Gli analisti hanno concentrato la propria attenzione sulla Cina e sull’India, fondamentalmente a causa delle loro dinamiche economiche, delle cifre demografiche, delle trasformazioni strutturali e per le possibili implicazioni che possono avere queste tendenze sull’economia regionale e mondiale. Attualmente entrambi i paesi mostrano tassi di crescita tra i più alti al mondo, la loro popolazione congiunta rappresenta circa un quarto di quella mondiale, stanno realizzando trasformazioni strutturali che, se dovessero continuare nei prossimi decenni, potrebbero produrre cambiamenti essenziali nella configurazione economica del pianeta.
L’evoluzione in entrambi i paesi è sempre più oggetto di comparazione, giacché mettendo in relazione similitudini e differenze è possibile precisare le direttive di ogni singola nazione, approssimarsi ad una configurazione di un modello relativo di sviluppo effettivo e considerare gli elementi oggettivi che indicano le tendenze del processo di costruzione dell’ordine economico globale.
1. Similitudini
In primo luogo è da tener presente che entrambe, Cina ed India, sono localizzate nella stessa regione, rappresentano due delle maggiori e più antiche culture dell’umanità, hanno avviato un percorso nuovo di progetto nazionale indipendente a partire dall’ultimo lustro degli anni ’40 del secolo trascorso, dal momento che l’India raggiunse l’indipendenza nel 1947, mentre in Cina trionfò la rivoluzione sociale nel 1949.
In relazione ai rispettivi livelli di sviluppo, essi erano molto simili al termine della Seconda Guerra Mondiale. Le loro economie erano caratterizzate da grande disordine, un profilo prevalentemente agrario, scarsissime manifestazioni di un’industria debole e di infrastrutture davvero poco sviluppate. Le condizioni generali erano di una profonda povertà accumulata nella seconda metà del secolo XX.
Sul piano demografico, Cina ed India si caratterizzano per le loro enormi popolazioni, cui va ad aggiungersi un’esplosione demografica durata decenni. Oggi, entrambi i paesi rappresentano insieme il 37% della popolazione mondiale e come conseguenza dello sviluppo economico testimoniano un’alta propensione all’urbanizzazione.
I modelli economici che informavano le precedenti società furono trasformati ed avvicinati a quelli teorizzati dalle nuove forze politiche. In entrambe le nazioni è esistita un’alta componente di pianificazione e centralizzazione economica con particolare attenzione allo sviluppo dell’industria pesante. Entrambi gli Stati hanno governato i processi di industrializzazione dei propri paesi.
Nello stesso modo, in entrambe le nazioni l’agricoltura e le attività economiche rurali mantennero un importante ruolo dettato dalla struttura economica, dalla composizione sociale e dalla sicurezza alimentare.
Cina ed India inoltre condivisero una simile strategia commerciale agli inizi, con l’obiettivo di stimolare la crescita, sostenendo un processo di “import substitution”.
Dal punto di vista politico, entrambi i paesi successivamente all’indipendenza, si sono imbattuti in conflitti interni temporanei o di maggiore durata ed in guerre con paesi confinanti che producevano conseguenze profondamente avverse alle dinamiche economiche e sociali.
Successivamente, e non nello stesso periodo, sebbene non a distanza eccessiva, entrambi i paesi furono interessati da profondi cambiamenti delle strategie economiche che li hanno condotti allo smantellamento del precedente modello vigente, perseguendo l’apertura al commercio ed agli investimenti stranieri.
Come risultato delle nuove esperienze economiche, la Cina e l’India hanno aperto il secolo XXI all’insegna di significativi dinamismi economici. Questi due giganti asiatici sono considerati tra le maggiori economie emergenti a livello internazionale, tra quelle che mostrano livelli di crescita tra i più alti e sostenuti, sviluppi significativi nei più importanti settori economici e che hanno avviato trasformazioni economiche notevoli. Allo stesso modo entrambi devono affrontare l’arduo compito di trovare il proprio spazio all’interno dello scenario mondiale, affinché le relative politiche estere e la diplomazia possano dar vita ad una complessa strategia di alleanze e di sostegno che consenta loro di modificare la struttura attuale. Con l’indipendenza entrambi i paesi hanno condiviso grandi similitudini in ambito economico, sociale, politico, culturale negli anni, pur esistendo differenze sostanziali che influiscono sulla o determinano la dinamica di tali processi e delle loro tendenze.
