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Per la critica del capitalismo

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Rebeca Oroza Busutil
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Ricercatrice, Centro degli Studi Europei, L’Havana, Cuba

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Rebeca Oroza Busutil

 

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Il movimento antiglobalizzazione: un nuovo soggetto nelle relazioni internazionali?

Rebeca Oroza Busutil

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1. Introduzione

Tra i ricercatori e gli studiosi dei movimenti sociali non esiste un consenso nel momento stesso in cui inizia ciò che comunemente è denominato Movimento Antiglobalizzazione [1]. Allo stesso tempo, la novità del fenomeno e, conseguentemente, l’assenza di uno studio sistematico in merito, unito alla straordinaria eterogeneità del movimento, non ci da ancora la possibilità di formulare una definizione determinata, così come sarebbe accaduto per un’organizzazione omogenea ed istituzionalizzata.

Nonostante ciò, lo studio e l’analisi delle sue caratteristiche principali, così come il susseguirsi delle azioni che, da più di una decade, sta portando avanti il Movimento, ci permette di valutare, sommariamente, i rischi che affronta questa Sinistra sociale, plurale e diversa, così come le possibilità e la forza reale, per le quali si può qualificarlo come il più importante movimento di massa delle ultime tre decadi e come una significativa espressione di resistenza al distruttivo modello neoliberale della globalizzazione.

Comincieremo questo lavoro realizzando una caratterizzazione del fenomeno della globalizzazione, la globalizzazione neoliberale, così come dei problemi globali che oggi affronta l’umanità, per chiarire su che cosa il Movimento indirizza la sua azione.

Dalla fine del XIX secolo, i classici del Marxismo-Leninismo anticiparono il carattere obiettivo e, per tanto inevitabile, obbediendo alle proprie leggi dinamiche, della progressiva concentrazione ed accumulo del capitale che oggi si traduce nel processo di globalizzazione, e che, nell’oltrepassare gli stretti confini dei principali paesi capitalisti, si internazionalizza, segnalando: “la borghesia, nell’esplorare il mercato mondiale, da alla produzione e al consumo di tutti i paesi un timbro cosmopolita (...) al posto dell’antico isolamento e dell’autarchia delle regioni e delle nazioni, si stabilisce uno scambio universale, una interdipendenza universale delle nazioni”.  [2]

Ma è nella fase del capitalismo monopolista o dell’imperialismo nella quale “(...) una volta ottenuta la maturità economica, il sistema si lancia verso l’espansione internazionale dei rapporti di produzione capitalista ed il sistema diventa un sistema (di economia) mondiale.” [3]

Durante la tappa monopolista, il capitalismo continua a realizzare uno sfruttamento estensivo ed intensivo delle risorse umane e naturali, però adesso di tutto il pianeta, incluso anche di quei paesi che non sono sottomessi alla dominazione coloniale, ma che sono comunque paesi politicamente indipendenti.

È nella seconda metà degli anni 70 e specialmente negli anni 80 che si accelera la tendenza all’espansione internazionale dei rapporti di produzione capitalista su scala mondiale, periodo nel quale cominciano a svilupparsi quelle che oggi conosciamo come tendenze globalizzatrici.

Successivamente, durante gli anni 90, con il collasso del socialismo nei paesi dell’Europa Orientale e la disintegrazione dell’URSS, il capitalismo abbandona il regime alternativo ed ottiene le condizioni affinchè i suoi rapporti di produzione si estendano in tutto il pianeta, per cui i problemi derivati dal suo funzionamento si convertono in problemi globali. È in questo contesto internazionale che si produce l’irruzione pubblica del Movimento Critico della globalizzazione neoliberale.

2. La globalizzazione neoliberale ed il suo Movimento Critico

La globalizzazione, che deve essere essenzialmente intesa come il risultato storico dello sviluppo del capitalismo e come espressione di un altissimo livello di sviluppo delle forze produttive, propizia una maggiore internazionalizzazione della vita economica, un maggior grado di interdipendenza tra le nazioni e conseguetemente approfondisce il carattere sociale della produzione. Nonostante la globalizzazione abbia le sue radici nei processi socioeconomici, si manifesta in tutte le restanti sfere della vita del pianeta.

Ma la globalizzazione non deve essere vista solamente come fenomeno oggettivo, inerente alla natura del modo di produzione capitalista, ma come il progetto promosso a volontà dai principali circoli di potere mondiale con il fine d’imporre le loro politiche e le loro concezioni in tutto il pianeta. In questo senso, la globalizzazione che realmente esiste oggi, basata sulle concezioni economiche, politiche ed etiche del neoliberalismo è la globalizzazione neoliberale, la quale sostiene, nell’ambito economico, una radicale eliminazione del regolamento dell’economia, obbligando alle privatizzazioni che giunguno fino ai servizi sociali, processi che danneggiano non solamente le masse dei lavoratori, ma anche, e sempre di più, gli ampi settori della media e piccola borghesia. D’altra parte, il fenomeno della globalizzazione neoliberale ha inciso nell’aggravamento dei vecchi problemi di carattere globale, presenti dai decenni degli anni 70 e 80 con il sorgere di altri nuovi che toccano tutte le sfere dell’attività umana: l’economia, la politica, il sociale, l’istituzionale, lo scientifico-tecnico, l’ambientale e la cultura, tra gli altri.

