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Gianni Marsili
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Direttore del reparto Valutazione Impatto Ambientale del laboratorio di Igiene Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità

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La partecipazione della popolazione e dei lavoratori esposti ai rischi alla gestione della sicurezza industriale. Esercizio di un diritto o elemento centrale della prevenzione?
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La partecipazione della popolazione e dei lavoratori esposti ai rischi alla gestione della sicurezza industriale. Esercizio di un diritto o elemento centrale della prevenzione?

Gianni Marsili

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Sfortunatamente però le analogie tra le due normative non si limitano soltanto alla filosofia di approccio alla prevenzione ma si estendono anche alla mancanza di efficacia che ha sinora caratterizzato la loro applicazione. Il continuo rinvio delle scadenze previste dal D.Lgs. 626/94 e i tentativi di una modifica, che non si è mai compiutamente realizzata, del DPR 175/88, 16 decreti legge reiterati dal gennaio ’94 al settembre ’96 poi decaduti e l’emanazione della legge 137/97, testimoniano della difficoltà di applicazione di queste norme e delle opposizioni che l’adozione dell’approccio da esse proposto suscita nel paese. Nonostante ciò, non c’è ombra di dubbio che questa sarà la strada sulla quale l’Italia dovrà incamminarsi sotto la spinta delle disposizioni comunitarie. Una autorevole conferma dell’ineluttabilità di questo percorso può infatti essere rintracciata nella Direttiva 96/82/CE inerente i rischi connessi con determinate sostanze pericolose, che sostituisce la normativa EU esistente e dovrebbe essere recepita dai paesi membri entro il febbraio 1999 (6). Quest’ultima, infatti, non solo ribadisce l’importanza dell’analisi del rischio, dell’informazione, formazione e partecipazione ai processi decisionali dei lavoratori e della popolazione ad esso esposta, delle pianificazione territoriale e dell’emergenza, ecc., ma introduce ulteriori elementi di controllo, più intimamente connessi alle modalità di gestione dell’intera azienda, quale la redazione di un documento che definisca a priori la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti ed il conseguente sistema di gestione della sicurezza che l’azienda intende adottare. Queste innovazioni sono suggerite dall’analisi degli incidenti rilevanti accaduti nei paesi EU, a partire dall’emanazione della Direttiva di controllo dei rischi di incidenti rilevanti, la quale ha evidenziato che circa 3/4 di questi eventi sono attribuibili a carenze gestionali e/o organizzative costituite dalla mancanza di procedure operative, da errori nella fase progettuale, da scarsa attenzione del management dell’azienda per la sicurezza, da un’insufficiente preparazione degli operatori.

 

 

3. Il concetto di rischio: dalla definizione teorica alla stima quantitativa

 

I concetti di partecipazione e previsione enfatizzati nella normativa ripropongono con forza il tema dell’adeguatezza nel gestire efficientemente ed efficacemente la sicurezza da parte di chi esercisce attività che comportano dei rischi e di chi a questi rischi è esposto. E’ bene quindi richiamare alcuni aspetti teorici connessi con il concetto di rischio al fine di individuare le linee guida generali per la progettazione di una politica di sicurezza.

Come noto, il termine rischio è utilizzato con sempre maggior frequenza in molti settori dell’attività umana al fine di prendere decisioni basate sui possibili effetti che possono originare dall’adozione di una qualsiasi iniziativa. Oltre che nel campo della sicurezza, di rischio si parla infatti in campo assicurativo e finanziario, nei settori della protezione della salute quale quelli epidemiologico, tossicologico o più strettamente medico-chirurgico, in campo ingegneristico nella progettazione di automobili, aeromobili, vettori spaziali, ponti, dighe, ecc. ed in tutti gli altri settori in cui è necessario utilizzare tutte le conoscenze disponibili per comparare costi ed efficacia di iniziative che si stanno progettando o che si intende attuare.

