Il movimento antiglobalizzazione: un nuovo soggetto nelle relazioni internazionali?
Rebeca Oroza Busutil
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1. Introduzione
Tra i ricercatori e gli studiosi dei movimenti sociali non
esiste un consenso nel momento stesso in cui inizia ciò che comunemente è
denominato Movimento Antiglobalizzazione [1]. Allo stesso tempo, la novità
del fenomeno e, conseguentemente, l’assenza di uno studio sistematico in
merito, unito alla straordinaria eterogeneità del movimento, non ci da ancora
la possibilità di formulare una definizione determinata, così come sarebbe
accaduto per un’organizzazione omogenea ed istituzionalizzata.
Nonostante ciò, lo studio e l’analisi delle sue
caratteristiche principali, così come il susseguirsi delle azioni che, da più
di una decade, sta portando avanti il Movimento, ci permette di valutare,
sommariamente, i rischi che affronta questa Sinistra sociale, plurale e diversa,
così come le possibilità e la forza reale, per le quali si può qualificarlo
come il più importante movimento di massa delle ultime tre decadi e come una
significativa espressione di resistenza al distruttivo modello neoliberale della
globalizzazione.
Comincieremo questo lavoro realizzando una caratterizzazione
del fenomeno della globalizzazione, la globalizzazione neoliberale, così come
dei problemi globali che oggi affronta l’umanità, per chiarire su che cosa il
Movimento indirizza la sua azione.
Dalla fine del XIX secolo, i classici del Marxismo-Leninismo
anticiparono il carattere obiettivo e, per tanto inevitabile, obbediendo alle
proprie leggi dinamiche, della progressiva concentrazione ed accumulo del
capitale che oggi si traduce nel processo di globalizzazione, e che, nell’oltrepassare
gli stretti confini dei principali paesi capitalisti, si internazionalizza,
segnalando: “la borghesia, nell’esplorare il mercato mondiale, da alla
produzione e al consumo di tutti i paesi un timbro cosmopolita (...) al posto
dell’antico isolamento e dell’autarchia delle regioni e delle nazioni, si
stabilisce uno scambio universale, una interdipendenza universale delle nazioni”.
[2]
Ma è nella fase del capitalismo monopolista o dell’imperialismo
nella quale “(...) una volta ottenuta la maturità economica, il sistema si
lancia verso l’espansione internazionale dei rapporti di produzione
capitalista ed il sistema diventa un sistema (di economia) mondiale.” [3]
Durante la tappa monopolista, il capitalismo continua a
realizzare uno sfruttamento estensivo ed intensivo delle risorse umane e
naturali, però adesso di tutto il pianeta, incluso anche di quei paesi che non
sono sottomessi alla dominazione coloniale, ma che sono comunque paesi
politicamente indipendenti.
È nella seconda metà degli anni 70 e specialmente negli
anni 80 che si accelera la tendenza all’espansione internazionale dei rapporti
di produzione capitalista su scala mondiale, periodo nel quale cominciano a
svilupparsi quelle che oggi conosciamo come tendenze globalizzatrici.
Successivamente, durante gli anni 90, con il collasso del
socialismo nei paesi dell’Europa Orientale e la disintegrazione dell’URSS,
il capitalismo abbandona il regime alternativo ed ottiene le condizioni
affinchè i suoi rapporti di produzione si estendano in tutto il pianeta, per
cui i problemi derivati dal suo funzionamento si convertono in problemi globali.
È in questo contesto internazionale che si produce l’irruzione pubblica del
Movimento Critico della globalizzazione neoliberale.
2. La globalizzazione neoliberale ed il suo Movimento Critico
La globalizzazione, che deve essere essenzialmente intesa
come il risultato storico dello sviluppo del capitalismo e come espressione di
un altissimo livello di sviluppo delle forze produttive, propizia una maggiore
internazionalizzazione della vita economica, un maggior grado di interdipendenza
tra le nazioni e conseguetemente approfondisce il carattere sociale della
produzione. Nonostante la globalizzazione abbia le sue radici nei processi
socioeconomici, si manifesta in tutte le restanti sfere della vita del pianeta.
