Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Per un’analisi storica ed un approccio critico alle scelte politico-economiche neoliberiste dei processi di privatizzazione
(SECONDA PARTE). |
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Altro esempio. Come si vede dal Graf.12, nel 1996 l’ENEL
impiegava 93.879 addetti; è interessante rilevare che il dato se confrontato
con quello dell’anno precedente mostra un decremento di oltre 2.400 unità (circa
il 2,5%).

E’ importante anche mostrare (Riquadro 4) la ripartizione
del personale tra le varie fasce professionali per consentire un rapido confronto
tra i due anni ed evidenziare i mutamenti nella struttura occupazionale che
si sono segnalati.
Come si vede dal Riquadro 4 sono soprattutto gli operai
e poi gli impiegati che subiscono la forte riduzione tra i due anni, mentre
l’organico dei quadri e dirigenti è addirittura in aumento.
Si ha la spiacevole, ma prevedibile, sensazione che, al momento,
si stia attuando una privatizzazione “sotterranea” dell’azienda, senza discuterne
in Parlamento e soprattutto senza alcun tipo di autorizzazione del suo maggior
azionista, ossia il Ministero del Tesoro! Nonostante l’espresso dissenso delle
strutture sindacali di base extraconfederali, di molte associazioni territoriali
di base di consumatori, di alcuni movimenti ecologisti e dalla posizione espressa
dal Partito della Rifondazione Comunista sembra che si intenda andare avanti
nella privatizzazione ad ogni costo.
Nei prossimi mesi il discorso sarà affrontato chiaramente quando
i vertici dell’azienda dovranno chiarire definitivamente le loro intenzioni
e confrontarsi con le reazioni dei lavoratori e degli utenti che sono e restano
i principali interessati!
LE POSTE ITALIANE
L’Amministrazione delle Poste, sorta nel 1861 e dipendente
dal Ministero dei Lavori Pubblici, dal 1925 è un’azienda autonoma statale con
un bilancio proprio, che permette di rilevare le entrate, le spese e i risultati
economici.
Tra i servizi affidati alle Poste oltre la raccolta, il trasporto
e la distribuzione della corrispondenza, si hanno anche molte altre attività
di evidente interesse industriale e commerciale.
La ex Amministrazione Poste e Telecomunicazioni con la legge
del 29 gennaio 1994 (n.71) è stata scissa in due enti distinti, ossia il Ministero
delle Poste e Telecomunicazioni che indirizza, regolamenta e vigila e l’ente
pubblico economico Poste Italiane con compiti gestionali di operatore.
Le Poste Italiane rappresentano un’azienda a connotazione mista
agendo sia come operatore pubblico sia come operatore privato. Il processo di
liberalizzazione avviato con la legge del 1995 è stato indirizzato nelle ufficiali
intenzioni alla riorganizzazione economico strutturale, al risanamento dei conti,
alla trasparenza e al recupero del servizio.
Negli anni 1994 e 1995 sono stati firmati contratti collettivi
di lavoro privatistico con le parti sociali sia per i dirigenti sia per i lavoratori
tutti. L’aspetto più importante di tutto il processo di riorganizzazione è stato
l’inizio di un piano di informatizzazione e telematizzazione dei servizi interni
e di quelli offerti al pubblico.
La Direttiva del Governo approvata nel novembre 1997 ha posto
l’Ente in condizione di elaborare un Piano Triennale d’Impresa con lo scopo
di trasformare le Poste in s.p.a. Le azioni programmate per perseguire questo
obiettivo sono state, nelle intenzioni, principalmente tre: il miglioramento
della qualità del servizio, gli investimenti e lo sviluppo di nuovi servizi.
Si è ritenuto, cioè, infatti che solo garantendo un miglior servizio si potrà
portare l’azienda ad acquisire una maggiore fiducia dalla clientela. Anche le
azioni di razionalizzazione e di sviluppo nelle linee programmatiche sono destinate
alla riqualificazione tecnologica e all’aumento di redditività, attraverso un
programma di investimento molto impegnativo che prevede un importo complessivo
di 6635 miliardi di lire nel quinquiennio 1997-2001. [1]
Il risultato reale al momento sicuramente segnalabile è, oltre
al peggioramento complessivo delle condizioni di lavoro, rilevabile nel fatto
che la preparazione alla vera privatizzazione e il massiccio ricorso ad una
innovazione tecnologica usata in chiave antioccupazione e aumentando incredibilmente
i ritmi di lavoro ha fatto si che il personale delle Poste italiane dalla data
dell’istituzione dell’Ente è diminuito di circa 34 mila unità passando dalle
222.157 unità del dicembre 1993 a 187.899 del marzo 1996, tendenza confermata
anche per il 1997 e il 1998.