Parlare brevemente dei principali problemi globali che affronta oggi l’umanità, ci permetterà di comprendere il carattere eterogeneo del Movimento come tratto essenziale che lo caratterizza, così come l’ampiezza delle marce di protesta che si sono realizzate prima di ogni incontro dei dirigenti delle principali potenze capitaliste e delle riunioni o fori nei quali si è discusso ed analizzato le conseguenze della globalizzazione neoliberale.

Nella sfera economica, l’applicazione della politica economica neoliberale, in quasi tutti i paesi, incluso i paesi sviluppati, lontana dal promuovere lo sviluppo, ha portato come conseguenza a una contrazione dell’attività economica, così come la rottura dei contratti sociali nei paesi sviluppati, ed insieme a ciò, la nuova natura della divisione internazionale del lavoro implica che i rapporti commerciali internazionali si stabiliscano tra le regioni o le zone specifiche dei paesi nella catena produttiva trasnazionale e non tra i paesi. Questa strategia attuale delle corporazioni trasnazionali, aggrava lo sviluppo diseguale delle regioni economiche all’interno dei paesi.

L’aumento della disoccupazione, così come l’incorporamento ai mercati dei lavoro di donne e bambini, i disoccupati a causa dell’applicazione di nuove tecnologie, il deterioramento delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione mondiale, i problemi migratori, la disintegrazione sociale con lo sviluppo di una serie di flagelli come la droga, la corruzione e la violenza, la crisi della cultura politica, soprattutto nelle nazioni sviluppate, la rinascita del razzismo, la discriminazione, la xenofobia, l’eventuale esaurimento delle risorse naturali e la contaminazione del medio ambiente, danni alla biodiversità del pianeta, costituiscono tra gli altri, alcuni dei problemi globali che danneggiano quasi tutto il mondo.

D’altra parte, la crescita della concentrazione della ricchezza, il potere e la presa di decisioni in un ridotto numero di attori internazionali (paesi sviluppati, coorporazioni transnazionali, organismi o organizzazioni internazionali, come l’FMI e il BM), ha implicato lo sviluppo di una specie di diplomazia segreta nei rapporti internazionali.

Facendo riferimento all’impatto che ha avuto nei popoli questa concentrazione di potere e di presa di decisioni in mano alle entità soprannazionali e ad alcuni organi internazionali, limitando, sempre più, il ruolo degli Stati Nazionali, uno degli studiosi dei movimenti sociali segnala: “È precisamente la constatazione del fatto che la maggior parte dei governi nazionali non ha più un potere di decisione sulle questioni centrali come la politica economica o la crisi ecologica, una delle ragioni principali che spiegano l’emergenza di alcuni movimenti sociali che, sfidando le risposte in questi ambiti e provando la necessità di andare oltre le frontiere statali, iniziano a vedere con “lenti globali” i loro problemi nazionali o locali”.  [4]

L’applicazione della politica neoliberale, con le sue innumerevoli conseguenze di carattere globale, avendo come base non solo l’egemonia economica, ma anche la tecnologia, la cultura, il settore militare, il conseguente controllo politico e mediatico ed il per niente disprezzabile appoggio dei grandi settori delle oligarchie nazionali, carenti del più elementare senso della sovranità, spiega la reazione antiglobalizzatrice che, dalla decade del 90, si viene sviluppando nel ambito mondiale, ottenendo oggi livelli realmente importanti.

In merito a ciò, Eric Toussaint afferma: “Per la concentrazione di coloro che decidono politicamente a livello mondiale, per la similitudine dell’impoverimento che impone in tutto il pianeta, la lotta dei contadini senza terra in Brasile, si lega alla lotta degli operai della Volkswagen (...); con la lotta delle entità zapatiste (...), si unisce agli scioperanti nordamericani della UPS; con la lotta centinaia di migliaia di contadini indu che si oppongono alla OMC, si lega alla lotta dei clandestini di Francia e dello Stato spagnolo (...). Ovunque il mondo si commuove...” [5]

Così, alle proteste di diversi gruppi contro la riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) a Seattle, a novembre del 1999, considerata come la prova della crescita e dell’estensione di questo movimento sociale, sono seguite una serie di azioni, e tra quelle che si evidenziano, per la loro capacità di disarticolare piani di privatizzazione ed anche progetti di maggiore portata che perseguono l’obiettivo di fortificare un maggior dominio del capitale, vi sono le seguenti:

- La sfida all’incontro annuale del Foro Economico Mondiale che ha luogo ogni anno a Davos, Svizzera, a gennaio del 2000, con la partecipazione di mille rappresentanti del Movimento.

- A marzo del 2000 è stata fatta una marcia mondiale delle donne che si è conclusa ad ottobre con la mobilizzazione di fronte alla sede mondiale dell’ONU.