Naturalmente, le tecniche di stima utilizzate in ognuno di questi settori differiscono sensibilmente in funzione della specificità dell’argomento trattato, anche se, un denominatore comune può essere ritrovato nel significato stesso di rischio facendo riferimento però al termine inglese risk invece che al vocabolo italiano. A tale concetto è bene riferirsi per individuare le modalità con le quali il rischio può essere quantificato ed interpretato.

L’Oxford dictionary, ad esempio, alla voce risk recita testualmente the possibility to meet danger or suffering adverse effects, exposure to it. Questa definizione, che non coincide esattamente con il significato del vocabolo italiano rischio nel quale il termine risk è usualmente tradotto, contiene due elementi fondamentali: la possibilità e gli effetti avversi. Ne consegue che il concetto di rischio sia correttamente applicabile esclusivamente a quelle azioni in cui esiste la possibilità che possano originare degli effetti avversi. E’ quindi fondamentale, alla luce della precedente definizione, distinguere tra i concetti di pericolo e di rischio che risultano sostanzialmente diversi in quanto, il primo contiene la certezza di subire gli effetti avversi mentre il secondo ne implica soltanto la possibilità. In termini esemplificativi, sarebbe pertanto improprio parlare di esposizione ad una sorgente di rischio per un individuo che decidesse di lanciarsi nel vuoto dalla sommità di una rupe. Tale azione provocherebbe infatti con certezza degli effetti avversi per l’individuo e verrebbe quindi meno la condizione di possibilità implicita nella definizione di rischio. Al contrario, qualora la stessa azione fosse condotta avvalendosi di un paracadute, un deltaplano o un altro dispositivo che consenta di esporsi alla sorgente di pericolo senza subire le conseguenze che le sono proprie appare corretto parlare di rischio. In questo caso infatti le conseguenze connesse al salto nel vuoto possono essere evitate, anche se persiste una residua possibilità che, a causa di un malfunzionamento del dispositivo utilizzato, esse possano essere subite dall’individuo che effettua il lancio. Generalizzando, si può quindi concludere che è corretto parlare di rischio ogniqualvolta si è esposti ad una sorgente di pericolo avvalendosi di un dispositivo di protezione. Ne consegue, per quanto riguarda settori quali la sicurezza industriale e del lavoro, che il rischio:

a) non possa mai essere annullato finchè esiste una sorgente di pericolo. Infatti qualsiasi dispositivo di protezione o di sicurezza non potrà mai garantire la sua incolumità da un eventuale malfunzionamento;

b) costituisca una variabile di tipo decisionale mediante la quale è possibile identificare le condizioni in cui è più o meno verosimile che le conseguenze connesse con un evento incidentale possano verificarsi.

Naturalmente per rendere il rischio immediatamente utilizzabile in un processo decisionale non è sufficiente una valutazione di tipo qualitativo ma è necessario procedere ad una sua quantificazione. Da questo punto di vista, la definizione riportata si presta ad una immediata formalizzazione quantitativa la quale, identificate la sorgente di pericolo ed il dispositivo di sicurezza utilizzato, esprima sia la probabilità di verificarsi dell’evento avverso sia l’entità della conseguenze che da esso possono originare. In altre parole il rischio R (p, m) non è altro che un punto sul piano cartesiano della probabilità p che l’evento incidentale possa accadere e dell’entità m delle conseguenze per esso attese. Questa bidimensionalità della variabile, che preclude la possibilità di rappresentarla come uno scalare (numero), è di primaria importanza per quanto riguarda la sicurezza. In particolare, essa rende possibile conservare la separazione tra due componenti che sono logicamente ed eticamente diverse. La componente probabilistica misura infatti la verosimiglianza che l’evento possa accadere, ed è quindi intrinsecamente connessa con il dispositivo di protezione, mentre l’entità delle conseguenze, sulla cui misura si tornerà più in dettaglio nel seguito, è una proprietà della sorgente di pericolo ed è quindi in molti casi assolutamente indipendente dal dispositivo di protezione utilizzato. Tornando all’esempio del lancio da una rupe con un dispositivo quale paracadute o deltaplano, si può agevolmente osservare che l’entità delle conseguenze dipende dall’altezza da cui si precipita, dalle caratteristiche dell’ambiente in cui avviene la caduta, ecc. mentre la probabilità di subire tali effetti avversi dipende dall’affidabilità dei dispositivi di protezione utilizzati. In altre parole i rischi di spiccare il volo da uno stesso punto con un paracadute o con un deltaplano variano esclusivamente per la loro componente probabilistica, la quale rappresenta pertanto una misura del livello di sicurezza dello specifico dispositivo. Nell’ambito della sicurezza industriale o del lavoro questa rappresentazione consente quindi di valutare un’iniziativa, un’azione, una mansione, un impianto, ecc. sia in funzione dell’entità delle conseguenze che da essi possono intrinsecamente originare, sia in funzione dell’adeguatezza del/i dispositivo/i di sicurezza adottato/i.

