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Osservatorio sindacale internazionale

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José Luis Martín Romero
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Dottore in Scienze Sociologiche. Preside del Dipartimento di studi sul lavoro del Centro di Ricerche Psicologiche e Sociologiche, Istituto cubano appartenente al Ministero di Scienza, Tecnologia ed Ambiente

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La cultura del lavoro a Cuba di fronte al perfezionamento d’impresa

José Luis Martín Romero

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L’incentivo, come sotto sistema del Sistema delle Relazioni Lavorative, si basa sulla corrispondenza tra le forme e i meccanismi di stimolo e la motivazione dei lavoratori per realizzare i loro doveri lavorativi. Quella motivazione e ancora di più questa corrispondenza è impossibile stabilirla centralmente, solo può concretizzarsi nell’ambito di ogni collettivo.

Si starà forse scommettendo su un determinato grado di omogeneità sociale come sinonimo di equità sociale e uguaglianza? Se è così la discussione raggiungerebbe un altro livello e non c’è possibilità di svilupparla in questo testo; anticipo solo che considero l’assunzione di tale sinonimia semplicistica e disgraziatamente burocratica. Magari si risolvesse con una scala salariale! In realtà, l’ha già detto il Maestro: “Non c’è uguaglianza sociale possibile senza uguaglianza culturale!”.

Dal lato pratico penso che in questi tempi di globalizzazione
 di tutto ed anche del lavoro- non si può pensare che la nostra condizione di isola medi troppo la competenza tra l’impresa capitalista e la socialista. Finora abbiamo solo imprese miste; ma senza dubbio ci saranno il 100% di quelle straniere, la legge lo permette. La nostra forza competitiva non è né nell’incentivo né nel salario in particolare. Non può esserci lì la scommessa fondamentale; la forza sta nella partecipazione dei lavoratori alla dirigenza, la possiamo portare fino ad un punto impossibile, grado che le imprese capitaliste più democratiche non possono raggiungere neanche in sogno.

L’incentivo di un’impresa capitalista può, comunque, raggiungere un punto impensabile per noi; le sproporzioni non la mutano ed è circostanziale la polarizzazione della ricchezza e le possibilità e così, sebbene la disoccupazione sia divenuta “la questione sociale del XX secolo” (Prieto, 1994) sul rovescio della medaglia abbiamo gli “yuppies” e la cosiddetta “overclass” del capitalismo contemporaneo. Mai una società socialista potrà pensare in termini non solidali e cercherà sempre il modo di evitarlo (senza dover accorrere a scale salariali centralizzate). L’impresa capitalista non ha nessun limite per ritornare al passato, potrebbe tornare alla schiavitù, la nostra al contrario, non ha limiti sul suo cammino verso il futuro e questo è quello che qualunque perfezionamento deve prefissarsi. Lo spazio naturale di questo avanzamento è la Partecipazione.

E se parliamo di futuro, ce n’è uno così prossimo che è quasi presente e con il quale costruisco il punto di riferimento dei miei ultimi dubbi, o in questo caso, aspettative insoddisfatte rispetto al PE, riferite alla sua proiezione ambientalista e comunitaria.

La globalizzazione ha potenziato i suoi antipodi: la regione, il micromondo geografico ed economico dell’impresa. Le catene di produzione, i distretti industriali, hanno elevato esponenzialmente i vincoli inter-aziendali, la competenza globale ha spinto molti verso la cooperazione locale. È sorto anche il concetto di “globalizzazione” per riferire dalla sua complessità questi fenomeni apparentemente contraddittori.

L’economia cubana, che è caduta in blocco nel cosiddetto Periodo Speciale non uscirà né sta uscendo da questa tappa critica. Ciò è assolutamente naturale, non tutti i rami o regioni del paese hanno le stesse possibilità di riorientare la loro produzione e i servizi verso il mercato internazionale o interno in valuta. Lo stiamo vedendo, il turismo si è decuplicato in questi anni fino a convertirsi nella nostra primaria industria; l’industria sider-meccanica supererà quest’anno il record storico di produzione e guadagni, così anche alcune regioni come la provincia della città de La Habana hanno un ritmo di recupero evidentemente superiore ad altre regioni del paese per la concentrazione di attività di più rapido riorientamento sul mercato.

