Il reddito sociale di cittadinanza della Regione Campania: dall’idea alla pratica
Francesco Maranta
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Napoli. L’undici luglio con l’approvazione dell’articolato
normativo da parte della Giunta Campania siamo entrati nella fase finale dell’approvazione
della legge sul reddito sociale di cittadinanza. Con l’approvazione in
Consiglio, la Regione Campania, prima in Italia, disporrà di un provvedimento
di grande importanza. Come si è giunti all’approvazione di questo
provvedimento, quali i suoi contenuti, che passi compiere per il futuro, sono i
punti che desidero, brevemente, approfondire. Prima, però, vorrei fare alcune
considerazioni introduttive. Questo provvedimento non sarebbe stato possibile,
se non ci fosse stata una caparbia e continua opera di riflessione, di dialogo,
di iniziativa politica di un movimento politico-sindacale che ha portato nelle
piazze italiane milioni di persone. Senza questo lavoro, che ha creato un clima
favorevole nelle parti più attente del centro-sinistra, non sarebbe stato
possibile riuscire in questo obiettivo, apparentemente irraggiungibile. Perché,
e qui entriamo nel merito, quando una proposta come quella del reddito di
cittadinanza viene presentata a livello regionale, anche il suo portato teorico
muta. Sappiamo bene che è, in primo luogo, compito dello Stato assicurare la
tutela del diritto al lavoro e, aggiungiamo noi, al reddito. In effetti le
proposte e il dibattito sul reddito di cittadinanza ha sempre avuto come ideale
interlocutore e ambito di applicazione, l’intero territorio nazionale.
Eppure nel corso rapido di questi ultimi anni, l’equilibrio
dei poteri istituzionali si è profondamente modificato, con l’accelerazione
dei processi di unificazione europea da un lato e, dall’altro, un federalismo
che, pur con la nostra ferma opposizione, si è ormai costituzionalizzato. In
questo quadro, il terreno regionale assume importanza inconsueta. Le competenze
in capo alle regioni sono tali da determinare diversi modelli di vita per i
cittadini di diverse regioni. Basti per tutti l’esempio del modello sanitario
lombardo, che tende verso una esasperata privatizzazione, e quello campano che,
pur tra infinite difficoltà e battaglie, è ispirato dai principi dell’inclusione
e del ruolo pubblico dell’assistenza sanitaria. Se è vero quindi che la
Regione non dispone, allo stato dei fatti, di una propria capacità impositiva
sul piano fiscale e che è ancora legata ai trasferimenti di risorse dallo stato
nazionale, è pure vero che andiamo in una direzione in cui le politiche sociali
e di welfare dovranno articolarsi anche su base regionale. È in questi
termini e in base a queste considerazioni che è maturata la nostra proposta sul
reddito sociale di cittadinanza. Nell’ambito delle molte politiche della
regione Campania, comprese quelle politiche attive per il lavoro e la creazione
d’impresa, è necessario elaborare politiche di welfare regionale. Le
politiche sociali di sostegno ai redditi sono norme di civiltà. Il
trasferimento di risorse può avvenire con la fornitura di servizi gratuiti, dal
trasferimento diretto di reddito, da un insieme delle due politiche. Non abbiamo
alternative. È naturale che una Regione, da sola, non potrà mai sostituirsi
alle politiche nazionale e non è certo questo il nostro obiettivo. È vero
però che nulla impedisce ad una Regione a sperimentare politiche più avanzate
e di stampo opposto a quelle nazionali. È su questo tipo di provvedimenti che
si misura la qualità di una coalizione, il senso di un’alleanza con il centro
sinistra, il ruolo di Rifondazione Comunista.
In secondo luogo dobbiamo chiarire la portata concettuale di
reddito sociale di cittadinanza. Cittadinanza è appartenenza a una comunità.
È questa che deve farsi carico di chi, altrimenti, non ha alternative. E questo
appartenere alla comunità non è fondato sulla nazionalità ma sul risiedere e
partecipare alla vita di un luogo, qualunque sia il territorio di provenienza.