2. Differenze
Per quanto riguarda gli orientamenti economici, politici e sociali, i due paesi percorrono sentieri differenti. La Cina sperimenta la costruzione del “socialismo con caratteristiche cinesi”, mentre l’India insiste in un alveo prettamente capitalistico. I processi di riforma che hanno interessato i due paesi cominciano, in Cina, nel 1978, mentre in India nel 1991, e cioè con 13 anni di ritardo. Il “ri-orientamento” economico cinese è stato, sin dall’inizio, verso l’apertura al commercio internazionale e agli investimenti esteri, mentre l’India all’inizio si è aperta soltanto al settore imprenditoriale privato, il cui decollo è dovuto agli investimenti privati nei settori a nuova tecnologia. In merito all’apertura economica, nonostante essi abbiano fatto progressi verso tale obiettivo, l’importanza ed il rafforzamento di entrambe le nazioni nel settore dei beni sono stati differenti. La Cina ha mantenuto nel tempo una maggiore quota e con tendenze ad una crescita rapida, circa 6%, mentre l’India si attesta all’1% e vive una crescita più lenta. In termini di investimenti interni, la Cina sfrutta circa il 40% del proprio PIL, molto al di sopra dell’India, fatto che ha consentito all’economia cinese di crescere a ritmi molto alti e sostenuti. Il risparmio interno della Cina è quasi due volte superiore a quello indiano, dal momento che, mentre nella prima per ogni dollaro si risparmiano circa 44 centesimi, in India soltanto 24. In merito al tasso medio di crescita, la Cina ha dimostrato di essere molto più dinamica, crescendo del 9,67% dall’avvio delle riforme, mentre l’India si è attestata al 7%. Tale risultato ha permesso alla Cina di diventare la quarta economia mondiale, mentre l’India è l’undicesima. C’è da considerare inoltre che il PIL cinese è tre volte quello indiano. A sua volta il PIL procapite della Cina è superiore, nonostante abbia una popolazione superiore a quella indiana. La struttura del PIL cinese dimostra che esso si fonda prevalentemente sul settore manifatturiero, mentre in India prevale quello dei servizi. Per quanto riguarda la struttura della domanda, in Cina c’è maggiore partecipazione degli investimenti e delle esportazioni nette, mentre in India assume un ruolo centrale il consumo interno.
Agricoltura
Nel settore agricolo esistono differenze marcate tra i due paesi. La Cina è riuscita con esito positivo ad elevare la propria produzione agricola, il che ha reso possibile rendere operativi i propri vantaggi comparativi. La sua produttività è di gran lunga superiore a quella indiana, giacché in essa si producono 400 milioni di tonnellate di grano in soli 100 ettari di terreno, mentre in India se ne producono 108 milioni di tonnellate in 146 milioni di ettari di terra coltivata. Specialmente nella produzione di riso, il contadino cinese ottiene 6,233 kg di riso per ettaro, che è più del doppio di quello ottenuto da un indiano, che riesce a produrre soltanto 3,034 kg/ha. La storia si ripete anche per il grano, poiché la Cina ottiene 4,155 kg/ha mentre l’India ne ottiene 2,688. Tali risultati sono dovuti al fatto che in Cina, fondamentalmente, esiste un miglior utilizzo delle coltivazioni, c’è maggiore disponibilità di macchine e fertilizzanti, grazie a maggiori investimenti pubblici e ad un migliore utilizzo della terra. In India nonostante i 2/3 della popolazione dipendano da questo settore per la propria sopravvivenza, esso ha un peso minore, il che fa in modo che esso non contribuisca significativamente all’espansione economica.
Settore manifatturiero
La Cina dipende dal suo immenso e diversificato settore industriale, orientato principalmente alle esportazioni, che produce la quota maggiore del PIL. Tale settore di caratterizza per la sua chiara superiore produttività del lavoro e profittabilità rispetto a quello indiano. In India esso è costituito da artigianato tradizionale, piccole, medie e grandi aziende manifatturiere e prodotti ad alta tecnologia. Il settore contribuisce per circa 1/4 del PIL, nonostante lo sviluppo industriale sia stato una delle priorità del governo, mentre un’importante quota di PIL viene generata nel settore dei servizi.
Servizi
In Cina il settore dei servizi contribuisce al PIL per meno di 1/4, il che posiziona tale paese molto al di sotto della media di quelli sviluppati dove si raggiungono quote anche dell’80% del PIL.
