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Trasformazioni sociali e diritto

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Arturo Salerni
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Associazione Progetto Diritti; Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo

Maria Rosaria Damizia
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Avvocato dell’Associazione Progetto Diritti

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Intorno alla rappresentanza sindacale: diversi profili per un approfondimento
Arturo Salerni, Maria Rosaria Damizia

Testo unificato delle proposte di legge elaborato dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati nel mese di settembre 1998 a seguito dell’approvazione degli emendamenti.

 

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Intorno alla rappresentanza sindacale: diversi profili per un approfondimento

Arturo Salerni

Maria Rosaria Damizia

Riprendiamo, in questo numero della rivista, alcune questioni relative alle regole in tema di rappresentanza sindacale. E’ la seconda parte del dossier curato per Proteo dall’Associazione Progetto Diritti e dal Comitato per una legge sui diritti e la rappresentanza sindacale: peraltro l’importanza di questo lavoro sta anche nell’attualità dell’argomento. Oltre all’articolo curato da Arturo Salerni e Maria Rosaria Damizia, che riprende ed utilizza schede e relazioni curate da alcuni collaboratori del Comitato per una legge sui diritti e la rappresentanza sindacale, pubblichiamo infatti la proposta approvata a seguito dell’ esame degli emendamenti dalla Commissione lavoro della Camera dei Deputati nel mese di settembre e che dovrà affrontare l’esame dell’aula. Su tale proposta, soprattutto in relazione alla necessità di una rapida approvazione della legge, il giudizio è globalmente positivo. Riteniamo peraltro che su alcune questioni fondamentali la proposta possa essere emendata e migliorata. Anche per discutere di questo il Cestes, l’Associazione Progetto Diritti, la rivista Proteo, il Comitato per una legge sui diritti e la rappresentanza sindacale, ed il Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia organizzeranno un convegno di studio e di proposta per il mese di dicembre chiamando come interlocutori le forze politiche, sindacali e parlamentari.Nell’articolo che segue ci si soffermerà sulla evoluzione nel corso degli ultimi decenni degli istituti di rappresentanza sindacale (riprendendo una scheda elaborata da Laura De Rose), lanceremo uno sguardo a ciò che succede in altri paesi (grazie al minuzioso contributo offertoci dal Dott. Simonluca Dettori), vedremo quanto il concetto di maggiore rappresentatività sindacale incida su istituti di grande rilevanza sociale (utilizzando in ciò una scheda elaborata da Rosa de Sanctis), ripercorreremo velocemente proposte e disegni di legge presentati nel corso delle ultime legislature (sulla base di una ricerca della Dott.ssa Barbara Frateiacci) ed infine torneremo a qualche valutazione sull’attuale assetto normativo post-referendario (anche per l’utile contributo predisposto dal Dott. Andrea Volpini). Intendiamo peraltro doverosamente ringraziare i giovani studiosi che abbiamo indicati per l’impegno e l’intelligenza con cui si sono accostati ad una questione democratica che si tende ad occultare e che invece deve tornare ad occupare un ruolo centrale nel dibattito politico nella difficile fase di transizione che viviamo.

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4. Effetti del referendum del giugno 1995.

 

Affrontando il problema dell’ammissione alle trattative per i sindacati maggiormente rappresentativi, bisogna soffermarsi sul concetto di maggiore rappresentatività così come si è venuto a definire dopo i referendum del giugno 1995. Il referendum ha abrogato la lettera A) dell’art.19 dello statuto, escludendo il criterio della maggiore rappresentatività per la formazione di R.S.A., e ha lasciato come unico requisito per la formazione di queste l’essere costituite nell’ambito di sindacati firmatari di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva.

Il concetto di maggiore rappresentatività comunque è andato mutando nel corso degli anni, attraverso varie pronunzie giurisprudenziali. Inizialmente si voleva privilegiare i sindacati confederali e nazionali, che si pensava avessero da una parte il consenso della maggior parte dei lavoratori e dall’altra fossero comunque ritenuti affidabili dalle controparti datoriali; affidabilità che si rafforzava con il sempre maggiore riconoscimento del ruolo istituzionale che andavano acquisendo. Secondo parte della dottrina, gli indici elaborati dalla giurisprudenza, per stabilire la rappresentatività di un sindacato (intercategorialità, pluricategorialità, nazionalità) in realtà non servono a misurare la rappresentanza effettiva delle organizzazioni sindacali, ma a verificare soprattutto l’esistenza del requisito confederale delle stesse. Comunque la Corte Costituzionale con la sentenza n. 54/74 ha precisato che il criterio di m.r. può essere raggiunto da qualsiasi formazione politica: queste interpretazioni giurisprudenziali e soprattutto l’entrata in crisi della politica unitaria delle tre confederazioni maggiori, portarono all’incrinarsi della “diga” della m.r.. Con la crescita sempre maggiore di nuove realtà sindacali, numerosi giudici del lavoro presero atto che molte di queste formazioni ormai rispondevano ai criteri di m.r., togliendo così il monopolio alla “triplice”.