È per questo che il reddito va dato a tutti i residenti, comunitari ed
extracomunitari. Opporsi alla globalizzazione significa anche globalizzare le
politiche sociali. L’assegnazione di un reddito di cittadinanza non è una
forma di assistenza che vuole porre gli individui nella dipendenza di uno Stato
(o regione) caritatevole. Non deve dispensare dal lavoro ma rendere effettivo
il diritto al lavoro. Deve essere inseparabile dallo sviluppo delle
capacità individuali, dall’accesso alle forme di conoscenza, di trasmissione
dei saperi. È una misura di sostegno in un paese, è bene ricordarlo, che, a
differenza degli altri paesi dell’Unione, non prevede forme di sostegno
continuate, per le persone espulse o mai entrate nel processo produttivo. Ogni
persona deve avere diritto a cercare il lavoro che meglio lo soddisfa, a trovare
forme di sostegno che, nei periodi in cui il mercato li ha messi da parte,
consentano un’attesa formativa e non angosciante. Sulla base di queste
considerazioni Rifondazione Comunista ha intrapreso una complessa battaglia. In
primo luogo nell’individuazione delle risorse. Abbiamo accettato che la
Regione vendesse parte del suo patrimonio non funzionale all’attività
pubblica ( un distributore di benzina, un albergo, etc.) e vincolasse, in
bilancio, i ricavi di questa vendita a finanziare una misura come il reddito di
cittadinanza. Poi si è aperto il confronto con la maggioranza e sul testo da
definire.
Diciamo subito, che il testo così come approvato dalla
Giunta accoglie solo parzialmente le nostre richieste. Prima di tutto individua
come beneficiari le famiglie, mentre il reddito deve, secondo noi, riguardare
gli individui. Poi è necessario ampliare il numero di beneficiari (attualmente
il provvedimento dovrebbe interessare tra le 20.000 e le 30.000 famiglie) e
rendere più ampi i criteri di accesso e deve, chiaramente, includere gli
immigrati. Alcune modifiche saranno possibili, crediamo, in sede consiliare,
nonostante la differenza di vedute tra noi e il resto del centro sinistra troppo
timoroso sulle questioni sociali. Ma non possiamo non dirci, con moderazione,
soddisfatti per un provvedimento che apre una strada finora non percorsa e che
accoglie un principio importante, il diritto al reddito, come requisito
indispensabile per l’inclusione sociale. Ma non solo. La norma prevede anche
una serie di misure di sostegno come borse di studio, il sostegno a percorsi
formativi, di inserimento lavorativo, di emersione dal lavoro irregolare.
È evidente che si tratta di una sperimentazione, di una
misura che dovrà trovare l’adeguata applicazione. Ma è una sperimentazione
necessaria. Che apre la via ad una serie di lotte che, mi si passi l’espressione
obsoleta, siano più avanzate. Non solo una politica di difesa, ma anche la
possibilità di avanzare sul terreno delle conquiste sociali. Perché sul
reddito, ancora prima della sua definizione normativa, sono già piovute
numerose critiche, da sinistra e da destra, da chi pensa che gli unici aiuti non
tacciabili di assistenzialismo siano quelli alle imprese a chi ritiene lo stato
sociale un retaggio del passato. Ma nonostante ciò non abbiamo visto sul
terreno altre proposte più valide nella lotta alla povertà e all’esclusione.
È un tentativo, una ricerca di elaborazione, inserita in una serie di altre
politiche, di un sistema sociale regionale. Pensare che il reddito sia di
per sé sufficiente farebbe torto all’intelligenza di chi scrive e di chi
legge. Ma pensare che chi è senza lavoro possa trovare una possibilità di
inclusione attraverso il mercato e il lavoro interinale fa torto all’intelligenza
di tutta la sinistra.
Il testo della Giunta Regionale: un testo da cambiare!