In India invece è proprio il contrario, poiché i servizi costituiscono quasi la metà del PIL, essendo il settore più dinamico del paese, tra quelli a maggiore sviluppo delle ICT1, delle biotecnologie e del settore finanziario. Il paese è un caso speciale tra i paesi non sviluppati, poiché una parte importante del PIL è generata in questo settore, tipico dei paesi sviluppati.
Finanze
In Cina il settore finanziario è dominato dallo Stato e si comporta come una delle aree più arretrate e deboli2, il tutto a causa, fondamentalmente, della percentuale di prestiti mal concessi ed alla poca competitività interna al settore.
In India il settore nazionale statale insieme a quello privato continuano a dominare le finanze e sono considerati una fortezza grazie al suo sviluppo istituzionale, al meccanismo di funzionamento ed alla disciplina vigente.
Infrastrutture
Per quanto riguarda le infrastrutture, quelle cinesi sono molto più moderne e migliorano con molta più rapidità che in India. C’è stato un grosso progresso nella costruzione di strade, porti e nella fornitura di energia, con il proposito di agevolare principalmente le manifatture e le esportazioni. Si stima che a grazie agli imponenti risparmi del paese, è stato investito otto volte in più, in questo settore, rispetto all’India, il che pone la Cina in una condizione migliore per viabilizzare lo sviluppo della nazione.
L’India invece deve fare i conti con precarie infrastrutture che ostacolano lo sviluppo. Nel paese scarseggia la produzione di elettricità per cui abbondano estesi blackout, a ciò si aggiunga che i suoi porti non sono sufficienti e la gran parte delle strade versa in condizioni pessime. L’India ha intensificato la infrastruttura “soft” (educazione, scienza e tecnologia) con l’obiettivo di sviluppare settori ad alto contenuto di conoscenza, però non ha raggiunto i livelli di estensione della Cina.
Settore esterno?
In materia di investimenti stranieri esiste una grande differenza tra i due paesi. La divergenza è notevole dal momento che l’India riceve soltanto il 40% di quanto ricevuto dalla Cina. Negli IDE in entrata, la Cina detiene una partecipazione più ampia ai flussi internazionali, raggiungendo circa il 5% del PIL durante gli ultimi 10 anni, mentre nello stesso periodo l’India raggiungeva soltanto la cifra dell’1%.
Per quanto riguarda il commercio estero, quello cinese è circa 5 volte superiore a quello indiano. La produzione è fortemente orientata all’esportazione, poiché la sua crescita economica è in gran parte legata alle esportazioni che le aziende straniere realizzano, fatto che è molto vincolato agli investimenti stranieri che arrivano nel paese.
L’India attualmente versa in una situazione positiva per quanto riguarda i principali indicatori di sostenibilità e liquidità del debito esterno. La politica di amministrazione del debito sostenuta negli ultimi anni può considerarsi riuscita, tanto che ha avuto come conseguenza l’ingresso del paese nel gruppo degli Stati a basso reddito meno debitori, sebbene sia ancora uno dei 10 principali paesi sottosviluppati debitori.
Situazione sociale
Attualmente la Cina, l’abbiamo già notato, ha una popolazione superire a quella indiana. I cinesi sono circa 1,350 miliardi, mentre in India vi sono circa 1,130 miliardi di abitanti. Tuttavia in Cina l’urbanizzazione e la natalità sono regolate, in India no. Le autorità indiane considerano un punto di forza le dimensioni e la crescita della popolazione, che, calcolando anche che la sua percentuale di individui inferiori ai 15 anni è superiore a quella cinese, supererà la popolazione della Cina nel 2045.
La società cinese, rispetto a quella indiana, non è caratterizzata dall’influenza sensibile della religione, né da pregiudizi di classe né dal pluralismo politico. Nonostante vi siano 56 gruppi etnici, ve n’è uno predominante (gli Han, più del 90%) e linguisticamente è omogenea3.
Al contrario, l’India è una società retta dalla religione e con una rigida struttura di caste, esistendo grossi pregiudizi tra di esse e tra le classi sociali. In India però è ammesso il pluralismo politico. Con le sue differenze di reddito, casta, religione, l’India è divisa in molti mondi separati, per cui gli individui possono vivere al loro interno senza conoscere nulla degli altri, tanto da poter sostenere che il paese sia una nazione “invertebrata”. Ci sono 650 milioni di indù, 190 milioni di musulmani, 80 milioni di differenti gruppi tribali e 200 milioni di dalit (gli intoccabili), movimenti indipendentisti nel nordest, decine di idiomi importanti (il 90% non parla inglese).