Uno dei parametri più significativi dovuto alla giurisprudenza di legittimità è quello “dell’attività di autotutela condotta con continuità, sistematicità ed equilibrata diffusione” per provare il quale erano sufficienti la sottoscrizione per adesione dei contratti collettivi, il consistente numero degli affiliati o il ricorso ad azioni di tutela e di lotta sindacale. Quindi dagli anni ‘80, diverse formazioni sindacali extraconfederali si videro riconoscere la possibilità di accedere alla legislazione di sostegno, prevista dal Titolo III dello statuto dei lavoratori, poichè ritenute in possesso dei requisiti necessari. Dopo il voto referendario si è posto il problema se il concetto di m.r. fosse stato completamente cancellato, lasciando come unico criterio di selezione la firma di un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva. Nel precedente numero abbiamo richiamato la sentenza della Corte Costituzionale del dicembre 1995 n. 492, che ha ribadito l’importanza del concetto di m.r. . Ma da quando si è cominciata ad attuare la nuova disciplina dell’art.19, c’è stata una netta prevalenza dell’interpretazione restrittiva. Questo ha fatto si che molte R.S.A., costituitesi prima del referendum, fossero disconosciute dalle aziende. Dopo la richiamata evoluzione giurisprudenziali, essendosi formate numerose R.S.A. non controllate dai sindacati confederali, la nuova formulazione dell’art.19 è stata vista come un’ottima possibilità di “ricostruire la diga”.

 

Il potere di accreditamento del datore di lavoro

Le perplessità più forti sollevate dalla nuova formulazione dell’art.19 riguardano il potere di accreditamento attribuito alle parti datoriali nei confronti delle organizzazioni sindacali. Visto che ora l’unico criterio certo per la formazione di R.S.A. è l’aver negoziato e firmato un contratto collettivo applicato in azienda, la parte padronale, potendo scegliere con chi stare al tavolo delle trattative, implicitamente sarà decisiva nell’attribuire patenti di m.r. a un’organizzazione piuttosto che ad un’altra. L’accesso alla legislazione di sostegno non è più fondato su valutazioni degli indici di m.r. da parte di un giudice neutrale, ma al contrario la stessa possibilità di reale esistenza all’interno dell’unità produttiva è diventata oggetto della contrattazione. Non ci vuole molto a capire a che tipo di disparità, soprattutto nelle aziende più piccole, possa portare una disciplina tutta basata sui rapporti di forza esistenti nello specifico contesto aziendale. La dottrina dominante non sembra condividere le preoccupazioni di chi vede un pericoloso sbilanciamento tra le parti, tutto a favore dell’imprenditore, nei casi in cui un sindacato può ottenere la sua legittimazione solo attraverso la sottoscrizione di un contratto aziendale. Anzi viene esaltato il libero gioco tra le parti.

 

I dubbi di costituzionalità della nuova disciplina dell’art.19 e la sentenza n. 244/1996 della Corte Costituzionale.

Alcuni Pretori hanno ritenuto che il nuovo testo dell’art.19 potesse essere anticostituzionale. Per il Pretore di Milano esiste una netta discrepanza tra il nuovo art.19 e quanto affermato con la sentenza n. 30 del 1990, con la quale la Corte Costituzionale ribadiva il necessario completarsi dei due requisiti per avere un modello conforme alla Costituzione e che un eventuale correttivo legislativo, non potesse essere certo trovato nell’espansione del potere di accreditamento del datore di lavoro. Quindi considera intaccata la libertà sindacale alla luce dell’art.39 Cost., in quanto “un sindacato, per essere veramente libero e per poter svolgere la sua funzione non deve essere gravato dalla necessità di stipulare accordi e di ricercare un consenso non solo dei lavoratori, ma anche dei datori di lavoro”. Per dare risposta ai quesiti posti dai Pretori, la Corte Costituzionale con la sentenza del luglio 1996, n. 244, ha affermato che la questione della costituzionalità del nuovo testo dell’art.19 è priva di fondamento e ha negato, in contrasto con altre precedenti pronunzie, che con la nuova normativa si priverebbe il sindacato dell’autonomia del proprio riconoscimento. Non c’è per la Corte violazione dell’art.39 Cost., in quanto le norme di sostegno all’attività sindacale, sono qualcosa di diverso dalle norme sulla libertà sindacale (garantita dall’art.14 dello statuto); per accedere ad esse sono leciti “criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalità”.

