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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo
Rita Martufi, Luciano Vasapollo

 

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Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Per un’analisi storica ed un approccio critico alle scelte politico-economiche neoliberiste dei processi di privatizzazione

(SECONDA PARTE).

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L’aspro dibattito che ha preceduto la quarta fase di vendita delle azioni ENI ha almeno garantito un progetto di rafforzamento delle golden share che permette al Ministero del Tesoro di esprimere il proprio parere riguardo all’assunzione di partecipazioni azionarie, o di accordi tra soci che coinvolgono una quota superiore al 3% del capitale sociale. Questo in parte limita, o quanto meno rende più difficile, eventuali scalate che richiederebbero un ingente capitale e sarebbero in qualche modo difficilmente ostacolate.

L’offerta globale è stata divisa in un’offerta pubblica (per l’Italia), un collocamento privato riservato agli investitori istituzionali (riguardante oltre l’Italia, anche il resto del mondo), un collocamento privato per investitori istituzionali riservato al Canada ed infine un’offerta pubblica riservata agli USA.

Il prezzo ufficiale è stato di 11.430 lire; va ricordato che l’offerta destinata al pubblico in generale è stata di circa 600 milioni di titoli ( anche in questa tranche di vendita si è avuto il bonus share, ossia l’attribuzione ai sottoscrittori di 10 azioni gratuite ogni 100 acquistate, per chi ha mantenuto il possesso ininterrotto per 12 mesi, fino ad un massimo di 300 azioni gratuite).

Il pubblico generico ha usufruito dell’85,9% dell’offerta globale ( i piccoli risparmiatori sono passati dai 194.000 dell’ENI 1 ai circa 1.680.000 dell’ENI 4). L’offerta istituzionale è stata di 247 milioni di azioni anche se alla fine della prima settimana le richieste sono state di circa 520 milioni di titoli.

L’offerta pubblica per i dipendenti ha riguardato 50 milioni di azioni ed ha coinvolto 40.000 dipendenti per i quali le azioni gratuite sono state 11 ogni 100 per un massimo di 330 azioni gratuite; inoltre va ricordato che i dipendenti hanno potuto acquistare le azioni attraverso un anticipo del 75% del TFR (ecco il vero senso dell’azionariato da lavoro, imporre ai lavoratori un risparmio forzato come aiuto diretto alle logiche delle grandi speculazioni finanziarie) oppure per mezzo di un finanziamento facilitato.

Il collocamento ENI è a tutt’oggi il maggior ricavo aggregato ottenuto in Europa, avendo superato anche i fondi raccolti con il collocamento della British Telecom.

E’ interessante mostrare un quadro riassuntivo delle 4 fasi di dismissione dell’ENI per avere una visione completa dell’intera operazione; ci sembrano già di per sé particolarmente esplicativi i Graf. 13,14,15,16 per capire le tappe forzate di un’assurda privatizzazione annunciata di un vero “gioiello” ad alta significatività strategica per l’intera struttura economica del nostro Paese.

 

TELECOM ITALIA

Il settore delle telecomunicazioni in Italia è stato caratterizzato, fino al 1992, dalla presenza di una pluralità di gestori. La gestione delle infrastrutture e i vari servizi di telecomunicazione erano gestiti, infatti, direttamente dallo Stato in regime di monopolio o da altri soggetti economici ai quali era stata data una concessione. In specifico mentre lo Stato gestiva il servizio telefonico nazionale e internazionale con l’Europa e il bacino del Mediterraneo, i servizi svolti in regime di concessione erano affidati a vari enti tra i quali la SIP, l’Italcable, Telespazio e la SIRM.

Nel 1992 la fusione per incorporazione nella SIP della Iritel, Telespazio, SIRM e Italcable ha fatto nascere la società Telecom Italia; in seguito si sono separate le attività radiomobili (luglio 1995) e le attività satellitari (gennaio 1995) attraverso la costituzione di due società la Telecom Italia Mobile e la Nuova Telespazio.

La Telecom Italia è attualmente il quinto gruppo mondiale nel settore della telefonia fissa, con oltre 25 milioni di abbonati nel giugno 1997. Le sue attività principali sono nel settore delle telecomunicazioni, nel settore dei servizi, della progettazione, installazione, progettazione e manutenzione degli impianti e delle reti di telecomunicazioni, nei settori dell’informatica, dei servizi e applicazioni multimediali e nei servizi innovativi di rete.

