
Nel momento in cui gli Stati Uniti hanno deciso di
intervenire in Afganistan, la situazione sul campo a livello euroasiatico era la
seguente:
1) I Balcani (terminale del Corridoio nr.8), dopo la guerra
contro la Jugoslavia nel 1999 e la "rimozione" di Milosevic nel 2000,
sono in gran parte sotto controllo statunitense. Le ambizioni europee e
l’influenza della Russia sull’area slava sono state ridimensionate.
2) Nella regione caucasica, Georgia e Azerbaijan (tratto
intermedio del Corridoio nr.8) sono sotto controllo statunitense. La prima con
il porto di Supsa sul Mar Nero, è il terminale petrolifero di un oleodotto
proveniente da Baku. Questo corridoio è alternativo a quello che da Baku va in
Russia, attraversa la Cecenia e sfocia sul terminale russo di Novorossik sul Mar
Nero. Georgia e Azerbaijan hanno chiesto di entrare nella NATO. In attesa di
definizione dello status di membri NATO, la Georgia nel 1997 ha dato vita al
GUUAM (patto di assistenza militare tra Georgia, Ucraina, Uzbekistan,
Azerbaijan, Moldavia) sotto la supervisione americana (è indicativo che la
seconda riunione del GUUAM sia stata tenuta... a Washington). La Turchia,
vantando anche le comunanze turcofone, si è incaricata di custodire
l’Azerbaijan e di affiancarlo contro il nemico comune, l’Armenia, che si è
ovviamente legata alla Russia e ne ospita alcune basi militari. L’Azerbaijan ha
assunto un valore strategico particolare:"Un Azerbajian indipendente,
collegato ai mercati occidentali da oleodotti che non passino attraverso il
territorio controllato dai russi, rappresenterebbe un importante canale di
accesso per le economie avanzate e consumatrici di energia alle repubbliche
ricche di petrolio dell’Asia centrale" esplicita ancora una volta
Brzezinski.
3) A Sud-ovest, nell’autunno del 1999, il progetto
petrolifero Baku-Ceyhan (Turchia) era riuscito a vincere le resistenze delle
compagnie petrolifere statunitensi impegnate in Azerbaijan (grazie alla promessa
di rilevanti sgravi fiscali). Questo percorso avrebbe dovuto tagliare
definitivamente fuori la Russia dalle rotte del petrolio del Mar Caspio.
Più a nord, dopo mesi di attentati e "sifonamenti"
dei secessionisti islamici (vicini anch’essi a Bin Laden) all’oleodotto
Baku-Novorossik ed a quello in costruzione tra Kazachistan e Novorossik, il
riaccendersi della guerra in Cecenia (ottobre ’99) aveva il compito di
evidenziare agli occhi degli investitori come quella rotta non "fosse più
sicura";
4) Più a Est gli Stati Uniti avevano cercato di bypassare la
Russia e l’Iran avviando un corridoio energetico (gas e petrolio) verso sud. Dai
giacimenti del Turkmenistan e tendenzialmente del Kazachistan, il corridoio
doveva attraversare l’Afganistan, il Pakistan e sfociare nel porto pakistano di
Gwadar. In pratica questo sarebbe diventato il terminale orientale del Corridoio
nr.8. Era la quadratura del cerchio. Le riserve di idrocarburi sarebbero state
veicolate a Ovest ed a Est saltando i "rivali" Russia e Iran e sotto
stretto controllo americano. Il regime dei taliban in Afganistan e quello
militare in Pakistan dovevano assicurare tale quadratura del cerchio.
6. Il "Silk Road Strategy Act"
Come è stato già segnalato, dal 1993 è iniziata la grande
marcia di avvicinamento degli USA al controllo dell’Eurasia. Per dare un ritmo
sostenuto a questa marcia, alla fine del 1997, il Congresso USA ha discusso il
"Silk Road Strategy Act" (Documento strategico per la "Via della
Seta").
Il primo obiettivo del documento era quello di recidere le
relazioni tra le repubbliche asiatiche della ex URSS e la Russia.
Il secondo era quello di riannodare il filo del dialogo con
l’Iran approfittando di eventuali divisioni tra "riformisti" e
"conservatori" come suggerito in un articolo di Foreign Affairs del
maggio/giugno 1997 scritto a sei mani proprio da Brzezinski insieme a Scowcroft
e Murphy e da un documento curato nel 1998 dall’attuale viceministro della
Difesa, il falco Wolfowitz.
Il terzo era quello di installare basi militari permanenti
negli snodi strategici della regione. A tale scopo può essere utilizzata
l’estensione della NATO ai paesi dell’Est (inclusi Georgia e Azerbaijan). Ma nel
versante orientale non esisteva fino ad oggi nulla di paragonibile alla NATO,
ragione per cui gli Stati Uniti hanno ritenuto di dover operare direttamente sul
campo e dotarsi delle strutture necessarie: "La densità
dell’infrastruttura fissa e mobile degli Stati Uniti è minore che in altre
regioni cruciali. Ciò rende importante assicurare agli Stati Uniti ulteriori
accessi alle regione e sviluppare sistemi capaci di effettuare operazioni
impegnative a grandi distanze con un minimo supporto basato sul teatro di
operazioni" ammette una importante pubblicazione strategica
americana [4]
Il progetto di costruzione di basi militari statunitensi in
Afganistan, Uzbekistan e Pakistan, corrisponde pienamente ai disegni strategici
USa in Asia Centrale. Anche qui, una volta diradato il polverone della guerra e
dell’emergenza, resteranno così come è accaduto nel Golfo e nei Balcani, delle
basi militari permanenti degli Stati Uniti.
[1] In realtà sarebbe più corretto
parlare della "nostra immaginazione", perché è impressionante il
numero di libri pubblicati negli Stati Uniti che vedevano come scenario
attentati suicidi contro la Casa Bianca o le Twin Towers.
[2] Zbignew
Brzezinski: "La Grande Scacchiera", p.8, Longanesi 1998.
[3] Vogliamo ricordare
l’intervista al gen. Jackson di Alberto Negri del Sole 24 Ore, nel quale si
affermava testualmente che i contingenti militari americano e inglese, erano nei
Balcani "per rimanerci a protezione degli oleodotti strategici che
attraverseranno questa regione" (Sole 24 Ore, aprile ’99).
[4] Quadriennal Defense Review, 30 settembre 2001.