Ma la globalizzazione non deve essere vista solamente come
fenomeno oggettivo, inerente alla natura del modo di produzione capitalista, ma
come il progetto promosso a volontà dai principali circoli di potere mondiale
con il fine d’imporre le loro politiche e le loro concezioni in tutto il
pianeta. In questo senso, la globalizzazione che realmente esiste oggi, basata
sulle concezioni economiche, politiche ed etiche del neoliberalismo è la
globalizzazione neoliberale, la quale sostiene, nell’ambito economico, una
radicale eliminazione del regolamento dell’economia, obbligando alle
privatizzazioni che giunguno fino ai servizi sociali, processi che danneggiano
non solamente le masse dei lavoratori, ma anche, e sempre di più, gli ampi
settori della media e piccola borghesia. D’altra parte, il fenomeno della
globalizzazione neoliberale ha inciso nell’aggravamento dei vecchi problemi di
carattere globale, presenti dai decenni degli anni 70 e 80 con il sorgere di
altri nuovi che toccano tutte le sfere dell’attività umana: l’economia, la
politica, il sociale, l’istituzionale, lo scientifico-tecnico, l’ambientale
e la cultura, tra gli altri.
Parlare brevemente dei principali problemi globali che
affronta oggi l’umanità, ci permetterà di comprendere il carattere
eterogeneo del Movimento come tratto essenziale che lo caratterizza, così come
l’ampiezza delle marce di protesta che si sono realizzate prima di ogni
incontro dei dirigenti delle principali potenze capitaliste e delle riunioni o
fori nei quali si è discusso ed analizzato le conseguenze della globalizzazione
neoliberale.
Nella sfera economica, l’applicazione della politica
economica neoliberale, in quasi tutti i paesi, incluso i paesi sviluppati,
lontana dal promuovere lo sviluppo, ha portato come conseguenza a una
contrazione dell’attività economica, così come la rottura dei contratti
sociali nei paesi sviluppati, ed insieme a ciò, la nuova natura della divisione
internazionale del lavoro implica che i rapporti commerciali internazionali si
stabiliscano tra le regioni o le zone specifiche dei paesi nella catena
produttiva trasnazionale e non tra i paesi. Questa strategia attuale delle
corporazioni trasnazionali, aggrava lo sviluppo diseguale delle regioni
economiche all’interno dei paesi.
L’aumento della disoccupazione, così come l’incorporamento
ai mercati dei lavoro di donne e bambini, i disoccupati a causa dell’applicazione
di nuove tecnologie, il deterioramento delle condizioni di vita della maggior
parte della popolazione mondiale, i problemi migratori, la disintegrazione
sociale con lo sviluppo di una serie di flagelli come la droga, la corruzione e
la violenza, la crisi della cultura politica, soprattutto nelle nazioni
sviluppate, la rinascita del razzismo, la discriminazione, la xenofobia, l’eventuale
esaurimento delle risorse naturali e la contaminazione del medio ambiente, danni
alla biodiversità del pianeta, costituiscono tra gli altri, alcuni dei problemi
globali che danneggiano quasi tutto il mondo.
D’altra parte, la crescita della concentrazione della
ricchezza, il potere e la presa di decisioni in un ridotto numero di attori
internazionali (paesi sviluppati, coorporazioni transnazionali, organismi o
organizzazioni internazionali, come l’FMI e il BM), ha implicato lo sviluppo
di una specie di diplomazia segreta nei rapporti internazionali.
