Considerazioni sul trionfo elettorale di Lula e il nuovo contesto regionale
Alfredo Falero
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Nella attuale congiuntura, si può discutere molto sulla
trascendenza del trionfo del candidato del PT in un paese con la influenza del
Brasile e ciò che significherà effettivamente per la regione. Per esempio, è
sicuro che, come sempre succede, uno dei punti critici del dibattito si incentra
nell’individuare la più adeguata ponderazione delle sue possibilità reali di
imprimere cambiamenti di rotte. Una prospettiva che riconoscendo quanto già
realizzato, senza ostacoli finisce per impedirci l’apertura volta a
comprendere la realtà come potenzialità di costruzione di nuove configurazioni
socio-storiche.
Per questo, di seguito, si cercherà soprattutto, di
sottolineare gli orizzonti delle possibilità piuttosto che le realtà sociali
strutturate. È necessario prima, de plano, esplorare le coordinate del
dibattito. Qui si può trovare un varietà di posizioni che vanno dal pessimismo
all’ottimismo da parte di sociologi coinvolti effettivamente nel cambiamento
sociale. Segnaleremo alcune di queste espressioni, per comporre un quadro che
inevitabilmente risulterà schematico.
Nel primo vettore, si possono collocare le segnalazioni di
stile del famoso sociologo James Petras, che poggiandosi sulle contraddizioni
interne del PT e sull’opportunismo di una parte dell’imprenditoria che ha
appoggiato questa opzione, sostiene un probabile fallimento del progetto che
naturalmente causerà demoralizzazione, ma d’altra parte stimolerà la
radicalizzazione delle lotte extraparlamentari come già è accaduto nella
campagna contro l’ALCA.
Nel secondo gruppo, che sembra più numeroso, ci sono quelli
che all’interno dell’attuale contesto di globalizzazione neoliberale,
valutano, come il sociologo portoghese Boaventura de Sousa, che il governo Lula
significherà senza dubbio un compromesso con una transizione pacifica e
graduale verso un nuovo patto finanziario ed economico globale. Oppure
economisti politici brasiliani di posizioni molto diverse però seguaci della
tematica -dalle più estese e conosciute, nel caso di Celso Furtado, fino ad
altre più giovani e meno visibili, come quelle di Marcos Costa Lima- che
tendono a marcare ugualmente la prospettiva ottimista in funzione di freno alla
forte pressione nordamericana volta a consolidare l’ALCA, e in quel senso non
smettono di osservare un sicuro sforzo economico e diplomatico di Lula per
rilanciare il MERCOSUR [1].
Dalle posizioni vincolate all’establishment, si può
osservare come la domanda chiave si potrebbe ridurre direttamente alla seguenti:
il populismo può funzionare? Almeno cosi si presenta il tema in copertina della
rivista Newsweek [2].
Più del concetto di populismo che appare estremamente vago tale da includere
cose molto diverse, si può avvertire in questo tipo di posizioni come il
possibile impatto regionale (come già è accaduto nel caso di Chavez) o anche
globale, appaia minimizzato.
A partire dal passato, una conclusione quasi ovvia ma
sostanziale è che la reale proiezione che si può realizzare, si colloca sempre
nelle aspettative esistenti. In altre parole, se si hanno aspettative che il
nuovo scenario può supporre una trasformazione delle relazioni sociali (più
che altro che si facciano passi avanti importanti in tematiche come l’agraria
o le politiche sociali), non esistono prove che si possa potenziare un cambio di
reale grandezza. Qui l’orizzonte di possibilità è molto limitato, anche
considerando le forze potenziali in quel senso (settori del PT e dei movimenti
sociali come quello dei Senza Terra).
Invece, se le aspettative si concentrano su un piano
regionale, in ambito geopolitico, appare un rinnovato spazio di discussione,
attraverso espressioni di progetti regionali d’integrazione più o meno
alternativi. Questo rinnovato insieme di aspettative davanti ad un nuovo
orizzonte di possibilità, si stabilisce particolarmente in funzione di evitare
l’instaurazione dell’ALCA.