Dal concetto di rischio discende ovviamente la definizione di analisi di rischio, la quale in termini logici si riduce semplicemente al rispondere ai seguenti quesiti:

1) che cosa può accadere ?

2) quanto è verosimile che ciò che è stato identificato accada ?

3) se accade, qual è l’entità delle conseguenze ?

L’uso operativo di tale approccio propone però alcune difficoltà intrinseche di non facile soluzione. Molto spesso, infatti, un evento incidentale quale può essere il rilascio di una sostanza pericolosa in un ambiente di lavoro, l’uso di una macchina, ecc. può originare scenari che, variando in funzione di fattori casuali, possono evolvere in eventi caratterizzati da una diversa entità delle conseguenze. Se si pensa ad esempio al rilascio di vapori infiammabili in un impianto, è facile arguire come la nube da essi formata possa:

• in funzione delle correnti d’aria presenti in quel momento ed in quel luogo, dirigersi verso un’area in cui siano o no presenti dei lavoratori;

• in funzione della tipologia delle attività che ivi si svolgono, incontrare o non incontrare una sorgente d’innesco;

• in funzione del grado di confinamento, anche parziale, e della probabilità di essere innescata, evolvere in un incendio o in una deflagrazione;

• ecc.

Pur considerando lo stesso evento, ad ognuna di queste evoluzioni corrisponde una diversa entità delle conseguenze che deve essere considerata nel valutare il rischio. Ne consegue che la rappresentazione puntuale suggerita in precedenza risulti inadeguata alla complessità della realtà che il rischio vuole rappresentare e sia pertanto necessario ricorrere ad una formulazione molto più complessa che esprima il rischio come una serie di ennuple Si , pi , mi , in cui S, p ed m rappresentano rispettivamente lo scenario incidentale, la sua probabilità di verificarsi e l’entità delle conseguenze per esso attese. In termini formali il rischio R di un’azione può quindi essere definito con R = < Si , pi , mi > per i = 1, n dove n è il numero dei possibili scenari incidentali che l’analista riesce ad identificare per l’evento considerato. Le risposte ai quesiti posti nell’analisi di rischio, organizzate in forma tabulare, costituiscono ovviamente la serie di ennuple cui si è fatto riferimento nella definizione quantitativa di rischio (fig. 1).

Una siffatta rappresentazione fornisce una visione del rischio molto articolata e completa ma mal si presta alle valutazioni e comparazioni necessarie al processo decisionale in quanto non fornisce una valutazione univoca. Per ovviare al problema si può ricorrere ad una trasformazione finalizzata ad esprimere il rischio in funzione dell’entità delle conseguenze. Operativamente ciò può essere realizzato ordinando gli scenari identificati secondo una scala crescente dell’entità delle conseguenze e cumulando le probabilità di ognuno di essi con quelle di tutti gli scenari per cui sono previste conseguenze peggiori. In termini formali:

dove:

Pi = probabilità cumulativa dello scenario i-esimo;

pj = probabilità dello scenario j-esimo;

n = numero degli scenari individuati.