La Cina è dotata di più programmi sociali e maggiore attenzione alla popolazione rispetto all’India. Essa dà una certa priorità ai programmi di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, il che dimostra il grande sforzo sostenuto per combattere la povertà. In questo paese le riforme intraprese hanno prodotto effetti favorevoli sulla popolazione. La riduzione della povertà ha fatto sì che si passasse da 304 milioni di persone povere ai circa 26 milioni di oggi. Soprattutto in merito alla questione della fame, si calcola che in Cina le persone sottoalimentate siano diminuite di circa il 55%. Inoltre nonostante ivi esistano milioni di persone con redditi molto bassi (che vivono con meno di due dollari al giorno), i poveri in termini assoluti sono molto di meno e nelle città non si moltiplicano scene dantesche, né si assiste al caos delle mega-città in stile indiano, nelle quali la miseria è opprimente.
In India si calcola che la percentuale dei poveri sia sei volte più elevata che in Cina, ed i tassi di povertà sono quasi uguali a quelli riscontrabili all’inizio del processo di riforma ed, inoltre, presenta un livello di denutrizione molto elevato. Vi sono alcuni studi che stimano che la popolazione che riceve un dollaro o meno al giorno in Cina sia del 10% mentre in India il 34% e quella che riceve due dollari al giorno ammonti a circa il 35% in Cina a fronte del circa 80% dell’India, dove la maggior parte delle persone è priva dell’accesso ai servizi basilari come la sanità, l’educazione, l’acqua potabile e così via, servizi che sono abbandonati in pratica alla spontaneità, senza alcuna possibilità di poter invertire la situazione. Il periodico indiano Hindustan Times del 14 ottobre 2007 rivelava che, stando ad uno studio di un’istituzione governativa, il 77% della popolazione, ossia 836 milioni di indiani, vivono con meno di 20 rupie al giorno (cioè meno di 0,5 dollari). Tale cifra si discosta parecchio da quelle della Banca Mondiale.
In Cina esistono grandi divergenze tra i redditi, situazione che si riflette nel suo indice di Gini (0,47), il secondo più elevato della regione dopo quello del Nepal. Però alla base di questo dato non c’è un processo di crescita della popolazione povera, bensì un incremento nella distribuzione diseguale delle ricchezze.
In India, oltre alle differenze enormi tra il 10% dei più ricchi ed il 10% dei più poveri, c’è un immenso debito sociale di cui tener conto ed una quasi impercettibile dinamica nel riscatto dei settori marginali.
In Cina si spendono circa 270 dollari per abitante per la cura della salute, in India soltanto 80, in Cina, secondo la regione, tra l’80 ed il 94% della popolazione ha accesso ai medicinali basilari, in India la forbice invece va dallo 0 al 49%. In Cina la speranza di vita è di 7 anni più elevata di quella indiana e la mortalità infantile è tre volte inferiore di quella indiana, inoltre l’8% dei neonati cinesi nasce con un peso insufficiente, mentre in India sono ben il 47%. La morte materna durante il parto è di 45 casi su 100.000 nascite in Cina, è di 450, invece, in India.
Specialmente in India il tasso di malnutrizione tra i bambini al di sotto dei 5 anni è del 45%, il 46% dei fanciulli è vittima di carenza di peso, il 40% di tutti i bambini del mondo che soffrono di sottopeso vive nel paese e meno di un terzo delle abitazioni posseggono un bagno. Nonostante 9 anni di crescita economica sostenuta, la fame in India è diminuita del solo 1%. L’India: il paese dove risiede circa un terzo di tutti i poveri del mondo.
In Cina il 9% della popolazione è analfabeta, mentre in India è lo è il 38%, simile percentuale anche per gli analfabeti funzionali. In generale in Cina la popolazione è più qualificata ed il paese possiede quattro volte il personale scientifico dell’India.
In Cina l’utenza telefonica complessiva è quattro volta più estesa di quella indiana e l’uso di internet è tre volte maggiore del suo vicino del sud.
La situazione dei contadini indiani è peggiorata moltissimo. Tra il 1996 ed il 2003 più di 100.000 contadini indiani si sono suicidati, la maggior parte per problemi di sovraindebitamento.