La recente liberalizzazione del mercato europeo delle telecomunicazioni ha determinato all’interno dell’azienda un intenso processo di riorganizzazione con l’obiettivo di mantenere in Italia la leadership dei servizi di telecomunicazione e di incrementare la redditività dei servizi di telefonia fissa e mobile.

A questo scopo nell’agosto 1994 la ex Telecom Italia è divenuto unico gestore integrato dei servizi di telecomunicazione in Italia (tramite l’incorporazione in SIP delle società del gruppo IRI che agivano nel settore); nel gennaio 1995 è avvenuto lo scorporo dalla ex Telecom di diverse attività riguardanti le telecomunicazioni via satellite che sono state trasferite alla Nuova Telespazio; nel Luglio 1995 si è avuto il trasferimento alla società di nuova costituzione TIM dei servizi di telefonia mobile ed infine nel 1997 si è avuta la fusione della ex Telecom Italia nella STET.

L’andamento favorevole dello sviluppo delle telecomunicazioni fisse e mobili ha comportato negli ultimi anni un netto miglioramento delle performances economiche con un notevole incremento dell’utile netto complessivo e dei ricavi delle prestazioni e delle vendite (cfr. Graf.17).

 

E’ interessante anche sottolineare che gli investimenti previsti negli anni 1997-2000 sono di 50.000 miliardi di lire (dei quali 10.300 per attività internazionali, 30.200 in investimenti industriali nella rete fissa e 4.900 in quella mobile).

Va rilevato però che, a fronte dell’andamento molto favorevole in termini di redditività ciò ha comportato in questi ultimi anni, connessione frequente anzi necessaria, ormai nell’economia del neoliberismo, una flessione nel numero dei dipendenti dovuta al cosiddetto processo di “razionalizzazione delle strutture” (Cfr. Fig.1.)

Il processo di privatizzazione della Telecom ha avuto la sua massima espressione nell’ottobre 1997 quando il Tesoro ha ceduto il 39,5% della sua quota di capitale sociale incassando 22.880 mld di lire.

L’incarico di advisor è stato conferito alla Morgan Stanley & Co Ltd. congiuntamente all’Euroimmobiliare S.p.A.; quali coordinatori invece sono stati nominati dall’IRI, Mediobanca per la parte italiana e la Barclays de Zoete Wedd Ltd. Per la parte estera.

Nel settembre 1997 è stata ceduta ai cosiddetti “azionisti stabili” (che si sono impegnati a non cederle per almeno tre anni) una quota di azioni pari al 6,6% del capitale ordinario. Il regolamento della vendita è avvenuto il 6 novembre 1997; il prezzo per ogni azione è stato di 11.200 lire.

L’offerta pubblica è stata scissa in un’offerta pubblica per l’Italia, un collocamento privato (per gli investitori istituzionali riservato all’Italia, al Regno Unito e al Resto del Mondo) e un’offerta pubblica per gli Stati Uniti e il Canada.

I dipendenti Telecom hanno potuto acquistare le azioni attraverso un anticipo del 70% del TFR (ritorna anche in questo caso il falso processo di democrazia economica che impone sugli accantonamenti maturati per le liquidazioni un comodo, per il padronato e l’impresa in genere, azionariato dei lavoratori). L’incasso totale del Tesoro è così derivato (Cfr. Riquadro 5 e Graf.18) :

L’intero ricavato dell’offerta è stato destinato all’IRI per la copertura di debiti pregressi.

Dopo l’operazione restano al Tesoro azioni ordinarie per un valore dello 0,01% del capitale ordinario e lo 0,62% del capitale di risparmio di Telecom Italia. Inoltre il Tesoro possiede 145.000.000 azioni ordinarie vincolate a garanzia dell’esercizio dell’opzione di azione gratuita (fino al 4 gennaio del 1999) e 126.123.160 azioni ordinarie destinate in parti uguali alle società Unisource e AT&T subordinate all’alleanza strategica con Telecom Italia.

Va rilevato che in una recente relazione (agosto 1998) la Corte dei Conti ha criticato aspramente l’intera operazione di privatizzazione della Telecom, sia per il notevole ritardo con cui si è istituita l’Autorità garante per le Telecomunicazioni sia per “la non soddisfacente operazione di dismissione della partecipazione azionaria del Tesoro in Telecom Italia”, ed inoltre vengono messe in evidenza le “difficoltà nella definizione delle procedure di gara per lo svolgimento del servizio di telefonia mobile dcs1800” [1].


[1] Cfr. Messaggero, 19 Agosto 1998, p.17.