ENI 4
Ci si è occupatati già del caso studio ENI nel numero precedente
di PROTEO e dell’intero approccio al processo di privatizzazione di questo Ente.
Ci sembra opportuno tornare sull’argomento per parlare della quarta fase di
questa dismissione che si è svolta in questi ultimi mesi.
In primo luogo è bene evidenziare che il gruppo ENI nel primo
semestre 1997 ha realizzato cessioni per un incasso complessivo del valore di
108 miliardi di lire, mentre nel secondo semestre del 1997 le operazioni hanno
portato ad un incasso complessivo di 983 miliardi di lire.
In specifico nel mese di Febbraio 1997 è stata effettuata la
cessione dell’intero pacchetto azionario della società editrice Il Giorno s.p.a.
e della Nuova Same alla Poligrafici editoriale s.p.a.; nel Giugno 1997 è stata
venduta alla Solmar S.r.l. il 100% del pacchetto azionario della società operante
nella produzione e commercializzazione dell’acido solforico, la Nuova Solmine;
tra le altre operazioni si ricordano la cessione dell’Agip Servizi, dell’Atriplex
,ecc.
Per tornare alla quarta tranches di vendita (chiamata ENI4)
si ricorda che il 22 giugno 1998 ad un anno dalla terza tranche di vendita,
ha preso il via la fase successiva nella quale il Tesoro ha ceduto il 13,7 del
capitale sociale in suo possesso (la quota di partecipazione è ora del 36,7%).
Anche in questa occasione l’IMI e il Credit Suisse First Boston
hanno assunto il ruolo di global coordinator, mentre la funzione di advisor
e valutatore è stata svolta dalla NM Rothschild & Sons.
Gli obiettivi dichiarati sono sempre gli stessi: da un lato
la volontà di continuare sulla strada della privatizzazione (soprattutto in
vista di un miglioramento d’immagine, nell’ottica neoliberista, dell’ammissione
alla moneta unica europea), dall’altro l’intento di ridurre il debito pubblico
destinando i proventi dell’intera operazione (al netto degli oneri) al risanamento
del bilancio statale. Si prevede infatti che le cessioni al mercato daranno
anche per i prossimi tre anni un consistente contributo al piano di rientro
del debito con lo 0,75% del PIL ogni anno, per un totale di quasi 45.000 miliardi
tra il 1999 e il 2001.
Va ricordato che l’ENI anche per il 1997 ha presentato dei
risultati di bilancio ottimi, con 5.118 miliardi di utile (nel 1996 erano 4.451),
un fatturato di 60.718 miliardi di lire e un aumento del dividendo del 16,7%.
La vendita dell’ulteriore quota del 13,7% è stata altamente
significativa soprattutto perché il Tesoro dopo questa dismissione ha fatto
scendere la propria quota di partecipazione al di sotto del 50%. Questa operazione
giustamente criticata dai lavoratori, da molte associazioni di base e ambientali,
da intellettuali e da esponenti politici (soprattutto da quelli del Partito
della Rifondazione Comunista) è pericolosa soprattutto perché essendo il settore
nel quale opera l’ENI altamente strategico è, così sottoposto sempre di più
al rischio di scalate al governo e controllo aziendale, da parte delle peggiori
espressioni del capitalismo nazionale ed internazionale.
[1] Il programma degli investimenti
è finalizzato:alla realizzazione della nuova infrastruttura informatica di telecomunicazione
e di automazione dei servizi finanziari (2004 miliardi); alla riqualificazione
tecnologica della rete postale (1733 miliardi), al recupero del patrimonio immobiliare
con riguardo particolare all’ammodernamento delle agenzie postali (2898 miliardi).