Situazione politica
La dirigenza politica cinese ha un forte sentimento nazionale ed è profondamente coinvolta con lo sviluppo del paese. Gran parte della legittimazione della sua organizzazione politica reggente, il PCC, scaturisce dai risultati economici raggiunti e nel modo in cui questi hanno generato un miglioramento del livello di vita della popolazione. Per quanto riguarda le situazioni negative del paese, le sue autorità riconoscono e si confrontano con la soluzione di tali contraddizioni.
La classe politica indiana, in generale, ha un atteggiamento “clientelare”, la sua funzione principale è rappresentare i propri interessi di gruppo ristretto. Stando ad analisti indiani, gran parte della classe politica indiana dipende per il suo finanziamento dal saccheggio dello Stato, dalle imprese private e dalla mafia, per cui ne deriva che ciò che caratterizza il paese non è la democrazia, bensì la grande depravazione sociale. La maggioranza dei suoi politici non manifesta critiche di alcuna sorta a tale situazione, dal momento che concorda con la “linea corretta” di conduzione della nazione. A ciò si aggiunga il fatto che in Cina il personale dedicato al funzionamento economico è relativamente più efficiente e meno corrotto di quello indiano.
In Cina c’è la leadership del PCC che dirige lo Stato, che a sua volta ha un ruolo centrale, molto più influente di quello indiano. Il paese è uno stato unitario, con un sistema ed una struttura amministrativa capaci di porsi un obiettivo e concentrare con determinazione il massimo di risorse ed enfasi per realizzarlo, il che rende possibile una maggiore rapidità delle sue disposizioni rispetto all’India.
Al contrario, in India lo Stato non ha la forza di quello cinese. Le sue proposte rispondono agli interessi ristretti di gruppi particolari, nel prendere le decisioni va incontro alla lotta imposta dal suo stile “democratico” e deve, in seguito, confrontarsi ed imporsi agli interessi delle differenti regioni del paese, il che determina la lentezza e l’insufficiente forza coercitiva delle sue decisioni. Inoltre bisogna tener presente anche l’alto livello di corruzione che esiste tra i suoi funzionari e nella società in generale.
3. Valutazioni
Nonostante esistano tra Cina ed India varie similitudini sotto più punti di vista, non vuol dire che via sia un’identità di tali paesi, delle loro evoluzioni né delle tendenze che li interessano. Al contrario, le differenze esistenti tra entrambi i paesi individuano importanti discrepanze su più piani che distinguono questi processi, dinamiche e tendenze.
La Cina ha realizzato trasformazioni economiche e sociali più profonde e mostra maggiori potenzialità per la sua ascesa a potenza regionale e globale. Qui i fattori sociali e politici sono manifestamente più favorevoli. Entrambi i paesi hanno da superare difficili scogli, ma la Cina dimostra di essere più salda sul versante economico, politico e sociale, il che le conferisce maggiori possibilità di raggiungere i suoi propositi.
L’India, dal canto suo, necessita di una strategia più orientata al sociale e meno elitista, che le consenta di migliorare le condizioni della maggior parte della popolazione e di potenziare le proprie risorse umane, condizioni necessarie per superare la barriera della crescita e raggiungere lo sviluppo, a sua volta per stabilire una solida base di stabilità sociale.
La Cina supera l’India visibilmente in quanto a stabilità e condizioni politiche, infrastrutture, mercati locali, settore esterno, condizioni sociali e per quanto riguarda il fattore umano.
Se è vero che l’India ha raggiunto un determinato livello in alcuni indici macroeconomici, c’è da tener presente che i mezzi di comunicazione distorcono in gran parte l’ascesa del paese. Gran parte degli analisti sostengono che ciò di cui si parla è un “gigante dai piedi di argilla” o di una “bomba ad orologeria”, a causa delle grandi contraddizioni che sono andate accumulandosi.
Le realtà e le dinamiche della Cina e dell’India, in definitiva, hanno alcuni elementi in comune però vi sono anche abissali differenze, soprattutto riguardo alla solidità ed alle tendenze di fondo.
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Arxlenin Barthelemy Collego, Centro de Estudios sobre Asia y Oceanía
L’India sta ancora una volta incrementando la sua quota nel mercato mondiale del software.
È un settore comunque interessato da intense riforme e, nonostante le sue difficoltà, non è caratterizzato dalla deficienza di fondi monetari - posto che la Cina è la più grande riserva monetaria al mondo - e sta dando dimostrazione di miglioramenti.
Esistono tantissimi dialetti, però con la stessa scrittura e comunque quasi tutti comprendono il “pudong hua”.