Una simile realtà implica una ridefinizione dei vincoli tra l’impresa socialista cubana ed il suo spazio geografico. Le regioni cubane (provincie, comuni, comunità concrete) hanno nelle imprese statali lì installate delle fortezze, delle risorse materiali e umane per riprendersi e uscire dal Periodo Speciale; tuttavia il PE non enfatizza sufficientemente né abbonda con la responsabilità delle imprese nella loro regione. Di fatto i vincoli interaziendali non costituiscono un sottosistema né si allude alla regione come categoria di sviluppo d’impresa.

Si tratta forse di un’omissione? Possiamo lasciare questo aspetto del problema fuori dalla discussione? Considero in maniera enfatica che, dentro alla promozione culturale che il PE propugna, va potenziato lo spazio regionale e, nel riferirlo, stiamo facendo risaltare uno scenario di assoluta immediatezza. Non credo che tutto si risolva con l’approvazione del piano d’impresa, bisogna che si risolva anche a livello regionale, come abbiamo già visto.

Per terminare questo inventario, mi assalgono dubbi sull’assenza della gestione ambientale in tutto il programma del PE. I nostri quadri direttivi, i sindacalisti, i lavoratori devono incorporare i preconcetti e le metodologie che chiariscono gli impatti ambientali di tutta l’attività economica. Se si decide per esempio di bruciare un campo di canna da zucchero, l’evacuazione non può soffermarsi sulle conseguenze economiche di quella decisione; il danno che si provoca al suolo e la possibile lesione dell’ecosistema va considerata nell’analisi. C’è un altro spazio importantissimo per l’attività sindacale delle organizzazioni politiche rappresentate nel collettivo e per le organizzazioni professionali.

Il nostro mare, i nostri fiumi ed il suolo, l’aria che respiriamo devono essere preservati e risanati, ma mai aggrediti. Il concetto di impresa socialista deve essere sinonimo di Impresa Ambientalista e questa valutazione deve far parte degli indicatori dell’efficienza. Qualunque omissione qui è una lesione all’habitat umano. Con questo voglio dire che non è sufficiente che Le Basi... consegnino, nelle funzioni delle Organizzazioni Superiori di Direzione Impresariale, “...il controllo delle misure di protezione nell’ambiente” (op. cit. pg.15).

Ho altri dubbi ed opinioni, ma credo di aver esposto la parte fondamentale degli apprezzamenti sul PE. Forse sarebbe utile che provi a fare una sintesi di un solo paragrafo sulle imposte.

Il PE rappresenta una sorta di prima forza motrice per dare l’impulso ai cambiamenti nelle organizzazioni lavorative cubane, introduce sensatamente meccanismi di mercato che sicuramente si andranno ad incorporare ai valori annessi alla responsabilità economica nella nostra cultura dirigenziale, promuovendo tecnologie di direzione avanzate e creando minime condizioni indispensabili per restituire al lavoro la sua condizione di mezzo per vivere. È, comunque, almeno sul terreno delle Risorse Umane e delle relazioni lavorative una proposta che richiede scambi teorici, esperimenti e nuovi e successivi sviluppi che apriranno le possibilità di superare i limiti attuali sul terreno della partecipazione dei lavoratori nella direzione e sulla proiezione comunitaria e ambientalista.

4. Conclusioni provvisorie

In un lavoro come questo non si può altro che giungere a delle conclusioni solamente provvisorie, posto che non credo di avere la verità, ma una visione di essa basata sulla nostra esperienza lavorativa. Se conoscessi migliori o altri punti di vista con delle buone basi, potrei modificare alcuni punti della mia visione anche se sono convinto che sono al di sopra di esse. La superbia è castrante.