Facendo riferimento all’impatto che ha avuto nei popoli
questa concentrazione di potere e di presa di decisioni in mano alle entità
soprannazionali e ad alcuni organi internazionali, limitando, sempre più, il
ruolo degli Stati Nazionali, uno degli studiosi dei movimenti sociali segnala:
“È precisamente la constatazione del fatto che la maggior parte dei governi
nazionali non ha più un potere di decisione sulle questioni centrali come la
politica economica o la crisi ecologica, una delle ragioni principali che
spiegano l’emergenza di alcuni movimenti sociali che, sfidando le risposte in
questi ambiti e provando la necessità di andare oltre le frontiere statali,
iniziano a vedere con “lenti globali” i loro problemi nazionali o locali”.
[4]
L’applicazione della politica neoliberale, con le sue
innumerevoli conseguenze di carattere globale, avendo come base non solo l’egemonia
economica, ma anche la tecnologia, la cultura, il settore militare, il
conseguente controllo politico e mediatico ed il per niente disprezzabile
appoggio dei grandi settori delle oligarchie nazionali, carenti del più
elementare senso della sovranità, spiega la reazione antiglobalizzatrice che,
dalla decade del 90, si viene sviluppando nel ambito mondiale, ottenendo oggi
livelli realmente importanti.
In merito a ciò, Eric Toussaint afferma: “Per la
concentrazione di coloro che decidono politicamente a livello mondiale, per la
similitudine dell’impoverimento che impone in tutto il pianeta, la lotta dei
contadini senza terra in Brasile, si lega alla lotta degli operai della
Volkswagen (...); con la lotta delle entità zapatiste (...), si unisce agli
scioperanti nordamericani della UPS; con la lotta centinaia di migliaia di
contadini indu che si oppongono alla OMC, si lega alla lotta dei clandestini di
Francia e dello Stato spagnolo (...). Ovunque il mondo si commuove...” [5]
Così, alle proteste di diversi gruppi contro la riunione
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) a Seattle, a novembre del
1999, considerata come la prova della crescita e dell’estensione di questo
movimento sociale, sono seguite una serie di azioni, e tra quelle che si
evidenziano, per la loro capacità di disarticolare piani di privatizzazione ed
anche progetti di maggiore portata che perseguono l’obiettivo di fortificare
un maggior dominio del capitale, vi sono le seguenti:
- La sfida all’incontro annuale del Foro Economico Mondiale
che ha luogo ogni anno a Davos, Svizzera, a gennaio del 2000, con la
partecipazione di mille rappresentanti del Movimento.
- A marzo del 2000 è stata fatta una marcia mondiale delle
donne che si è conclusa ad ottobre con la mobilizzazione di fronte alla sede
mondiale dell’ONU.
- Manifestazioni di protesta contro le riunioni dell’FMI e
del BM a Washington, ad aprile del 2000, bloccando l’accesso alle suddette.
- Praga, a novembre del 2000, sempre contro la FMI e la BM. L’iniziativa
è stata organizzata dall’INPEG (Initiative Against Economic Globalisation),
composta da anarchici, ambientalisti, socialisti e tutti quelli preoccupati per
il genocidio del mercato libero capitalista.
- Durante il Vertice di Nizza, effettuato a dicembre del
2000, più di 50.000 persone manifestano per “un’Europa del pieno impiego e
dei diritti sociali”.
- A gennaio del 2001, rappresentanti del Movimento cercano di
boicottare il Foro di Davos. Parallelamente si realizza il Foro Sociale Mondiale
di Porto Alegre che ha contato sulla partecipazione di 4000 attivisti.
- Manifestazioni in Quebec, sede del II Vertice delle
Americhe, contro l’istaurarsi di una zona di libero commercio per tutti i
paesi dell’area (ALCA).
- A Gotemburg, Svezia, la protesta antiglobalizzazione ha
obbligato a cambiare l’agenda dei leaders dell’Unione Europea, così come a
rinforzare la cooperazione della polizia per bloccare la violenza nei Vertici
europei.