- Manifestazioni di protesta contro le riunioni dell’FMI e del BM a Washington, ad aprile del 2000, bloccando l’accesso alle suddette.

- Praga, a novembre del 2000, sempre contro la FMI e la BM. L’iniziativa è stata organizzata dall’INPEG (Initiative Against Economic Globalisation), composta da anarchici, ambientalisti, socialisti e tutti quelli preoccupati per il genocidio del mercato libero capitalista.

- Durante il Vertice di Nizza, effettuato a dicembre del 2000, più di 50.000 persone manifestano per “un’Europa del pieno impiego e dei diritti sociali”.

- A gennaio del 2001, rappresentanti del Movimento cercano di boicottare il Foro di Davos. Parallelamente si realizza il Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre che ha contato sulla partecipazione di 4000 attivisti.

- Manifestazioni in Quebec, sede del II Vertice delle Americhe, contro l’istaurarsi di una zona di libero commercio per tutti i paesi dell’area (ALCA).

- A Gotemburg, Svezia, la protesta antiglobalizzazione ha obbligato a cambiare l’agenda dei leaders dell’Unione Europea, così come a rinforzare la cooperazione della polizia per bloccare la violenza nei Vertici europei.

- Grandi marce di protesta a Barcellona contro la repressione della polizia e i tentativi di criminalizzare il Movimento nei mesi di giugno e luglio del 2001, ciò ha fatto sì che il Banco Mondiale sospendesse la sua conferenza annuale affinchè la stessa fosse realizzata su Internet.

- A luglio del 2001, a Salzburgo, il Governo Austriaco ha sospeso il Trattato di Schengen, che permette la libera circolazione dei cittadini nell’Unione Europea, per cercare di evitare l’entrata massiva di manifestanti contro le giornate del Foro Economico Mondiale.

- A Genova, sede del Vertice dei G-8, si scatenano scontri tra la polizia ed i manifestanti, il cui punto culminante è stata la morte di un giovane attivista del Movimento.

- Celebrazione della seconda edizione del Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre, a gennaio del 2002, con la partecipazione di più di 60.000 persone, in contrapposizione alla classica riunione del foro di davos, che si celebra a New York.

- Manifestazioni durante la celebrazione del Foro Sociale tematico in Argentina, realizzatosi il 22 agosto del 2002, contro l’ALCA, l’FMI e la politica neoliberale.

- A settembre del 2002, migliaia di manifestanti sfilano di nuovo a Washington, vicino alle sedi del FMI e del BM.

Potremmo quindi segnalare che, il Movimento Critico alla globalizzazione neoliberale, è conseguenza di due condizioni: da una parte la graduale presa di coscienza dei settori, sempre più grandi, dell’opinione pubblica internazionale riguardo la gravità delle conseguenze economiche, sociali ed altre ancora della globalizzazione neoliberale e dei problemi globali orginati o accentuati da quest’ultima e dall’altra, è il risultato della necessità di una ricostruzione delle forze di Sinistra in un nuovo contesto internazionale e su nuove basi organizzative.


[1] Per un grupoo importante di studiosi dei movimenti sociali, il sollevamento zapatista a gennaio del 1994 in Chapas e la celebrazione del I Incontro per l’Umanità e contro il Neoliberalismo, realizzatosi nella Selva Lacandona, nel 1996, costituiscono i fatti che, in maniera simbolica, segnano l’inizio dell’attuale Movimento Critico alla Globalizzazione Neoliberale. Nonostante ciò, è stata chiamata “Battaglia di Seattle”, del novembre 1999, contro le manovre della OMC, quella che diede inizio alle mobilizzazioni antiglobalizzazione e che evidenziò la crescita e l’estensione di questo movimento sociale su scala mondiale.

[2] Carlos Marx e Federico Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, Opere Scelte, Edizioni Progresso, Mosca, Pag. 32.

[3] Si veda: Barò Herrera Silvio: “Tendenze recenti di globalizzazione neoliberale”, Articolo inedito, 2002. Nel suddetto, il ricercatore afferma che nella tappa imperialista il modo di produzione capitalista presenta tre stadi nei quali è possibile differenziare l’intensità con la quale si porta avanti l’espansione dei rapporti di produzione capitalista: internazionalizzazione, situata storicamente dalla fine del secolo XIX alla II Guerra Mondiale; transnazionalizzazione, situata tra la II Guerra Mondiale e la metà degli anni 70 ed l’inizio degli anni 80, e globalizzazione, a partire dalla data precedente.

[4] Si veda: Pastor Jaime, articolo: I Movimenti antiglobalizzazione Neoliberale, VII Congresso Spagnolo di Sociologia, Gruppo di Lavoro 27: Movimenti Sociali ed azione collettiva, Salamanca, settembre 2001. Preso da Internet: www.nodo50.org.

[5] Si veda: Toussaint Eric: “Per una globalizzazione delle risposte”, “Il Vecchio Topo”, numero 163, marzo 2002.