SCHEMA SULLA LEGGE SUL REDDITO DI CITTADINANZA DELLA REGIONE
CAMPANIA
Principi
* La Regione Campania considera il reddito di cittadinanza
una prestazione concernente un diritto sociale fondamentale dei cittadini
* Il reddito di cittadinanza rientra nei livelli essenziali
delle prestazioni sociali da garantire su tutto il territorio nazionale nell’ambito
delle politiche di inclusione e coesione sociale promosse dalla Comunità
Europea
Beneficiari
* Ai residenti da almeno 24 mesi nella Regione Campania che
si trovino nelle condizioni di cui all’articolo 3 è assicurato il reddito di
cittadinanza come misura di contrasto alla povertà e all’esclusione, e come
strumento teso a favorire condizioni efficaci di inserimento lavorativo.
* Hanno diritto al reddito di cittadinanza le famiglie
anagrafiche che ne facciano richiesta e abbiano un reddito annuo stimato
inferiore a e. 5.000,00.
* La prestazione monetaria di cui all’articolo 2, comma 2
è erogata al componente della famiglia anagrafica di cui al comma 1,
identificato come il richiedente
* Possono beneficiare degli specifici interventi mirati all’inserimento
scolastico, formativo e lavorativo, i singoli componenti delle famiglie
anagrafiche di cui al comma 1, senza limiti di numero.
Tipo di intervento
* Il reddito di cittadinanza consiste in una erogazione
monetaria mensile di 300 euro al nucleo familiare e in specifici interventi
mirati all’inserimento scolastico, formativo e lavorativo dei singoli
componenti.
Modalità di calcolo del reddito
* Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, la Giunta della Regione Campania definisce, con apposito
regolamento, le modalità specifiche di calcolo del reddito stimato individuando
le modalità di utilizzo dell’indicatore di situazione economica equivalente,
ISEE, adottato dall’INPS, ai fini della individuazione degli aventi diritto,
in relazione alle risorse disponibili.
Modalità di gestione dello strumento
* La gestione delle erogazioni relative al reddito di
cittadinanza è assicurata dai comuni degli ambiti territoriali costituiti con
DGR. 1824 del 4 maggio 2001 e DGR 1376 del 4 aprile 2003, in applicazione alla
legge 8 novembre 2000, n. 328.
* L’organizzazione e la gestione della misura del reddito
di cittadinanza è programmata all’interno dei piani sociali di zona,
prevedendo procedure unitarie per la pubblicizzazione della misura, per la
presentazione, la selezione e l’accoglimento delle richieste, la verifica
delle condizioni che danno diritto alla prestazione, l’integrazione con altri
soggetti e servizi. Nell’ambito dei piani sociali di zona il Comune capofila
coordina l’organizzazione territoriale della misura, il raccordo con le Asl,
con i Centri per l’Impiego, con gli Enti preposti al controllo e le altre
Istituzioni.
* Ciascun comune riceve e seleziona le domande sulla base
della verifica delle condizioni dichiarate da ciascun richiedente, ne trasmette
la documentazione al comune capofila, provvede all’erogazione dei fondi
assegnati ed effettua controlli sulle prestazioni erogate.
Progettazione degli interventi
* Il Comune, sulla base delle istanze ricevute seleziona gli
aventi diritto e progetta per ciascuno di essi l’intervento complessivo,
prevedendo, oltre all’erogazione monetaria, le misure idonee a perseguire le
finalità di cui all’articolo 2, concordando gli opportuni interventi di altri
enti istituzionali.
* Possono in particolare essere previste le seguenti misure:
a) sostegno alla scolarità nella fascia d’obbligo;
b) sostegno alla scolarità e alla formazione degli
adolescenti e dei giovani;
c) accesso gratuito ai servizi sociali e socio-sanitari;
d) misure tese a promuovere l’emersione del lavoro
irregolare o l’avvio all’autoimpiego attraverso percorsi che permettano l’utilizzo
di risorse regionali;
e) misure tese a promuovere l’accesso ai dispositivi della
politica del lavoro regionale indirizzati alla formazione e di incentivo all’occupazione