- Grandi marce di protesta a Barcellona contro la repressione
della polizia e i tentativi di criminalizzare il Movimento nei mesi di giugno e
luglio del 2001, ciò ha fatto sì che il Banco Mondiale sospendesse la sua
conferenza annuale affinchè la stessa fosse realizzata su Internet.
- A luglio del 2001, a Salzburgo, il Governo Austriaco ha
sospeso il Trattato di Schengen, che permette la libera circolazione dei
cittadini nell’Unione Europea, per cercare di evitare l’entrata massiva di
manifestanti contro le giornate del Foro Economico Mondiale.
- A Genova, sede del Vertice dei G-8, si scatenano scontri
tra la polizia ed i manifestanti, il cui punto culminante è stata la morte di
un giovane attivista del Movimento.
- Celebrazione della seconda edizione del Foro Sociale
Mondiale di Porto Alegre, a gennaio del 2002, con la partecipazione di più di
60.000 persone, in contrapposizione alla classica riunione del foro di davos,
che si celebra a New York.
- Manifestazioni durante la celebrazione del Foro Sociale
tematico in Argentina, realizzatosi il 22 agosto del 2002, contro l’ALCA, l’FMI
e la politica neoliberale.
- A settembre del 2002, migliaia di manifestanti sfilano di
nuovo a Washington, vicino alle sedi del FMI e del BM.
Potremmo quindi segnalare che, il Movimento Critico alla
globalizzazione neoliberale, è conseguenza di due condizioni: da una parte la
graduale presa di coscienza dei settori, sempre più grandi, dell’opinione
pubblica internazionale riguardo la gravità delle conseguenze economiche,
sociali ed altre ancora della globalizzazione neoliberale e dei problemi globali
orginati o accentuati da quest’ultima e dall’altra, è il risultato della
necessità di una ricostruzione delle forze di Sinistra in un nuovo contesto
internazionale e su nuove basi organizzative.
[1] Per un grupoo importante di studiosi
dei movimenti sociali, il sollevamento zapatista a gennaio del 1994 in Chapas e
la celebrazione del I Incontro per l’Umanità e contro il Neoliberalismo,
realizzatosi nella Selva Lacandona, nel 1996, costituiscono i fatti che, in
maniera simbolica, segnano l’inizio dell’attuale Movimento Critico alla
Globalizzazione Neoliberale. Nonostante ciò, è stata chiamata “Battaglia di
Seattle”, del novembre 1999, contro le manovre della OMC, quella che diede
inizio alle mobilizzazioni antiglobalizzazione e che evidenziò la crescita e l’estensione
di questo movimento sociale su scala mondiale.
[2] Carlos Marx e Federico Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, Opere
Scelte, Edizioni Progresso, Mosca, Pag. 32.
[3] Si
veda: Barò Herrera Silvio: “Tendenze recenti di globalizzazione neoliberale”,
Articolo inedito, 2002. Nel suddetto, il ricercatore afferma che nella tappa
imperialista il modo di produzione capitalista presenta tre stadi nei quali è
possibile differenziare l’intensità con la quale si porta avanti l’espansione
dei rapporti di produzione capitalista: internazionalizzazione, situata
storicamente dalla fine del secolo XIX alla II Guerra Mondiale;
transnazionalizzazione, situata tra la II Guerra Mondiale e la metà degli anni
70 ed l’inizio degli anni 80, e globalizzazione, a partire dalla data
precedente.
[4] Si veda: Pastor Jaime, articolo: I Movimenti antiglobalizzazione Neoliberale,
VII Congresso Spagnolo di Sociologia, Gruppo di Lavoro 27: Movimenti Sociali ed
azione collettiva, Salamanca, settembre 2001. Preso da Internet:
www.nodo50.org.
[5] Si
veda: Toussaint Eric: “Per una globalizzazione delle risposte”, “Il
Vecchio Topo”, numero 163, marzo 2002.