Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Per un’analisi storica ed un approccio critico alle scelte politico-economiche neoliberiste dei processi di privatizzazione
(SECONDA PARTE). |
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L’aspro dibattito che ha preceduto la quarta fase di vendita
delle azioni ENI ha almeno garantito un progetto di rafforzamento delle golden
share che permette al Ministero del Tesoro di esprimere il proprio parere
riguardo all’assunzione di partecipazioni azionarie, o di accordi tra soci che
coinvolgono una quota superiore al 3% del capitale sociale. Questo in parte
limita, o quanto meno rende più difficile, eventuali scalate che richiederebbero
un ingente capitale e sarebbero in qualche modo difficilmente ostacolate.
L’offerta globale è stata divisa in un’offerta pubblica (per
l’Italia), un collocamento privato riservato agli investitori istituzionali
(riguardante oltre l’Italia, anche il resto del mondo), un collocamento privato
per investitori istituzionali riservato al Canada ed infine un’offerta pubblica
riservata agli USA.
Il prezzo ufficiale è stato di 11.430 lire; va ricordato che
l’offerta destinata al pubblico in generale è stata di circa 600 milioni di
titoli ( anche in questa tranche di vendita si è avuto il bonus share,
ossia l’attribuzione ai sottoscrittori di 10 azioni gratuite ogni 100 acquistate,
per chi ha mantenuto il possesso ininterrotto per 12 mesi, fino ad un massimo
di 300 azioni gratuite).
Il pubblico generico ha usufruito dell’85,9% dell’offerta globale
( i piccoli risparmiatori sono passati dai 194.000 dell’ENI 1 ai circa 1.680.000
dell’ENI 4). L’offerta istituzionale è stata di 247 milioni di azioni anche
se alla fine della prima settimana le richieste sono state di circa 520 milioni
di titoli.
L’offerta pubblica per i dipendenti ha riguardato 50 milioni
di azioni ed ha coinvolto 40.000 dipendenti per i quali le azioni gratuite sono
state 11 ogni 100 per un massimo di 330 azioni gratuite; inoltre va ricordato
che i dipendenti hanno potuto acquistare le azioni attraverso un anticipo del
75% del TFR (ecco il vero senso dell’azionariato da lavoro, imporre ai lavoratori
un risparmio forzato come aiuto diretto alle logiche delle grandi speculazioni
finanziarie) oppure per mezzo di un finanziamento facilitato.
Il collocamento ENI è a tutt’oggi il maggior ricavo aggregato
ottenuto in Europa, avendo superato anche i fondi raccolti con il collocamento
della British Telecom.
E’ interessante mostrare un quadro riassuntivo delle 4 fasi
di dismissione dell’ENI per avere una visione completa dell’intera operazione;
ci sembrano già di per sé particolarmente esplicativi i Graf. 13,14,15,16
per capire le tappe forzate di un’assurda privatizzazione annunciata di
un vero “gioiello” ad alta significatività strategica per l’intera struttura
economica del nostro Paese.




