Legge finanziaria e privatizzazione dei servizi pubblici locali
Arturo Salerni
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1. Con la legge finanziaria per l’anno 2002 si è
compiuto un ulteriore passo sul percorso delle privatizzazioni, percorso già
avanzato in maniera inesorabile nel nostro Paese nell’ultimo decennio. In
particolare si punta ad incidere nel campo dei servizi pubblici locali, rispetto
ai quali il processo di esternalizzazione e di privatizzazione incontra ancora
resistenze e limiti, da parte delle comunità locali che fruiscono dei servizi e
dei settori di lavoratori che in tali attività sono impiegati. Peraltro questo
avviene mentre la filosofia che accompagna i processi di privatizzazione subisce
da un lato alcuni arretramenti (si pensi alle prese di posizione “stataliste”
registrate negli U.S.A. all’indomani dell’11 settembre), e su altri versanti
registra invece preoccupanti precipitazioni (si richiamano qui le proposte di
privatizzazioni delle carceri, dei sistemi di polizia locale ed addirittura
delle missioni militari “di pace”, sino ad ora svolte da organismi
internazionali o dagli Stati, particolarmente sostenute nell’Inghilterra di
Blair, nonostante l’evidenza del fallimento di tale scelta nel campo del
trasporto pubblico ferroviario).
2. In particolare con l’art.35 della legge 448/2001 (la
legge finanziaria) si dettano “norme in materia di servizi pubblici locali”.
L’art.35 della legge finanziaria sostituisce l’art.113 del decreto
legislativo n.267 del 2000, ovvero del Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali, e distingue tra “gestione delle reti ed erogazione dei
servizi pubblici locali di rilevanza industriale” e “gestione dei
servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale” (tali ultimi
servizi vengono considerati separatamente nel nuovo art.113 bis del Testo
Unico).
Nel testo di legge vigente prima della modifica in esame - e
che sostanzialmente riproduceva la previsione introdotta con la legge 142 del
1990 - si indicavano le diverse forme di gestione di tutti i servizi pubblici
locali, indicando la possibilità dell’espletamento dei servizi in economia
(ovvero attraverso la gestione diretta degli enti locali), in concessione a
terzi, a mezzo di azienda speciale, a mezzo di istituzione, a mezzo di società
per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale ed
a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica
maggioritaria.
In particolare l’espletamento in economia era previsto solo
“quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non
sia opportuno costituire una istituzione o una azienda”; la concessione a
terzi veniva indicata come possibile “quando sussistono ragioni tecniche,
economiche e di opportunità sociale”; il ricorso all’azienda speciale
veniva previsto “anche per la gestione di più servizi di rilevanza
economica ed imprenditoriale”; l’istituzione era la forma indicata “per
l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale”.
In tale situazione normativa - ed è questione nota - si è
proceduto ad un robusto e quasi integrale processo di societarizzazione dei
soggetti titolari della gestione dei servizi pubblici locali ed in moltissimi
casi si è andati oltre la partecipazione minoritaria del capitale privato, per
giungere in alcune significative vicende alla quotazione in borsa del soggetto
affidatario dei servizi.
3. Per quanto riguarda i servizi pubblici locali privi
di rilevanza industriale il nuovo art.113 bis del testo unico prevede l’affidamento
diretto a istituzioni, aziende speciali, anche consortili, e società di
capitali costituite o partecipate dagli enti locali, regolate dal codice civile.
Sempre ai sensi dell’art.113 bis “è consentita la gestione in economia
quando, per le modeste dimensioni o le caratteristiche del servizio, non sia
opportuno procedere ad affidamento ai soggetti” sopra indicati. Ed ancora:
“Gli enti locali possono procedere all’affidamento diretto dei servizi
culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro
costituite o partecipate”. Inoltre “quando sussistano ragioni
tecniche, economiche o di utilità sociale” i servizi “possono essere
affidati a terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica”.
Con riferimento ai servizi pubblici locali privi di rilevanza
industriale, quindi, la forma della gestione diretta da parte dell’ente locale
viene prevista come eccezionale o residuale, addirittura da motivare; la
possibilità invece di affidamento a soggetti diversi dalle istituzioni, dalle
aziende speciali e dalle società di capitali partecipate (si badi bene anche
non controllate) dagli enti locali viene affidata a non meglio specificate “ragioni
tecniche, economiche o di utilità sociale”.