La valutazione di questo aspetto, include il recupero dello
spazio geografico e la riconsiderazione della sua relazione intima con il
potere, cioè che si smetta di vederlo come una realtà oggettiva esteriore alla
società. In effetti, se togliamo la sostanza e incominciamo a valutare come le
società si impadroniscono piano piano, nella loro costruzione storica, di una
configurazione territoriale, stiamo incorporando una dimensione chiave per l’analisi
di quello che potenzialmente può significare il trionfo del PT in Brasile.
Semplificando, si può dire che qualsiasi progetto di società alternativo,
richiederà una riflessione inevitabile sul nuovo significato del concetto di
territorio proprio e regionale e anche il senso di nozioni come sovranità.
Siamo in una tappa capitalista di crescente interrelazione,
di flussi che attraversano frontiere come si è soliti indicare oggi, con
istituzioni forti (FMI, BM, OMC, multinazionali, o governi di potenze
egemoniche) che imprimono una specifica direzione (sebbene non sempre
coincidenti tra loro). Non esiste un “fuori” da questo processo di
globalizzazione che sussume e coinvolge tutte le società in un’unica logica
di sistema. Una logica che ridefinisce la forma di Stato, togliendole strumenti
e ricorsi.
Però è anche, come va sostenendo da alcuni anni Wallerstein
(1996), una tappa di caos sistemico, di instabilità globale in cui appaiono le
linee di biforcazione che possono condurre ad altre realtà. Ciò vuol dire che
in questo contesto si chiudono delle possibilità ma se ne aprono altre nuove.
Tra quelle chiuse, appare ogni volta più chiaro che la trasformazione limitata
ai confini di un paese -che si fanno coincidere generalmente con quelli di una
società-possono risultare oggi totalmente fittizi. Per questo è molto
difficile realizzare progetti di società alternativi (più democratici,
partecipativi e egualitari), con carattere autonomo e sostenibile nel tempo.
Nella riflessione sulle aperture, comincia a evidenziarsi un
piano regionale e globale di resistenza. In America Latina comincia a essere
visibile una grande tensione, una grande risonanza che inevitabilmente incrocia
le nostre società ed è ciò che implica il progetto ALCA. Non è una novità
da indicare, però il caso del Messico e la relazione che lo vincola con il TLC
(Trattato del Libero Commercio tra Messico Stati Uniti e Canada) è un anticipo
della forma che implica una integrazione verso gli Stati Uniti.
In tale schema, sfuggire dallo scenario probabile di
rigenerazione di un modello di crescita socialmente escludente, eleva il
dibattito della elezione di Lula a un piano diverso. Nonostante soggetto alle
pressioni del “mercato” -eufemismo che nasconde le minoranze con capacità
di prendere decisioni alla forte massimizzazione del beneficio individuale- si
apre la possibilità di un cambiamento politico regionale, di un altro progetto
di integrazione non solo commerciale ma anche sociale, alternativo e con
obiettivi ben distinti dall’ALCA.
Non c’è un cammino inevitabile per nessun progetto di
integrazione. Deriverà sempre dalle azioni nate dall’interagire dei diversi
interessi economici (di breve o medio periodo), politico-partitici
(invariabilmente nella realtà di breve periodo) e dalla apertura reale alla
società, in cui sono impressi. Da ciò si ricava che il processo che si segue
può provocare uno scossone geopolitico in uno scenario di cristallizzazione di
una integrazione più autonoma dagli Stati Uniti o può finire col coincidere
più o meno con le richieste statunitensi.
Una dimensione chiave per un progetto di integrazione
alternativo reale, è l’impulso a forme sopranazionali che considerano una
base di diritti sociali comuni ai paesi integranti. Gli ostacoli a questo
processo devono essere sottolineati con enfasi. Rispetto alla Unione Europea,
Samir Amin segnalava tra le critiche più importanti, che nonostante le
apparenze, non è basata su un progetto volto a conformare una società comune
con buoni caratteri sociali e aggiungeva che per convincersi di ciò, basta
constatare la posizione di seconda fila che occupa la “dimensione sociale”nei
regolamenti comunitari. (1999,p.147)
In questo senso,la partecipazione dei movimenti e
organizzazioni sociali, ciò che frequentemente si riassume nella nozione di
società civile (altra nozione estremamente lata, i cui contenuti e conflitti
variano in funzione della prospettiva politica che si occupa) risulta
essenziale. Organizzare la partecipazione delle società in un progetto
regionale è un tema molto ampio che qui non è possibile discutere malgrado si
sottolinei la sua importanza. Di fatto, la armonizzazione degli interessi
frammentati è un processo lento e contraddittorio che tuttavia presuppone una
problematica specifica all’interno di ogni organizzazione. Frequentemente
tuttavia, nascono costruzioni di carattere elitario, sarebbe a dire minoranze
dotate di un potere formale o informale superiore a quello della base, che non
problematizzano la loro relazione con questa.