 

 

5. Le proposte di riforma

 

Delle implicazioni derivanti dalla richiamata pronunzia della Corte e della inderogabile necessità di un intervento legislativo abbiamo già parlato nel precedente numero di Proteo. Vogliamo soltanto richiamare l’esistenza nelle passate legislature di proposte e disegni di legge in materia di rappresentanza sindacale. Tra esse giova richiamare la proposta del deputato Ghezzi del Partito Democratico della Sinistra, che contiene la definizione di Sindacati nazionali rappresentativi sia nel settore privato che nel pubblico impiego (lo sono quei sindacati che abbiano ricevuto adesioni complessivamente superiori al 10% dei votanti nelle elezioni delle rappresentanze sindacali riferite all’intera categoria individuata dal contratto collettivo o riferite all’intero comparto di contrattazione collettiva nel pubblico impiego). Si prevede che rappresentanze sindacali possono essere costituite in ogni impresa (o sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo) che occupi più di 15 dipendenti, come anche in ogni unità amministrativa. Si dettano norme in tema di permessi da ripartire fra le rappresentanze sindacali in proporzione ai voti ricevuti, ripartizione cui partecipano anche le rappresentanze sindacali non aderenti ai sindacati nazionali rappresentativi che abbiano conseguito almeno il 10% dei voti.

Anche significativa è la proposta del Partito della Rifondazione Comunista (Garavini ed altri) per cui sono considerati sindacati nazionali rappresentativi le coalizioni di lavoratori che abbiano ricevuto nelle elezioni dei Consigli Unitari dei Delegati (CUD) l’adesione di almeno il 3% dei votanti nella categoria o nel comparto di contrattazione collettiva, che siano firmatari di contratti nazionali di categoria di accordi sindacali di comparto nel pubblico impiego. Si prevede l’elezione di un CUD in ciascuna unità produttiva o amministrativa senza alcun riferimento ai limiti numerici per quanto riguarda i dipendenti occupati. L’elezione del CUD viene effettuata con il sistema proporzionale e la durata del CUD è prevista in 24 mesi. I diritti precedentemente riconosciuti dalla RSA vengono attribuiti ai lavoratori del CUD. I CUD possono stipulare accordi e contratti collettivi aventi validità per l’insieme dei lavoratori nell’ambito dell’unità lavorativa. Composizione delle delegazioni sindacali che trattano i contratti collettivi nazionali o territoriali : vi partecipano tutti i sindacati rappresentativi che ne facciano richiesta nonché una delegazione eletta dai CUD interessata al contratto.

La proposta della Lega Nord (A. Magri ed altri) prevedeva accanto alle tipologie, di cui all’art.19 Statuto dei lavoratori pre-referendum, delle associazioni che possono costituire RSA, quella delle associazioni sindacali sufficientemente rappresentative a livello regionale o provinciale.

Proposta significativa è quella elaborata dal Forum Diritti Lavoro (Russo Spena ed altri) i cui dati significativi sono stati ripresi nella proposta presentata in questa legislatura dall’On. Giorgio Gardiol e che abbiamo integralmente riportato nella prima parte di questo dossier (n. 1 Proteo). Elemento caratterizzante la proposta è la previsione di rappresentanze unitarie delle lavoratrici e dei lavoratori (R.U.L.L.) e di rappresentanze sindacali di categoria (R.S.U.C.).

La proposta di legge Giugni (P.S.I.) detta criteri per la formazione delle r.s.a. - con modifica dell’art.19 della legge 300/70, prevede la costituzione di rappresentanze unitarie, enuovi criteri di misurazione della maggiore rappresentatività delle confederazioni sindacali e dei sindacati nazionali di categoria.

Prima del referendum sono state avanzate anche alcune proposte di legge di iniziativa popolare (ovvero quella dei consigli unitari dei delegati CGIL - CISL - UIL e quella dello S.L.A.I. - Cobas).