Peraltro la normativa introdotta dalla legge finanziaria per
il 2002 va letta anche alla luce della recente modifica dell’art.118 della
Costituzione, per cui “Stato, Regioni, Città metropolitane, Provincie e
Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati,
per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio
di sussidiarietà” (sulla modifica del titolo V della parte II della
Costituzione, e sulla rilevante portata di quei mutamenti, abbiamo avuto modo di
soffermarci nei numeri 3/2000 e 1/2001 della rivista Proteo).
4. Ai sensi del nuovo testo dell’art. 113 del testo
unico sull’ordinamento degli enti locali “gli enti pubblici non possono
cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni” destinati
all’esercizio dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale,
salvo nei casi in cui gli enti locali, anche in forma associata, conferiscano
“la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali a società di capitali di cui detengano la maggioranza, che è
incedibile”. Viene rinviata alle discipline dei settori l’individuazione
dei casi in cui l’attività di gestione delle reti e degli impianti destinati
alla produzione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale “può
essere separata da quella di erogazione degli stessi”. “È in ogni
caso garantito l’accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all’erogazione
dei relativi servizi”.
Qualora venga separata l’attività di erogazione dei
servizi dalla gestione di reti ed impianti, per tale attività di gestione gli
enti locali si avvalgono o di società di capitale costituite a tal fine con la
partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche tra loro associati (“cui
può essere direttamente affidata tale attività”) o di imprese idonee da
individuare mediante procedure ad evidenza pubblica.
Ai sensi del quinto comma “l’erogazione del servizio,
da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore,
con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali
individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica”, gare a cui non sono ammesse a partecipare le società che - in
Italia o all’estero - gestiscono servizi pubblici locali in virtù di un
affidamento diretto o di procedure non ad evidenza pubblica, nonché le società
ad esse collegate o da esse controllate, alle controllanti o alle società
collegate con queste ultime.
Quindi con riferimento ai servizi pubblici locali aventi
rilevanza industriale abbiamo la previsione di una precisa distinzione tra la
proprietà della reti e degli impianti (che può essere dell’ente locale o di
società di capitali con maggioranza pubblica incedibile), la gestione delle
reti e degli impianti (che può essere affidata direttamente a società di
capitali con partecipazione maggioritaria degli enti locali o - mediante
procedura ad evidenza pubblica - ad altre imprese) e l’erogazione del
servizio, che deve essere svolta sempre in regime di concorrenza, con
conferimento a società di capitali individuate a seguito di gare, le cui
modalità sono disciplinate dalla legge.
Abbiamo l’esclusione quindi della possibilità per l’ente
di provvedere direttamente alla gestione del servizio: l’ente può solo
mantenere la titolarità delle reti; per la gestione delle reti deve comunque
costituire una società di capitali (sia pure mantenendone la maggioranza
pubblica), salva la scelta di affidarla ad imprese esterne.
Salvo che per il servizio di trasporto collettivo locale,
inoltre la legge prevede che “qualora sia economicamente più vantaggioso,
è consentito l’affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi”,
senza alcun limite, e quindi anche di tutti i servizi pubblici locali di
rilevanza industriale.
5. Siamo in presenza di un nuovo salto di qualità, su un
terreno potenzialmente vastissimo ed in un campo assolutamente rilevante sotto
il profilo della qualità della vita dei cittadini: dal controllo democratico
esplicato attraverso i consigli comunali si passa ad uno spezzettamento delle
possibilità di intervento degli organismi elettivi e rappresentativi della
comunità locale (criteri di scelta del soggetto gestore, standards inseriti nei
contratti di servizi, direttive per i rappresentanti degli enti locali negli
organismi statutari delle società) e si avvia un processo micidiale che può
condurre - anche rapidamente - ad una tale sproporzione tra la forza del
soggetto industriale gestore del servizio e la capacità di negoziazione,
intervento, controllo da parte dell’ente locale.