Quindi cercherò, brevemente, considerando i miei già stanchi lettori di rispondere alla domanda iniziale: come si inter- influenzano la cultura del lavoro attuale e l’iniziativa del Perfezionamento d’Impresa?

Dati i punti forti sopra elencati sul PE, questa iniziativa può contare, dalla sua parte, sugli elementi più solidi della nostra cultura del lavoro: istruzione e preparazione del personale e dei quadri dirigenziali; disposizione alla sperimentazione, al cambiamento; creatività ed entusiasmo; ma anche, data la comprensione dello sfondo politico dell’affare lavorativo, il PE può contare su importanti dosi della motivazione politica ed ideologica. Da parte sua la cultura del lavoro può risultare beneficiata dal PE, perché le sue principali debolezze sono: la responsabilità ambivalente e il diseguaglianza di fronte al lavoro e la debole istituzionalizzazione prevalente nelle nostre imprese potrebbero cominciare una trasformazione positiva.

La responsabilità economica e giuridica possono far aumentare l’autonomia e maggiori controlli economici, la responsabilità professionale può irrobustirsi con un buon controllo del disimpegno e una retribuzione differenziata. La responsabilità politica ed ideologica potrà solo migliorare se si rafforza il radicamento della partecipazione del PE.

L’istituzionalizzazione delle nostre imprese avrebbe potuto iniziare ad abbandonare la sua ancestrale debolezza se in favore del più puro e chiaro sviluppo economico avesse stabilito norme di funzionamento e manuali di procedimento, se avesse rafforzato credenze e valori organizzativi, ed infine una cultura del lavoro che non dipenda dal carisma di chi sta dirigendo. Sicuramente il paradigma della direzione unipersonale opera in senso inverso, questo è un handicap da considerare. Si rafforzerebbe anche la ragione sociale, il compromesso politico, questo è l’istituzionalizzazione. Un altro aspetto , molto importante, è la creazione di meccanismi trasparenti e acconsentiti da tutti di misurazione del disimpegno e della costituzione di canali di promozione a partire da questi meccanismi e non da altri. Ciò è un aspetto particolarmente insicuro senza un adeguato e crescente potenziamento della partecipazione nella presa di decisioni.

I rischi sono nell’ottenere una istituzionalità non autenticamente socialista per svalutazione o manipolazione degli affari partecipativi (emulazione, spiegamento dell’iniziativa e della creatività, democrazia lavorativa socialista ed esercizio della dirigenza come partecipazione specializzata); nel raggiungere una responsabilità nel lavoro non compromessa nell’ordine politico ed ideologico. Con l’essere così l’istituzione, la volontà di perfezionamento, la disposizione alla sperimentazione e tutti i rafforzamenti nell’insieme della nostra cultura del lavoro seguirebbero il cammino del progresso individualista e si perderebbe la nozione di patria che alberga ed esalta il lavoro. Si correrebbe l’enorme rischio inoltre di tingere il perfezionamento di burocratismo e doppia moralità.

La soluzione allora non sta solo nel pretendere, neanche nel ridefinire il paradigma della direzione (che sarà senza dubbio un progresso), bisogna formare, costruire la partecipazione, educare ed auto-educarsi, bisogna sconfiggere il padrone carismatico e rafforzare quello istituzionale del funzionamento e della direzione organizzativa. Ciò porta al dibattito, alla sperimentazione, teorizzazione e tutto ciò bisogna farlo partendo dalla pratica, dall’implementazione del perfezionamento, dal terreno e con i lavoratori.

Il mio pronostico è chiaro: il futuro a medio e lungo termine del PE dipenderà da quanto siamo capaci di far corrispondere la condizione dei lavoratori cubani di essere proprietari collettivi dei mezzi di produzione e l’esercizio di tale condizione.

È come dire che dipende da quanto siamo capaci di essere socialisti.