Per esempio, Pierre Bourdieu, rifiutava chiaramente la mera
attuazione di direttive in un progetto reale di integrazione regionale, quando
analizzava la necessità di “un movimento sociale europeo” (1999).
Considerava il sindacalismo europeo in questo processo, come un “partner molto
preoccupato di partecipare con decoro e dignità alla gestione degli affari”.
Per far questo serve una sfida che si conclude cominciando da
quanto appena detto, per le organizzazioni della società civile è recuperare,
dinamizzare uno spirito di mobilizzazione internazionalista .Le pratiche con
questo spirito non smettono di essere contraddittorie, ma la sfida apparirà
ogni volta con una maggiore chiarezza e i Fori Sociali Mondiali sono dei passi
in questo senso.
Tutti questi lineamenti rapidamente tracciati, permettono di
costruire un quadro che ci permette di analizzare orizzonti di breve periodo.
Esiste una interessante opportunità per approfondire un progetto regionale
alternativo con la partecipazione della società civile e il governo del PT ha
la possibilità di avanzare sostanzialmente in questa direzione. Ciò significa
costi inevitabili per il Brasile,presuppone una logica di cooperazione con i
paesi della regione,sebbene con potenziali benefici generali (come il caso
europeo).
D’altro canto, esiste oggi la possibilità di approfondire
il percorso verso l’ALCA attraverso la volontà degli Stati Uniti e le sue
articolazioni locali (economiche, politiche) e in questo scenario, alcuni
governi della regione (come l’Uruguay) possono, più o meno velatamente,
appoggiarlo cercando di trarne benefici. Questo progetto così come si pianifica
attualmente significa,in termini di spazio geografico,una rinnovata
colonizzazione sotto la promessa di un territorio di libera circolazione di
beni, servizi e capitali. E si osservi che sebbene questo è così, non si parla
mai di libera circolazione di persone con gli Stati Uniti, ciò è una
restrizione severa nel contesto attuale in cui si vuole la massima capacità di
movimento del capitale.
In sintesi, da questo punto di vista, recuperando la
coscienza specifica delle nostre società, si può andare oltre il problema
iniziale e vedere fin dove si compie il programma del PT di rinvigorire il
MERCOSUR e la sua scommessa e ricerca di un altro patto regionale in America
Latina. Al contrario si dovrà pensare che Petras in fondo aveva ragione. In
ogni caso la società non può restare fuori dalla discussione.
BIBLIOGRAFIA
Amin, Samir: “El capitalismo en la era de la globalización”
Buenos Aires, Piados, 1999.
Bourdieu, Pierre: “Por un movimiento social europeo”,
nella rivista Análisis Político, Universidad Nacional de Colombia, IEPRI,
Maggio-Agosto 1999.
Wallerstein, Inmmanuel: “Después del Libelarismo”,
México, Siglo XXI/ CIIH-UNAM, 1996.
[1] Le fonti sono le seguenti: intervista a Petras nella
Radio Nederland il 12.12.02, l’articolo de Boaventura de Sousa in Folha di
Sào Paulo dal 04.10.02, l’articolo di Celso Furtado nella Revista 3 Puntos
Nop. 278 dal 24.10.02, comunicazione dell’economista Marcos Costa Lima della
Università Federale di Pernambuco, Recife, Novembre 2002.
[2] Newsweek, 13 novembre 2002, vale la pena riprodurre la
introduzione che fa la rivista:”Los populista vuelven a estar de Moda en
America del Sur”, I Populisti tornano a essere di moda in America del Sud.