Peraltro tale processo avviene - e da oggi sempre più si
accelera - in presenza di un progressivo svuotamento del ruolo, delle funzioni e
dei compiti dei Consigli comunali e provinciali in favore di una concentrazione
sempre maggiore dei poteri in capo agli organi esecutivi (Giunte, Sindaci,
Presidenti). In parallelo assistiamo ad una costante autonomizzazione delle
scelte operate dai soggetti indicati dalle amministrazioni locali nell’ambito
degli organismi statutari delle società, controllate o partecipate dall’ente
locale e ad un continuo distacco tra la logica imprenditoriale che muove le
società cui viene affidata la gestione dei servizi ed il criterio del
soddisfacimento dell’interesse pubblico generale che dovrebbe ispirare l’azione
dell’amministratore locale.
L’incrocio delle partecipazioni azionarie e la
concentrazione del controllo reale delle aziende che gestiscono i servizi
pubblici in un numero sempre più ristretto di soggetti è lo scenario attuale
ed ancora di più ciò che ci si presenterà nel prossimo futuro. Ciò non
conduce ad un miglioramento del servizio né ad una riduzione dei costi
sopportati dagli utenti: la parabola della privatizzazione operata in campo
nazionale, massiccia e repentina negli ultimi anni, svela che il “paradiso”
derivante dalla gestione dei privati - approdato anche in Costituzione, grazie
all’ultima trovata del centrosinistra agonizzante sul finire della scorsa
legislatura - non esiste e che occorre tutti ritornare con i piedi in terra e
ragionare laicamente (senza lasciarsi condizionare dai fuochi di artificio di
consigli di amministrazione, stock options, opa e holding) e concretamente di
qualità del servizio, di professionalità e risorse necessarie per l’espletamento,
di costi sopportabili per la collettività, di livelli e qualità sociale delle
tariffe.
6. Last but not least: assistiamo ad un
progressivo inserimento di forme di lavoro atipico e flessibile e ad una
regressione della qualità delle relazioni sindacali nell’ambito dell’universo
delle società - anche controllate o partecipate dall’ente locale - che
gestiscono servizi pubblici locali: dall’utilizzo senza limiti del lavoro
interinale al proliferare delle collaborazioni coordinate e continuative, dall’estrema
discrezionalità nei criteri per procedere alla selezione del personale ad una
messa all’angolo delle organizzazioni sindacali dei lavoratori non
concertative.
Si tratta, ed è evidente, di un mondo in espansione, che
coinvolge un numero rilevante di lavoratori, che in qualche modo può essere
tenuto sotto controllo per la contiguità con la sfera pubblica: in relazione
all’inserimento di regole che valgano per tutti coloro che prestano un
attività, di standard democratici nei luoghi di lavoro, di tutele e diritti, di
sicurezza del lavoro e di sicurezza sul lavoro le comunità locali e le
associazioni sindacali hanno la possibilità di sviluppare pressioni e di
ottenere risultati. Ovviamente tale possibilità decresce (ma non sparisce mai
del tutto) in ragione del grado di privatizzazione del servizio e delle
composizioni societarie.
Abbiamo assistito in questi anni (quantomeno nell’ultimo
quindicennio) ad un gioco irresponsabile e demagogico sulle questioni del
diritto del lavoro e della presenza pubblica nell’attività di erogazione dei
servizi pubblici, si è prodotto un deterioramento forte della qualità del
lavoro e della vita che ha investito tutti gli ambiti locali, si è determinato
un rafforzamento delle grandi concentrazioni economiche e finanziarie che sempre
più si pongono in una condizione di ricatto nei confronti delle popolazioni, si
è svilito il peso dell’intervento democratico negli indirizzi generali dell’economia
e della società, si rischia di produrre un ulteriore balzo in avanti su questi
percorsi che appare suggellato dalle scelte contenute nella legge finanziaria
per il 2002. Lo scontro all’interno della vita pubblica locale non può
prescindere da questi elementi, ma non è questione confinabile in un orizzonte
municipalistico, anzi assume un carattere politico generale ed investe temi e
problemi dalla cui soluzione dipenderà il senso ed il peso della partecipazione
democratica nella determinazione delle scelte di natura ambientale, degli
assetti economici, della qualità dei rapporti di lavoro.