TELECOM ITALIA
Il settore delle telecomunicazioni in Italia è stato caratterizzato,
fino al 1992, dalla presenza di una pluralità di gestori. La gestione delle
infrastrutture e i vari servizi di telecomunicazione erano gestiti, infatti,
direttamente dallo Stato in regime di monopolio o da altri soggetti economici
ai quali era stata data una concessione. In specifico mentre lo Stato gestiva
il servizio telefonico nazionale e internazionale con l’Europa e il bacino del
Mediterraneo, i servizi svolti in regime di concessione erano affidati a vari
enti tra i quali la SIP, l’Italcable, Telespazio e la SIRM.
Nel 1992 la fusione per incorporazione nella SIP della Iritel,
Telespazio, SIRM e Italcable ha fatto nascere la società Telecom Italia; in
seguito si sono separate le attività radiomobili (luglio 1995) e le attività
satellitari (gennaio 1995) attraverso la costituzione di due società la Telecom
Italia Mobile e la Nuova Telespazio.
La Telecom Italia è attualmente il quinto gruppo mondiale nel
settore della telefonia fissa, con oltre 25 milioni di abbonati nel giugno 1997.
Le sue attività principali sono nel settore delle telecomunicazioni, nel settore
dei servizi, della progettazione, installazione, progettazione e manutenzione
degli impianti e delle reti di telecomunicazioni, nei settori dell’informatica,
dei servizi e applicazioni multimediali e nei servizi innovativi di rete.
La recente liberalizzazione del mercato europeo delle telecomunicazioni
ha determinato all’interno dell’azienda un intenso processo di riorganizzazione
con l’obiettivo di mantenere in Italia la leadership dei servizi di telecomunicazione
e di incrementare la redditività dei servizi di telefonia fissa e mobile.
A questo scopo nell’agosto 1994 la ex Telecom Italia è divenuto
unico gestore integrato dei servizi di telecomunicazione in Italia (tramite
l’incorporazione in SIP delle società del gruppo IRI che agivano nel settore);
nel gennaio 1995 è avvenuto lo scorporo dalla ex Telecom di diverse attività
riguardanti le telecomunicazioni via satellite che sono state trasferite alla
Nuova Telespazio; nel Luglio 1995 si è avuto il trasferimento alla società di
nuova costituzione TIM dei servizi di telefonia mobile ed infine nel 1997 si
è avuta la fusione della ex Telecom Italia nella STET.
L’andamento favorevole dello sviluppo delle telecomunicazioni
fisse e mobili ha comportato negli ultimi anni un netto miglioramento delle
performances economiche con un notevole incremento dell’utile netto complessivo
e dei ricavi delle prestazioni e delle vendite (cfr. Graf.17).
E’ interessante anche sottolineare che gli investimenti previsti
negli anni 1997-2000 sono di 50.000 miliardi di lire (dei quali 10.300 per attività
internazionali, 30.200 in investimenti industriali nella rete fissa e 4.900
in quella mobile).
Va rilevato però che, a fronte dell’andamento molto favorevole
in termini di redditività ciò ha comportato in questi ultimi anni, connessione
frequente anzi necessaria, ormai nell’economia del neoliberismo, una flessione
nel numero dei dipendenti dovuta al cosiddetto processo di “razionalizzazione
delle strutture” (Cfr. Fig.1.)

Il processo di privatizzazione della Telecom ha avuto la sua
massima espressione nell’ottobre 1997 quando il Tesoro ha ceduto il 39,5% della
sua quota di capitale sociale incassando 22.880 mld di lire.
L’incarico di advisor è stato conferito alla Morgan Stanley
& Co Ltd. congiuntamente all’Euroimmobiliare S.p.A.; quali coordinatori
invece sono stati nominati dall’IRI, Mediobanca per la parte italiana e la Barclays
de Zoete Wedd Ltd. Per la parte estera.
Nel settembre 1997 è stata ceduta ai cosiddetti “azionisti
stabili” (che si sono impegnati a non cederle per almeno tre anni) una quota
di azioni pari al 6,6% del capitale ordinario. Il regolamento della vendita
è avvenuto il 6 novembre 1997; il prezzo per ogni azione è stato di 11.200 lire.
L’offerta pubblica è stata scissa in un’offerta pubblica per
l’Italia, un collocamento privato (per gli investitori istituzionali riservato
all’Italia, al Regno Unito e al Resto del Mondo) e un’offerta pubblica per gli
Stati Uniti e il Canada.

I dipendenti Telecom hanno potuto acquistare le azioni attraverso
un anticipo del 70% del TFR (ritorna anche in questo caso il falso processo
di democrazia economica che impone sugli accantonamenti maturati per le liquidazioni
un comodo, per il padronato e l’impresa in genere, azionariato dei lavoratori).
L’incasso totale del Tesoro è così derivato (Cfr. Riquadro 5 e Graf.18)
:

L’intero ricavato dell’offerta è stato destinato all’IRI per
la copertura di debiti pregressi.
Dopo l’operazione restano al Tesoro azioni ordinarie per un
valore dello 0,01% del capitale ordinario e lo 0,62% del capitale di risparmio
di Telecom Italia. Inoltre il Tesoro possiede 145.000.000 azioni ordinarie vincolate
a garanzia dell’esercizio dell’opzione di azione gratuita (fino al 4 gennaio
del 1999) e 126.123.160 azioni ordinarie destinate in parti uguali alle società
Unisource e AT&T subordinate all’alleanza strategica con Telecom Italia.
Va rilevato che in una recente relazione (agosto 1998) la Corte
dei Conti ha criticato aspramente l’intera operazione di privatizzazione della
Telecom, sia per il notevole ritardo con cui si è istituita l’Autorità garante
per le Telecomunicazioni sia per “la non soddisfacente operazione di dismissione
della partecipazione azionaria del Tesoro in Telecom Italia”, ed inoltre vengono
messe in evidenza le “difficoltà nella definizione delle procedure di gara per
lo svolgimento del servizio di telefonia mobile dcs1800” [1].
[1] Cfr. Messaggero,
19 Agosto 1998, p.17.